
Edito da Salvatore Dimauro nel febbraio 2018 • Pagine: 133 • Compra su Amazon
Rose più o meno mistiche… medagliette, collanine, santini, veggenti. Un racconto su un improbabile invaghimento in un contesto di dogmatiche superstizioni e ritualistica “popolana” da commedia, non privo di momenti da rimuginare con calma. L'opportunismo della specie non si fa desiderare.

Il giorno dopo e quelli che seguirono, come avevo promesso, mi occupai della questione della macchina, e questa circostanza ebbe come naturale conseguenza un incremento del numero di telefonate scambiate con Rossella, che da una divennero quattro o cinque, quasi sempre piuttosto telegrafiche e per lo più inerenti comunicazioni di servizio. Comunque Rossella appariva in generale decisamente sollevata dal fatto di non doversi occupare di questa incombenza.
Devo dire che le telefonate telegrafiche non erano affatto indotte da Rossella, che ormai mostrava poca diffidenza nei miei confronti, ma più che altro ne ero responsabile io, perché se già vis à vis non ero un campione di loquacità al telefono diventavo praticamente muto e ancor di più lo diventavo con Rossella che ogni volta mi metteva una certa ansia dovuta al fatto che non sapevo mai se stessi dicendo qualcosa che poteva essere tradotta come impura o indegna o chissà che. Per quanto riguardava Rossella lei invece aveva una buona predisposizione ad aprirsi e a dialogare, sempre però utilizzando quel linguaggio da catechismo impastato con quei suoi strani codici astrusi appresi alla scuola delle rivelazioni mistiche, dei malefici e dei benefici e delle medagliette miracolose; eppure qua e là ogni tanto veniva fuori qualche parola diversa ed estranea a quel mondo contorto; difficile a spiegare, veniva fuori qualcosa di “bello a sentirsi”, non tanto questa o quella frase ma proprio il suono e il modo con cui si accompagnava a un sospiro o a una leggera risata, ne avevo come l’impressione che in questi frangenti quasi tendesse a liberarsi da tutta quella roba insulsa e cupa, mi dava un indizio di ciò che probabilmente era stata Rossella: una persona allegra.
Oltre le più frequenti telefonate, ebbi anche modo di darle un paio di passaggi e di accompagnarla a sbrigare questo e quell’altro, per via del fatto che era momentaneamente appiedata, in effetti passammo un po’ di tempo insieme, la situazione comunicativa però, dal mio punto di vista, non migliorava di tantissimo rispetto alle telefonate. Di qualcosa si parlava comunque, inoltre l’effetto che facevo a Oreste, cioè quello di fungere da macchina da ascolto, lo facevo pure a Rossella, in effetti era una mia prerogativa, andava in questo modo un po’ con chiunque incontrassi. Così, tra le altre cose, mi raccontò la storia della sua conversione e di come fosse diventata un’ancella della Madonna, nella maniera più idiota che si possa immaginare aggiungo io, perché una fattucchiera le aveva dato, nel momento giusto, ovvero in un momento di grande debolezza, un santino della Rosa Mistica con qualche formula miracolosa da recitare stampata
dietro. Un santino da solo non può far male, ma le parole della suadente cialtrona, quelle stesse di cui non avrebbe più saputo fare a meno e che avrebbe fatto sue, le infestarono la mente stanca e priva di difese. La prima dose l’aveva presa, era fottuta.
Quell’incontro stesso divenne un segno, una chiamata. Da lì la via per avvelenare la propria esistenza con la presenza della dea e dei suoi segni e con la presenza del maligno e dei suoi segni, con i sogni profetici su di sé e sugli altri, era adesso tutta in discesa. Non me lo raccontò esattamente in questo modo e con questi termini, questa è una mia revisione storica, lei me lo dipinse come il momento più importante della sua vita. Ormai era così legata alla sua protettrice al punto che sentiva come delle violente trafitture allo stomaco ogni volta che le si avvicinava qualcuno che era, o meglio che lei percepiva essere, “lontano dalla fede” o peggio ancora in mano al maligno.
