
Edito da Davide Ballocco - Amazon KDP nel 2020 • Pagine: 366 • Compra su Amazon
La vita di Romeo, trascorsa come un moderno artista vagabondo, è stata marchiata da Sogni bizzarri, tanto più incomprensibili perché condivisi con il suo gemello, Igor. Da sempre sono legati indissolubilmente dai loro cromosomi e da quegli strani Sogni, certi che siano un riflesso del loro comune destino in attesa di compimento.
Ma ora Igor è sparito, lasciando Romeo con una ragazza appena conosciuta e un brutale omicidio che sembra ricadere sulle sue spalle.
Dov'è andato e perché, nel momento in cui avrebbe più bisogno di lui?
L’unica risposta sa darla chi conosce a fondo la storia della loro famiglia, un vecchio zio che confessa al nipote la verità, spiegando finalmente le ragioni del forte senso di predestinazione su cui avevano basato la loro vita.
Ora Romeo vorrebbe dimenticare, ma non può. Ha scoperto di essere un ingranaggio fondamentale di un gigantesco e misterioso macchinario e dovrà impararne in fretta il funzionamento, cambiando ciò che credeva reale e spingendosi alla ricerca di una risposta che nessuno detiene. Ora si vive o si muore, si salva la vita o si permette la morte.

Ultima Notte
[…] Erano tornati in camera da mezz’ora, dopo aver disinfettato e fasciato la ferita dell’ispettore. Stavano seduti intorno al tavolo, indecisi sul da farsi.
“Potremmo avvisare la polizia…” iniziò Girelli.
“Ancora?” commentò Romeo “non riesce pensare ad altro?”
“Magari, intervenendo in forze…”
“…Aumenteremo il numero delle vittime.” Decretò Romeo mettendo fine alla discussione. Passò qualche momento di silenzio.
“Insomma, Romeo!” Ricominciò Girelli “cosa può fare contro venti persone armate? A costo di abbatterlo con un colpo di lanciarazzi, se sbriciolato in pezzetti non può certo sopravvivere…”
“Lei ha visto troppi film, ispettore. Igor non è persona da farsi colpire con un lanciarazzi. La situazione ci precipiterebbe addosso prima di rendercene conto. Non so come, ma troverebbe il modo di fregarci… il peggiore. No, devo essere io a scontrarmi con lui faccia a faccia. E morire, con ogni probabilità.”
Il telefono di Romeo, appoggiato su una mensola e collegato alla rete elettrica, iniziò a suonare.
“Ci siamo.” Lo prese e lo guardò. Il display indicava la chiamata provenire da un numero sconosciuto.
“Pronto.”
“Meno male che lo sei. Ciao fratellino, come stai?” La voce che aggredì le orecchie di Romeo era quella di Igor. O un suo mal confezionato simulacro, piena di odio e rabbia sotto una parvenza di allegria.
“Igor? Sei tu?”
“E chi altri? Sarò breve. Ho Laura, e voglio anche te. Tu e io dobbiamo… vederci.” La lieve pausa nella frase era servita per nascondere un risolino, per nulla divertente.
“Quando e dove?”
“Oh, non c’è fretta… facciamo domattina all’alba al parco Europa. E vieni naturalmente solo.”
“Ci sarà anche Laura?”
“Di questo non preoccuparti, non le succederà niente di male finché farai cosa ti dico io.”
“Perché ti comporti così? Cosa ti è successo?” La comunicazione dall’altra parte venne interrotta. Romeo riappoggiò il telefonino sulla mensola.
“Ecco fatto. Domattina finalmente si risolverà questa situazione,” disse senza tristezza nella voce “Comunque vada sarà finita. Sarà dura scontarmi con Igor, è mio fratello… spero di trovare la forza necessaria. Anche se fossi convinto di poterlo uccidere non credo che ne sarei capace.”
“Pensa a cosa ha fatto a tuo zio, e al terrore che ha causato in questi giorni.” Lo incoraggiò Girelli “lui non è più il fratello che conoscevi…”
“Ha sicuramente ragione, ispettore. Tuttavia… non lo so. Vado a passeggiare nel parco” disse Romeo dopo aver studiato ogni dettaglio del pavimento “Ci vediamo per cena. A che ora, don Claudio?”
