Edito da ChiTChi - Claudia Chiti nel 2020 • Pagine: 95 • Compra su Amazon
Peter Taufers è un ragazzo di 11 anni vivace e curioso che vive con la sorellina in montagna. I due sono felici della loro esistenza nella natura. Fino a quando, un giorno d'inverno il padre impone loro di lasciare la sua casa per andare nella scuola della Terra del Sole nella speranza di regalare loro un futuro migliore. Nel viaggio attraverso mondi sconosciuti i due fratelli arrivano al Castello dove tutto sembra ciò che non è e dove la loro vita cambierà per sempre. Scopriranno un terribile destino e la paura resterà a lungo l'unica vera compagna, perchè la loro storia si intreccia con quella di Lamia, donna mitologica e misteriosa che solo i bambini possono vedere nel loro aspetto reale terrificante.Peter Taufers e il Castello Segreto racconta un'avventura senza fine e che lascia con il fiato sospeso. In un intreccio di vicende con personaggi mitologici lontani nel tempo, ma sempre molto attuali, che coinvolgono ed emozionano parola dopo parola. Una storia che insegna a non fidarsi solo di quello che vediamo perchè la vera natura delle persone è visibile solo alle creature ingenue che non possono sconfiggerle.
Un giorno come tanti per molti del paese Mamma, Papà e i bambini presero la strada che portava alla pianura. La stessa che molte volte avevano percorso per andare alla città, ma questa volta sapevano che non sarebbe stato un ritorno rapido.
Viaggiarono a piedi per strade sassose, lungo gli argini di fiumi irruenti che avrebbero voluto divorarli, su carri trainati da cavalli o da mastodontici buoi purché diretti verso sud, sospinti da un vento tiepido dal sapore sconosciuto.
Dormirono su giacigli improvvisati o sotto enormi querce, in umide grotte e poi all’alba si lavavano con l’acqua gelata per ripartire silenziosi masticando un pane sempre più stantio.
Peter era incantato dai venditori ambulanti, dai mendicanti ciechi o dai boscaioli con cui spesso avevano condiviso qualche parola o pochi secondi di quel viaggio che gli sembrò infinito.
Nei suoi pensieri quella moltitudine aveva preso la forma di un mare indistinto dove gli sembrava di nuotare, se non fosse stato per uno strano vecchio curvo con una barba candida sofficissima che sembrò seguirli per un po’. Poi anche lui sparì nella marea.
Eve restò quasi sempre silenziosa, intimorita da una umanità inquieta e dal carattere ostile.
Mamma e Papà di tanto in tanto si scambiavano
Nel cuore di Peter si faceva strada una nostalgia sconosciuta, una lontananza inimmaginabile prese il sopravvento. Le sue radici erano state sradicate e messe in una valigia con i pochi abiti che possedeva. Aveva solo unidici anni ed era sicuro di aver detto addio alla casa che amava come fosse stata un suo parente stretto.
Aveva lasciato tutto senza nemmeno un addio e adesso l’odore di pane fresco della cucina gli aveva invaso ogni pensiero che lentamente sbiadiva, lasciando un vuoto che non aveva mai conosciuto prima.
Stavano viaggiando verso Nessun Posto perché Peter non era mai stato fuori dalla valle e non immaginava il mondo senza montagne altissime, ghiacciai scoscesi e pascoli silenziosi e solitari. Per questo, la meraviglia e la paura di fronte a una diversità inaspettata lo terrorizzò e lo attrasse ad andare oltre, anestetizzando lentamente il dolore.
5. Il castello
I giorni di viaggio avevano smesso di farsi contare.
Avevano percorso salite e discese, strade senza fine che si perdevano tra le montagne, le colline e una immensa pianura rugosa in cui scorrevano non più torrenti infuriati, ma fiumi sopiti.
Peter tante volte aveva pregato perché una ruota del carro si rompesse o una tempesta li costringesse a tornare indietro, ma tutto era scorso tranquillo, tanto che adesso aveva la sensazione di essere stato trasportato dall’acqua, galleggiando come uno dei legnetti che buttava nei ruscelli delle sue montagne.
Tutto pareva troppo distante e strano per essere capito, solo Cenerino lo riportava con gli occhi sui campi di grano delle sue terre.
Cenerino aveva viaggiato con lui appoggiandosi sull’incavo della sua mano, sulla spalla oppure sorvolando i prati a perdita d’occhio per poi tornare vicino a Peter.
Eveline aveva ragione quando diceva che era davvero il suo migliore amico, anche se appena uscito dall’ovetto azzurrino non era stato facile nasconderlo, perché saltellava da ogni parte per raccogliere le briciole sparse sul pavimento. Poi non era più stato necessario perché Mamma aveva iniziato a considerarlo uno della famiglia e per questo avevano accettato a farlo venire con loro in viaggio.
Un giorno come tanti Papà levando lo sguardo al cielo vide stagliarsi una roccia nuda su cui sembrava aggrappata la sagoma di un castello che si confondeva con il grigio della pietra dei merletti, delle torrette e dei camini.
Papà fermò il carro e tutti guardarono nella stessa direzione alzandosi in piedi come se lo stupore li avesse fatti lentamente lievitare.
Cenerino che fino a quel momento li aveva accompagnati per quella tortuosa e incerta strada si levò in volo, compì un lungo cerchio sopra il carro e si allontanò.
Peter distolse lo sguardo dalla collina e vide il merlo che sembrò far cadere dall’alto una gocciolina trasparente, come una lacrima, che si disperse nel vento.
