
Edito da Yume Book nel 2021 • Pagine: 192 • Compra su Amazon
Anno Mille, alba di una nuova era. Forze oscure si aggirano nelle foreste dell’Europa Centrale, uomini malvagi ed esseri che sembrano usciti dalla fantasia degli uomini del Medio Evo. Un cavaliere sassone si trova esattamente al centro del pericolo, e la sua sopravvivenza dipenderà dalla sua astuzia come dalla sua abilità guerresca. 1938, alba della Seconda Guerra Mondiale. Forze oscure si aggirano nell’Europa Centrale, questa volta con nere uniformi e svastiche, ma con il medesimo scopo: il dominio sugli uomini. Un professore di storia medievale dovrà combattere con la sua intelligenza contro nemici terribili. Perché il pericolo è il medesimo di mille anni prima, e gli uomini, nel bene o nel male, non cambiano mai: è la magia ad essere divenuta scienza.

La temperatura era calda per quelle terre del nord, segno che l’estate stava arrivando. Un rivolo di sudore gli scorreva lungo la schiena, ma gli anni passati in mezzo ai pericoli l’avevano indurito e abituato ai disagi. D’altronde indossava il kyrtill, la corta tunica sfrangiata con sopra la cotta di maglia che odiava per il suo peso ma che gli aveva salvato la vita in diverse occasioni, con sopra la giacchetta di cuoio ormai senza simboli, tutta consumata per l’uso. Gli stivali erano comodi ma caldi anch’essi, e i pantaloni gli facevano prudere le gambe. Si sistemò meglio la cintura con appesi il coltello da caccia e la borsa con le ultime monete rimaste, poi rimise sulla spalla destra la pesante sacca e ricominciò a camminare.
Il sole aveva già da un pezzo passato il mezzogiorno e la fame si faceva sentire. Lo stomaco prese a brontolare e lui tirò una bestemmia al pensiero dell’ultimo pezzo di carne secca che aveva consumato il giorno prima. Quel tratto della foresta era stranamente silenzioso ormai da due giorni e privo di animali da cacciare. Si rassegnò così a patire la fame, non sarebbe stata la prima volta.
Dopo mezz’ora percepì qualcosa di diverso nell’aria. Un odore, un profumo. Di legna secca, forse ginepro. Poco dopo arrivò ad una radura e vide la casa. Pareti di pietra, il tetto di legno con un comignolo da cui usciva il fumo. Una casa troppo bella per un povero boscaiolo, un abitante della foresta. La casa di un signore? Improbabile.
Improvvisamente vide aprirsi la porta e una donna affacciarsi un momento all’esterno, per poi rientrare. Decise di avviarsi verso la casa, notando una specie di vecchia insegna sopra l’ingresso. Una locanda? Troppa fortuna.
La fame però fa perdere ogni dubbio.
Il soldato decise di bussare alla porta, poi entrò nel locale. Dei tavolacci con le sedie, la testa impagliata di un cervo alla parete, dei poveri soprammobili. Incredibile, davvero una locanda. Con la coda dell’occhio vide un movimento nella stanza successiva, qualcosa di bianco, grosso.
«Maruschka ci sono dei clienti!» La voce era femminile, forte nel tono.
Veloce come una folata di vento arrivò la proprietaria del nome, una donna piccola e magra, sui quarant’anni. Abbastanza insignificante, se non fosse stato per dei magnifici occhi grigi, che ricordavano quelli di certi gatti.
«Buongiorno, sei da solo?» L’accento era particolare, indefinibile.
Il soldato fece un cenno affermativo con la testa, e la donna lo invitò ad entrare nel locale successivo. «Non abbiamo molti clienti in questo periodo, e ti dovrai accontentare di quello che abbiamo da offrirti. Se non ti spiace, ti faccio sedere in quest’altra sala, vicino alla cucina di Demetra.»
Il soldato scese cinque gradini e si sedette al tavolo sulla destra; l’abitudine lo fece mettere con le spalle al muro, vicino all’angolo, in modo da poter vedere tutta la stanza. «Oggi abbiamo fatto il goulasch, spero che ti piaccia: è la specialità della casa. Nessuno batte Demetra nello spezzatino di carne, ti assicuro. Dolce come l’amore, speziato come l’inferno!»
Una risata dalla cucina gli fece volgere lo sguardo, e finalmente riuscì a vedere la cuoca: un donnone grande e grosso con ricci capelli biondi ed uno sguardo furbo, intenta ad affilare un coltellaccio. Che coppia, pensò il soldato, proprio bene assortita.
Senza chiedere nulla, Maruschka gli portò un boccale di birra dolce, col sentore di mele e miele: proprio quello che ci voleva. Il soldato cominciò finalmente a rilassarsi, assaporando il nettare. Gli ultimi erano stati anni difficili. Pensò alla guerra, a ciò che era successo a casa. Poi il caldo, il profumo proveniente dalla cucina e la birra cominciarono a rilassarlo. La presenza delle donne e dei loro sorrisi faceva il resto. Sentì che i muscoli delle braccia e delle gambe stavano perdendo l’abituale tensione e, per la prima volta da tempo, si sentì vivo e sereno.
Fu a quel punto che cominciò a notare la stranezza dell’ambiente in cui era finito.
Era una trappola.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea di questo libro è nata a Praga, una settimana prima del lockdown del 2020. L’ambiente magico, medievale, così ricco di leggende mi ha fatto riflettere e poi sognare.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
La Mano del Santo è il mio secondo romanzo, dopo Il Cilindro di Giada, pubblicato da Pathos Edizioni. Per il primo ci sono voluti 14 mesi e cinque stesure. Questo, al contrario, è venuto come acqua da una cascata, un capitolo al giorno durante il lockdown. Due giorni dopo aver messo la parola fine, ho ripreso a lavorare fuori casa. Non è stato assolutamente necessario rivedere il testo, tranne le ovvie correzioni di bozze. Sono un lettore onnivoro. Leggo molta saggistica per la mia attività di giornalista, ma ho sempre adorato immergermi nella narrativa, tuffarmi in un mondo alternativo.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Se il mito non può essere che il Re, Stephen King, ho amato autori di generi differenti: dall’avventura pura alla Clive Cussler (di cui le opere migliori sono due libri sulla ricerca dei relitti subacquei), alla fantascienza, al fantasy, all’azione. Fra gli italiani, adoro Valerio Evangelisti e le indagini dell’inquisitore Eymerich, sempre in bilico fra realtà e follia, fra il mondo bassomedievale e quello del futuro. Un po’ come La Mano del Santo, dove si alternano la magia del medioevo dell’anno Mille e le follie della scienza della metà del secolo scorso.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo nel Monferrato alessandrino, dove le colline sono sinuose come il corpo di una bella donna, fra vigneti e noccioli. La Mano del Santo è stato scritto in buona parte nel mio giardino, davanti al ciliegio e alle colline monferrine.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Fra pochi mesi uscirà un libro che racconta le storie di navi affondate, la loro ricerca e le mie immersioni su di esse. Sto poi lavorando a due altri progetti: il primo di tipo turistico, corredato da molte fotografie. L’ultimo è un altro romanzo, di genere assai diverso.
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