
Edito da Lawrence M.F. Sudbury nel 2021 • Pagine: 220 • Compra su Amazon
Malta, seconda metà del 18° secolo: Bartolomeo, discendente da una delle famiglie più importanti della nobiltà papalina, è un Cavaliere del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta che governa l’isola. Capitano del “Levriero”, un vascello donatogli dal padre e inquadrato nella flotta melitense, membro della guardia del Gran Maestro, amico di alcuni confratelli fidati, il giovane, pur rendendosi conto che l’Ordine non è più quello di un tempo, sembra aver realizzato i suoi sogni ed è soddisfatto della propria esistenza. Una sera, però, Bartolomeo vede casualmente qualcosa che non dovrebbe vedere e tutto cambia radicalmente: per il nobile romano inizia una parabola discendente che lo porterà a scontrarsi con i giochi di potere ai vertici del governo dell’isola, a diventare un reietto dell’Ordine e, addirittura, a trasformarsi in un latitante accusato di omicidio. La sua nuova condizione lo trascinerà in una serie di avventure e di incontri che gli daranno l’opportunità di comprendere meglio se stesso e la realtà che lo circonda, di arrivare ad avere un ruolo non di secondo piano nella “Rivolta dei Preti” guidata da don Gaetano Mannarino e, inaspettatamente, di sperimentare il significato dell’amore...

Monsignor Giovanni, assorbito dalle beghe politiche, si era completamente dimenticato di aver fissato un appuntamento con quel nuovo presbitero arrivato dalla Sicilia, che doveva prendere servizio da lì a pochi giorni e, maledicendo la stupidità di Ximenez che lo distoglieva dai suoi doveri istituzionali, mise subito la lettera che stava scrivendo sotto il passacarte e chiese a don Lawrenz di far entrare il nuovo venuto.
Si aspettava di trovarsi di fronte un giovane sacerdote siciliano appena licenziato dal Seminario di Palermo ma, inaspettatamente, don Lawrenz fece entrare un uomo sulla cinquantina, scuro di carnagione e con il viso pesantemente segnato dal sole, che lo salutò con un «Bonġu Monsinjur!» che indicava una evidente origine locale.
Tentando di non palesare troppo la sorpresa che lo aveva colto, Monsignor Giovanni ricambiò il saluto in maltese e, passando subito all’italiano. con cui si sentiva molto più a suo agio, fece accomodare il nuovo venuto su una delle due sedie davanti alla sua scrivania.
«Caro don Gaetano, non vi nascondo che vi immaginavo completamente differente…», esordì il Vescovo sorridendo.
L’altro ricambiò placidamente il sorriso, rispondendo: «Sì, me lo posso immaginare!»
«Raccontatemi di voi: immagino che questa non sia la vostra prima nomina…», continuò l’alto prelato.
«In realtà, per certi versi lo è, Monsignore. Quanto a me, è presto detto. Sono, come può facilmente osservare, il frutto di una vocazione tardiva. Sono nato nel villaggio di Ix-Xemxija, davanti alla Baia di San Pawl, cinquantuno anni fa. Mio padre, di famiglia originaria di Licata, in Sicilia, era un commerciante di pesce all’ingrosso e un piccolo possidente terriero e io ho avuto la possibilità di studiare al Kulleġġ San Antonio fino a quando, a sedici anni, sono entrato nell’azienda della mia famiglia, in cui ho lavorato per i diciotto anni successivi, dirigendola dopo la morte di mio padre nel 1754. Fin da ragazzo, però, sentivo che quello non era il mio posto e così, due anni dopo che mio padre Giuseppe ci aveva lasciati, ho ceduto il posto nella direzione della nostra attività a mio fratello minore Luca, mi sono trasferito in Sicilia e sono entrato nel seminario di Palermo, da cui sono uscito dieci anni dopo. Da allora, sono stato mandato come coadiutore in varie parrocchie delle Madonie e, un mese fa, mi è stato permesso di tornare a casa e mi è stata affidata una parrocchia nella diocesi di Sua Eccellenza».
«Capisco», assentì Monsignor Pellerano. «Una storia singolare la vostra. Ma, ditemi, che cosa vi ha spinto alla vita sacerdotale?»
«I pescatori, Monsignore!», rispose prontamente l’ecclesiastico maltese.
«I pescatori? Cosa intendete dire?», s’incuriosì Pellerano.
«Sì, Monsignore, i pescatori che venivano a venderci il pescato che noi poi facevamo trasferire ai mercati. Erano tutti povera gente, distrutta dalla fatica delle nottate passate in mare sui loro luzzi colorati grandi come gusci di noce ma avevano una dignità e una fede che raramente ho incontrato nei cosiddetti “grandi”. Sono quella dignità e quella fede che mi hanno convinto della grandezza del messaggio evangelico di preferenza per gli ultimi e che mi hanno fatto scegliere di dedicare la mia vita proprio a quegli “ultimi” disprezzati da tutti!»
