
Edito da Il Viandante nel febbraio 2019 • Pagine: 254 • Compra su Amazon
Ossa è un progetto narrativo nato nel febbraio del 2018. È composto da diciassette racconti, di cui uno che costituiva l’incipit di quello che doveva essere il secondo romanzo dell’autore, che poi ha avuto un momento di stallo. Nella pausa che lo scrittore ha preso da questo secondo romanzo ha sentito la necessità di creare una sorta di esperienza di scrittura. Ha deciso perciò di “farsi le ossa”, appunto, dando vita a questa raccolta. I protagonisti delle storie narrate sono una manica di personaggi borderline: falliti, serial killer, artisti da strapazzo o in perenne conflitto con sé. Ci sono anche prostitute, trans, pervertiti e ragazzi con disturbi della personalità o alla ricerca della notte perfetta. Ognuno di loro, nel loro mondo e a loro modo, si trova a far fronte a situazioni grottesche e al limite del surreale dalle quali non sempre usciranno vincitori. Sono storie ricche di violenza, sfrenate passioni e mondi immaginari che vanno a formare così lo scheletro di quello che è lo stile di scrittura dell’autore.

ASSO
A Villa Pelado si stava svolgendo la più grande festa di tutti i tempi. Quel posto così esclusivo e di lusso non aveva mai visto tanti personaggi famosi tutti insieme come in quella sera. Il
piazzale era stracolmo di showgirl, calciatori di Serie A e noti influencer. Lunghissime auto nere non smettevano di entrare nel viale alberato. Dalle portiere, tirate a lucido per l’occasione, non facevano altro che uscire personaggi sempre più importanti: politici, attori, critici d’arte e rapper. Un modesto tappeto rosso stava lì a terra ad accoglierli. Erano anche loro in tiro per festeggiare il personaggio del momento. Lo champagne scorreva a fiumi e la cocaina era ben distesa su piattini di vetro, nascosti in punti strategici della villa. Il buffet era già stato assediato più volte e i camerieri non facevano in tempo a rimpiazzare i vassoi che già se li trovavano di nuovo vuoti nel giro di pochi minuti.
Centinaia di perizomi erano pronti a essere sfilati via non appena la notte si fosse fatta più buia e le inibizioni più tenui. Decine e decine di paparazzi, appostati sul cancello principale, si tenevano pronti a scattare foto e ad abbozzare articoli che, una volta nero su bianco, avrebbero potuto cambiare per sempre la loro vita o quella dei soggetti interessati. Erano armati di bazooka fotografici e assetati di scoop.
L’acqua nella piscina era calma, ma a mezzanotte si sarebbe animata. Era lì che si sarebbe conclusa la serata e per pulirla e disinfettarla tutta gli addetti di Villa Pelado avrebbero impiegato almeno un paio di giorni. La musica, piazzata nel giardino, pompava energicamente nelle casse e si propagava dentro e fuori la villa, grazie ad altoparlanti montati appositamente per l’occasione. Il sound era così forte che riecheggiava in tutti i piani e in tutte le stanze dell’edificio.
Tutto era per il personaggio del momento. Asso.
Lui aveva trovato rifugio in una delle stanze della villa. Lontano da tutto e da tutti. Quel suono sordo, ovattato dalla lastra di legno che lo separava dal resto della festa, riecheggiava
anche nelle sue orecchie mentre sprofondava in una poltrona rossa di una delle camere da letto del terzo piano. Un recente sondaggio lo aveva decretato personaggio più digitato sul web e questo era stato per la sua carriera artistica l’apice assoluto del successo. I giornali ne parlavano fino allo sfinimento, i canali tv lo volevano sempre di più come ospite nei loro programmi e i registi come protagonista nei loro film. Per tutti nell’ambiente era Asso. Con il suo vero nome ormai non lo chiamava più nessuno. Come se non avesse importanza, come se non esistesse più.
