
Edito da Dario Pubblici nel 2020 Compra su Amazon
«Nostalgia, nostalgia canaglia…» cantavano Al Bano e Romina Power nel 1987. E come dar loro torto!
Tra gli anni Ottanta e Novanta è nata una generazione davvero peculiare, cresciuta a merendine e televisione nella più totale spensieratezza e ingenuità. Con il passare del tempo però, essa si trasformò in un esercito di nostalgici che tuttora fa fatica a trovare un posto nel mondo attuale…
Anch’io facevo parte di questo plotone: la televisione è stata una compagna fedele e inseparabile sin dai primi anni, e amavo la pubblicità anche più dei programmi che interrompeva. Più crescevo e più mi convincevo che l'epoca della mia infanzia fosse davvero ideale. Il mio desiderio più recondito divenne così l’ossessione di poter rivivere il ventennio dei magnifici Ottanta e Novanta, e non scollarmi più da quell’epoca. Sarà per questo che, una volta divenuto adulto, decisi di specializzarmi proprio in pubblicità? Di certo questa scelta fu cruciale: grazie ad accurati studi di settore, una introspezione psicologica senza precedenti, nonché una massiccia dose di satira, trovai il modo per sconfiggere la nostalgia pubblicitaria...o quasi!
Il libro si compone di una serie di retrospettive semiserie relative ad alcune delle pubblicità più iconiche di quel periodo, tra cui quelle di Amaro Montenegro, Caldobagno De’Longhi, Ferrero Rocher e Mulino Bianco. Mettendo in luce una serie di contraddizioni e stranezze presenti negli spot sotto forma di parodia, l'opera intende esorcizzare attraverso la risata l'effetto nostalgia provato dai millennials.
Se ancora oggi vi struggete per la tivù che non c’è più e per le pubblicità di una volta che tanto facevano sognare, questo eBook potrebbe rappresentare la vostra occasione per cambiare punto di vista!

Negli anni Ottanta le pubblicità di superalcolici si affidarono spesso ad ambientazioni mondane o a personaggi famosi. A quei tempi, compleanni e serate in casa tra amici si trasformavano in eleganti ricevimenti in cui era d’obbligo sfoggiare l’abito da sera e un liquore pregiato.
Tra i testimonial del mondo dello spettacolo invece non possiamo dimenticare Ernesto Calindri per Cynar, Johnny Dorelli per Amaro Ramazzotti, Tony Binarelli per Biancosarti… anche il grande mattatore dei quiz – nonché pluricampione di gaffe e doppi sensi – Mike “Allegria” Bongiorno prestò il proprio volto per reclamizzare un alcolico davvero suggestivo: l’acquavite fellatio, conosciuta volgarmente come Grappa Bocchino.
Chi andò decisamente controcorrente fu il guru della pubblicità Emanuele Pirella, che nel 1982 propose all’azienda Montenegro una campagna innovativa per promuovere il “sapore vero” del suo inconfondibile amaro. Per veicolare il messaggio in modo persuasivo c’era bisogno di una figura più autentica, dall’aria vissuta e meno patinata.
Il motore dell’ispirazione fu molto probabilmente la figura di James Herriot (pseudonimo di James Alfred Wight), un veterinario britannico che divenne popolare a livello mondiale come scrittore grazie ai racconti basati sulla propria vita professionale nelle campagne dello Yorkshire.
Il carburante dell’ispirazione fu invece senza dubbio il liquore stesso. Del resto, per creare pubblicità vincenti bisogna conoscere a fondo il prodotto. E così, durante le sessioni di brainstorming, ne vennero scolate quantità incalcolabili tali da mettere d’accordo tutti i partecipanti sulla bontà dell’intuizione: quale miglior testimonial per un amaro se non un veterinario errante? Se avete dei dubbi a riguardo, fatevi una bottiglia pure voi e vedrete come si dissolveranno per magia!
Procediamo quindi a esaminare il primogenito spot, l’antesignano delle saghe pubblicitarie italiane: il nostro eroe salvanimali percorre a tutta manetta una strada sterrata con il suo sidecar, un fiammante Ural rosso sovietico di gloriosa produzione staliniana. Più che un veterinario sembra una versione in blue jeans di Indiana Jones imparentata con il cantante degli Elio e le Storie Tese, vista la foltezza delle sopracciglia.