“Alle sette e mezza. Nella sala vicino alla macchinetta del caffè.” Romeo uscì senza salutare e restò solo con la sua disperazione.
Tre ore più tardi varcava la soglia del refettorio. La fame era lontana dai suoi pensieri, ma si unì al tavolo con Girelli e don Claudio per avere almeno un po’ di compagnia. Aveva passato il pomeriggio vagando sperduto per i vialetti di ghiaia, cercando una soluzione, ma da qualunque lato analizzasse la situazione le sue possibilità si riducevano a zero. Si era ormai convinto che non ne sarebbe uscito vivo, ma doveva a tutti costi salvare Laura.
Sedette senza molta convinzione davanti un piatto di pasta. Dopo le prime forchettate di circostanza il suo stomaco gli ricordò la necessità di incamerare energie per l’indomani, e il suo cervello gli suggerì che quello poteva effettivamente essere il suo ultimo pasto. Diede maggior enfasi alla masticazione.
“Cosa pensi di fare?” chiese Girelli cercando un modo semplice per iniziare la conversazione.
“Ammazzarmi per non essere riuscito a convincerla sarebbe un’idea…” rispose sarcastico Romeo.
“Ti ho già chiesto scusa, mi pare.” Girelli non era abituato a scusarsi una volta, figurarsi due.
“Non ce l’ho con lei. Ha solo fatto il suo dovere, anche se in questo caso è stato controproducente. Quello che voglio dire è: che cazzo di domanda sarebbe -cosa pensi di fare?- non mi sembra di avere molta scelta… Devo andare là e… boh? Non so…” Il volume di Romeo era troppo alto, un paio di teste si girarono perplesse a quell’intercalare così poco consono a un refettorio di frati.
“Romeo, per piacere, parla piano.” Intervenne don Claudio “O modera il linguaggio, che sarebbe addirittura meglio.”
Romeo si limitò ad assentire con il capo, tornando a dedicare la sua attenzione al piatto davanti a sé. Davide riprese la parola: “Volevo solo dire che potrei telefonare in Caserma e ottenere degli uomini che potrebbero intervenire in caso di bisogno… anzi…”
“Anzi cosa?” Chiese Romeo alzando di nuovo la voce “Non mi dirà che…”
“Oh, cosa devo dirti? Credo che in ogni caso dovrei avvertire Piccato circa gli ultimi sviluppi… ora c’è di mezzo anche il rapimento della figlia di uno degli uomini più potenti d’Italia.”
Romeo fece il gesto di alzarsi in piedi, poi si lasciò cadere sulla sedia con un sospiro.
“Basta, ci rinuncio. Vedo che cercare di farle capire qualcosa è come insegnare a scrivere a una scimmia. Allora la supplico, glielo chiedo per favore, se vuole mi metto qua in ginocchio come un penitente… non faccia rapporto prima di domattina. Laura per ora è al sicuro, non sappiamo dove sia e mettersi a cercarla per tutta Torino a sirene spiegate potrebbe spingere Igor a ucciderla. Piccato manderà qualcuno qui in ogni caso, per quando arriveranno sarà tutto finito. Lei li aspetterà qua davanti, li porterà al parco Europa e insieme potrete raccogliere i resti. Miei o di Igor poco importa, ma la prego di lasciarmi a sbrigarmela da solo. La prego.”
Girelli fissò Romeo a lungo, lesse nei suoi occhi qualcosa che non riuscì a decifrare, e capì di doverglielo.
“D’accordo. Faremo come dici tu. Spero di non dover raccogliere i tuoi, di resti.”
“Lo spero anch’io.” Concluse Romeo.
Don Claudio non disse nulla, andò a prendere il secondo e lo mangiò senza badare a cosa avesse nel piatto, come fecero i suoi compagni di tavolo, i più strani che si fossero mai seduti a quella mensa.