Eppure era proprio quel nome ad essere stato digitato chissà per quante volte nei pc e negli smartphone di tutto il mondo. Era quel nome ad essere impresso su tutti i giornali. Ed era sempre quel nome che veniva siglato alla fine di ogni contratto, in basso a destra. Era diventato Asso perché in qualsiasi contesto venisse messo riusciva a dare il meglio di sé. Era un artista poliedrico e tutto ciò che faceva riusciva ad avere in pochissimo tempo successo, ma soprattutto valore. Da oltre vent’anni a questa parte era stato, quasi ogni giorno della sua vita, sulla cresta dell’onda tanto che ormai non era più lui ad avere a che fare con l’arte, ma era l’arte che aveva a che fare con lui.
Attore, pittore e scultore prima di tutto. Poi tutto il resto.
I suoi dipinti e le sue sculture venivano richiesti dai musei di tutto il mondo; aveva opere esposte in così tante gallerie che nemmeno lui sapeva dove venissero dirette tutte le volte che la sua agenzia mandava gli addetti a prelevarle nel deposito sotto casa. I monologhi teatrali che scriveva venivano sempre più messi in scena, e la SIAE non faceva altro che versagli cospicue
somme sul conto corrente; all’iniziò Asso aveva provato a tenere il conto degli importi, ma poi fu costretto a pagare qualcuno che lo facesse al posto suo. Spesso e volentieri alcuni dei palcoscenici più importanti chiedevano che fosse lui stesso a recitare le sue opere e, quando accettava, si vedeva paradossalmente costretto a versare a se stesso i diritti d’autore.
In alcuni momenti gli era stato chiesto anche di uscire da quelle che erano considerate le sue principali velleità artistiche, quali le arti figurative e la recitazione. E in quelle occasioni non aveva deluso affatto le aspettative.
Gli fu proposto di allenarsi in una squadra di calcio di Serie D per un anno. Fu un successo spaventoso. La prima domenica in cui venne impiegato come titolare, per lo stadio in cui giocava fu record di incassi. Non si erano mai visti 40.000 spettatori in una partita dilettantistica. La cosa bella fu che, secondo un sondaggio, oltre il settanta percento delle persone presenti non tifava nessuna delle due formazioni schierate in campo. Erano tutti per lui. Giocò dieci partite, segnando un gol su rigore. L’anno dopo, visto il grande clamore, venne venduto a una piccola squadra di serie A per una somma esorbitante. Le sue magliette andavano via come il pane, ma a qualche mese dall’inizio del campionato la sua agenzia fece uscir fuori la voce di un grave infortunio e, visti i vari impegni cinematografici e non, dissero che la sua carriera agonistica si sarebbe fermata lì.
In meno di sedici mesi, la sua presenza nel mondo del calciò fruttò parecchi milioni per entrambe le squadre che avevano detenuto il suo cartellino, oltre che per se stesso.
Un’altra volta, invece, gli fu proposto di incidere un disco. Dieci canzoni, tre delle quali scritte da lui. Le restanti sette da altri maestri del cantautorato. Le prime centomila copie finirono in un giorno. Poi venne il momento dei concerti. Quindici date sold out. Palazzetti pieni e soldi a palate, grazie anche al passaggio delle canzoni in radio e in tv.
Anche in quel caso ci fu da mangiare per tutti. Sia per la SIAE, che per la casa discografica, che per lui. E, una volta finita quell’esperienza lì, si limitò a scrivere per alcuni cantanti
che volevano i suoi testi, ormai richiestissimi. E quindi altro fatturato, altra fama, altra notorietà.
Oltre al calcio e al canto, fu coinvolto anche nella creazione di capi d’alta moda, in stesure di romanzi collettivi e sceneggiature per serie televisive, in musical e in pubblicità di ogni
genere. Arrivava ovunque e qualsiasi cosa facesse riusciva al meglio.
