
Edito da Marina Innorta nel 2021 • Pagine: 262 • Compra su Amazon
Ci sono cose che non tornano nella vita di Margherita, piccoli dettagli fuori posto che nemmeno lei riesce a mettere a fuoco. Durante una vacanza a Roma, comincia a sentirsi ossessionata da uno dei capolavori di Michelangelo: l’affresco del Giudizio Universale nella Cappella Sistina. Spinta da un impulso che non capisce e che non riesce a domare, torna un giorno dopo l’altro a visitarlo, ritrovandosi ogni volta in lacrime. Un sogno ricorrente la porterà a indagare sul passato della sua famiglia, ricostruendo come in un puzzle pezzi di memoria perduta: un pittore del Rinascimento, il ritratto di una donna enigmatica, un vecchio cimelio di famiglia ormai dimenticato da tutti. Un racconto su cosa può accadere quando cerchiamo di dimenticare il nostro passato e sul potere trasformativo della verità.

Guardo la valigia aperta sul letto e mi domando, di nuovo, se ho preso tutto quello che mi serve. La biancheria l’ho già contata due volte. Ho preso sei maglie di cotone con le maniche lunghe, sono tutte uguali, nere con lo scollo rotondo; la cosa migliore per visitare una città come Roma in marzo è vestirsi a strati per-ché potrebbe fare caldo nelle ore centrali della giornata, ma freddo al mattino e dopo il tramonto. Ancora sono indecisa se portare con me l’impermeabile o il piumino leggero, forse entrambi, se riesco a farli stare dentro la valigia.
In cucina ci sono ancora i piatti della cena nel lavandino. Vivo sola e l’appartamento è piccolo, non dovrebbe essermi difficile tenerlo in ordine, eppure non ci riesco e ogni volta lascio che la confusione progressivamente invada ogni spazio fino a che sono obbligata a impegnarmi in lunghe sessioni di riordino e pulizia. Questo ho fatto da stamattina, accompagnata di continuo da quella punta di irritazione che mi ha la-sciato in eredità il sogno di stanotte. Ho spostato oggetti, caricato lavatrici, steso panni, spolverato, strofinato pavimenti e superfici. Ho cambiato le lenzuola per ritrovarle pulite al mio ritorno e versato acqua in abbondanza al geranio che sta sul davanzale della finestra di fianco al divano. Il profumo del detersivo alla lavanda aleggia nell’aria e la luce si riflette sul marmo della cucina tirato perfettamente a lucido. Domani mattina chiudermi alle spalle la porta sapendo che ogni cosa è al suo posto mi aiuterà a rilassarmi durante il viaggio. Però stasera devo ancora lavare i piatti e finire di sistemare la valigia.
Mi dispiace che Domenico non venga con me. Valeria, la mia amica che vive a Roma, ci ha invitati entrambi, ma lui deve lavorare e in questo periodo non può prendere giorni di ferie. Lavora per una grossa azienda che produce impianti di depurazione dell’acqua. Abita a Verona, in un bell’appartamento con vista sull’Adige, ma non ci vado spesso, preferisco che sia lui a venire qui. Vive solo da quando ha divorziato e ha un figlio di dieci anni che vede a week-end alterni. Quando non è con lui, passa i fine settimana con me a Bologna.
Ora però questa routine complicata, fatta di valigie, di treni e di oggetti dimenticati nel mio o nel suo appartamento, sta per finire perché finalmente è riuscito a ottenere il trasferimento qui. Ci cercheremo una casa, all’inizio in affitto, poi si vedrà. Conoscerò suo figlio, che finora ho incontrato solo due volte, e ogni tanto starà con noi, come fossimo una famiglia. Non so come andrà, non posso negare che la cosa un po’ mi spaventi, ma Domenico è convinto che sarà molto più facile di quel che credo.
Mentre controllo il bagaglio mi vengono in mente i cerotti per le vesciche; la pelle dei miei piedi è sottile, se le scarpe non sono perfettamente comode mi ritrovo con piccoli tagli sul tallone che mi rendono impossibile camminare. So di averne ancora una mezza scatola da qualche parte, e dopo avere guardato ovunque la trovo in fondo al cassetto del comodino, sommersa da vasetti di crema mezzi vuoti e scampoli di stoffa che conservo senza motivo.
Mi butto sotto la doccia che sono le undici passate, ma è l’ultima cosa che mi resta da fare, poi posso an-dare a dormire. Ho ancora l’accappatoio addosso quando mi accorgo che sta suonando il telefono.

Come è nata l’idea di questo libro?
Durante un viaggio a Roma. Sono rimasta senza fiato dentro la Cappella Sistina e mi sono venute le lacrime agli occhi. Da lì si è messo in moto tutto il meccanismo di ideazione della storia e dei personaggi.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
In una scala da 1 a 10 direi… 11! È il mio primo romanzo, e non avevo idea delle difficoltà a cui sarei andata incontro. È un racconto complesso: c’è una parte storica ambientata nel millecinquecento, e c’è un giallo da risolvere. Ho letto moltissimo per documentarmi e ho faticato a fare andare al loro posto tutti i dettagli. Ma d’altra parte le cose facili non mi sono mai piaciute, ed è stata una grande soddisfazione arrivare fino in fondo.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Io sono cresciuta a pane e Stephen King, non ho letto tutto quello che ha scritto, ma quasi. Una scrittrice che mi piace molto, e a cui in un certo senso provo a ispirarmi, è Tracy Chevalier, l’autrice del famoso “La ragazza con l’orecchino di perla.” E citerei anche Margaret Atwood.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Bologna, ho sempre vissuto qui fin da bambina, anche se le mie origini sono siciliane.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
“Polvere d’azzurro” è il mio primo romanzo, ma il mio primo libro si chiama “La rana bollita” ed è una storia autobiografica in cui ho raccontato la mia esperienza con i disturbi d’ansia e panico. Adesso sto scrivendo un romanzo storico, ambientato a Roma nel 1540, in cui vengono riprese le vicende di alcuni personaggi che compaiono in “Polvere d’azzurro”.
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