
Edito da Adelia Mare nel 2019 • Pagine: 448 • Compra su Amazon
Aurora e Massimo si conoscono da sempre. Con il tempo si sono convinti di odiarsi, in realtà sono molto attratti l'uno dall'altra. Sarebbe tutto quasi perfetto se non ci fosse un unico, insormontabile problema: Aurora è fidanzata con Nic, che è il fratello di Massimo. Malgrado ogni sforzo razionale, i due ragazzi finiranno per avvicinarsi sempre di più. Ma quando ogni ostacolo alla loro storia d'amore sembrerebbe superato, uno sconcertante segreto del passato li divide ancora. Può un amore tanto grande essere sbagliato?
Una lettura appassionante, travolgente e coinvolgente, che tiene letteralmente incollati alle pagine fino al colpo di scena finale.

1. Un pomeriggio da dimenticare
Aurora
Non so perché, ma quando entro in palestra ho il cuore in gola.
Anzi, sotto sotto lo so il perché.
E non mi piace.
Rita mi guarda e ride, divertita. «Dai, Aurora, non farne una tragedia, è solo una lezione di prova!»
Evito di risponderle. Il mio problema non è la lezione di boxe a cui è riuscita a trascinarmi, ma un altro. E se Rita lo scoprisse sarei rovinata.
Adesso che sono qui mi pento di aver acconsentito ad accompagnarla, ma non posso tornare indietro ormai. Se ci ripensassi, si insospettirebbe. E probabilmente non ci metterebbe molto, poi, a capire il vero motivo della mia agitazione. Inspiro profondamente, cercando di controllare il ritmo impazzito del mio cuore e manterere la calma.
Rilassati, Aurora, dico a me stessa, e con un po’ di fortuna, questo incubo non si trasformerà davvero in una tragedia…
***
Ci siamo cambiate e siamo entrate nella sala con il ring – quella più grande, dopo gli spogliatoi femminili sulla destra, come ci ha spiegato una tipa in straforma al banco dell’ingresso.
Ora siamo in attesa che entri l’insegnante.
Mi sono tranquillizzata.
Non che l’abbigliamento sportivo che sono stata costretta a indossare mi faccia sentire a mio agio, anzi. Ma chi temevo di incontrare non si vede in giro, e questo basta a farmi respirare senza angoscia.
Mi guardo intorno, curiosa.
Gli aspiranti iscritti al corso sono in maggioranza ragazzi, come era prevedibile. Forse è questo il motivo per cui Rita ha stampato sulla faccia un sorriso enorme e mi guarda piena di aspettativa.
E io che pensavo che volesse davvero rimettersi in forma e mi sono lasciata impietosire e trascinare qui!
Be’, se non altro almeno lei sembra felice.
«Allora gente, ci siamo, si comincia!»
Mi volto al suono di quella voce roca. Deve essere l’insegnante, penso, nuovamente agitata, ma questa volta agitata per la lezione che sta per iniziare.
Il mio sguardo lo individua nella sala. È un tipo dall’aspetto gentile nonostante il corpo enorme e tutti quei muscoli che mettono soggezione. Intimamente spero che sia tanto gentile da avere pietà di me e della mia incapacità verso qualsiasi tipo di attività fisica. Prego che lasci che mi eclissi nel mio angolo senza pretendere che mi applichi davvero.
Mentre sono immersa nelle mie considerazioni, all’improvviso il cuore mi balza in gola. Per poco non tradisco il mio terrore, lasciandomi sfuggire un gemito. I miei occhi dall’energumeno biondo che è l’insegnante si sono sposati sul ragazzo al suo fianco: la causa segreta della mia angoscia, l’incubo che si è appena materializzato davanti ai miei occhi.
In un attimo inizio a sentirmi come se una voragine si stesse aprendo sotto ai miei piedi e stesse per inghiottirmi: senza via di scampo.
Merda, merda e merda!
Lo sapevo che non dovevo venire, rimprovero mentalmente me stessa. Deglutisco a fatica, cercando una scusa pratica e non patetica per svignarmela il prima possibile da lì. Possibilmente senza essere vista.
L’illusione che quella scusa esista per qualche attimo mi rassicura, ma poi la realtà dei fatti: è praticamente impossibile che io riesca a uscire dalla palestra senza che lui mi veda.
Lo osservo attentamente mentre con disinvoltura e sicurezza si arrotola intorno ai polsi e alle mani le fasciature blu e ride insieme all’insegnante.
