Edito da ARIANNA ESPOSITO nel 2021 • Pagine: 46 •
È l’ esordio di tante frasi, è una premessa di possibilità immaginate e sperate.
“Metti che...” è una raccolta di pensieri e poesie nate dal Blog di Arianna Esposito (www.ariaes.it) giornalista che si diletta con le parole e che cerca il filo che le tiene unite. L’immagine di copertina, a cura di Libera Carelli, è infatti un gomitolo di lana che tiene unite le parole corteggiando isole e dichiarando loro eterno amore, toccando le corde dei sentimenti in una sinfonia di promesse e premesse.La pubblicazione del libro è avvenuta grazie al finanziamento nato da una raccolta di crowdfunding sulla piattaforma Eppela e il volume è stato interamente stampato su carta riciclata in rispetto dell’ambiente.
Oggi Napoli piange o meglio “piccia” come si dice in dialetto che è ben diverso perché il “piccio” si protrae in maniera anche un po’ slabbrata, immotivata e quindi sì ogni tanto anche la città del sole e dei sorrisi piange e quando lo fa, lo fa a lungo e forse perché cumula un bel po’ di dispiaceri e così sotto la pioggia può permettersi di piangere senza vergogna, senza doversi giustificare
E quindi piange, piange e non lo fa per quel sogno che ancora ha nel cuore, perché quello se lo tiene ben stretto e i sogni son desideri e quindi realizzabili contro ogni becero coro o maldicenza e non piange neanche per i debiti, no quelli sono forse estinguibili o forse no ma qui ci arrangiamo, Napoli forse piange però perché ce la mette tutta per dare spazi di cultura e aggregazione ai giovani, ai turisti che ormai sono parte della città, ma si scontra contro leggi, impedimenti, sanzioni e così dallo “Slash” che chiude i battenti, alla libreria “Colonnese” oggetto di raid nella notte, Napoli piange perché è femmina e tiene quindi tanta pazienza ma la pazienza delle donne prima o poi finisce
E quindi piange e allo stesso tempo pulisce le sue strade dalla sporcizia dell’ignoranza e dalla strafottenza e io che stamattina mi sono trovata a rifugiarmi sotto i suoi magnifici palazzi del centro storico, ne ho approfittato per mangiare una delle montanare più buone mai assaggiate e mi sono cosparsa di pomodoro che manco in un film splatter ma ne è valsa la pena e il restante resto che il pizzaiolo mi doveva, me lo ha dato sotto forma di croquet…e dopo niente, ha smesso di piovere almeno per un po’ e io sono tornata a casa con un pensiero felice!
Isole
Isole di Pasqua, Isole di Sale, Isole di sole
Isole da maneggiare con cura, in caso di bisogno, guardare il mare, in caso di necessità amare senza riserve che tanto non serve
Isole isolate, sognate, attraversate Isole scucite dalla realtà
Isole dalla trama di stelle
Isole dai ritmi lenti
Isole su cui ballare un lento finché l’ultimo faro non si è spento
Isole da rimanerci quando la festa è finita
Isole in cui concepire la vita
Isole di una vita, di anni passati e presenti
Isole che non dormono mai, che ti contano gli anni e i passi
Isole sui cui rifugiarsi, dove inventarsi un altro finale
Isole dove niente può finire male
Vieni Via con me
-Sono una causa persa
Vorrei fossi la mia causa vinta
-Sei Saggia
Lo sono per gli altri meno per me
-Succede sempre così
Fermiamoci qui e prendiamo una casa al mare
Fermiamoci qui e spogliamoci delle impalcature
Fermiamoci qui e lasciamo in mare tutte le paure
-Sei laboriosa
Faccio il possibile per non essere noiosa
Per non sentirmi a posto ad ogni costo
Cerco i posti che lasciano un segno, un pegno, un conto in sospeso per poterci ritornare
Sei bravo nel raccontare storie, le infarcisci sempre di tanti particolari. Beh visto che ci sei potresti cantarmi: “Via via Vieni via con me, Entri in questo amore buio Non perderti per niente al mondo Lo spettacolo d’arte varia di uno innamorato di te” Sarebbe davvero un bel pezzo!
Pedalando
La bicicletta, questo è il mezzo di locomozione a cui mi sono fermata. Due ruote, equilibrio, concentrazione, estate, libertà, mare, amici, padri che diventano motivatori atletici, ginocchia sbucciate e l’immancabile distinzione cromatica: rosa per le femmine, nera per i maschi.
Si impara da piccoli che è meglio, meno paure, meno resistenza, meno consapevolezza. E’ da qualche giorno che nella strada in cui abito, regolata da un anomalo ed inverosimile doppio senso, c’è un bambino che deve avere superato da un po’ l’età dell’incoscienza assoluta ma per fortuna non quella dell’innocenza.
Il bambino va avanti e indietro con la sua bici, supportato da mamma, padre e nonna che, noncuranti della ferocia con cui l’asfalto a fine giornata ti investe con tutto il calore accumulato, sono lì determinati ad insegnare al figlio e al nipote come si fa a rimanere in equilibrio tra gomma ed asfalto.