Percependo il “delicatissimo” rombo bicilindrico che squarciava la quiete rurale, un fattore preoccupato si scapicolla dalla scalinata di casa per andare ad accogliere il dottore. Quest’ultimo non fa nemmeno in tempo ad arrestare il mezzo che l’altro uomo è già al suo fianco a battergli ripetutamente sulla spalla, come per dire: «Si muova, qui non c’è neanche un secondo da perdere!»
Mentre i due entrano nella stalla, la voce fuoricampo del protagonista ci introduce alla sua dura vita: «Per un veterinario la giornata non è mai finita, ma è il mio lavoro, e l’ho scelto io». Cosa si può pensare udendo una frase del genere? Saranno cazzi suoi! C’è chi fa lavori ben peggiori, con turni massacranti e senza nemmeno aver avuto possibilità di scelta! Ad ogni modo, si evince chiaramente che si tratta di un uomo con una vocazione ben chiara, e ben presto vedremo che non è l’amore verso gli animali.
Ma non indugiamo ulteriormente, perché vista la concitazione dal proprietario dobbiamo prepararci ad assistere a una scena drammatica all’interno della stalla: si tratterà di un parto complicato? O magari di un animale ferito? Macché, semplicemente un cavallo accasciato sul proprio fieno, più dormiente che moribondo.
Il medico di campagna si avvicina al ronzino e, con apparente dedizione e grande noncuranza verso le più basilari norme igienico-sanitarie, dà inizio alla visita infilandogli le mani in bocca senza utilizzare i guanti – cosa che destò una profonda indignazione da parte del Sindacato Italiano Veterinari di Medicina Pubblica. L’agenzia pubblicitaria corse prontamente ai ripari pur di placare la polemica, fornendo un paio di guanti a partire dagli spot successivi.
In ogni caso, già dall’ispezione orale il sanitario aveva capito che il purosangue non era ammalato, bensí solo assonnato. Forse aveva mangiato troppa biada la sera precedente, o magari aveva scoperto la coltivazione privata di canapa indiana del suo padrone – il che spiegherebbe anche la paranoia dell’uomo e sua la relativa incapacità di comprendere lo stato reale della situazione.
Il dottore quindi, invece di rassicurare l’altro uomo, approfitta spudoratamente della situazione per inscenare una puerile pantomima, ben consapevole che al termine dell’eroica impresa gli spetterà una lauta ricompensa. Per mostrare platealmente la fatica che sta compiendo, arriva perfino a strofinarsi il braccio sul volto – verosimilmente più a causa di un’anomala sudorazione sopracciliare che allo sforzo in sé. Fosse stato un calciatore, si sarebbe meritato senza dubbio almeno un cartellino giallo per simulazione.
Si passa poi a una breve auscultazione, giusto per guadagnare qualche ulteriore minuto di suspense, e successivamente basta una semplice pacchetta sul collo per far riprendere completamente la bestia. Prodigio!
In realtà il cavallo non si rialza prontamente perché ha improvvisamente recuperato la salute, ma più che altro perché uno stronzo sconosciuto gli ha tartassato i testicoli per diversi minuti, arrivando a interrompere la sua pennichella.
Al contrario, agli occhi esterrefatti – e strafatti – del contadino, il veterinario furbacchione viene visto come una creatura soprannaturale dotata di mirabolanti capacità guaritrici: diventa così il suo nuovo eroe, scalzando il Mago Otelma dal gradino più alto del podio della sua classifica personale.
Il proprietario della tenuta non si trattiene dalla gioia e ringrazia il divino medico con una vigorosa stretta di mano dall’aroma “inebriante” di bocca equina. Anche la voce narrante del veterinario conferma la propria felicità: «Queste sono le mie soddisfazioni: questa gente, questi profumi, cose uniche». Contento lui, ad avere a che fare con campagnoli drogati, bava di cavallo e odore di stalla…
Dopo tutto questo squallido teatrino, è finalmente giunto il momento di celebrare! E se la tipica tradizione italiana prevede tarallucci e vino, i due uomini ce ne propongono una più moderna e verace: falò e Amaro Montenegro! Perché «Amaro Montenegro ha un sapore che non ti sbagli, lo riconosci subito».
D’altronde anche il pubblico riconobbe subito qualcosa da questo primo spot: l’evidente inclinazione alcolista del protagonista, che sarebbe disposto ad andare a curare un animale anche in capo al mondo pur di scroccare un bicchierino del suo liquore preferito.
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