Devo ammetterlo, mio malgrado. Le sue labbra e il suo sorriso sono da paura…
Questo pensiero mi agita ancora di più. Cerco di convincere me stessa a ignorare la sua presenza, a staccare lo sguardo da lui. Ma non ci riesco. Vorrei. Giuro, lo vorrei davvero, ma a quanto pare i miei occhi non sono disposti a ubbidirmi.
Cerco di mantenere la calma e fingere distacco. So che non ho scampo e che prima o poi lui mi vedrà. Devo prepararmi a combattere. Dopotutto, deve essere per questo che non riesco a smettere di guardarlo. Si tratta di una questione di sicurezza: mai staccare gli occhi dal nemico.
Rita mi raggiunge. «Ma quello non è Massimo? Dio mio, sono finita in paradiso!» esclama entusiasta. «Tu lo sapevi che veniva qui ad allenarsi?»
«No» mi affretto a mentire, stringendomi innocentemente nelle spalle. Ma dai, è ovvio che lo sapessi! Sto insieme a suo fratello, ti pare?
La domanda giusta piuttosto dovrebbe essere: se lo detesti tanto come dici, perché sei venuta se sapevi che è qui che lui si allena?
Torno a fissarlo per accertarmi che non mi abbia ancora vista.
Ok, penso, niente panico. Dopotutto non c’è motivo di agitarsi così tanto. Magari continuerà a farsi i fatti suoi per tutta la lezione e rimarrà sull’altro lato della stanza, mi dico mentre, per sicurezza, mi appresto comunque a rintanarmi nell’angolo diametralmente opposto al suo. Oppure, cosa ancora più probabile, mi vedrà e fingerà di non conoscermi, come d’altronde ha fatto in tutti questi anni. Non dovrebbe essere difficile per lui, no?
«Allora, pronti per il riscaldamento?» chiede il biondone dall’aspetto gentile, accendendo lo stereo. «Avete tutti una corda?»
Una che cosa?, mi domando, terrorizzata.
«Avanti con il salto e poi dentro con le flessioni, dopodiché ci accoppieremo per provare i tiri. Avete mezz’ora per riscaldarvi.»
Mi metto a ridere. Mezz’ora tra salto e flessioni? Questo è l’inferno, altro che paradiso. Quel tipo là non ha un grande senso dell’umorismo.
«Prima di iniziare però presentiamoci» continua lui, incurante del panico che si sta impadronendo di me, «anche se sono abbastanza certo che dopo questa prima, massacrante lezione molti di voi non torneranno la prossima volta», si scambia con Massimo un’occhiata divertita.
In un attimo, ho già ritrattato sul gentile.
«Io sono il vostro insegnante, e potete chiamarmi Freddy, e lui è Massimo, mi affiancherà alle lezioni e mi sostituirà all’occorrenza, per la gioia delle signore» conclude con un sorriso piuttosto eloquente mentre un gruppetto di sgallettate ridacchia alla battuta.
Le incenerisco con lo sguardo.
Non faccio in tempo a riprendermi dallo shock per la battuta del biondo Potete-chiamarmi-Freddy che il panico si impadronisce di nuovo di me.
«Sì, scusate» Rita alza la voce e si fa avanti in mezzo al gruppo.
Vorrei strozzarla.
Maledetta me e quando mi lascio convincere!
«Ciao Massimo» lo saluta, «scusate, è che io e la mia amica non abbiamo le corde.»
Dove diavolo è quella voragine? Adesso mi servirebbe proprio per sparirci dentro! Cerco di nascondermi meglio che posso, voltandomi di lato. Spero davvero che Massimo non mi riconosca, altrimenti non oso immaginare le torture a cui verrei sottoposta.
Lui alza lo sguardo e lo sposta da lei a me. Il suo tipico sorrisetto che, malgrado ogni buon senso, mi manda sempre in paranoia gli affiora sulle labbra. Inutile nascondersi, mi ha riconosciuta eccome. Meglio prepararsi allo scontro aperto.
Si volta per prendere da un mobile alle sue spalle due corde e si avvicina a noi, mentre Freddy inizia a far scaldare il resto dei partecipanti.
«Queste sono per voi, avete visto dove si trovano? Potete prenderle lì alla prossima lezione» parla al plurale, ma è me che fissa con i suoi occhi scuri e magnetici.
«Prossima lezione?» ironizza Rita, «Per me forse, per lei non so. Non so neanche come ho fatto a convincerla a venire a questa!»
Massimo mi lancia un sorriso di quelli che ti fanno venire voglia di prenderlo a schiaffi, ma purtroppo non solo, lasciandomi completamente imbambolata.