Dopo cena presero ognuno una strada diversa, don Claudio verso la chiesa, Girelli diretto in camera e Romeo alla sala TV. In realtà non aveva nessuna voglia di guardare un film, ma sperava di riuscire a distrarsi. Seguì con scarso interesse l’ennesima replica di un film con Bud Spencer e Terence Hill, ma si addormentò appena iniziato il secondo tempo. Quando si risvegliò era solo. La televisione continuava a trasmettere, incurante che nessuno la stesse guardando. Un annunciatore leggeva le previsioni meteo indicando una grande cartina alle sue spalle. Stando a quanto diceva l’indomani una perturbazione proveniente dalla Francia avrebbe portato piogge e temporali sul Piemonte. La morsa del caldo si sarebbe finalmente attenuata.
Romeo si passò una mano sul viso, la strofinò sui jeans per asciugarla da un leggero velo di sudore e si alzò andando a spegnere il televisore. Controllò l’orologio appeso al muro, indicava le undici meno un quarto. Decise di andarsene a dormire in un letto. Non era tardi, ma l’indomani doveva alzarsi all’alba con la prospettiva di una mattinata terribile.
Salì le scale e si diresse alla camera di fianco a quella di don Claudio. Il frate l’aveva fatta preparare per lui e l’ispettore, che alla fine si era fermato lì per la notte. Bussò, ma nessuno venne ad aprire. Girelli doveva essersi addormentato. Estrasse una chiave consegnatagli quel pomeriggio e aprì la porta. La luce era accesa, i letti intatti. Il tavolo, se avesse potuto parlare, si sarebbe sicuramente lamentato di non essere fatto per sostenere tutto quel peso, concentrato in così poco spazio. Tutta la rilevante massa dell’ispettore era sorretta dagli avambracci, poggiati sul bordo. Teneva la testa reclinata sulle braccia, seduto sull’orlo della sedia e sbilanciato tutto in avanti. Sarebbe bastato tirare indietro il tavolo di cinque centimetri per farlo cascare come in una comica. Ma Romeo non aveva mai avuto così poca voglia di ridere. Chiuse la porta sbattendola, ma non troppo forte.
Girelli si svegliò, mettendo a fuoco il personaggio appena entrato. Per un attimo i suoi occhi si dilatarono, ed ebbe un involontario scatto di nervi. Probabilmente stava sognando il fratello cattivo.
“Sono Romeo, cosa crede?” Lo canzonò “Si rimetta pure a dormire…”
“Per un attimo ho creduto…”
“Lo so cosa ha creduto. Da una vita ci scambiano l’uno per l’altro…” Romeo mosse due passi di piombo verso il letto “…andiamocene a dormire.”
Si coricarono vestiti. Romeo allungò una mano per abbassare l’interruttore vicino al suo letto, facendo scendere l’oscurità nella camera. L’ultima cosa che vide prima di trovarsi avvolto dal buio furono gli occhi di Girelli, riflessi nello specchio sulla parete opposta: aperti, fissi nel vuoto, colmi di interrogativi inquietanti. Si domandò se anche i suoi dovessero apparire così. Li chiuse, sperando che il sonno non tardasse a giungere.
♦ ♦ ♦
Pioggia, cielo scuro, basso. Il ticchettio delle gocce sul cappellino da baseball ormai fradicio. I suoi piedi che facevano scricchiolare la ghiaia bagnata del parco. Assolutamente nessuno in giro, pareva l’unico essere vivente rimasto a Torino. No, qualcuno c’era. Un cane, accompagnato dal suo padrone che lo aspettava poco lontano, annusava rapidamente in giro cercando il posto migliore dove fare i propri bisogni. Romeo cercò di indovinare quanto amore fosse necessario destinare al proprio amico a quattro zampe per portarlo fuori così presto in una giornata simile. Era anche un bel cane, sembrava un incrocio tra un pastore tedesco e un cane da caccia. Gli passò accanto dedicandogli una veloce annusata, scodinzolando senza curarsi di trovarsi sotto un temporale.
Romeo sollevò lo sguardo ai pini domestici sopra di lui, per poi abbassarlo a fissare la fontana poco più avanti, a sinistra dell’ampia rampa di bassi scalini che portava ai livelli inferiori del parco. Faticava a respirare, un senso di oppressione generato dall’ansia che stava per tramutarsi in panico gli serrava il petto in un abbraccio soffocante. Arrivò alla scalinata e guardò di sotto. Qualcuno stava guardando lui.
