
Edito da Casa Editrice Kimerik nel 2020 • Pagine: 158 • Compra su Amazon
Arianna, Elena, Perialla, Cassandra, Medusa. Nomi scolpiti nell'imperitura letteratura epica, storie travolgenti di passioni, dolore e solitudine narrate a una sola voce, quella struggente delle protagoniste. Con questa monodia, Roberta Biscozzo restituisce dignità a figure non ascoltate e perseguitate semplicemente in quanto donne.

Avverto la presenza di due figure silenziose che mi si accostano e che, con finta premura, mi afferrano per le braccia, costringendomi a rimettermi in piedi. Mi spingono con misurata delicatezza verso l’uscita e, prima di richiudere il portale, mi porgono il bastone.
Tremo, sconvolta e turbata da quell’ulteriore degradazione. Atena non è stata paga dell’orrenda condanna che lei stessa mi ha inflitto. Il supplizio più atroce è il suo mutismo. La dea, mia unica ancora, mi ha abbandono per sempre, mi ha inabissato in una solitudine eterna, accentuata dallo status mostruoso che mi ha imposto.
Vago arrancando, mi sento alla deriva e ho perso l’orientamento. Il ramo di frassino scricchiola mentre faccio leva su di esso per sostenermi: le mie gambe stanno per cedere, un senso di vuoto e turbamento mi opprime il petto. Le vesti sembrano più pesanti di prima e rallentano i miei movimenti.
«Non è colpa mia… non lo è, non lo è…» farfuglio delirante «come potevo sottrarmi alla volontà di un dio tanto potente?» grido sollevando la testa verso il cielo. «Mi ha sedotta e mi sono lasciata ammaliare, mi sono inebriata del fuoco di quella fatua passione, gli ho permesso di gustare la mia carne…è un’onta che mai potrò purgare… ma non sono forse io l’unica vera vittima di questa aberrazione? Può forse una fragile mortale sottrarsi al proprio fato? Ananke decide le sorti del mondo terreno e di quello divino. Persino gli dei devono sottostare al suo volere».
Una gelida brezza mi scuote, le fronde degli ulivi si agitano all’ululare del vento, come se il cielo mi stesse ammonendo per quella filippica. Vorrei urlare ancora il mio astio e la mia afflizione, ma la voce mi viene meno.
Mi rimetto in cammino, trascinandomi fiaccamente per le strade sinuose. I suoni e i rumori intorno mi giungono come graffi anti echi lontani. Il sakkos mi pare sempre più stretto, la testa comincia a pulsare e, in preda a un violento capogiro, perdo l’equilibrio.
Quasi non mi accorgo di cadere, i miei riflessi sono lenti e sbatto la testa sui ciottoli. Percepisco un bruciore violento e il caldo fiotto di sangue che mi sporca il viso. Un formicolio sul capo mi fa sussultare e mi rendo conto che il sakkos è scivolato via. Ansimo mentre le serpi che, per volontà della crudele Atena hanno preso il posto dei miei bellissimi riccioli, cominciano a sibilare e minacciare i passanti. La gente strilla e io cerco invano di placarla sollevando le braccia, un po’ in segno di resa, un po’ per difendermi. Nascondere quelle piccole innumerevoli vipere è inutile, ma, a tentoni, allungo le mani per recuperare il copricapo.
Un oggetto spigoloso colpisce la mia guancia e un secondo arriva in tutta velocità sulla chioma serpentina. Rivoli di ardente liquido rosso mi segnano la faccia e gocciolano sulle mie labbra. Assaporo con repulsione quelle gocce ferrose alle quali ora si mescolano quelle salate delle mie lacrime. Proprio quando credo di non essere più capace di piangere, grossi lucciconi scivolano svelti lungo il mio collo e in mezzo a miei seni. Sono scossa da spasmi dolorosi, il cuore batte con foga e quasi non riesco a respirare tra i singulti. Frigno e striscio per allontanarmi, ma una terza pietra raggiunge la mia nuca.
«È un mostro!» grida una donna e io volgo la testa nella direzione di quella voce.
«È una chimera» urla qualcuno dietro di me. «Han un’Idra tra i capelli!» Mi assesta un calcio sul fianco, mozzandomi il fiato e per la fitta mi piego su me stessa.

Come è nata l’idea di questo libro?
Ho cominciato scrivendo Medusa, racconto che ho scelto di porre alla fine della raccolta perché la protagonista rappresenta quell’ideale di donna forte e determinata in grado di affrontare le avversità e prendere in mano il proprio destino. La sua storia è pertanto la più adatta a chiudere un ciclo dedicato a figure femminili che, mediante le proprie scelte e i propri comportamenti, spesso avventati e ingenui, sono al contempo vittime e colpevoli della loro condizione e della loro rovina. Terminata la stesura di questo racconto, ho poi deciso di dedicarne altri a donne della mitologia e della letteratura greca, riscrivendo le loro vicende sotto inediti punti di vista. L’andamento dei testi è perlopiù introspettivo, in quanto il mio obiettivo è proprio quello di porre in rilievo la psicologia delle protagoniste ed esprimere l’intima sofferenza che proviene loro dal proprio status di donna. Lo stesso titolo, Monodia di donne, ha il fine di evidenziare il carattere di intima narrazione dei racconti, metaforici canti a una voce, atti a manifestare la solitudine delle protagoniste.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
I racconti sono stati scritti in momenti diversi, a distanza, talvolta, di mesi. La difficoltà principale è stata quella di evitare, per quanto possibile, gli anacronismi. Le cinque eroine e le loro vicende dovevano apparire verosimili, dovevano agire e pensare in accordo con il loro tempo e la loro condizione. Il modo di esprimersi, i singoli termini, dovevano riflettere il panorama storico-culturale all’interno del quale i personaggi si muovono; allo stesso modo riti e costumi dovevano essere adeguati al contesto sociale rappresentato. Tutto questo ha presupposto una minuziosa disamina e un’attenta rielaborazione del paradigma storico, quanto di quello mitologico-letterario.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Parlare di autori di riferimento è sempre molto complesso. Mi dedico a tipologie letterarie talmente diverse da non poter indicare nessuno in particolare. Sicuramente, per quanto concerne la raccolta in questione, le letterature e le mitologie greche e romane ne sono il cardine. Se dovessi indicare banalmente alcuni autori, sceglierei Omero, Ovidio e Apuleio.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Lecce, città in cui sono nata e alla quale non posso non essere legata da un ancestrale sentimento di appartenenza e “possesso”. Ho trascorso quattro anni a Roma e, di tanto in tanto, sogno di ritornarvi. Attualmente mi divido tra la mia città natale e Udine, nella cui università sto svolgendo un dottorato di ricerca in italianistica relativo ai meccanismi della psiche e al ruolo del non conscio e dell’involontario e al loro riuso nella letteratura italiana tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Al momento mi sto dedicando a vari progetti, tra i quali una nuova raccolta di racconti, dal tono più leggero, tra il fantastico e il surreale, e la sceneggiatura di una graphic novel.
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