Quando si parlava del mondo dello spettacolo nelle varie trasmissioni tv, si diceva sempre che fosse un mondo in crisi perché c’era lui a fare tutto.
Asso era la gallina dalle uova d’oro. Era il Re Mida dello show business. Tutto ciò che toccava diventava richiestissimo in ogni parte del mondo. La sua vita era frenetica e piena di spostamenti, feste e paparazzi nascosti in ogni angolo della strada. E pensare che quando il suo manager lo scoprì non era altro che un artistoide da quattro soldi, costretto a pagare se voleva esporre o recitare in qualsiasi sobborgo ai limiti della decenza. Si erano conosciuti durante una trasmissione televisiva in cui Asso, ancora ventenne, era stato invitato come ospite per aver portato in salvo un neonato da un appartamento in fiamme. Quindi in un contesto che non aveva niente a che vedere con quello che lui voleva fare nella vita.
Poi, quando il manager scoprì le enormi potenzialità che aveva il suo futuro assistito, non se lo lasciò scappare. Asso aveva più di tremila dipinti e duecento sculture buttati in soffitta, tutta roba di altissimo livello, prodotta da quandoaveva quindici anni. L’astuto manager le faceva venir fuori un poco alla volta nel corso degli anni, mentre Asso affinava la tecnica e produceva altre opere ancora.
L’altro ambito verso il quale aveva una spiccata propensione era la recitazione. Era un vero portento. Riusciva a diventare chiunque e in qualsiasi modo. Non capiva davvero come mai nessuno fino a quel momento l’avesse scoperto e c’era voluto che bruciasse l’appartamento di fronte casa sua per farsi notare.
Qualsiasi personaggio gli venisse proposto di fare, lui eccelleva. Sempre.
Asso era il Dio in terra di ogni forma d’arte, ma aveva un unico problema a cui il suo manager aveva dovuto rimediare al volo se voleva farlo continuare nella sua scalata verso il successo. Asso non era per niente quello che si poteva definire un animale sociale. Magari lo era stato in passato, quando ancora nessuno lo conosceva, ma più la sua fama cresceva e meno lui era in grado di vivere la sua vita nella maniera più normale possibile.
La sola idea di affrontare i suoi fan lo terrorizzava. Non era in grado di spiccicare due parole con i giornalisti se non avvisato con largo anticipo. Viveva di attacchi di panico e vomitava
ogni qual volta gli incontri extra lavorativi non fossero stati ben preorganizzati. E, andando avanti, le cose peggiorarono sempre di più. Molte volte era scappato da conferenze stampa in cui venivano fatte domande diverse da quelle che lui si aspettava oppure era fuggito dagli alberghi dove i fan in attesa gli avevano chiesto qualche autografo di troppo o quando i camerieri
cercavano di instaurare un rapporto che andasse oltre il buongiorno e buonasera.
Il suo malessere cresceva di anno in anno, andava di pari passo col suo successo, ma non c’era niente che riuscisse a riportarlo su quella specie di normalità che vivono tutte le persone del mondo dello spettacolo.
Avevano provato di tutto con lui: psicoterapia, antidepressivi, ansiolitici, escort, botte di cocaina. Non c’era mai stato niente che lo avesse smosso di un centimetro dalla sua condizione. Nei vent’anni passati non era mai uscito un articolo su un suo possibile flirt, eppure di donne che gli giravano attorno ne aveva parecchie, ma non era mai riuscito ad affezionarsi a nessuna. Riguardo l’argomento, un giorno disse al suo manager che l’ultima volta che aveva fatto l’amore risaliva a quando aveva vent’anni, da quel momento in poi aveva solo scopato.
Nonostante fosse consapevole di essere tanto bravo e di quanto il suo talento fosse sopra la media rispetto a qualsiasi altro artista, sapeva bene che, fino a quando avesse messo tutta la sua essenza sul palco, sul cavalletto o davanti alla macchina da presa, non ci sarebbe mai stato nessuno in grado di poterlo superare o far sì che finisse nel dimenticatoio. Allo stesso tempo, però, era proprio questo il problema.
