
Edito da Luigi Arcari - Amazon KDP nel 2021 • Pagine: 253 • Compra su Amazon
Definire il libro come un romanzo di formazione sarebbe eccessivo, assolutamente irriverente nei confronti di Salinger, nonostante un infinitesimo, voluto, riferimento a Holden. Vero è tuttavia che vuole essere, nel suo piccolo, piccolissimo intento, un romanzo di crescita. Una crescita che vede un gruppo di ragazzi confrontarsi da una parte con l’avvicinarsi dell’esame di maturità, da un’altra con un impegno collettivo e da un’altra ancora con una situazione più grande di loro, violenta e brutale. L’impegno che li coinvolge è in fondo piccola cosa, una rappresentazione teatrale, ma viene arricchita di un contesto organizzativo e progettuale che li motiva e li entusiasma. Contribuisce a unirli, a cementare legami preesistenti e a crearne di nuovi. La vicenda violenta nasce da una semplice bravata, che scatena però meccanismi di rivalsa, istinti malvagi e azioni deprecabili. Il tifo calcistico è l’alibi per tali prodezze. E intorno a queste tre direttrici di sviluppo si intrecciano le storie dei singoli ragazzi, storie di ingenuità, amore, simpatia, amicizia, affetto e solidarietà. Storie positive in effetti, volutamente tali, innocenti forse. Ma sono appunto storie di crescita, di maturazione, che l’accelerazione degli eventi rende alla fine anche drammatiche. L’ambientazione è quella di fine anni ottanta, per porre un distacco dal presente, ma i sentimenti e le passioni sono di ogni tempo. Come i passaggi della vita.

– Vede brigadiere, – Aveva illustrato il preside Mastrandrea, nel pieno delle sue funzioni. – un atto vandalico diffuso e di estrema gravità, che ci costringe a tenere la scuola chiusa e a sostenere delle spese ingenti di ripristino. Io penso che ci sia andato anche bene, in fondo. Non hanno rotto altro, né rubato oggetti, né imbrattato muri. Sicuramente qualcosa li ha disturbati nella loro azione e hanno pensato bene di scappare.
Cozzolino annuiva. Nella sua mente però i pensieri erano altri. Il brigadiere, pur nel suo girovagare nel nord Italia e nel suo interloquire in un buon italiano con superiori, commilitoni, conoscenti e figli, con sua moglie parlava in napoletano, essendo anche lei napoletana di Portici, ma soprattutto pensava sempre e solo in napoletano. Pensare in napoletano gli veniva naturale, ma soprattutto riteneva gli fosse d’aiuto nella vita e nel lavoro. Per lui i cardini del pensiero napoletano erano l’ironia e il dubbio. Affrontare i problemi della vita con ironia, per ridimensionarli e vederli da diverse angolature. Dubitare delle apparenze e delle certezze, valutare con scetticismo, per evitare i passi falsi. I termini “penso” e “sicuramente” del preside lo portavano immediatamente a ragionare in termini ironici e scettici, che per diplomazia non formulava direttamente a voce, in buon italiano.
– Ma se sei preside di una scuola, fai il lavoro del preside e fai fare a me il lavoro mio. Come fai ad essere sicuro che non hanno distrutto, rubato e imbrattato perché sono stati disturbati e sono scappati?
– Oggi si danneggia, si spacca tutto per puro divertimento. – Continuò il preside. – Questi vandali compiono azioni fini a sé stesse, così, senza una ragione precisa. Il che è peggio, più triste.
Cozzolino annuiva ancora.
– Ma che dici? Chi te l’ha detto che dietro non c’è una ragione precisa?
Alla fine si strinsero la mano e si salutarono. Il brigadiere disse al preside che lo aspettava in caserma per stilare il verbale di denuncia e promise di tenerlo aggiornato sul prosieguo delle indagini.
– Altro che disturbati. – Si sfogò con i suoi appena ripartiti. – Quelli che hanno fatto il lavoro lo hanno fatto per filo e per segno come lo avevano pianificato. Hanno volutamente evitato le scritte e ulteriori danneggiamenti. E perché?
In caserma, assegnato al carabiniere che aveva preso appunti l’incarico di stilare il verbale, Cozzolino e l’altro carabiniere, il più anziano di loro tre, romano di Acilia, rimasero in ufficio a ragionare sul caso.
– Se uno non scrive sui muri è perché non sa scrivere, oppure non gli piace scrivere sui muri o non vuole scrivere sui muri. Tu che dici, Colasanti, quale delle tre?
L’appuntato Colasanti lavorava in caserma già prima dell’arrivo del brigadiere. Lavoravano spesso e volentieri insieme, avevano imparato a conoscersi. Alla domanda ironica del brigadiere rispose con altrettanta ironia.
– Che gli hanno detto di non scrivere sui muri.
– Bravo. E gli hanno detto anche di non rompere niente e di non rubare niente.
