
Edito da Valentina Beraldo nel 2021 • Pagine: 180 • Compra su Amazon
Carola è una trentenne completamente insoddisfatta della sua vita, sia dal punto di vista professionale che sentimentale. Proprio nel giorno in cui sembra che finalmente tutto possa andare per il verso giusto, il destino le gioca un bruttissimo scherzo e nulla va come da lei sperato. Presa dalla disperazione, guida a folle velocità ed esce di strada perdendo i sensi. Al suo risveglio trova accanto a sé, sul sedile del passeggero, una ragazza identica in tutto e per tutto a lei che la invita a vendicarsi di tutti quelli che, a suo dire, hanno contribuito a rendere la sua vita un inferno e a riprendersi così ciò che le spetta. Ma il male inferto agli altri può davvero portare alla propria felicità?

Dopo le diverse ore passate su Facebook, Carola era ben informata su tutti gli avvenimenti, più o meno interessanti, che stavano caratterizzando la vita dei suoi “amici”. Aveva appreso che, nonostante fosse novembre inoltrato, ben tre compagne di università – alla faccia delle statistiche che sostenevano un notevole calo dei matrimoni – si erano sposate nell’ultimo weekend, tra l’altro tutte con un vestito bianco quasi identico: tubino aderente e gonna svasata in pizzo. Evidentemente era l’ultima tendenza in fatto di abiti da sposa, ma cosa ne poteva sapere lei, che non era interessata alla moda in generale, figuriamoci a quella nuziale!
La sua amica del liceo si misurava, per l’ennesima volta solo in quella settimana, il pancione, mentre un’altra aveva appena avuto due gemellini: Sofia e Francesco. E con questi era arrivata all’ottava Sofia e al nono Francesco tra i figli delle sue conoscenti, che non erano nemmeno poi così tanto numerose. Evidentemente era tramontata l’epoca degli americanismi, i Christian e i Nicholas era ormai fuori moda. Le foto dei bambini tutte ovviamente ricoperte da adesivi, un’intera collezione da far invidia alla Panini, in quella disperata ricerca di un compromesso tra la voglia di esibizionismo e il bisogno di tutelare la privacy dei pargoli.
Federica aveva postato un centinaio di foto della sua vacanza a Dubai. Ma non era stata a Bangkok il mese precedente? E a New York a settembre? Carola avrebbe davvero voluto sapere come aveva fatto a trovare un lavoro così remunerativo appena uscita dall’università, ma soprattutto si chiedeva quando lavorasse, visto che era sempre in vacanza. Nel frattempo Rossana festeggiava il suo contratto di lavoro a tempo indeterminato presso l’azienda in cui sognava di lavorare fin da bambina, mentre Angela sfoggiava il suo anello di fidanzamento messo al dito da un avvenente -e probabilmente piuttosto benestante- ragazzo inginocchiato davanti a nientedimeno che il castello di Disneyland Paris.
Ogni giorno la stessa storia: cambiavano i protagonisti ma le foto ritraevano sempre questi lieti eventi che potevano far concorrenza ai finali delle più celebri fiabe. Non c’era da stupirsi, che cos’altro poteva aspettarsi di vedere nella sua Home, se non gli avvenimenti che più caratterizzano i trent’anni, la sua età, nonché quella della maggior parte dei suoi amici, virtuali e non. Tutti i post erano accompagnati come sempre da centinaia di like e da decine di ipocriti “complimenti” e “congratulazioni” a cui Carola si rifiutava categoricamente di unirsi. In quanto popolarità sui social, diventare genitore ti faceva subito salire al livello degli influencer. A volte Carola si chiedeva se per caso esisteva una qualche norma giuridica di cui lei non era a conoscenza che obbligava a mettere il like a certi avvenimenti, non riusciva a spiegare altrimenti il successo di questi post.