Asso era così solo ed esclusivamente nel suo lavoro. Tutto ciò che apparteneva alla sua vita privata veniva filtrato dalla sua agenzia in modo tale da risultare più umano possibile.
Più volte si era chiesto come avesse fatto Dio a donare così tanto talento a una persona e poi renderla, allo stesso tempo, tanto incapace di gestire qualsiasi forma di emozione o di contatto con il pubblico o con qualsiasi altra persona che riconoscesse in lui quel talento. Niente che non avvenisse su di un palco o sotto forma di performance era semplice da sopportare. Non a caso non presenziava mai le sue mostre e non gli veniva mai chiesto niente che non riguardasse la sua vita al di fuori di ciò che rappresentava per il suo pubblico. Tutto quello che avveniva a stretto contatto con i suoi fan o con i giornalisti veniva ampiamente concordato con la sua agenzia settimane prima.
Non c’era dichiarazione, intervista o conferenza stampa che non venisse prima vagliata dai suoi collaboratori, in modo tale da risultare per Asso più gestibile, così da evitare eventuali fughe o conati di vomito. Asso risorse dalle profondità della poltrona. Le sue mani liberarono la testa e aprirono il secondo cassettino del comodino a fianco a sé. Un piattino di vetro era già apparecchiato e pronto all’uso, pieno di quel coraggio in polvere di cui il suo manager l’aveva sempre spinto a fare uso, ma che lui aveva spesso rifiutato. Sapeva benissimo che non sarebbe stata quella roba a risolvere i suoi problemi. Chiuse il cassetto.
La musica cercava ancora di passare attraverso il legno della porta che lo separava dalla realtà. Ma cosa volevano da lui? Chi era tutta quella gente che lo acclamava, lo salutava? Ciao Asso, sei un mito. Chi è che lo googlava, scaricava le sue foto, se le appendeva in camera, ci si masturbava sopra? Che volevano? Erano tutti lì per lui.
Tra poco li avrebbe raggiunti. Chiuse gli occhi.
Sarebbe passato tra la calca che ballava per i corridoi, sui tavoli. Avrebbe sentito i tuffi di quelli che si buttavano in piscina, i versi di quelli che scopavano nella stanza a fianco. Avrebbe visto il suo manager, la gente che si divertiva, qualcuno che pippava coca dietro la pianta col vaso rosso.
Si sarebbe diretto al balcone attraversando il corridoio del primo piano. Anche lì ci sarebbe stata tantissima gente. Li avrebbe salutati tutti timidamente, ma ce l’avrebbe fatta. Si sarebbe affacciato. Sotto di lui ci sarebbe stata una miriade di persone a incitarlo. Tutto era stato fatto per quel singolo momento. Per quell’adrenalina che ti dà il pubblico quando vuol vedere solo te e ti acclama come se fossi l’unica persona sulla faccia della terra.
Riaprì gli occhi. Era ancora nella stanza del terzo piano, seduto sulla poltrona rossa.
Pensò a quando era ancora una persona normale. Quando aveva ancora un nome e un cognome. Quando non era un Asso in niente, ma solo uno che voleva arrivare. Pensò alla prima volta che scrissero di lui sul giornale: “Attore di provincia salva bambino da appartamento in fiamme”, quando era ancora in grado di rilasciare interviste senza che nessuno scrivesse per lui cosa domandare e cosa rispondere. Senza vomitare.
Se solo avessero saputo che era stato lui stesso ad appiccare quell’incendio. Nessuno parlava delle sue performance né dei suoi dipinti, perciò aveva pensato bene che sarebbe stato altro a portarlo verso le luci della ribalta. Salvare dalle fiamme un neonato gli avrebbe di certo fatto guadagnare la prima pagina.
