
Edito da Amelia Agnusdei nel 2018 • Pagine: 396 • Compra su Amazon
Romanzo gotico ambientato in un piccolo paese del sud Italia dei nostri giorni, che rispolvera una delle figure più tetramente leggendarie dell’Europa orientale di qualche secolo fa: la contessa Erzsébet Báthory, una sorta di Dracula al femminile, passata alla storia per essere stata accusata di aver fatto sparire e uccidere centinaia di fanciulle di campagna al fine di usarne il sangue come elisir di giovinezza. Un antico libro maledetto e una frase pronunciata con leggerezza da un giovane scettico spalancano le porte dell’incubo ed Erzsébet Báthory, pericoloso vampiro esiliato da quattrocento anni in una tomba, si ritrova a vagare sulla terra.
CAPITOLO 35
…FINCHÉ NON LO VEDI
ČACHTICE, 31 LUGLIO 1585
«Non sono io a celarmi ai tuoi occhi, mia cara. È il tuo modo di vedere a essere sbagliato. Cerchi di vedermi attraverso quello che ti circonda. Cerchi un segno, chiaro ed evidente. Cerchi di vedermi attraverso la luce che offusca i tuoi occhi, ma io non sono una creatura di luce».
Erzsébet Báthory non capiva se si trattava della sua immaginazione. Eppure, quella voce sembrava decisamente reale. La cercava costantemente e la sentiva. Azazel le parlava e non solo in sogno. Ormai accadeva anche quando era sveglia, ma non aveva mai visto il suo viso.
Erano passati poco più di dieci anni dal matrimonio combinato con conte Nádasdy. Da quel matrimonio, era da poco nata la loro primogenita, Anna Nádasdy, ma la vita nel castello era diventata sempre più opprimente, tanto che Erzsébet aveva iniziato a mostrare il suo disagio e a esercitare il suo potere dispotico su chi non era in grado di reagire, punendo più duramente le serve e arrivando persino a ucciderle. Quanto era appagante vedere come il coltello accarezzasse le loro carni!
Quella sera, la nutrice Ilona Joo aveva preferito non disturbare la sua padrona. Era salita per avvisarla che aveva appena finito di allattare sua figlia Anna e l’aveva fatta addormentare, ma preferì non bussare alle porte delle sue stanze.
Erzsébet parlava da sola. Di nuovo.
«Che cosa mi sarebbe concesso vedere in assenza di luce?», domandò la contessa Báthory alla voce che udiva.
«Ascolta la notte, Erzsébet», le disse quella voce. «Ascolta il suo mistero che si consacra nel mondo, nascondendo la verità palese che ha origine nella luce e svelando quel miracolo che nasce con la morte del giorno, quando cala il buio e il sole decade, scomparendo all’orizzonte. È il solo momento che rivela ciò che altrimenti non potremmo né vedere né sentire, distruggendo i confini del mondo e permettendo che questo diventi una sola cosa con l’intero creato, palesandosi in uno spettacolo d’indiscutibile bellezza e fascino».
Erzsébet indugiò su ciò che stava fissando da oltre un’ora dall’alto castello di Čachtice. «Le stelle», disse, comprendendo le parole che quella voce le aveva lasciato. «Un universo di anime trionfanti».
«Baluardi di mondi lontani, la prova della maestosità di ciò che esiste, di un mondo infinitamente più grande in cui si può prendere parte attraverso un’esistenza superbamente gloriosa e infinita».
Erzsébet annuì. «Ed è quello che vorrei», disse. «Vorrei essere anch’io la figlia della notte per scoprire ciò che altrimenti non potrei vedere. Vorrei distruggere anch’io i confini della vita e del giorno per andare oltre. Per vedere di più».

Come è nata l’idea di questo libro?
Difficile dire come sia nata l’idea di questo romanzo, non solo perché avvenuta ormai sei anni fa, ma anche perché inizialmente l’azione ha preceduto l’idea stessa. Si trattava di qualcosa di non definibile, un bisogno di tirare fuori una storia, come se si nascondesse già da qualche parte nella mia mente. Mi rendevo conto che il romanzo prendeva vita spontaneamente, man mano che ne scrivevo i capitoli, senza che ci fosse niente di prestabilito o prefissato, una scaletta o l’impostazione embrionale dell’opera nella sua interezza. Più scrivevo e più quella storia iniziava ad avere vita propria, iniziava ad avere un senso!
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
In termini di tempo, portarlo a termine non è stato molto semplice. La stesura è iniziata quando andavo all’università e non avevo sempre modo di scrivere quando volevo. Quello che scrivevo, però, allo stesso tempo mi era di stimolo e la stesura in sé non è stata complessa! Al contrario, è stata essa stessa di ispirazione.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Questo è davvero impossibile da dire. Scrittura e lettura sono due passioni che tendono spesso a influenzarsi l’un l’altra, ma talvolta in maniera inconscia. Ho cercato di scrivere secondo quello che personalmente sentivo, una storia in sé drammatica in un contesto gotico mitigata da alcuni passi ironici e giocosi. Ognuno, in questo e a suo modo, potrebbe ravvedere dei riferimenti che io per prima ignoro.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ho sempre vissuto in un piccolo paese del sud Italia, Lizzano, luogo dove oltretutto è ambientato il mio romanzo.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Indubbiamente, continuare a scrivere. Attualmente mi sto già dedicando alla stesura di un secondo romanzo, ma ho già più di qualche idea da portare a compimento. Differentemente dal primo romanzo, però, sono le idee a precedere la stesura.
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