Carola sospirò. La sua vita era proprio diversa da quella delle sue coetanee. Sì, tutti dicevano che non bisognava credere a tutto quello che appariva attraverso ai social, ma lei la maggior parte di quelle persone le conosceva realmente e sapeva che tutti quei fidanzati, mariti, fiocchi rosa e azzurri, contratti di lavoro, esistevano realmente. Prendiamo ad esempio Magda, la sua migliore amica fin dall’infanzia, appena diplomata aveva trovato subito lavoro in un’agenzia di pompe funebri. Sì, una di quelle agenzie di cui nessuno vuole sentir parlare ma di cui tutti vorrebbero il fatturato. Comunque a Magda non era mai dispiaciuto lavorare lì, anzi, era ben contenta di lavorare tête-à-tête con il giovane e affascinante figlio del capo, così contenta che, come nelle migliori commedie romantiche americane, era riuscita a sposarlo e aveva avuto due figli, Margherita – in onore di Margherita Hack, suo mito per un breve periodo della vita in cui voleva diventare un’astrofisica – e Sean – come il suo amore platonico Sean Penn. Da piccole si erano promesse che avrebbero cresciuto i loro figli insieme, come cugini. Ma, se mai Carola fosse riuscita ad avere dei figli un giorno, quelli di Magda avrebbero potuto tutt’al più far loro da zii.
E poi c’era Agata, sua sorella maggiore, che definire una donna perfetta è dir poco. Bella e intelligente. Aveva sempre avuto il massimo dei voti, in tutte le materie, dal primo giorno di prima elementare all’ultimo giorno di dottorato, e la sua esistenza era un esempio di ciclo di vita da manuale: laurea triennale a ventidue anni, specialistica a ventiquattro, ricercatrice in ingegneria già a ventisette anni e subito pronto un posto di lavoro in un’importante università di Ginevra. E non è tutto. A diciotto anni aveva conosciuto il suo primo ed unico amore, Christian, anch’egli ingegnere e uomo altrettanto perfetto: affascinante, dolce, premuroso e ricco. Il marito che tutte vorrebbero e che dopo il matrimonio da favola non aveva esitato a seguirla in Svizzera dove, nonostante i loro incarichi di responsabilità, avevano trovato anche il tempo di mettere al mondo due figli, ovviamente bellissimi e bravissimi come loro, di quelli che non danno mai problemi ai loro genitori. Chi sosteneva che ognuno aveva la sua croce non aveva di sicuro conosciuto Agata.
Nella sua famiglia il destino era stato piuttosto beffardo. Se sua sorella, infatti, era sempre stata fortunata in tutto, perché checché se ne dica solo di fortuna si trattava, a lei le stelle non avevano certo riservato lo stesso trattamento. Nonostante la laurea con lode in scienze dell’educazione e ben cinque anni di volontariato presso una comunità alloggio per persone con disturbi mentali, non aveva ancora trovato uno straccio di lavoro. Per riuscire a guadagnare qualcosa aveva dovuto adattarsi a fare la lavapiatti in una pizzeria per pochi spiccioli e ovviamente in nero. Altro che viaggi oltreoceano, non poteva permettersi di trascorrere nemmeno un weekend a Rimini e stava valutando se vendere un rene per riuscire a pagare le costose cure odontoiatriche a cui si era necessariamente dovuta sottoporre. Sul lato sentimentale la situazione non era molto diversa: nella sua vita abiti bianchi e pannolini erano molto lontani e le sue catastrofiche relazioni si chiudevano sempre ben molto prima di una possibile dichiarazione d’amore davanti al castello di un parco divertimenti.