«Be’ chissà» dice, «magari un motivo per tornare lo trova, visto che ne ha trovato uno per venire…» dice e sorride divertito.
Arrossisco come una scema. Non ho mai sopportato le sue stupide insinuazioni!
Rita ridacchia tra sé. «Io di sicuro» dice.
«Cos’è questa confidenza?» domando irritata. «Non mi ricordavo che adesso ci parlassimo noi due.»
Lui ride. Si rivolge a Rita, «È sempre stata un bel tipo la tua amica, lo sai vero? Facciamo così, se riesci a riportarla parlo con Freddy per farti fare uno sconto sull’abbonamento.»
Arrossisco di nuovo. Adesso lo uccido, ma che cosa sta dicendo?
«Oppure potresti chiedermi di uscire» Rita ci prova e lui ride ancora mentre si allontana e dice «Vedremo».
Perché adesso vorrei uccidere anche lei?
***
Dio mio, ti prego, fa che muoia adesso se mi vuoi anche solo un po’ di bene!
Perché sicuramente morirò alla fine di questa lezione da incubo, e un’altra mezz’ora di agonia non posso sopportarla. Sono sfinita, sudata, non sento più né le gambe né le braccia e potrei seriamente svenire.
Freddy annuncia una pausa e io ringrazio il cielo, gettandomi a capofitto sulla mia bottiglia d’acqua.
«Bene, bravi tutti!» esclama. «Adesso arriva il bello della lezione. Io e Massimo passeremo tra di voi per insegnarvi i colpi. Faremo qualche tiro di prova e poi ci accoppieremo per fare un po’ di pratica. Iniziamo tra cinque minuti» dice, mettendosi a cercare un cd da una delle tante custodie abbandonate sul mobile alle sue spalle.
Mi accascio sul pavimento. Stremata. E Rita si accascia accanto a me. Anche lei stremata ma, a differenza di me, anche soddisfatta.
«È da paura!» esclama.
«È da incubo» sospiro.
«Intendevo il fisico di Massimo, Aurora.»
Solo allora mi accorgo che lo sta fissando. Se continua così prima della fine della lezione lui le chiederà di seguirlo negli spogliatoi. Tanto è così che fa con tutte, con particolare gusto se sono anche mie amiche, lo stronzo…
«Lo vedi che muscoli? e quei pantaloncini da boxe? Addosso a lui sono da perderci la testa.»
«Non sapevo che ti piacesse…» la butto lì, sorprendendomi a fissare i suoi pantaloncini.
Lei ride. «Scherzi? Esiste una ragazza sulla terra che gli sappia resistere? Non credo…» poi mi guarda ammiccante. «A parte te, ovvio…»
«Che vorresti dire?»
«Voglio dire che tu sei l’unica con cui lui non ci ha mai provato, e l’unica che riesce a ignorarlo senza problemi. Neanche lo vedi, e per non vederlo bisogna essere parecchio miopi, di cervello però!»
«Pronto? Terra chiama Rita: non so se ti ricordi che io sto insieme a suo fratello.»
«E con questo?» domanda.
E con questo? E io che pensavo di aver detto tutto…
2. Provocazioni
Aurora
La lezione è ripresa da un po’. Abbiamo provato i colpi e adesso ci siamo accoppiati, come dice Freddy. Io e Rita siamo insieme. Devo dire che, superata la parte traumatica della lezione, cioè quella del riscaldamento, adesso è quasi divertente.
«Attenta che ti mollo un gancio!» scherza Rita, mentre io mi appresto a pararmi come ci hanno appena insegnato. Avrei creduto di sentirmi un pesce fuor d’acqua a quell’allenamento. Cioè, nel senso, io che vado a tirare pugni a un saccone? E invece scopro che è divertente. E sospetto anche che sia un ottimo rimedio contro la rabbia e lo stress. Me lo dovrò ricordare.
Mentre ridiamo come sceme, Massimo si avvicina a noi.
«Tutto bene principessa?» mi domanda, appoggiandosi con le spalle al muro e incrociando i bracci muscolosi sul petto. È tutto sudato ed è una meraviglia a guardarlo. Con quella maglietta nera aderente che non lascia niente all’immaginazione, i capelli castani spettinati e gli occhi scuri che mi fissano con un’intensità che, se non fossimo divenuti nemici giurati, avrebbe potuto mettermi molto a disagio. Scaccio subito quei pensieri dalla testa, cercando di concentrarmi sul fattore nervi: ho sempre odiato che mi chiamasse principessa. Lui lo sa che io non lo sono affatto. Lui è l’unico che lo sa davvero. E sa anche che mi fa arrabbiare sentirglielo dire.