Igor lo aspettava. Romeo lo vide sorridere attraverso la pioggia che cadeva, con le mani in tasca e i capelli gocciolanti sul giubbotto. Si fece coraggio e scese uno scalino, sapendo che era già morto ma accettando il proprio triste destino.
♦ ♦ ♦
Come sempre accade, anche quando al risveglio stanno in attesa le paranoie più nere, la notte trascorse cedendo il posto a un’alba di importanza capitale per il destino di Romeo. Non ebbe bisogno di alcuna sveglia. Sbarrò gli occhi, passando dal sonno alla veglia senza interruzioni. Non si stupì di aver sognato la mattinata che stava per iniziare. Il Sogno era finito, il senso di oppressione al petto restava.
Rimase sdraiato ancora qualche secondo controllando il panico, tirò dieci respiri profondi e si ripeté che avrebbe fatto tutto il possibile, si sarebbe battuto per Laura e per salvarsi. Lui era nel giusto. Male che fosse andata sarebbe semplicemente morto, per mano della persona che aveva sempre amato più di sé stesso. C’erano modi e motivi peggiori per morire, e tutto sarebbe finito in ogni caso. Si stirò le membra alzandosi dal letto e controllò l’ora sul telefonino. Erano le cinque e un quarto. L’ispettore ancora dormiva, e Romeo andò a scuoterlo per una spalla. Davide si svegliò come Romeo, un attimo prima dormiva e un attimo dopo spalancò gli occhi e fu completamente desto.
Un rapido bussare alla porta non diede loro il tempo di darsi il buongiorno. Forse non lo era e non ce n’era bisogno. Romeo aprì la porta a don Claudio che si era premurato inutilmente di andare a svegliarli.
“Buongiorno don Claudio. Grazie di averci chiamati.”
“Di niente Romeo. Ma eri già sveglio, vero? Hai aperto subito. Sei riuscito a dormire?”
“Mi sono alzato un minuto fa e sono riuscito a dormire, per quanto male. Ma non è stata colpa del letto, è molto comodo…” cercò di confezionare un sorriso ma non ottenne un gran risultato. “Com’è il tempo?”
“Piove a dirotto, ma dovrei avere un ombrello da qualche parte…”
“Non ti preoccupare, ho il mio cappellino. Mi è sempre bastato per la pioggia. E poi l’ultima cosa che devo temere è un raffreddore…”
“Buongiorno, padre.” Salutò Girelli entrando in bagno. Don Claudio aggiunse che li avrebbe aspettati di sotto per la colazione e se ne andò. Pochi minuti dopo l’ispettore uscì lasciando il posto a Romeo, e a dieci minuti dal risveglio stavano scendendo le scale verso il refettorio. Trovarono Don Claudio ad attenderli allo stesso tavolo della sera prima, già apparecchiato per tre. Si servirono di caffelatte e sedettero al tavolo, da un cestino spuntavano fette di pane e marmellate monodose. Restarono tutti in silenzio, concentrati unicamente sulla delicatissima operazione dello spalmare la marmellata sul pane. Quando, cinque minuti dopo, il caffelatte cominciò a scaldare loro lo stomaco portandoli alla consapevolezza di essere del tutto svegli, Romeo ruppe finalmente il silenzio:
“Non manca molto.” Passò dagli occhi di Girelli a quelli di don Claudio. “Innanzitutto ti ringrazio per l’ospitalità incondizionata che ci hai riservato, e per l’assoluta fiducia mostrata nei miei confronti.” Pensò un attimo “purtroppo non è detto che ci rivedremo ancora…”
“Non dire così, Romeo. E poi sono io a ringraziare te per avermi dato la possibilità di conoscerti… pregherò perché tutto vada per il meglio.”
“Ti assicuro una cosa: esistesse anche una sola possibilità su un milione di farcela, io farò il possibile per coglierla. Se è possibile, ce la farò. Ispettore,” continuò rivolgendosi a Girelli “faccia come le ho detto. Ci vedremo, spero, al parco Europa tra circa un paio d’ore. Mi lasci da solo con il mio destino.”