– E allora una delle due: sono vandali gentiluomini oppure l’azione non era fine a sé stessa, serviva come messaggio.
– La seconda che hai detto. E un messaggio a chi? E questo messaggio è stato recepito? Io direi che in una scuola di mille studenti e più è impossibile che non se ne sappia niente, le voci corrono. Ne sanno sicuramente più di noi. Facciamo così, manda in giro qualcuno dei nostri, giovani, a sentire che aria tira nei bar, nelle piazze, nei parchi e nelle sale da gioco. Qualcosa deve venir fuori.

Come è nata l’idea di questo libro?
Pubblico racconti e riflessioni nel mio sito web (Luigiarcari.com). Ho raccolto alcuni di questi racconti in un due libri, il primo dei quali “Ibridizzazioni” è stato pubblicato nel 2019 e il secondo “Il labirinto e altri racconti” è apparso nel 2020. All’inizio dello scorso anno ho maturato l’idea di costruire un romanzo, una modalità narrativa di più vasto respiro rispetto al racconto, attorno ad un piccolo esperimento teatrale, un atto unico, che avevo scritto per puro divertimento molti anni fa. Ho ritenuto interessante ambientare l’organizzazione e la messa in scena di questa rappresentazione teatrale in una scuola superiore, un liceo romano, come una esperienza di stimolo per abilità relazionali, comunicative e organizzative. Perché in una scuola? Probabilmente perché, dopo aver lavorato per quasi trent’anni nel settore informatica e telecomunicazioni, da circa cinque anni insegno fisica in una scuola superiore, quindi la scuola è ora un elemento presente nelle mie esperienze quotidiane. Tanto che nel 2018 ho pubblicato una precedente raccolta di racconti “Un diverso punto di vista”, ispirati a trattare microcosmi matematici e fisici di interesse scolastico, pur con un intento non didattico ma puramente narrativo, per suscitare curiosità e passione. E accanto alla scuola, in maniera naturale, i protagonisti del romanzo sono i giovani, gli studenti di una classe dell’ultimo anno, l’anno dell’impegno per la maturità e dei sogni sul proprio futuro. Intorno a questi elementi, un scuola e i suoi studenti, ho costruito una vicenda narrativa situata nell’anno scolastico 1988/89, integrata da una escursione nel mondo degli eccessi che trovano alibi nel tifo e nelle rivalità calcistiche, che intreccia le storie dei singoli ragazzi, storie di ingenuità, amore, amicizia e solidarietà. Storie di crescita e di maturazione, come tutte quelle che segnano i passaggi della vita, che in fondo, per dirla con Shakespeare, è solo un’ombra che cammina.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Una volta definita l’idea, il filo conduttore e lo schema della conclusione, il romanzo si è snodato in maniera abbastanza regolare, con momenti ovviamente più fluidi e altri di elaborazione più complessa. Un elemento oggettivamente critico è stato l’articolazione degli eventi in maniera da comportare il coinvolgimento di tutti gli studenti immaginati come protagonisti delle vicende narrate, e sono molti, dando spazio ai sentimenti, ai caratteri e alle storie di ognuno. Alcune caratterizzazioni, anche di personaggi collaterali, sono risultate particolarmente piacevoli da definire, lasciandosi trasportare dal gioco narrativo, avendo chi scrive il privilegio di attingere al proprio immaginario sociale e a figure della memoria della sua vita. La parte più difficile, ancora una volta, è stata pubblicare il romanzo. Dopo averlo presentato a diverse case editrici, piccole e grandi, col risultato di essere ignorato o ricevere proposte di pubblicazione a pagamento, ho deciso per una auto-pubblicazione su piattaforma Amazon KDP.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sono di formazione scientifica dal punto di vista professionale, ma un amante della buona scrittura e della buona letteratura. In altre occasioni ho citato, tra i tanti autori classici e moderni da richiamare come parte della formazione di una vita, almeno Kafka, Dostoevskij, Bulgakov, Sciascia e Calvino, ma anche Eco, Camilleri, Carofiglio, Ammaniti e Baricco, poi Le Goff , Braudel e Pais. Nel caso specifico di questo romanzo, per espliciti riferimenti, non posso non citare Shakespeare e Salinger.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono molisano di origine, ma ho fatto l’università a Roma, dove sono rimasto a lavorare e dove vivo tuttora. Ho una laurea in ingegneria nucleare e, come dicevo, ho lavorato per quasi trent’anni nel settore privato, ricoprendo incarichi manageriali in diverse aziende internazionali. Da fine 2015 sono docente di Fisica.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Mi lascio guidare dalle ispirazioni contingenti per i racconti che rendo disponibili sul mio sito web, con l’obiettivo di farne nuove raccolta da pubblicare. L’aver portato a termine un primo romanzo mi stimola a impegnarmi nella stesura di un simile percorso narrativo, intorno ad alcune idee già parzialmente abbozzate.
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