Ergo, l’ha fatto apposta.
«Eviteresti? Grazie» dico senza fermarmi. «Già devo digerire che hai ripreso a parlarmi dopo anni di mutismo, dammi tempo per i nomignoli odiosi.» Gancio destro, destro, sinistro. Vedo Rita un po’ in difficoltà.
Lui sorride. «Vederti qui è un sogno che si avvera» scherza. «Un miracolo, direi. È come vedere un angelo che si è perso all’inferno. Mio fratello sa che sei qui?» domanda. «Nel senso, casomai debba venire sul suo cavallo bianco a salvarti.»
Mi immobilizzo e lo fulmino con lo sguardo. Mi sta provocando. Mi odia così tanto? Ma che gli ho fatto?
«Potrei anche toglierti quel sorriso dalla faccia con uno dei pugni che mi avete giusto adesso insegnato a tirare, non ti conviene provocarmi.»
Non so perché l’ho detto. È una cosa stupida, perché io tiro pugni da neanche un quarto d’ora, lui li tira da anni e sa benissimo come fare a evitarli. Non è che sia poi una minaccia così seria la mia. È che mi fa uscire di testa!
Non mi arrabbio mai, non perdo mai la calma, sono sempre posata. Ma quando c’è lui di mezzo, mi basta mezzo secondo e prendo fuoco come un granaio.
So che Rita ci sta guardando sbigottita.
In fondo lei non sa niente del nostro passato. Quando ci siamo conosciute, il primo anno di liceo, per lei io e Massimo eravamo due perfetti nemici che non si filavano neanche per sbaglio.
Uniti solo da quel filo rosso che era Nic.
Io la perfetta ragazza del suo perfetto fratello, lui uno che io non potevo nemmeno tollerare, un mondo a parte, due universi paralleli che mai e poi mai neanche nei sogni più improbabili si sarebbero incontrati. Era questo che aveva sempre pensato. Che hanno sempre pensato tutti. E che io le ho lasciato credere.
E adesso di punto in bianco questo.
Dovrò darle qualche spiegazione.
Massimo si mette a ridere e si avvicina a me. «Con le ragazze di solito preferisco un tipo diverso di lotta, ma se ci tieni possiamo provare come surrogato.»
A quel punto non ce la faccio a trattenermi e gli allungo un bel pugno sul viso. Lui non se lo aspetta e per poco non lo prende davvero.
«Mai abbassare la guardia» gli dico piano.
Lui sorride e sembra divertito. In quel momento Freddy annuncia la fine della lezione.
Mi avvicino di più a lui, furente. Lo guardo fisso negli occhi e, scandendo bene perché anche Rita senta, «E comunque sei uno stronzo» gli dico.
Mi tolgo i guantoni, glieli mollo con un gesto rabbioso ed esco dalla stanza.
«Aspetta un attimo, bella mia!» Rita mi è corsa immediatamente dietro. «Adesso mi spieghi che cos’era» dice.
Mi stringo nelle spalle. «Che cos’era cosa?» cerco di fare la finta tonta.
«Che cos’era quello a cui ho assistito» esclama iniziando a ridere. «Uno strano rituale di corteggiamento, il vostro. A quanto pare mi sbagliavo, anche tu sei sensibile ai suoi muscoli.»
Le lancio l’asciugamano appena tolto dal borsone sulle gambe. «Che cavolo dici? Sei impazzita?» Arrossisco violentemente. «Perché non vai a farti la doccia così poi usciamo da questo posto?» le chiedo seccamente.
Il mio tono inflessibile sembra convincerla. Ma è l’impressione di un attimo.
«Be’, senti» inizia a dire sedendosi sulla panca dello spogliatoio, e questa volta è seria. «Scherzi a parte, lui mi sembrava molto distratto dalla tua presenza qui» dice e io mi volto a guardarla con un enorme punto interrogativo stampato in faccia. «Non guardarmi come se avessi detto la cosa più assurda del mondo, l’ho beccato un paio di volte a fissarti. Non sto scherzando.»
Scuoto la testa, esasperata. «Ti sarai sicuramente sbagliata. Magari fissava te.» Ci credo a quello che ho detto, non l’ho detto tanto per dire. Ma lei scuote la testa e ride.
«Oh no, no cara mia» e si alza di nuovo in piedi per togliere dal suo borsone l’occorrente per la doccia. «Se avesse guardato me in quel modo me ne sarei accorta eccome. Sembrava che volesse spogliarti e possederti sul ring, subito e con violenza.»