Pellerano rimase molto colpito da questa risposta e non poté fare a meno di pensare a come, curiosamente, il percorso della sua vita e quello della vita di quel prete, troppo vecchio per avere qualsiasi possibilità di carriera ecclesiastica ma così convinto della sua scelta, fossero stati, per molti versi, diametralmente opposti ma si fossero trovati, ad un certo punto, a convergere: lui era entrato nella Chiesa per sfuggire alla povertà e aveva solo in seguito compreso l’amore per i più diseredati, mentre quell’uomo aveva scientemente deciso di muovere i suoi passi sulla strada di quell’amore e quell’amore lo aveva portato alla Chiesa. Forse, rifletté tra sé, questa era la forza della chiamata divina: coglieva ciascuno in modo differente per poi portare ciascuno alla stessa indiscussa verità.
«Conoscete già la parrocchia che vi è stata assegnata?», cambiò discorso il prelato per non farsi trascinare dalle sue cogitazioni.
«Certo, eccellenza: questa è una piccola isola e, in un modo o nell’altro, ogni comunità finisce per conoscere tutte le altre. Ho alcuni amici a Floriana e, in ogni caso, sarà per me un piacere poter finalmente parlare la mia lingua con i miei parrocchiani!», ribatté don Mannarino con entusiasmo.
«Allora non mi resta che augurarvi buon lavoro ed esortarvi a rivolgervi a me in caso di qualunque necessità!», si raccomandò il Vescovo, alzandosi per segnalare al suo sacerdote che il colloquio era terminato.
Don Gaetano era già quasi sulla porta quando a Giovanni venne in mente un’ultima cosa: «Ah, dimenticavo di chiedervi … Che cosa pensate dell’Ordine di San Giovanni che governa l’isola?»
Mannarino si voltò con un sorriso sornione. «Posso parlare liberamente nonostante voi indossiate la croce ottagona, Eccellenza?», domandò il prete.
«Certamente!», concesse il Vescovo. «Sono un pastore di anime prima che essere un Cavaliere!»
«Allora vi risponderò con una domanda: conoscete la storia dell’isola?»
«Sì, naturalmente!»
«Ecco, allora passate in rassegna tutti gli occupanti che si sono susseguiti: Fenici, Greci, Cartaginesi, Romani, Arabi, Normanni, Aragonesi … C’è mai stato qualcuno di questi che sia venuto qui per il bene dei Maltesi?»
«Sinceramente direi di no…»
«E perché dovrebbe essere diverso con i Cavalieri?»

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea del libro è nata dal mio amore per l’isola di Malta e la sua storia. Quell’amore mi ha portato ad approfondire l’analisi su alcuni aspetti poco conosciuti e anche poco pubblicizzati del periodo di dominazione dei Cavalieri Ospitalieri e a imbattermi nella vicenda della cosiddetta “Rivolta dei Preti” del 1775. Ho trovato quell’episodio di rivolta di popolo contro un governo dispotico, lontanissimo da ogni tentativo di comprensione delle reali esigenze della gente e completamente disinteressato a capire le usanze e la cultura dei maltesi affascinante e ho deciso di farne lo sfondo su cui cercare di tratteggiare una storia in cui mostrare come l’Ordine di Malta, negli ultimi anni del suo potere temporale, fosse un mondo a sé stante che univa, in percentuale diversa da Cavaliere e Cavaliere, senso dell’onore, religiosità, altezzosità, divisioni nazionalistiche e giochi politici che erano un riflesso in chiave minore delle dispute che stavano scuotendo l’intera Europa.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
In realtà, la risposta che posso dare a questa domanda è duplice. Da un lato, provenendo dal mondo della ricerca storica e avendo già pubblicato una ventina di saggi con varie Case editrici, posso dire di avere una certa frequentazione con la scrittura, per cui non è stato particolarmente complicato approcciarmi alla “pagina bianca”. Dall’altro lato, però, desideravo che questa storia potesse raggiungere un pubblico più ampio rispetto a quello più specialistico dei lettori della saggistica e, dunque, mi sono cimentato, per la prima volta, nella stesura di un romanzo: il cambio di registro, devo dire, non è stato sempre agevole, soprattutto nel cercare di scrivere dialoghi realistici…
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Non ho particolari autori di riferimento e, allo stesso tempo, ne ho molti insieme. Dal punto di vista letterario trovo avvincenti il sistema narrativo di Dan Brown, soprattutto nella disposizione della materia e la grandezza affabulatoria, non disgiunta da profondità culturale, di Eco ma, entrando più nello specifico del romanzo storico, credo di essermi attenuto piuttosto rigidamente alle regole della poetica manzoniana e di aver tentato di emulare la capacità divulgativa di Barbero.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vengo da una cittadina del Surrey, a sud di Londra ma ho vissuto gran parte della mia vita in Italia, pur trascorrendo anche lunghi periodi all’estero per motivi di studio. Al momento, vivo in una cittadina vicino a Milano che, ormai, reputo la mia città.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho in cantiere un nuovo romanzo, in cui cercherò di unire tre momenti storici diversissimi, il I secolo dopo Cristo, il periodo della Riforma e l’oggi in un racconto con risvolti sia storici che “gialli”. La prima stesura è in fase di completamento ma, prima, devo cercare di capire come funziona la fase post-pubblicazione di questo primo romanzo: una fase a cui non sono particolarmente abituato…
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