
Edito da 0111 edizioni nel 2021 • Pagine: 268 • Compra su Amazon
Nella foresta c’è una ragazza che sta correndo. Sul corpo reca i segni delle violenze che ha subito negli ultimi cinque giorni e ha un missione: tornare alla civiltà e guidare gli inquirenti alla casa da cui è riuscita a fuggire. È Naomi Lombardi, ennesima vittima di un efferato assassino seriale che da mesi sta terrorizzando una piccola provincia già assediata dalla criminalità organizzata. È l’unica a essere riuscita a scappare dal covo del killer. Soccorsa e ricoverata in ospedale, chiede di parlare con il vicequestore a capo della squadra antimostro. Ha urgenza di farlo: l’omicida, credendola morta, l’ha abbandonata in una vasca, sui corpi di altre due giovani assassinate, ma nel frattempo ne ha rapito un’altra. Accorgendosi della sua fuga, potrebbe non esitare a chiudere tutti i conti in sospeso e a liquidare subito la nuova preda. Il problema è uno solo: nulla è quel che sembra.

Correva in maniera sgraziata per via del terreno accidentato e dei piedi scalzi. Correva per raggiungere la strada che attraversava la foresta, fermare una macchina, un camion, un autobus, un qualunque tipo di veicolo e chiedere aiuto. Ma soprattutto correva per allontanarsi dalla casa dove lui aveva massacrato tutte le ragazze e dove c’erano ancora i corpi di quelle di cui non si era disfatto. Corpi sui quali lei aveva giaciuto, sporcandosi del loro sangue e impregnandosi del loro odore di morte.
Naomi correva e sentiva freddo.
Era una gelida mattina d’inverno, il sottobosco era punteggiato di cumuli di neve sporca e le chiome degli alti sempreverdi lasciavano filtrare solo qualche stiracchiato raggio di sole. E poi lei indossava solo la sottoveste di seta bianca simile a quelle che lui aveva infilato a tutte le ragazze prima di ammanettarle al letto della camera padronale e cominciare a torturarle.
Naomi correva e avvertiva una grande varietà di dolori.
Era scalza e la sottoveste le arrivava alle ginocchia. Rami caduti e pietre appuntite le si conficcavano nelle piante dei piedi, e cespugli spinosi le graffiavano le gambe. E poi c’era il dolore alle dita della mano destra, già gonfie come salsicciotti dopo che lui gliele aveva spezzate. E poi ancora c’era il collo, con il suo dolore bruciante nei punti in cui lui, nel tentativo di strozzarla, aveva esercitato più pressione.
Naomi correva e sperava.
Sperava di raggiungere la strada asfaltata prima di svenire per il dolore, per il freddo o per tutti e due e diventare la colazione di un branco di cinghiali attirati dall’odore del sangue che le imbrattava la sottoveste, le cosce e le braccia. Sperava di sopravvivere perché doveva parlare con i poliziotti.
Sperava di poterli aiutare a localizzare la casa in cui lui portava le sue prede dopo averle adescate e drogate. Sperava di porre fine all’orrore che andava avanti ormai da cinque mesi. Sperava di interrompere quella spirale di sangue senza fine.
Naomi correva quando udì il borbottio di un motore in lontananza.
Senza fermarsi, guardò in avanti. Fra i tronchi, quasi fosse un miraggio irraggiungibile, vide un furgone bianco che procedeva veloce.
Anche se dal punto in cui lei si trovava non poteva dirlo con certezza, pareva proprio che il mezzo si stesse muovendo sull’asfalto. Non sarebbe mai riuscita a fermarlo. Ma la meta non era lontana.
Un altro piccolo sforzo, pensò. E accelerò l’andatura, cercando il più possibile di vedere dove metteva i piedi, ma continuando a non preoccuparsi per il dolore delle trafitture.
Qualche minuto più tardi intravide la strada: gonfia, crepata e sconnessa, ma promessa di incontro con esseri umani che potevano soccorrerla.