Divento di un rosso vermiglio intenso e inizio a sentire caldo. «Non dire sciocchezze» borbotto, cercando di convincermi che ho un’amica con dei seri problemi di vista.

Come è nata l’idea di questo libro?
Ho iniziato a scrivere questa storia per caso. La scena in palestra, in una piccola parte e in un certo senso autobiografica, ha costituito il primo nucleo della trama. Avevo in testa questa immagine: due ragazzi con un vissuto che dopo un lungo periodo di distanza e di incomprensione si incontrano e tra loro esplode tutto, il non detto, i sentimenti per tanto tempo repressi, la rabbia, i ricordi… Ho scritto questa prima scena di getto, senza la pretesa di volerla trasformare, plasmare, approfondire; era solo un’immagine, quasi un’istantanea, che volevo fissare sulla pagina come le immagini si fissano sulla pellicola fotografica (o sullo schermo di uno smartphone). Una volta scritta, però, ho iniziato a pensare ai personaggi a poco a poco sempre di più, sono diventati parte di me. Senza nemmeno rendermene conto ho costruito intorno a loro un mondo. Ho arricchito il primo nucleo della storia con un Prologo e ho provato ad andare per un po’ avanti. Il risultato mi ha convinta: era il tipo di storia che io, come lettrice, avrei tanto amato leggere. Mi sono chiesta quindi se altri lettori potessero essere interessati ai miei due protagonisti e alle loro vicende. Per curiosità, quindi, ho provato a pubblicare i primi capitoli su Wattpad: era il 2015 e i primi riscontri dei lettori mi hanno dato lo stimolo per continuare. Capitolo dopo capitolo la storia ha preso forma, a poco a poco la trama si è sviluppata e io mi sono affezionata sempre più profondamente ai personaggi e al loro mondo. Una volta terminata ho deciso di provare ad autopubblicarla su Amazon. Sempre per questa curiosità che mi spinge a fare le cose. La stessa per cui adesso sto scrivendo a voi di LibriNews.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non è stato semplice, per via del poco tempo e, a volte, delle poche energie a disposizione per scrivere. Ci ho messo un po’ per questo motivo. Lo ammetto, a volte anche a causa della mancanza di ispirazione. A volte anche per la caparbietà dei miei personaggi: è capitato, in qualche occasione, che io volessi far andare la trama in una direzione ma loro non ne volessero affatto sapere. E quando era così, non c’era alternativa: l’episodio che avevo in mente di scrivere non veniva, potevo scriverlo anche più volte ma ogni volta era meno convincente della precedente. E allora niente, dovevo smettere e aspettare la giusta intuizione. A volte arrivava presto, a volte dopo giorni. Ma sapevo quando era quella giusta, perché questa volta, a differenza delle altre, i personaggi si prestavano facilmente alla mia trama. E solo allora l’episodio nasceva. Lo so, può sembrare una pazzia, ma chi scrive – anche solo per passione, come me – lo sa che è così: i personaggi sono vivi e vanno dove vogliono: se vogliono possono farti ostruzionismo e tenere ferma la tua storia per giorni o settimane! Qualche volta i miei personaggi lo hanno fatto.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Mi piace Calvino, perché scrive cose difficili con parole semplici e perché ha lo sguardo di un bambino. Mi piace Margaret Atwood, perché è una delle scrittrici contemporanee americane più sorprendenti in assoluto. Amo moltissimo Chiara Gamberale, che sa toccare il mio cuore ed è vera, verissima, di una sensibilità unica. Mi piace il Beckett di Aspettando Godot perché l’attesa di Vladimiro ed Estragone mi affascina e mi affascinano le trame così, difficili ma allo stesso tempo semplici, ipnotiche, che ti interrogano ma che non ti danno risposte.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo in una città toscana, ma non vi dico quale perché Adelia Mare è uno pseudonimo e ci tengo a mantenere il riserbo su chi sono. Vi dico solo che è una città piccola ma per me è il centro del mondo. Potrei cambiarla solo per Parigi, o per New York. Ma forse, dopo un po’, anche da queste due bellissime città vorrei venir via, perché casa non si cambia, dopotutto, casa è solo quella che ho nel cuore.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto scrivendo il sequel di Il mio sbaglio, a puntate su Wattpad perché l’ho promesso a chi mi segue e ha amato la mia storia. C’è chi dice che potrei dedicarmi anche a lavori di più ampio respiro. Penso che ci proverò un giorno: qualche idea ce l’ho in testa, devo solo attendere il momento giusto per tentare di dagli forma. Grazie. Adelia.
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