
Edito da Rosabianca edizioni nel 2021 • Pagine: 546 • Compra su Amazon
Emma è un’inviata di cronaca nera per una testata giornalistica di Milano.
Nonostante il giornale, guidato da uno dei suoi più cari amici nonché ex cognato Maurizio, si trovi ad affrontare un grande momento di crisi economica, Emma dimostra per tutto il libro di avere come unico obiettivo quello di inseguire solo ed esclusivamente la verità, cercando di dare voce alle vittime.
Le storie nelle quali dovrà indagare in questi capitoli sono relative agli omicidi di due donne, apparentemente prive di qualunque legame tra loro.. anche se la giornalista non ne è convinta e farà di tutto per scoprire la verità inseguendo le sue intuizione anche le volte che non la convincono pienamente.
A cercare di contenere le molte paranoie della protagonista, oltre al fedele amico e capo, ci sono le amiche di sempre, Sara e Barbara, che si dimostrano in grado di asciugare le lacrime e condividere le gioie dando però sempre spazio ai loro valori con un pizzico di ironia.
I problemi del giornale nel quale Emma lavora sembrano pian piano risolversi con l’arrivo del nuovo caporedattore, Simone, un uomo all’apparenza freddo e distaccato che sembra avere un passato molto doloroso del quale non gli piace parlare.
Il rapporto che si creerà tra i due, tra momenti di avvicinamento ad altri di forte scontro farà da sottofondo all’intera storia, obbligando Emma a fare i conti con le sue insicurezze ed emozioni, costringendo entrambi a considerare l’idea di vivere sentimenti nuovi. Questo costringerà i due a lottare contro l’amore che piano piano si sta insinuando tra di loro ma solo fino alla fine si scoprirà se a vincere saranno le loro paure oppure l’amore
Tutto assume nuove sfumature di colore, quando Emma incontra per caso Marco, che arriva direttamente dal passato di Simone, stravolgendo senza saperlo molte vite…

Questa è l’immagine riflessa allo specchio ma dentro di me vive un’anima inquieta, che non sa trovare pace né tantomeno un posto nel mondo. Per strada porto sempre le cuffiette, anche quando l’ipod è scarico, per fingere di non accorgermi delle persone che cercano di fermarmi per un saluto. Per questo qualcuno mi definisce asociale e forse è vero ma non sono sempre stata così: un tempo ero solare e ottimista, mi piaceva socializzare con chiunque e dovunque mi trovassi; non aveva importanza se l’incontro sarebbe durato il tempo di qualche fermata di metropolitana, io me lo godevo lo stesso. Fin da piccola mia madre mi rimproverava di passare al “tu” senza mai chiedermi se fosse opportuno: che fossero mendicanti, il postino, un medico, il prete, per me era del tutto irrilevante, io salutavo chiunque con uno squillante “ciao”.
Poi sono cresciuta e mi sono innamorata; un matrimonio finito male mi ha lasciato un segno talmente profondo che non mi permette di fidarmi più di nessuno, in particolare in campo sentimentale. Le mie amiche, Sara e Barbara, mi ripetono continuamente che quando meno me l’aspetto, arriverà l’uomo giusto per me e non potrò farci nulla: mi innamorerò nuovamente! Io invece credo che il mio cuore non sia più disposto a soffrire per amore. A essere sincera, devo ammettere che questa consapevolezza, se da una parte mi rasserena – è bello poter pensare solo a me -dall’altra mi causa dispiacere perché ci sono momenti in cui sogno serate passate sul divano davanti al caminetto acceso, accoccolata all’uomo che amo e che mi ricambia con la stessa intensità, senza la paura di essere tradita ancora. Ovviamente questo scenario è irreale, iniziando dal fatto che non ho un caminetto davanti a cui stare. Ecco, io vivo sempre così: un’altalena di sentimenti contrastanti che fanno a pugni nella testa e nello stomaco.
