Edito da Gruppo Albatros il Filo nel 2019 • Pagine: 453 • Compra su Amazon
Morgan è un giovane capitano che vive la sua vita all’insegna della pirateria, con la sua fedele ciurma sempre al seguito. Avidità, vanità e presunzione sono tra le sue doti migliori, ne dispensa a profusione mescolandole a una forte ironia e sprezzo del pericolo; nulla di strano, trattandosi di un pirata, peccato che Morgan sia una affascinante piratessa! Un giorno una serie di inspiegabili eventi segnerà il preludio di un’avventura che la porterà a scoprire il suo passato, nonché a segnare il futuro e le sorti della terra in cui vive. Tra inseguimenti, battaglie, inganni e colpi di magia, il capitano e i suoi compagni diventeranno i custodi di un segreto molto antico e di un preziosissimo monile: un misterioso e minuscolo orologio da taschino, le cui lancette stanno ferme sulle dodici esatte…
Silvia Roccuzzo esordisce con un fantasy ricco di azione e di sentimento; la straordinaria capacità narrativa, la pienezza delle descrizioni e la sicura padronanza di una vicenda tanto complessa quanto accattivante, fanno di questo romanzo una lettura sorprendente per gli amanti del genere ma anche per chi vi si accosta per la prima volta, in cerca di qualcosa di assolutamente nuovo.
Il corridoio, decorato da splendidi arazzi dai colori vivaci appesi alle pareti di marmo, era molto luminoso e le finestre molto grandi.
Proprio mentre correvano sul tappeto rosso, i ragazzi sentirono un tonfo sordo. Uno scossone proveniente dal pavimento li fece trasalire.
Si fermarono di scatto. In quel momento ci fu un gran botto e i vetri delle finestre andarono in frantumi, accompagnanti dal rumore cristallino dell’impatto col pavimento e dallo sferragliare di qualche armatura decorativa che franava per terra. Si udì un altro forte boato e tutto traballò. Seguì uno schianto ed il suolo sotto i piedi dei ragazzi si fece instabile.
A quel punto inaspettatamente, una parte della parete esterna crollò, sommergendo l’aria di polvere.
I ragazzi tossirono senza vedere bene, poi John corse avanti:
– Andiamo! Sta crollando tutto! Sbrigatevi!
Un pietrone gli cadde vicino e lo fece sussultare.
– Così ti ammazzerai! – gli gridò Perdito di rimando, cercando di nascondere il fatto che il panico lo stesse assalendo. Si udì un nuovo boato.
Può darsi, pensò John, però quella era l’unica possibilità che aveva per riuscire ad evitare una catastrofe, e anzi, forse era già troppo tardi. Probabilmente Silanus aveva già piegato la Capitale, e non solo: sarebbe anche riuscito a proseguire col suo malvagio progetto.
Per un attimo smise di pensare che fosse tutto inutile e che il castello gli stava crollando sopra la testa e continuò a correre in avanti, imperterrito.
– Che si fa? Torniamo indietro e ci salviamo la pelle o seguiamo John e ci lasciamo le penne? – chiese Juan osservando la parete del palazzo, che andava incontro allo sfacelo.
Perdito si sbatté una mano in fronte – Andiamo a recuperare quello sconsiderato!
– Già, non vorrà mica prendersi tutto il merito! – sdrammatizzò Henry.
– Aspettaci John! – esclamò Matthew seguito dagli altri, mentre percorreva il corridoio.
Improvvisamente dei dardi provenienti dall’esterno tagliarono loro la strada ed Henry si fermò di scatto. Vide un arazzo colpito da una freccia che iniziava a prendere fuoco.
– Ma che diamine…?! – imprecò dopo essere arretrato di qualche passo.
Guardò fuori: in cielo delle navi volanti avevano circondato il castello. Quelle navi avevano qualcosa di insolito: erano fatte di metallo e sembravano emettere calore per restare in aria: una tecnologia che non aveva mai visto, e insieme a quelle, a completare la flotta, alcuni dirigibili, armati di cannoni.
– Accidenti… – commentò Matthew.
Di nuovo un grosso scoppio li fece trasalire e ci fu un altro scossone. Una gigantesca crepa nel pavimento dietro ai piedi di Perdito preannunciò che nel giro di pochi secondi l’intero corridoio sarebbe diventato polvere.
– Credo che questo sia il giusto incitamento! – fece Juan.
Corsero più veloci che potevano attraverso il corridoio, mentre il pavimento sotto i loro piedi s’incrinava pericolosamente.
All’improvviso una voce proveniente dal punto da cui erano partiti gridò:
– Perdito!!
Il ragazzo si voltò istintivamente e vide Morgan insieme alle altre e ad Argon giungere all’inizio del corridoio.
– Sta crollando tutto! – rispose lui continuando ad allontanarsi – Mettetevi al riparo!