Peter lo seguì con lo sguardo intenso e la solitudine negli occhi. Avrebbe dovuto trattenerlo! Era stato stupido a non chiuderlo in gabbia. Adesso era troppo tardi, lui era solo un puntino nero lontanissimo che velocemente scompariva nell’orizzonte.
Strinse i pugni con tutta la forza che aveva e sentì qualcosa rompersi dentro di sé.
La rabbia divampò come fuoco perchè adesso non aveva più niente che lo riportasse ai prati di casa sua.
Abbassò lo sguardo per non far vedere il viso paonazzo ad Eveline che lo stava fissando: «Lui mi ha chiesto di salutarti… Era troppo triste per dirtelo» gli disse, ma Peter non si voltò e finse di non sentire.
Il padre schioccò le briglie e il cavallo si mosse come se niente fosse cambiato.
Il carro fu subito fagocitato in un fitto bosco con la neve fatto di alberi fioriti anche all’ombra di altissimi abeti.
Eveline pensò subito ai paesaggi incantati delle favole che Mamma le leggeva la sera.
Un cerbiatto dal manto morbido e lucente irruppe sulla strada. Eveline cercò di chiedergli indicazioni, ma quello disinteressato continuò a brucare l’erba. Il carro proseguì oltre.
Peter ripose nel cuore quella sensazione di smarrimento senza il suo amico vicino, quando vide aprirsi un immenso prato di un verde inebriante.
Il carro, come fosse una carrozza regale, percorse tutto un viale adorno di fontane zampillanti, cespugli fioriti e tagliati con cura.
Poi di fronte alla strada che cingeva la collina, come un serpente sinuoso, il cavallo si arretrò nitrendo.
Papà prese un profondo respiro e sbraitò verso l’animale che pareva fiutare un pericolo invisibile. Peter si accorse solo in quel momento di quando anche il padre sentisse il peso di quel viaggio. L’uomo saltò giù brusco, coprì gli occhi del cavallo in modo che non potesse scorgere il precipizio, risalì e spronò di nuovo l’animale a partire.
Il cavallo mosse incerto i primi passi un po’ avanti e un pò indietro, ma sotto la voce ruvida di Papà i movimenti divennero più cadenzati, poi più decisi e Papà sembrò calmarsi.
Il sentiero verso il bordo della rupe sembrò lunghissimo, in alcuni punti più stretti lo sterrato franava sotto le ruote del carro troppo largo e il precipizio diventava sempre più vicino e pericoloso.
Peter e Eveline trattennero il respiro, la Mamma tratteneva loro tra le braccia e tutti trattennero le parole.
Finalmente, dopo l’ultima curva, raggiunsero un grande spiazzo dove si apriva la facciata del castello punteggiato da fiori colorati ed edera che sembrava lentamente mangiarsi le mura vecchissime che si confondevano con la roccia dove parevano nascere come onde del mare.
Tutti scesero senza dire niente diretti verso quella che pensarono fosse l’ingresso: un’apertura piccola screpolata dal sole e dal tempo. Era semiaperta e Papà si fece avanti per primo, cercando di toccarla, ma prima che potesse sfiorarla, la porta subito si aprì con un cigolio lento.
Papà spalancò gli occhi cercando qualcosa di razionale in cui credere.
Peter e Eveline buttarono lo sguardo dentro, ma senza entrare, alla ricerca di qualche movimento.
Non sembrava esserci nessuno.
Facendosi coraggio Mamma mosse il primo passo e tutti le si accalcarono dietro, come fosse uno scudo. Entrarono accecati dal buio.
In lontananza scorsero una strana luminescenza che sorvolava lungo un’elegante scalinata di marmo talmente lucido che risplendeva con la poca luce dell’atrio.
Era una donna delicata: i lunghi ricci neri le cadevano sulle spalle, gli occhi scuri rendevano più intenso il suo sguardo e le labbra delicate e morbide le conferivano un’eleganza severa e bellissima.
Indossava un abito lungo, come di un altro tempo, con uno scollo quadrato sul davanti che metteva in risalto la vita sottile e le conferiva un portamento aggraziato e rigido. La gonna vaporosa e lunga fatta da una strana stoffa cangiante, quasi squamosa, le copriva completamente le gambe.
Eveline restò abbagliata da tanta sontuosità e pensò alle vesti voluminose della nonna e della bambola che aveva lasciato a casa.
Peter fu il primo a parlare…
Come è nata l’idea di questo libro?
Credo che ci sia molta più verità nelle fiabe che in qualunque altro genere. Per questo ho scelto il genere per affrontare con e per i ragazzi un tema difficile e dagli gli strumenti per imparare e credere di più in loro stessi, superare i limiti e vivere un’avventura senza fine facendosi travolgere dalla trama.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non è stato difficile portare a termine il libro quanto scegliere un linguaggio adatto all’età che non fosse banale ma nemmeno troppo difficile, con l’intento di far crescere loro un vocabolario più ampio.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Jack London sempre!
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo in Toscana ma la montagna alpina mi ha sempre affascinato per questo ho deciso di ambientare la mia storia proprio lì.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sono una psicologa e scrivo le storie che mi affiorano e vogliono essere raccontate, scelgo i temi di cui voglio parlare… quindi il prossimo libro su cui sto lavorando è la storia di una donna che conquista la sua libertà contro le imposizioni della cultura e la famiglia.
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