Si accorse all’ultimo momento del dislivello tra il sottobosco e il manto stradale. Fece un volo di un’ottantina di centimetri e cadde in ginocchio sull’asfalto. Altro dolore. Si rialzò gemendo e si portò al centro della carreggiata. Si guardò intorno. Nemmeno l’ombra di un segnale stradale.
Scelse una direzione a caso e cominciò a camminare a passo spedito, senza più correre. Pur avendo il fiatone, non prese mai in considerazione l’idea di riposarsi in attesa del sopraggiungere di un veicolo. In estate, la foresta brulicava di turisti che fuggivano dal caldo delle spiagge o dei paesi circostanti, ma in quel periodo dell’anno poteva trascorrere anche un’ora prima del passaggio di un mezzo. E fermarsi per tanto tempo avrebbe significato rischiare l’assideramento, mentre lei doveva sopravvivere a ogni costo, se non per se stessa, almeno per la sua missione: fermare il mostro una volta e per sempre.
Il verso stridulo di un uccello che non sarebbe mai stata in grado di identificare la indusse ad alzare lo sguardo. I rami degli alberi più vicini alla strada si intrecciavano sopra di lei a formare una tettoia naturale e frusciante, oltre la quale la luce del sole baluginava sotto forma di minuscole stelle occhieggianti. Naomi tirò un profondo respiro e andò avanti, imperterrita. Un quarto d’ora più tardi le parve sentire il rumore di un’auto.
Dopo qualche altro secondo, dalla curva davanti a lei sbucò una Ford nera.
Naomi alzò le braccia al cielo come un soldato che esce dalla trincea e si arrende al nemico dopo aver finito i colpi.
La vettura rallentò fino a fermarsi sul ciglio della carreggiata, a una decina di metri di distanza da lei. Naomi vide uno spilungone biondo uscire dall’abitacolo.
Lo sentì chiederle cosa le fosse successo. Gli rispose con un rantolo che nemmeno lei sarebbe riuscita a decifrare. Poi le gambe le si trasformarono in gelatina e cadde in ginocchio.
Il conducente della Ford cominciò a correrle incontro. Prima che potesse raggiungerla, Naomi stramazzò faccia a terra. Batté la fronte contro l’asfalto e chiuse gli occhi.

Come è nata l’idea di questo libro?
Alla base della Meccanica dell’inganno c’è l’idea di rimescolare ancora le regole del thriller. Dico ancora, perché è quel che ho cominciato a fare con il mio secondo romanzo Oltre ogni evidenza. I protagonisti sono coinvolti in quella che sembra una classica lotta contro il tempo, ma a un certo punto capiranno che nulla è quel che sembra.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
La Meccanica dell’inganno ha richiesto una preliminare fase di ricerche e approfondimenti su vari argomenti: armi, tecniche investigative e procedure medico-legali. Poi, durante la stesura, la sfida maggiore è stata quella di sempre: non far cadere mai il ritmo, nemmeno di un po’. Non voglio che i lettori si imbattano in capitoli che consentono loro di riprendere fiato, e so che nemmeno i lettori lo vogliono.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Leggo moltissimo e di tutto, quindi ho tantissimi autori preferiti. Stephen King e Dean Koontz, per quanto riguarda “la paura”. Tom Wood, Tom Clancy, Tim Weaver, Lee Child, per quanto riguarda l’azione. Pulixi, Roversi e il mio conterraneo Piernicola Silvis, per quanto concerne il thriller italiano. Ma nella mia libreria ci sono anche i grandi della letteratura, da Hemingway a Capote a Faulkner e Salinger. E molti, molti altri ancora.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo nei luoghi in cui si svolgono le vicende narrate nei miei libri: una zona stupenda, anche se per certi versi ostica.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Progetti per il futuro? Fare di tutto per stupire ancora quanti hanno apprezzato i miei romanzi e quanti me l’hanno fatto sapere scrivendo recensioni entusiastiche sui vari siti specializzati, compreso LIBRINEWS.
Lascia un commento