Sono un’inviata di cronaca nera, che lavora per il giornale del suo ex cognato e caro amico ma nessun favoritismo: sono una brava giornalista, il mio posto di lavoro me lo sono guadagnato. Forse questo lavoro è l’unica cosa che mi riesce bene e la redazione è l’unico luogo dove mi sento a casa, dove riesco ad avere dei rapporti sociali: sono convinta che, a differenza del resto dell’umanità, i miei colleghi non mi deluderanno mai. Sono un’insicura patologica ma solitamente riesco a nasconderlo molto bene. Naturalmente c’è qualche eccezione e Sara è una di queste:
«Se non la smetti di giocare con i tagli di quei jeans, a breve rimarrai in mutande.» Sara mi strappa dai miei pensieri, riportandomi alla realtà «Emma, dobbiamo andare alla riunione. Tanto, prima o poi, questa cosa la dobbiamo affrontare. Da stasera Carlo non lavora più qui e noi dobbiamo renderci conto che abbiamo un nuovo
caporedattore e ce lo dobbiamo fare anche piacere per almeno otto ore al giorno: credi di potercela fare?»
«Perché Maurizio ha preso un esterno?»
Sgrana gli occhi, tipico di quando sta per farmi la predica:
«Ancora con questa storia?»
«Sì Sara, ancora! Qualcosa non quadra! Non ha senso, non è da lui fidarsi così di uno sconosciuto!»
Inizia a scrocchiarsi le dita – una a una – e prende fiato prima di rispondere: «Probabilmente è uno sconosciuto per noi ma non per lui.»
«Non voglio che cambi niente…»
«Ti ascolti mentre parli? Sembri una bambina capricciosa! Di fatto qualcosa è già cambiato!»
«Io non lo voglio QUESTO cambiamento, non riesco ad affrontare QUESTA situazione! Chi è questo tizio? Cosa ne farà del nostro giornale?»
«“Cosa farà del nostro giornale?” Punto primo: non è nostro; punto secondo: il capo rimane Maurizio, quindi “il tizio” non farà niente che non segua le idee e gli ideali del direttore. Il caporedattore è il tramite tra lo staff e la direzione, cambia solo la persona a cui rivolgerci, la targhetta sulla porta. Perché fai così? Non ti capisco! Andiamo, la riunione sarà già cominciata e non ci stiamo facendo una bella figura ad arrivare in ritardo.»
«Non voglio venire!»
«A volte temo che frequenti troppo Babi… Ma si può sapere che ti prende?»
Devo ancora alzarmi quando la vedo avvicinarsi alla porta. Mi chiedo se intenda andare veramente alla riunione senza di
me. Se lei dovesse decidere di andarci seriamente, dovrò seguirla per forza:
«Ho la sensazione che stia per succedere qualcosa di brutto…»
«Wow! Quando hai finito di leggere i fondi del caffè della tua tazza, ti spiacerebbe concentrarti anche sui miei? Così mi dici se diventerò ricca a breve…»

Come è nata l’idea di questo libro?
Per tantissimi anni ho scritto racconti, alcuni di essi sono stati pubblicati e se pur scrivere rimaneva semplicemente un sogno nel cassetto questo mi ha incentivato a continuare. Con la situazione covid, nel primo lock down, avere improvvisamente tanto tempo libero mi ha incoraggiata a trovare il coraggio di andare oltre alle poche cartelle di un racconto. l’idea principale della trama girava in testa da tempo il resto è arrivato scrivendo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Ho scritto tanto, e cancellato tanto, ogni volta che lo rileggevo ero tentata di cestinare tutto. Forse la parte più difficile è stata non poter uscire e provare a vivere i luoghi dove si muovevano i personaggi.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Andrea Camilleri, Marc Levy, Federica Bosco e James Patterson.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Cologno Monzese in provincia di Milano dal 2020 sono nata e vissuta a Milano fino al mio trasferimento a Cologno Monzese.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Pubblicare il sequel di “Me lo racconto stasera”
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