
Edito da Velera-Exi Studio nel 2021 • Pagine: 462 • Compra su Amazon
Anno 2233. Frank Harden è un investigatore militare dotato di grande talento, ma è prima di tutto un uomo solo che è stato costretto a lasciare la Terra per trasferirsi sulla Cintura di Velera-Exi, quella che è divenuta la nuova casa dell’umanità. A sconvolgere la sua routine fatta di noiose scartoffie e nottate in cui cerca di combattere la depressione utilizzando misteriose droghe allucinogene, ci pensa un caso di omicidio che sembra quasi una benedizione: un uomo è stato brutalmente ucciso per strada nel Settore 3 di Autarch City, la città principale dell’intera Cintura. Riuscito a ottenere l’incarico, Frank inizierà a investigare, scoprendo ben presto che la morte dell’uomo è ben lontana dall’essere un fatto isolato, e che misteri molto più grandi e pericolosi si celano dietro un intricato velo di menzogne e segreti che, se decodificati, potrebbero rivelare una verità terribile e oltre qualsiasi immaginazione.

Frank Harden si svegliò e spalancò gli occhi. La sua mente, ancora parzialmente sprofondata negli orrori che da quasi due anni popolavano i suoi incubi, proiettò subito in superficie un unico pensiero lucido: Caliban. Reagendo come se un elettrodo piantato nel cuore gli avesse dato una scossa, l’uomo si alzò dal letto e si precipitò caracollando verso il piano orizzontale che sporgeva dalla vicina parete, dove le persone normali tenevano oggetti di uso quotidiano. Il suo assistente virtuale casalingo, al quale non aveva mai dato un nome, si materializzò di fianco a lui:
«Buongiorno Frank, sono le 5 e…»
Premette malamente sulla pulsantiera dell’apparecchio che gli dava vita e fece scomparire quell’insopportabile intruso dalla voce fastidiosa.
Armeggiò sul piano fin quando le sue dita non si strinsero attorno all’inalatore. Lo prese e iniziò a cercare la fiala, l’ultima che gli era rimasta. Il sudore che gli copriva il viso e il collo gli bruciava addosso come ghiaccio rovente. Trovata quasi subito la fiala, nonostante la stanza fosse un covo di ombre, si avvicinò alla finestra e discostò appena uno dei pannelli foto-assorbenti che aveva fatto montare da quando la sua sensibilità alla luce era aumentata. Il livido grigiore esterno strappò la sua faccia alle tenebre; nient’altro che un pallido e smunto ovale a incorniciare occhi febbricitanti e labbra serrate in una smorfia di tensione. Sollevò la fiala e la espose alla debole illuminazione che filtrava. Al suo interno l’organismo vermiforme che galleggiava in un liquido trasparente si mosse appena. C’era gente che diceva che i razziatori si spingevano ben oltre i confini di Velera-Exi per procurarsi quei piccoli esseri biancastri, e poteva anche essere vero: a guardarli sembravano innocui, ma c’era qualcosa nel modo in cui si agitavano debolmente che faceva pensare che venissero da lontano, da luoghi molto più remoti di quel piccolo e impossibile sistema di pianeti a un passo dalla Luna. Qualunque fosse la loro origine, a lui interessavano solo gli effetti che avevano sulla mente umana, o quantomeno sulla sua. Da quando li aveva sperimentati non c’era stato un solo giorno in cui non avesse inalato almeno una volta, anche se questo la diceva lunga più sul suo stato psichico che sulla loro efficacia. Inserì la fiala nell’inalatore e premette il pulsante rosso. Il verme venne risucchiato insieme al liquido in cui galleggiava e sparì all’interno dell’apparecchio. Dopo una lieve vibrazione un led blu prese a lampeggiare.
Infilò nelle narici i due sottili beccucci che spuntavano dal corpo del piccolo oggetto e premette di nuovo il pulsante rosso. Un unico rapido sbuffo di una fine polverina nebulizzata gli venne sparato nel naso, roba di poco più di un secondo, e fine della storia. Lasciò cadere a terra l’inalatore e arretrò fino al letto, dove si sdraiò in attesa che l’effetto raggiungesse il suo apice per poi ridursi lentamente fino a una sensazione di offuscamento ricettivo che lo avrebbe accompagnato per diverse ore.
Caliban. Meravigliosa sostanza.
Un paio d’ore dopo stava lasciando lo stabile H12 del Settore 7 di Autarch Bassa, dove viveva. Le ombre delle Metar Towers e dei tratti completati delle Strade Sospese affondavano la città bassa in una penombra fredda. Tutto era grigio e spoglio. Un senso di vuotezza aleggiava nel silenzio metropolitano della mattina. Attraversò i Settori 7 e 6 nell’insonorizzata vacuità dell’abitacolo della Vi-Car, cercando costantemente di rubare uno scorcio tra le sagome dei grattacieli in costruzione. Ma il cielo era un lusso che ad Autarch Bassa non ci si poteva permettere. Solo quelli che stavano di sopra, oltre la soglia di separazione dei due nuclei urbani, potevano permettersi di alzare gli occhi in alto senza incontrare ostacoli di sorta. Non che ci fosse niente di esaltante da vedere se non le avvilenti sagome della Terra e del suo satellite, ma era comunque meglio di niente.