– Che facciamo? – chiese Lané.
Morgan parve riflettere per un attimo mentre altri scoppi facevano da sottofondo a quel bailamme:
– Forse dovremmo andare anche noi…
Allora l’altra sprezzante del pericolo iniziò ad avanzare, precedendo gli altri tre:
– Dai, si tratta soltanto di una corsetta! Muovetevi, lumache!
Non fece in tempo a voltarsi che si sentì tirare indietro bruscamente; poi udì un tonfo davanti a sé e si formò altra polvere: un blocco di pietra era appena caduto di fronte ai suoi piedi.
Morgan lasciò la presa e per un attimo la guardò con occhi di ghiaccio, mentre le tornava indietro un sorriso simpatico.
Dopodiché, entrambe corsero nel corridoio raggiungendo Argon e Lora, che nel frattempo si erano avviati saltando sulle parti ancora stabili del pavimento.
Il quartetto era quasi giunto in fondo, quando un nuovo fremito li fece sussultare.
L’ultimo cedimento.
Improvvisamente sentirono la gravità trascinarli all’indietro e gli ci vollero un paio di secondi per capire che l’enorme lastrone di marmo stava scivolando verso il basso dall’estremità a sud, quella da cui erano entrati.
Continuarono a correre ancora più velocemente, perché sapevano che se non lo avessero fatto, sarebbero andati incontro alla fine. Argon e Lora saltarono, e dopo di loro Lané. I tre giunsero al sicuro, dove gli altri li stavano aspettando, rotolando o cadendo sulle ginocchia in modo sconclusionato.
Morgan era l’ultima, c’era un metro di distanza tra la superficie su cui si trovava e quella che voleva raggiungere, ma man mano che lei si avvicinava, il blocco su cui si trovava scivolava ancora più giù e il distacco aumentava. Non ce l’avrebbe mai fatta e rimase agghiacciata da quel pensiero.
John corse verso il ciglio che Morgan voleva raggiungere e la chiamò. Senza nessuna esitazione le lanciò un oggetto. Il suo orologio.
Lo prese al volo con entrambe le mani, mentre si sentiva sbilanciare all’indietro e subito, d’istinto premette il pulsante, che scattò.
Il tempo si bloccò in quell’ istante.
Continuò a scivolare per un paio di metri sulla lastra polverosa, poi finalmente riuscì fermarsi.
Tutto era immobile intorno a lei, la lastra di granito su cui si trovava aveva smesso di precipitare.
Incredibile: era tutto vero.
Si buttò di peso in avanti per non scivolare ancora e, sempre tenendo stretto l’orologio in mano, risalì il lastrone fino a giungere sul ciglio.
Qui si rialzò precariamente in piedi e per un attimo notò le espressioni congelate dei suoi compagni sull’altra sponda del corridoio. Prese lo slancio e spiccò un salto. Cadde in ginocchio sul pavimento dell’altra sponda, ancora stabile, appoggiandosi con le mani a terra. Ce l’aveva fatta.
Tirò un sospiro di sollievo e quando si rialzò, batté le mani per togliere la polvere che era rimasta sui palmi. Ma non era ancora il momento di rilassarsi. Si guardò intorno e vide all’esterno delle mura ormai diroccate del castello delle imponenti navi volanti, simili a quella che aveva creato Cozza per loro, ma molto più grandi, con i cannoni puntati verso il palazzo.
Dovevano fare in fretta o li avrebbero rasi al suolo insieme al castello stesso. Guardò l’orologio e con sua grande sorpresa vide che le lancette stavano girando normalmente, poi fece scattare di nuovo il pulsante.
I suoi compagni finirono di incitarla a saltare, cosa che stavano facendo prima che lei fermasse il tempo, quando però si accorsero che era già lì, rimasero un po’ interdetti. Morgan guardò di nuovo l’orologio e le lancette erano di nuovo immobili sulle 12. Alla fine, guardò i compagni, e soprattutto John, che con un lampo di genio le aveva salvato la vita, e dopo un cenno ripresero ad avanzare verso la fine del corridoio, John per primo.
Proprio prima che giungessero in fondo, una delle grandi navi ostili si avvicinò leggermente alle mura diroccate del corridoio dove si trovavano loro. I suoi compagni continuarono a correre, ma Morgan si fermò ad osservare. Un individuo li stava guardando da lontano, mentre il vento smuoveva la sua lunga coda di capelli argentati e la veste ricercata color indaco. Morgan non aveva mai visto quell’uomo, ma sapeva di chi si trattasse. D’istinto guardò Argon e vide che l’uomo si era fermato e stava ricambiando lo sguardo dell’uomo a bordo della nave.
– Silanus… – sussurrò.