Nel suo palazzo c’era questa ragazza madre, abbandonata dal tizio che l’aveva messa incinta pochi mesi dopo la nascita del pupo. Viveva da sola con il piccolo nell’appartamento di fronte al suo. Era la vittima perfetta.
Iniziò a farle un filo spietato. Andava ad aiutarla col bambino a casa, le faceva dei piccoli regali, la invitava fuori a cena. Cose così, piccole gentilezze.
La povera ragazza, forse un po’ disperata o forse davvero innamorata, questo Asso non lo seppe mai, si lasciò andare a quel finto amore che lui tanto millantava e, dopo qualche mese, un pomeriggio si concesse a lui mentre il bambino dormiva nell’altra stanza.
Dopo aver fatto l’amore il terribile piano che frullava nella torbida mente di Asso divenne sempre più nitido e facilmente attuabile per il giovane artista. Prese il bambino e lo portò a casa sua, dove non c’era nessuno. Poi tornò nella cucina della ragazza, accese il gas e buttò uno straccio sui fornelli che iniziò subito a bruciare, scatenando un effetto domino su qualsiasi cosa con cui venisse in contatto.
Asso prese poi una tovaglia nel cassetto sotto quello delle posate, la accese col fuoco che iniziava a divamparsi sul tavolo della cucina e corse in camera da letto. La ragazza dormiva beata, ancora soddisfatta dal sesso appena consumato. La tovaglia che aveva in mano si era ridotta ormai a un mantello di fiamme. La gettò sul letto, coprendo il lenzuolo che a sua volta copriva la giovane donna. Il fuoco avvolse tutto ciò che c’era intorno.
La ragazza si alzò invasa dalle fiamme. Urlava e si dimenava. Asso la spinse, impedendole ogni speranza di salvataggio, per poco non si ustionò nel farlo, ma ci riuscì.
Intanto il fuoco aveva già reso cenere la cucina e metà della camera da letto. Asso scappò lasciando la neo mamma al suo orribile destino e per poco non venne braccato dalle fiamme anche lui, ma riuscì a tornare a casa sua chiudendosi il portone alle spalle. Rientrato nel suo appartamento prese un’ascia che aveva nel ripostiglio e con quella fece a pezzi la serratura della sua vicina, inscenando un’eroica entrata. Poi tornò di nuovo indietro e prese il bambino il cui pianto nel frattempo aveva già superato il suono delle sirene dei vigili del fuoco chiamati da qualche passante. Scese a piedi i due piani che lo dividevano dall’ingresso del palazzo, con il bambino in braccio. Fuori dalla sua palazzina una folla mista tra passanti, poliziotti e vigili del fuoco lo stava già acclamando come il nuovo salvatore della patria. Quella fu la sua più grande interpretazione. Genio del male oltre che dell’arte.
La donna morì e il bambino fu affidato agli assistenti sociali, mentre lui faceva i giri dei telegiornali.
Fu in quell’occasione che vide i primi studi televisivi. Inizialmente veniva invitato come l’eroe del momento. Poi cominciò a conoscere bene l’ambiente e a farsi conoscere. La sua ambizione gli aprì le prime porte, e quando era ospite faceva di tutto per poter parlare con qualcuno che contasse o per farsi indicare chi potesse fare al caso suo. Inizialmente averlo in piccoli ruoli di alcune serie televisive faceva audience e conveniva a tutti, ma poi il suo spropositato talento gli spianò totalmente la strada. Il suo manager capì ben presto che in quella disgrazia dell’incendio era nata una stella, senza sapere che fosse stato lui stesso ad appiccare il fuoco.
Non lo seppe mai nessuno.
Asso prese dalla tasca dei pantaloni alcuni fogliettini con degli appunti. Si era fatto scrivere cosa dire alla comunità del web che lo aveva reso così celebre tanto da essere l’uomo più cliccato del mondo.
