
Edito da Toutcourt edizioni nel 2019 • Pagine: 228 • Compra su Amazon
Considerate due recenti titoli di articoli: “Per vendicarsi di sua madre, le uccide il gatto a martellate” e “Studio sperimentale dell’embolia gassosa per via carotidea sui gatti”. In entrambi i casi, i gatti hanno passato un brutto quarto d’ora, ma il primo articolo è un fatto di cronaca, il secondo è di scienza. La differenza, però, è così netta? Per saperlo, perché non trattare il fatto di cronaca come un fatto scientifico, e viceversa? Ecco una selezione di casi scelti con sapienza per far ridere e riflettere.
Psichiatria “In aereo, sorprende il suo vicino che scrive una lettera di suicidio.”
Medicina “Un chirurgo trova diciotto spazzolini da denti nello stomaco di un paziente.”
Fisica “Pianta i tacchi a spillo nel cranio del suo compagno.”
Zoologia “Un pitone muore dopo aver ingoiato un porcospino.”
Matematica “Norvegia: evade di prigione su una tavola da surf.”
Economia “Vende suo figlio online per acquistare un iPhone.”
Tecnologia del freddo “Una donna colpisce il suo compagno con una bistecca.”
Fisica atomica “L’università di Chicago apre la capsula temporale di Enrico Fermi.”
Neurologia “Dopo un’operazione chirurgica, un italiano si risveglia che parla francese.”

Considerate due titoli di articoli recentemente apparsi sulla stampa. “Per vendicarsi di sua madre, le uccide il gatto a martellate”: è un fatto di cronaca. “Studio spe-rimentale dell’embolia gassosa per via carotidea su un gatto”: è scienza. In entrambi i casi, il gatto ha passato un brutto quarto d’ora. In entrambi i casi, i fatti si sono svolti a Marsiglia, in un quartiere degradato della città per il primo, all’Istituto di neurofisiologia e psicofisiologia per il secondo. Ma in quanto al resto, tutto differisce. In primo luogo, questi due eventi non hanno avuto la stessa eco: il primo articolo ha intrattenuto qualche migliaia di lettori del quotidiano La Provence, mentre il secondo è stato pubblicato sul Journal of Electroencephalography and Clinical Neurophisiology con una risonanza evidentemente ben minore. Poi, il primo gatto è morto per niente, invece gli altri (lo studio ha necessitato di diciotto animali, nel sangue dei quali è stato iniettato del gas), vittime di lesioni più o meno gravi, hanno fatto progredire la conoscenza sulle embolie. Da un lato un incidente, cioè la casualità; dall’altro un progetto, cioè la costruzione.
I fatti di cronaca possono suscitare molto interesse e molta curiosità, essi non fanno che lasciare il mondo fondamentalmente immodificato, fatta eccezione per i protagonisti morti o feriti. Spesso sono delle tragedie, certo, ma rimangono solo delle tragedie. A meno che la cosa non diventi uno sport nazionale, non c’è un insegnamento generale da trarre da un appiattimento di un gatto a martellate, tranne che eventualmente nel campo della psicopatologia. I fatti scientifici, invece, raggiungono raramente il grande pubblico mediatico, nonostante essi modifichino sostanzialmente l’ordine delle cose. Quelli tra i più importanti, definiscono nettamente un prima e un dopo. Da un punto di vista strettamente razionale, questa differenza di recezione degli uni e degli altri è un’anomalia.
Certamente sappiamo che il razionale occupa solo una parte relativa delle nostre vite, e sappiamo anche che sono scarse le possibilità di vedere domani i giornali iniziare a dedicare lo stesso spazio al progresso delle scienze, di quello che dedicano a omicidi, frodi, rapine e gatti spiaccicati. Da qui l’idea: perché non trattare il fatto scientifico come un fatto di cronaca, e – più arduo – il fatto di cronaca come un fatto scientifico? Ebbene, è esattamente quello che si prefigge questo libro, attraverso l’analisi di una sessantina di casi, non per proselitismo o bisogno di equità, ma per il semplice gusto dell’esperienza.