Con un groppo alla gola passò velocemente al gruppo del suo quartiere per cercare di distrarsi un po’. Le infinite polemiche che scoppiavano ogni giorno per qualsiasi sciocchezza la divertivano. Perché tutti sono per la libertà di parola, ma solo per la propria o al massimo per quella di chi condivide esattamente le stesse idee. C’era un certo Giorgio, che fortunatamente non conosceva personalmente, che commentava aspramente ogni post dichiarandosi un super-esperto di qualsivoglia argomento: dall’ingegneria ambientale a quella stradale, dalla medicina alla sicurezza militare. Ma a giudicare dalle doppie mancanti e dalle “h” fuori posto non si poteva certo dire che fosse altrettanto ben informato sulla grammatica italiana. Evidentemente era l’unico esame non previsto nella tanto frequentata “Università della vita”. Ma per fortuna c’era sempre pronto un Nazi-Grammar a correggerlo alla velocità della luce.
Sorvolò sulle offerte di lavoro, quelle condivise dalle solite nullafacenti che, eleggendosi a paladine dell’occupazione, credevano così di salvare il mondo dalla piaga della disoccupazione. Peccato che si trattasse per lo più di annunci falsi o, nella migliore delle ipotesi, di offerte pubblicate mesi prima. Come quella volta che Carola, curriculum in mano, si era fatta dieci chilometri in bicicletta sotto la pioggia – sfortuna voleva che proprio in quel giorno avesse l’auto dal meccanico – per poi scoprire che si trattava di un annuncio del 2007 e non del 2017.
Poi c’era Claudia, e questa purtroppo la conosceva di persona, che si lamentava di essere invidiata dall’intero paese ma che sul suo profilo, almeno una volta all’ora e con privacy pubblica, scriveva “ho un figlio meraviglioso, un marito meraviglioso, un gatto meraviglioso, una vita meravigliosa”. Nonostante tutto Carola non la invidiava affatto: era evidente che se la sua vita fosse stata davvero così fantastica non avrebbe avuto il tempo né tanto meno la voglia di passarla a scrivere post su un social.
Probabilmente qualcuno trovava patetico anche il suo profilo, che, in mancanza di eventi importanti nella sua triste vita, riempiva di foto del suo gatto Pube. Il nome non era sicuramente dei più simpatici, ma Carola l’aveva trovato alle quattro del mattino dopo aver trascorso l’intera notte all’addio al nubilato dell’amica Magda. L’alcol non rientrava nelle sue abitudini e per questo le poche volte che beveva le dava alla testa. Non era stata sua intenzione ubriacarsi: le avevano assicurato che quei cocktail erano analcolici e lei, con fiducia e spinta dalla sete di quella calda serata di luglio, ne aveva presi cinque mentre si godeva lo spettacolo dello spogliarello maschile. I suoi ricordi di quella sera non erano ben nitidi e non aveva la minima idea di come avesse iniziato a chiamarlo in quel modo, ma dopo qualche ora il gatto rispondeva ormai al nome di “Pube” e sarebbe stata una crudeltà cambiarglielo. E comunque a lui sembrava piacergli. Ma nonostante il nome e i suoi buffi comportamenti, come dormire dentro a un armadio sopra la pila di maglioni, per esempio, o giocare a Monopoly con i bimbi di Magda, Pube, invece di molti like, attirava solo quella commiserazione che si può provare nei confronti dell’inutile vita di chi non ha altro da condividere che le foto del proprio gatto. Gli altri vivevano la loro vita, mentre lei cercava solo di sopravvivere. E se le foto di Pube un paio di like ogni tanto riuscivano a rimediarli, passavano invece totalmente inosservate le foto dei suoi costumi da cosplay che confezionava da sé. Una sua grande passione, ma evidentemente poco apprezzata, se non addirittura derisa, dalla maggior parte delle persone in Italia, dove gli anime vengono ancora considerati dai più dei cartoni animati per bambini.