La nave con a bordo Silanus si abbassò all’altezza del corridoio dove stava Morgan e l’uomo la guardò negli occhi. Morgan si sentì turbata e sentì che sul soffitto ancora intatto sopra di lei iniziavano a formarsi delle grosse crepe, e che piano piano si sarebbe sgretolato, come se un grosso pugno invisibile stringesse il marmo nella sua morsa per trasformarlo in polvere. L’uomo sorrise mentre continuava a puntarla con lo sguardo infondendole paura. Morgan capì il suo gioco, che la stava schernendo prima di agire e continuò a ricambiare il suo sguardo, ora concentrandosi maggiormente e facendosi torva nello sguardo. La nave su cui si trovava Silanus oscillò debolmente, mentre i due mantenevano il contatto visivo, e alcuni frammenti di gesso cadevano dal soffitto come una nevicata pestilenziale, ma lei non si mosse.
– Morgan!!! – esclamò Argon – Vieni via!!
Silanus ghignò e continuò a far tremare il corridoio, ma Morgan non si mosse. Pur essendo piuttosto lontano, dall’alto della nave su cui stava in piedi spavaldo, Morgan lo fissò dritto nelle pupille, con gli occhi che ardevano, come uno specchio di fuoco.
Il motore della nave su cui stava in Silanus perse potenza e la nave perse qualche metro di quota. Non fu sicura di sentirgli dire niente, ma vide per un attimo nell’uomo una breccia sulla sua maschera di porcellana: una breccia che rivelava paura. Morgan vide che l’uomo fece un cenno e la nave si allontanò, virando sul fianco. Intuendo che quella situazione stava diventando di estremo pericolo, riprese a seguire la compagnia.
Come è nata l’idea di questo libro?
Ho iniziato a scrivere questo libro molto giovane: avevo 13 anni! La voglia di vivere avventure fantastiche, di incontrare personaggi indimenticabili e l’amore per il mare mi hanno spinta ad iniziare a creare questa avventura! Non era la prima volta che mi cimentavo con la stesura di un libro, perché anche negli anni precedenti avevo iniziato a stendere qualcosa, che poi è andato ad influenzare in qualche modo quello che è venuto dopo, ovvero questo libro! Devo dire che la concomitanza della visione di Pirati dei Caraibi mi ispirò molto, ma anche le ambientazioni che abbiamo amato in videogiochi come Final Fantasy! In sostanza ho sempre avuto interessi molto nerd, e lo scrivere e il disegnare erano i miei passatempi preferiti (e lo sono ancora!).
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
La gestazione del romanzo è stata molto lunga: ho impiegato circa 6 anni per scriverlo, e dieci per correggerlo!!! Ovviamente in corso d’opera ho effettuato più e più modifiche (nella prima stesura la polena Tazia parlava, anzi pettegolava, cosa che magari riporterò in qualche versione alternativa), trasformandolo mentre crescevo e trovando soluzioni a cui prima non avevo pensato, ma ho voluto lasciare molte delle cose così come le avevo scritte e pensate all’inizio, perché è difficile rimaneggiare i propri scritti molto tempo dopo. Noi saremo cambiati, così come lo stile e le idee.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Pur essendo una lettrice incallita, e avendo amato moltissime saghe e romanzi, devo dire che non mi sono propriamente ispirata a qualche autore in particolare, diciamo che la storia si è quasi scritta da sé, io dovevo solo assecondarla. Tuttavia trovo doveroso menzionare alcuni autori che mi hanno lasciato un segno che probabilmente può avermi influenzata. Parlo di J.R.R. Tolkien, Margaret Weis e Tracy Hickman, J.K.Rowling e Sidney Sheldon. Ma potrei andare avanti per ore!
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Livorno, dove sono nata e cresciuta, e la mia città è stata senza dubbio ispiratrice per molte delle vicende narrate all’interno del libro. Livorno è una città di mare, aperta a tutti e dove le culture si mescolano e si influenzano, un vero e proprio covo di pirati!!! Non sono rare le taverne sul mare, anche con stile piratesco, i suoi bei canali (detti ‘fossi’) che l’attraversano, ma primo fra tutti il Mare, magnifico e sinonimo di libertà.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Devo dire che nei miei progetti, tempo permettendo, ci sarebbero varie cose: avrei intenzione di scrivere un seguito di questo romanzo, e per la verità sono già all’opera (le idee che ho valgono per una buona trilogia), inoltre ho un altro paio di progetti nel cassetto, di cui un romanzo steampunk e uno distopico. Nel frattempo mi diletto anche a scrivere qualche racconto di tanto in tanto! Spero che le avventure di Morgan e compagnia vi affascinino, tanto da voler di nuovo salire a bordo della sua nave, la Queen Morgan, molto presto!
Ho letto il libro e l’ho amato tantissimo!! Spero davvero di leggere presto il seguito perché è stata una lettura davvero meravigliosa e unica!