Non è vano cercare di tessere dei legami tra le cono-scenze scientifiche e le piccole notizie non di portata generale che sono il sale dell’informazione. È anche un riflesso innato dell’essere umano quello di cercare una coerenza nei fatti che apparentemente non ne hanno. Si tratta infatti di un istinto di sopravvivenza, come diversi studi sperimentali hanno dimostrato, prima che la psicologia evoluzionista l’avesse teorizzata. Infatti gli studiosi hanno scoperto che inserire un individuo in un universo indecifrabile, stimola le sue capacità cognitive, e quindi la capacità di difendersi. Da parte loro, i teorici hanno ipotizzato che il nostro gusto per le storie risale all’età delle caverne, un’epoca in cui riunirsi in gruppo intorno a un narratore, aumentava le possibilità di sopravvivenza (ci si difende meglio quando si è in tanti). La nostra passione per i fatti di cronaca e il nostro bisogno di comprendere troveranno dunque entrambi la loro origine nella notte dei tempi.
Il processo naturale che porta ciascuno di noi a costruire mondi più o meno coerenti a partire da certi fatti di cronaca, coinvolge scrittori anche di vasta fama. Madame Bovary ne è l’esempio più celebre e più calzante visto che il romanzo di Gustave Flaubert ha avuto come origine una circostanza che si sarebbe potuto intitolare: “Abbandonata dal suo amante, la moglie del medico si suicida” – come fece nel 1848 Delphine Delamare, nata Couturier, che ha ispirato il personaggio di Emma. Da allora, e curiosamente per tutti questi anni, i romanzieri hanno regolarmente intrapreso una rivisitazione di brutte storie per trarne diversi insegnamenti sulla natura umana. Anche le scienze sociali si sono occupate del campo, con le ricerche in particolare di Roland Barthes, che ha fatto della cronaca, genere pieno di codici e ambiguità interessanti, un appassionante settore di analisi strutturale e linguistica. In alcune pagine, l’autore di Structure du fait divers ha detto l’essenziale, non vi è per-tanto motivo di ritornarvi. Così come non avremmo la presunzione di inserire un nostro passo tra quelli di Flaubert.
Di contro, nessuno si era messo finora a sondare il substrato scientifico e tecnico dei fatti di cronaca, cioè ad approcciare il campo della casualità a partire da quello della costruzione. È tutta qui l’ambizione delle pagine che seguono. Abbiamo proceduto in maniera molto semplice, incrociando le due sorgenti estremamente ricche e variabili che sono, da una parte, la letteratura di cronaca come le pagine “Società” dei giornali, e dall’altra parte, la letteratura scientifica, cioè il corpus quasi infinito degli articoli che appaiono sulle riviste specifiche. Abbiamo messo in risalto i risultati più comici, in quanto l’altra aspirazione di questo libro – immensa e banale – è divertire.
La giornata più inutile è quella in cui non si è riso, ha scritto Chamfort. L’autore delle Maximes non è qui citato a caso, poiché fu egli stesso protagonista di un tragico fatto di cronaca. Temendo di essere messo in prigione (per delle complicate questioni politiche), tentò di suicidarsi prima sparandosi un proiettile in viso, che riuscì solo a escoriare il naso e parte della mascella, poi cercando di tagliarsi la gola con un tagliacarte, ma mancò l’arteria. Allora il pover’uomo si puntò l’arma dritto al petto. Senza ulteriore successo.
Sébastien-Roch Nicolas de Chamfort aveva solo vaghe nozioni di anatomia, ma era armato di una florida penna e di un pessimismo profondo. Poniamo questa sanguinosa opera sotto la sua protezione.
É. L.
Édouard Launet è stato ingegnere e giornalista scientifico, soprattutto per la rubrica Cultura del quotidiano Libération. È cofondatore della rivista online Délibéré e ha già pubblicato decine di opere, tra cui Au fond du labo à gauche (2004), Viande froide cornichons (2006), Sexe machin (2007), Au fond du zoo à droite (2009) sono alcuni dei suoi successi.
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