Raggiunto il Settore 5 e l’edificio che ospitava gli uffici del Distaccamento Investigativo, abbandonò la fluttuazione stradale e passò alla modalità velivolo, spingendo la Vi-Car verso il parcheggio che sorgeva sul tetto dello stabile: in un mondo in cui la proprietà privata poteva considerarsi un lusso, era meglio non fare troppo affidamento sulla moralità altrui.
Raggiunse il tetto e parcheggiò vicino alle altre due Vi-Car di cui il Distaccamento Investigativo disponeva. Prese l’elevatore verticale e scese fino al secondo piano.
L’anticamera di riconoscimento era immersa nel consueto silenzio ovattato. Benny, l’ologramma addetto all’identificazione del personale, gli diede il benvenuto con il solito sorriso balordo e gli chiese di identificarsi. Lui gli alzò il dito medio davanti alla faccia, al che, senza scomporsi, l’ologramma allungò il suo indice virtuale semitrasparente e lo premette contro il suo dito. Una sensazione di calore gli si diffuse per un attimo nel polpastrello, poi più niente.
«Riconoscimento effettuato. Prego, agente Harden».
Frank non disse nulla e gli passò attraverso, sperando che la cosa potesse urtare la sua sensibilità di ologramma, semmai fosse stato dotato di un barlume di coscienza. Aprì la porta ed entrò nell’ufficio.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea è nata circa 18 anni fa, quando abbiamo iniziato a gettare le basi di una storia per puro divertimento. Con il passare del tempo la storia si è evoluta, è cresciuta insieme a noi, si è trasformata in qualcosa di completamente diverso da ciò che era in origine ma è rimasta fondamentalmente la stessa cosa di sempre: un passatempo creativo fatto con passione. È stato verso la fine del 2019, quindi 16 anni dopo l’inizio di quel “gioco creativo”, che ci siamo resi conto che l’universo che avevamo creato, (perché nel frattempo l’idea iniziale e la storia si erano arricchite al punto da formare un vero e proprio universo), era pronto per poter essere trasformato in qualcosa di tangibile: il primo libro di una saga.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
La difficoltà nel nostro progetto è distribuita in una serie piuttosto variegata di elementi, in quanto non si tratta di portare a compimento un singolo libro ma una saga intera, che nel nostro caso sarà composta da oltre dieci libri. Parlando solo del libro che vi stiamo presentando, la difficoltà maggiore è stata senza dubbio quella di trovare un modo per far partire gli eventi che si sarebbero poi sviluppati nei libri successivi. Abbiamo riflettuto a lungo su quale potesse essere il modo migliore di introdurre la storia, i vari personaggi e soprattutto il contesto in cui tutto è ambientato. Non volevamo rischiare di “mettere troppa carne al fuoco” ma al tempo stesso avevamo la necessità di introdurre alcuni elementi per non lasciare i lettori spaesati o confusi, e quindi abbiamo a lungo cercato di bilanciare gli “ingredienti” per trovare la formula giusta.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Essendo in 2, i nostri gusti personali si sono sempre intrecciati e mescolati, e pensiamo che questo sia uno dei punti di forza della nostra storia. Pur appartenendo a un genere, la Fantascienza, abbiamo cercato di non lasciare che “Omicidio su Autarch 1” rimanesse imprigionato in stilemi e caratteristiche troppo definite e rigide, ma abbiamo piuttosto lasciato libera la nostra attitudine a sperimentare e mischiare, e siamo convinti di aver fatto la cosa giusta. Per rispondere alla domanda, i nostri autori preferiti sono H.P. Lovecraft, Stephen King, Asimov e Dean Koontz.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Chi vi scrive (Andrea) vive ed è sempre vissuto a Roma. Michele, invece, vive a Cambridge da diversi anni, ma anche lui è originario di Roma.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il nostro progetto è molto chiaro nella nostra testa: avendo deciso di autopubblicarci, abbiamo pensato alle migliori strategie per crearci una community ed entrare in contatto con quante più persone possibile, così abbiamo fondato il Velera-Exi Studio, una start-up che ha l’obiettivo di racchiudere e proteggere tutto il nostro lavoro. Collaborando con illustratori, musicisti, grafici e voice-over artists abbiamo creato materiale: artworks, una colonna sonora, dei brevi video; tutti contenuti che hanno l’obiettivo di far immergere i nostri lettori nel mondo che stiamo creando. Abbiamo inoltre deciso di tradurre i primi due libri della saga in Inglese e il primo anche in Cinese, perché la nostra idea è sempre stata quella di far leggere i nostri prodotti a quanta più gente possibile. Attualmente stiamo pubblicando i nostri libri in Italiano circa ogni 5 mesi. Al momento siamo arrivati al Volume 3 e continueremo seguendo questo schema. Il nostro progetto è ambizioso e probabilmente anche un po’ folle, ma vogliamo cercare di tenere viva la passione per la scrittura e la creatività che 18 anni fa spinse due amici a imbarcarsi in un’avventura che all’epoca sembrava solo un bellissimo gioco e che invece adesso, speriamo, è diventata qualcosa con una forma e una direzione ben precisa.
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