Già come si fa? come si fa a parare i colpi, far guarire le ferite, capire quando e come è il momento di frenare? Non lo si capisce subito o forse mai. E quindi ecco che il bambino avanza un po’ incerto va dritto, anche perché la strada essendo cieca non consente deviazioni e finché va dritto va tutto bene, ma quando arrivano le curve come si fa? Come si torna poi sulla retta via? come si affrontano i tornanti della vita? le svolte imposte e non scelte, quelle che ci cadono giù dal cielo come stelle comete nelle notti d’agosto o come tegole da un tetto? E poi soprattutto quando arriva il momento di frenare, lì sta il bello, una perfetta sincronia qui è richiesta: premere i freni poi mettere i piedi a terra, il tutto in una manciata di secondi, prima di finire accasciati sulla macchina del malcapitato parcheggiata a pochi metri…
E quindi quando si frena, massima attenzione a non coinvolgere gli altri, a non lasciarli ammaccati. E poi anche se si cade, si riparte, lui riparte incoraggiato dal suo cordone familiare, da quelle inossidabili ancore di salvezza, da quelle rotelle fatte di affetto e presenza che sostituiscono quelle di plastica e ferro. E così passano poche ore da che esco e torno a casa e il giovane ciclista è sempre lì ma già è migliorato, già va più sicuro anche se ancora c’è da esercitarsi, avanti e indietro, si cade e ci si rialza e capita che trovi qualcuno che ti incoraggi, qualcuno che ti ostacoli e qualcuno che ti ignori durante il tuo tour de vie, e capita che le curve e le salite siano di più rispetto alle strade pianeggianti, che qualcuno ti sorpassi, che sembra che stai perdendo ma poi rimonti, che sembra che il fiato non ce l’hai più, che le lacrime ti bruciano quanto il sudore, però da quel sellino non scendi, ci provi e ci riprovi e non importa che tu stia pedalando su una Mountain Bike o una Graziella, non importa che sia una bici da passeggiata o da corsa, importa dove ti porta…
Volare
-Quindi hai imparato a volare?
Sì, da che te ne sei andato ho imparato anche a volare
-Come Peter Pan?
Meglio, come Wonder Woman, lei sì che è una tosta, non quello smidollato di Peter Pan, alla ricerca di quest’isola che non c’è, eterno fanciullo come te…
-Beh quindi ne hai aggiunta un’altra…
Cosa?
-Un’altra cosa alle tante che già fai…
No, questa non è una cosa, è una magia te l’ho detto, ho i super poteri, io davvero volo
-E quando voli cosa vedi?
Quando volo, scendo per le scale della mia città, dei miei anni, dei miei cassetti chiusi, poi guardo sempre il mare, ogni volta lo trovo diverso, mai una volta uguale, quindi ti dicevo scendo e canto, si tanto nessuno mi sente, poi trovo il mio compagno di volo, ci tendiamo e teniamo le mani, non serve stringere, non serve
metterci forza, la forza ce l’hai dentro, basta respirare, sai ho imparato che serve nei momenti difficili. Poi succede, non ci pensi e basta.
Succede che prendi il volo o meglio il volo prende te e allora tutto si smargina, sai come dice Elena Ferrante, o anche Sartre nella sua potenza nullificatrice, tutto è di contorno ma scontornato, ci sei solo tu e la tua base di appoggio, siete un’unica cosa, insieme ce la fate, insieme vi appoggiate, l’un l’altro e no, non c’è tempo per pensare ad altro, pensi solo a quel momento che stai vivendo e te lo godi
-Capisco… hai mica imparato anche a cucinare?
No, quello no, sto parlando di magie, non di miracoli!
Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea del libro è nata dall’esigenza di provare a mettere ordine nel gomitolo di pensieri, emozioni e sensazioni che mi accompagnano quotidianamente e soprattutto è nata dall’esigenza di dare vita ad un progetto corale dato che la pubblicazione del libro è avvenuta grazie alla raccolta di crowdfunding promossa dalla piattaforma Eppela.it. Il libro ha quindi tanti “genitori” che hanno deciso di “adottarlo”, è frutto di tante collaborazioni artistiche (dall’immagine di copertina a cura di una cara amica alle illustrazioni che accompagnano alcuni dei testi che sono opera di mio padre) insomma mi piaceva l’idea che le mie parole non fossero più solo mie ma fossero prese a prestito da chi ne avesse bisogno, scopo ultimo della poesia per me.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Portare a termine questo progetto ha comportato tanta determinazione tra battute d’arresto e slanci di entusiasmo e non è stato semplice soprattutto perché essendo questa la mia prima pubblicazione e non essendomi avvalsa di una casa editrice, è stato tutto nuovo ma il fascino delle prime volte mi ha ripagata di tutto.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Tra i miei autori di riferimento figura soprattutto la scrittura asciutta e diretta di Donatella di Pietrantonio, quella di Paolo Giordano che esplora l’animo umano e le sue contraddizioni come nessuno e quella di Garcia Marquez in bilico tra realismo e magia che cerchiamo nella vita di tutti i giorni.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Napoli, città dalla prepotente verve ispiratrice, città dove ogni giorno ci raccontiamo una storia nuova con una autenticità unica e spontanea. Ho sempre vissuto qui ma spero che il mio libro mi dia presto occasione per viaggiare.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Tra i progetti a stretto giro c’è quello di continuare la promozione/presentazione del libro per farlo conoscere al resto di Italia e provare magari a metterlo in scena con un reading e poi mettere in cantiere nuove storie, ne abbiamo sempre tanto bisogno!
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