Arrivò al balcone del primo piano districandosi tra la folla esaltata dal suo passaggio, trattenendosi dalla fuga. Sporse la testa fuori dalla balaustra. Migliaia di individui esultarono nel vederlo affacciato. Capì come si potesse sentire il Papa.
Cazzo, quanti ne erano. Tutti per lui.
Pensò a quello che aveva fatto per arrivare fino a lì. Pensò che fosse giusto.
Diede un’occhiata ai bigliettini che aveva in mano e si avvicinò il microfono alla bocca.
Un alito di vento gli fece volare via di mano le parole che il copy-writer del suo manager aveva scritto per lui. Fu il panico. Asso si appoggiò alla balaustra bianco cadaverico. Quasi privo di sensi. Si sporse ancora di più verso il suo pubblico.
Una nota di stupore si arrampicò su Villa Pelado fino ad arrivare al primo piano.
Un getto di vomito colpì la folla sottostante. Continuo, denso e tetro, lavò i più grandi esponenti dello show business, produttori televisivi, agenti letterari, alcuni tizi del Grande Fratello.
Asso rimase lì, aggrappato alla balaustra, a dare il meglio di sé.

Come è nata l’idea di questo libro?
Il libro è nato mentre stavo scrivendo tutt’altra cosa. Volevo portare a termine il mio secondo romanzo, ma più scrivevo più mi rendevo conto che qualcosa non funzionava. Le frasi non mi suonavano bene e non riuscivo a descrivere ciò che volevo nel modo in cui volevo. Così mi sono detto che forse mi mancava un po’ di esperienza, aver scritto un piccolo romanzo (I sogni nelle lacrime) non credo mi permetta di dire di essere arrivato o aver un’esperienza in toto. Così ho deciso di farmi le ossa, ed è qui che nasce il titolo, allenandomi a scrivere dei piccoli racconti. Poi una volta finiti ne avevo abbastanza da mettere su una raccolta degna di essere pubblicata. E così è stato.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Come già detto l’idea iniziale non era la pubblicazione, ma era creare un’esperienza di lettura però finire ogni singolo racconto mi ha insegnato qualcosa. Anzi devo dire che c’è stato da imparare molto più da quelle storie che non sono riuscito a portare a termine che da quelle che poi effettivamente sono state pubblicate. Ne ho iniziate forse una trentina, ma solo 17 sono presenti nella raccolta. Molte sono state scattate per sempre mentre altre sono state messe da parte e magari verranno riprese più avanti. È stato bello e edificante capire cosa è funzionale al racconto e cosa può essere scritto. Quando bisogna andare avanti e quando invece mettere da parte ciò che è stato scritto e passare a qualcosa di nuovo.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Penso di essere il primo fan di Niccolò Ammaniti. Ho letto tutti i suoi libri. Ma ultimamente ho scoperto purtroppo con ritardo anche Joe Lansdale. Il loro stile è molto simile e mi ispiro a loro. Mi piacerebbe raggiungere il loro livello. Gli autori di Gioventù cannibale e il genere Pulp è quello che ricerco di più quando prendo un libro. Ad ogni modo leggo molto e mi appassiono con molta facilità ai personaggi e alle storie soprattutto se forti e senza troppe sviolinata o troppi fronzoli.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo ad Atri, in Abruzzo. Per la precisione in una piccola frazione che si chiama Treciminiere. Quando ero più giovane e facevo il cameriere ho vissuto un paio di stagioni estive a Pineto, sempre in Abruzzo. Mi piacerebbe prima o poi tornarci a vivere o lì o in qualche altra località sulla costa.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Dopo “Ossa” mi piacerebbe riprendere quel secondo romanzo che ho messo da parte ormai più di un anno fa. C’è quello in programma e forse qualche collaborazione con altri autori, ma al momento è tutto in sospeso soprattutto perché c’è da portare avanti “Ossa” con i suoi 17 racconti.
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