Ormai avevo ben compreso quale era la chiave che avrei potuto usare per instaurare con Rossella quel rapporto di confidenza che certamente desideravo; ma che cosa ne avrei mai concluso se me ne fossi servito? Calarmi in un personaggio che non mi apparteneva giusto per indulgere a quell’universo guasto, assecondare quel ciarpame pur di far parte di quel mondo iniziatico e chiederle di entrarvi solo per darle manforte a far cosa? A sprangare ancor di più una porta già chiusa? L’ultima cosa di cui aveva bisogno Rossella era dell’ennesimo “legame spirituale” con l’ennesimo esaltato. No, decisi che quella lingua e quei codici per me sarebbero rimasti volutamente incomprensibili e lontani e che non avrebbero mai viziato le poche parole che avevo da dirle, a rischio di rimanerle definitivamente estraneo. Bello, pensieri assennati, ma se avessi deciso veramente questo, che non decisi, la storia si sarebbe potuta chiudere qua, le sarei rimasto definitivamente estraneo, ed era l’ultima cosa che volevo.
Si sa, “asini e picciriddi Dio li aiuta” e se quei pensieri di saggezza forse non mi arrivarono neppure a lambire, certo è che la collanina non la volli portare mai, nemmeno una volta, ormai mi ero impuntato come si impunta uno scecco che non vuole saperne di muoversi; a ben pensare in fondo era proprio quella catenina di grani ciò che Rossella (cometutti gli altri adepti) nella sua bizzarra gerarchia di amuleti aveva eletto quale simbolo massimo di tutta quella brodaglia mistica; un detto dice che puoi portare il cavallo all’acqua ma non puoi costringerlo a bere… beh, l’acqua santa con il sale esorcizzato me l’ero già bevuta, è vero, ma quella fu una specie di prova, tanto ridicola per me quanto seria per Rossella, ma se l’indossare quella collana rappresentava il gesto finale necessario per compiacere una simile aberrazione, se fosse stato proprio questo l’atto indispensabile con cui dichiarare l’accettazione, l’entrata e l’appartenenza definitiva a quel mondo misticheggiante, l’unico possibile per Rossella, allora questa mia ostinazione asinina nel non indossarla mi salvò dal farmi compiere un’azione così scellerata e dannosa. Sì, asini e picciriddi Dio li aiuta.
Ma su tutto il resto fui sciocco come lo è la tigre che vede un panino col tonno; l’aspetto positivo è che Rossella non mi disse mai “tagliati dei polsi le quattro vene”.

Come è nata l’idea di questo libro?
Tempo fa mi si avvicinò una donna, una semplice conoscente, che con una certa insistenza e chissà per quale luminoso e a me del tutto oscuro motivo volle a tutti i costi darmi un rosario benedetto. La donna riuscì nel suo intento e me lo consegnò, ovviamente non prima di avermi costretto all’ascolto di una sorta di sermone intriso di frasi fatte e dolciastre sulla divina benevolenza (come se ne trovano in qualunque sermone), roba da circolo degli spirituali. La cosa mi divertì. Io faccio il “3d generalist” e, poichè mi piace disegnare, sconfino spesso nell’illustrazione, scarabocchiando con la matita mi era uscito il disegno del chitarrista sormontato da quella figura che gli scorda la chitarra e ho pensato: “questa potrebbe essere la copertina di un libro, o di un album”. La mistica del carismatico nasce così, da questo disegno e da quell’episodio della donna. In seguito, incuriosito, ho condotto per alcuni mesi un osservazione in capo a quella variegata umanità che ruota attorno alle collanine benedette appese agli specchietti retrovisori delle automobile e pian piano ho scritto il libro.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non è stato difficile, quando mi veniva in mente qualcosa da scrivere la scrivevo, non mi sono dato tempi.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Tra gli autori che ho letto il mio preferito è sicuramente Anatole France, ho letto e riletto “All’insegna della Reine Pedauque”, c’è anche Camus, “Il sorriso eterno” di Lagerkvist…
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a BCM, in passato ho vissuto a Palermo; vorrei andare a vivere in Piemonte.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Fare le copertine dei libri, al più.