Edito da Kimerik nel 2018 • Pagine: 112 • Compra su Amazon
"La pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede". "La pittura è una poesia muta, e la poesia è una pittura cieca". Si esprimeva in questi termini Leonardo da Vinci, nel suo Trattato della pittura, e mai queste parole risultano tanto opportune per il libro scritto dal poeta siciliano Vincenzo Calì dal suggestivo titolo Mediterranima, che richiama la sua terra, comune all'artista Lorenzo Chinnici, il quale ritrae paesaggi assolati e fulgenti e figure di lavoratori che ricordano il suo passato. Si tratta di un volume che racconta in versi l'essenza delle opere del maestro Chinnici: la sicilianità, la fatica, l'inquietudine, la forza, l'amore, il ritrarsi in sé stesso, la paura di mostrarsi. Calì dunque fa molto di più che accostare delle semplici didascalie poetiche ai dipinti di Chinnici, ne coglie l'anima, trasformando la sua poesia in pittura, in una pittura che parla.
Vi è qualcosa di selvaggio ed immenso nelle liriche di Vincenzo Calì che si configurano come echi della vita, stanze dove rifugiarsi all’interno delle quali non si può mentire. A metà strada da preghiere ed enigmi, le liriche di Calì denunciano il silenzio che diventa parola che a sua volta si declina come una filastrocca: Blu di mare, blu d’amare, di metilene abbaglia il cuore. Blu ha chiarore, d’alba incanta con candore. Di profondo effonde il mare, blu d’immenso è il mio colore. L’infinito ha già parole, blu di denso, ho nel cuore, in cui l’autore siciliano vuole conferire parole e colore all’infinito; come un ricordo nostalgico: Sorrisi spenti, dei giorni migliori. Mai più dimentico le gocce di vita, feriscono al tocco, il mare di ghiaccio, perenne e molesto, inerte a se stesso, avvolge glaciale, un cuore d’amare, in cui non vi sono rime ma versi liberi che raccontano un sentimento di malinconia. C’è spazio anche per la dimensione sensoriale nella poetica di Calì: Dei mosti l’odore, di rosso e di bianco è l’aspro sapore. Oniriche danze, di satiri cinti, da tralci di vite. Le ninfe leggere, ai flauti acuti. Al suolo la coltre, ha il giallo e il bruno, di fresco ne odora, di foglie, di terre. Solstizio d’amore, quel tiepido fuoco, all’anima scalda, la brezza già fredda, che è nuova stagione, dove il lettore si sente avvolto dal profumo inebriante del mosto e respira rituali senza tempo.
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