“Hai la mia parola.” Lo rassicurò Davide “Buona fortuna.”
“Grazie.” Diede un morso a una fetta di pane, trangugiò un sorso di caffelatte e chiese l’ora.
“Le sei meno venti.” Rispose Don Claudio indicando l’orologio appeso in fondo al refettorio. Si alzarono e uscirono nel parcheggio. Don Claudio passò a Romeo una chiave. “È di quella Uno là sotto” indicò una tettoia poco distante “gradirei che fossi tu a riportarmela.”
“Lo gradirei anch’io… grazie ancora.” Rivolse ancora un cenno a Girelli e si diresse all’auto. L’ispettore aprì il portone e lo vide scomparire fra le gocce d’acqua, diretto ad affrontare un incubo. Si chiese se lui, al suo posto, avrebbe avuto lo stesso coraggio.
♦ ♦ ♦
Ogni particolare era identico. La pioggia, il cielo, addirittura lo stesso cane a scorrazzare per il parco, scodinzolando e cercando un posto dove cagare. Come aveva fatto nel Sogno spostò gli occhi alla fontana, e poi alla scalinata. Terrorizzato, oppresso dal panico, ma ben determinato ad adempiere il suo destino, raggiunse il primo scalino e guardò giù. A differenza del Sogno, Igor non lo stava fissando. Era seduto a metà gradinata, gli dava tranquillamente le spalle e pareva fosse concentrato sulla città sotto di lui, evanescente attraverso la nebbiolina creata dalla pioggia.
Romeo scese due scalini, Igor lo sentì arrivare e iniziò a voltarsi. Romeo cercò dentro di sé tutta la forza d’animo che aveva e la usò per scendere altri due scalini. Pochi passi li separavano. Dopo essersi inseguiti dal Veneto al Piemonte erano finalmente faccia a faccia.
Due fratelli gemelli pronti ad ammazzarsi a vicenda per la loro diversità, così radicale da non poter essere affrontata in altro modo.

Come è nata l’idea di questo libro?
In seguito a una disgrazia ci si trova ad affrontare sempre la stessa domanda, perché?… questa storia nasce da un pensiero: se davvero esiste un destino preordinato a cui siamo tutti soggetti, cosa succederebbe se ci fosse la possibilità di intervenire su quel destino? Chi potrebbe farlo e secondo quali logiche? Svincolandosi da ogni presupposto religioso questo romanzo fornisce una risposta alternativa fantasiosa, sviluppata successivamente nel seguito che uscirà a breve.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Le uniche difficoltà le sto incontrando dopo averlo scritto. È vero che scrivere richiede tempo e attenzione, ma per me è un’attività che affronto come si affronta una piacevole seppur impegnativa incombenza. Non se ne può fare a meno ed è un piacere farlo, bisogna solo impegnarsi per renderne al meglio ogni particolare e non sciuparne la magia. Il difficile è farlo conoscere, convincere i lettori che sì, vale la pena, non sarà il prossimo capolavoro letterario che stavano aspettando ma è meglio di tanta altra robaccia che hanno letto fino a quel momento.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Stephen King per le sue storie, Isaac Asimov per la sua visionaria fantasia, Ernest Hemingway per l’inarrivabile semplicità narrativa.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sempre in Piemonte con una piccola pausa di otto mesi a Malta. Ma stavo male, mi mancavano troppo le mie montagne e negli ultimi anni mi ci sono avvicinato sempre di più fino ad averle a due passi. Ora le vedo sempre dalla finestra e appena esco di case poggio le scarpe a poca distanza dai suoi versanti.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il seguito del primo libro è quasi pronto e sarà disponibile a breve, il terzo che chiuderà la storia è nella mia testa. inizierò non appena portata a buon punto la titanica impresa di promuovere i primi due. Il quarto, il quinto, il sesto… arriveranno, prima o poi. Sul mio PC senz’altro, se verranno pubblicati dipenderà in ultima analisi dalla volontà dei lettori di leggere altre mie storie, se nessuno si filerà i primi perché ostinarsi a propinare altre pagine se non vogliono essere lette?…
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