Scorrendo di nuovo la home vide una citazione di Alessandro Baricco: “Domani sarà un giorno speciale, o magari dopodomani, o fra qualche giorno, ma ci sarà un giorno speciale”. Carola sorrise. Non ci sarebbe stato bisogno di aspettare tanto a lungo: letteralmente “domani” sarebbe stato il giorno speciale per lei. Innanzitutto avrebbe finalmente firmato il suo primo, vero contratto di lavoro. La struttura nella quale operava come volontaria, infatti, stava per assumere una nuova educatrice e con ogni probabilità il posto sarebbe stato suo. Sì, il giorno del colloquio si erano presentate altre candidate, ma nessuno meglio di lei, che conosceva perfettamente organizzazione, personale, ospiti, normative, sarebbe stato più adatto al ruolo. Quante volte le era capitato di andare alle convocazioni e di vedersi “soffiare” il posto dalla volontaria o collaboratrice di turno? In fondo non le avevano proprio consigliato di fare volontariato a quello scopo? Stavolta, finalmente, sarebbe toccato a lei. Tutti quegli anni di sacrifici stavano per essere ripagati.
E non era tutto. La stessa sera l’aspettava un grandissimo evento. Una vera cena galante con l’amore della sua vita. Qualche giorno prima, infatti, rincasando dal lavoro in pizzeria, si era trovata nella borsa un biglietto: “Ci vediamo venerdì sera dopo il lavoro al Baky. Baci. Ruben.”. Ruben era il titolare della pizzeria, un affascinante ragazzo suo coetaneo per il quale aveva una cotta segreta da molto tempo. I dettagliatissimi sogni ad occhi aperti che aveva fatto in tutti quei giorni, dalla sua espressione mentre dall’altare la guardava arrivare con l’abito bianco ai nomi che avrebbero avuto i loro gemelli, si stavano per realizzare. Alcune settimane prima aveva bevuto qualche bicchiere di troppo dopo essersi disperata per aver visto su Facebook Simone, lo specializzando in psichiatria che collaborava con la comunità, nonché l’altro grande amore della sua vita (perché con una situazione sentimentale disastrosa come la sua era sempre meglio avere delle “riserve”), pubblicare il suo fidanzamento ufficiale con una bruttina sbucata da chissà dove. In quello stato confusionale aveva mandato un messaggio a Ruben dichiarandogli il suo amore. Ovviamente, una volta resasi conto di ciò che aveva fatto, si era sentita molto in imbarazzo e aveva fatto finta di nulla. Da Ruben non aveva ricevuto nessuna risposta e nessun segnale, tanto che sperava che non l’avesse proprio ricevuto. Presa da un non consueto improvviso ottimismo, aveva però interpretato quel biglietto come una risposta al suo messaggio, anche se piuttosto tardiva e del tutto inaspettata. Ma non dicono forse che le cose più belle della vita sono proprio quelle inaspettate?
Chiuse Facebook canticchiando, per la prima volta dopo tanto tempo, di felicità. Presto sulla sua bacheca le prodezze del gatto Pube avrebbero lasciato il posto a eventi ben più interessanti. L’indomani sarebbe stato un giorno speciale. Il suo giorno speciale. Il giorno che le avrebbe cambiato completamente la vita.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea di questo libro è nata dalla vita stessa. Credo che ognuno di noi nei momenti di grande difficoltà ha in sé una parte che grida e immagina vendetta nei confronti di chi riteniamo responsabile della nostra infelicità, o semplicemente di chi ci sembra avere tutto quello che noi desideriamo. Ma se riflettiamo sulle conseguenze, nessun desiderio di vendetta appagato può portare alla felicità.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Avevo ben chiaro già tutto lo svolgimento dall’inizio alla fine prima di iniziare a scrivere, la difficoltà è stata piuttosto nel trovare il modo di lanciare certi messaggi a cui tenevo al lettore.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Per quanto riguarda questo libro non me ne vengono in mente, anche se per alcuni aspetti potrebbe ricordare “Il visconte dimezzato” di Italo Calvino. Per altri romanzi di altro genere che ho scritto un’autrice di riferimento potrebbe essere Sophie Kinsella.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo e ho sempre vissuto in provincia di Verona.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Al momento sto scrivendo il seguito del mio primo libro “Mi hai colorato la vita” pubblicato nel 2018.
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