
Edito da Rudy Giorgio Panizzi nel 2021 • Pagine: 318 • Compra su Amazon
C’erano anche Claudia Schiffer, Kylie Minogue e la top model Angie Everhart, ma quel 5 maggio 1994 gli occhi del torinese Rudy Giorgio Panizzi erano solo per Prince, che, dopo un concerto allo Sporting Club, si stava rilassando su un divano dello Jimmy’z di Montecarlo. Con lui c’erano i musicisti della band, in particolare il batterista Michael Bland a cui Panizzi, poco prima, aveva chiesto di fargli incontrare di persona il musicista di Minneapolis. «Rimasi paralizzato quando Prince guardò dritto verso di me, salutò e mi mandò un bacio con l’indice della mano destra. Ed ebbi la certezza che quel brevissimo istante accomunava le nostre esistenze». Questo incontro ravvicinato del terzo tipo con il suo idolo è uno degli episodi che Panizzi racconta nel suo libro. (Gaetano Lo Presti - La Stampa)
Nato come seconda edizione di “PRINCE A volte nevica in aprile”, questo libro è il racconto di una passione che non si è mai interrotta, diventata ancora più profonda dopo il 21 aprile 2016 con la scomparsa del Genio di Minneapolis. Con curiosi aneddoti sull’artista che ha cambiato l’immaginario musicale dell’epoca moderna, questa storia ripercorre la carriera di Prince ed è corredata da due capitoli dedicati ai testi delle sue canzoni.
Già autore del libro “Le iconiche chitarre di PRINCE”, Rudy Giorgio Panizzi è nato e vive a Torino, circondato da monti, colline e meravigliosa arte barocca. Lavora presso la Polizia Scientifica in qualità di esperto nelle analisi delle impronte digitali. Le sue grandi passioni sono la scrittura, il disegno, la musica e, soprattutto, lo straordinario mondo di Prince.

Quella che mi accingo a raccontare è la storia di un amore che ha attraversato tanti decenni, un amore di quelli profondi, sanguigni, che si insinuano nell’anima senza più lasciarla. Lui e la sua musica sono la mia più grande passione e desidero rivelare quanto sia viscerale, fisica, mentale e incontenibile l’emozione che provo soltanto a sentire pronunciare quella precisa sequenza di sei lettere:
P R I N C E.
Nelle pagine che seguono racconto me stesso: le mie emozioni, le gioie, ma anche le delusioni, con lo scopo di parlare di lui, mosso dall’amore verso questo poliedrico artista che in quattro decenni di carriera (una delle più floride, entusiasmanti e innovatrici), ha segnato la storia della musica contemporanea e futura. Ha creato la colonna sonora che mi ha accompagnato per tutta la vita, sconvolgendo l’idea che avevo dell’arte.
Questa non è una biografia, ma è la cronaca di una passione, il punto di vista di chi lo ha amato per il suo straordinario lavoro e per ciò che ha voluto esprimere.
Essere un fan di Prince è già di per sé una cosa difficile, probabilmente a causa della sua mancanza di compromessi, ma esserlo in Italia è ancora più complicato. Tante volte mi sono domandato come sia nato questo sentimento in un Paese che, a parte qualche rara eccezione, non ha mai compreso a fondo l’immenso e visionario genio musicale di questo grande artista, sia nella vita artistica che in quella privata. Come sia nato non lo so, ma non siamo noi a scegliere le nostre passioni: sono loro a cercarci.
Immaginate di parlare con qualcuno e di affermare: «Io vengo dal futuro!». Ecco, in Italia essere un fan di Prince ha quasi sempre sortito lo stesso effetto. Questo mi è puntualmente accaduto in famiglia, con gli amici, con i conoscenti, con i colleghi di lavoro e con gli estranei. Ho sempre avuto la sensazione che, nell’immaginario collettivo, Prince sia stato considerato un musicista pop di medio calibro, uno come tanti altri, trattato alla stregua delle meteore anni ‘80 delle quali a stento ricordiamo il nome o una canzone. L’imprinting melodico tipico della cultura musicale italiana ha parzialmente limitato la diffusione della musica di artisti stranieri, ad eccezione di quella dal grande impatto orecchiabile. Nel caso di Prince, era quindi impossibile che passassero inosservate canzoni come «Purple Rain» e «Kiss».
Quante volte ho letto sui giornali, oppure sentito in televisione e alla radio: «Rogers Nelson, in arte Prince». Non l’ho mai tollerato! Una volta per tutte: il suo nome era Prince Rogers Nelson.
Questo libro per me rappresenta «The Ladder»: la scala celeste descritta nell’album «Around The World In A Day», quindi la scalata per l’ascesa a quel Paradiso dove adesso Prince dimora. Le pagine che seguono sono la cronaca di una passione, ma non solo. Attraverso la mia storia porto alla luce curiosità, aneddoti e informazioni documentate. Due capitoli riguardano invece i testi delle canzoni.
Non mi avventurerò in nessun tipo di analisi critica: mi limiterò semplicemente a narrare il mondo di Prince così come l’ho conosciuto, scoperto e vissuto anno dopo anno. Nel tempo le sue canzoni mi sono entrate nell’anima e non mi lasceranno mai più. Durante il corso delle mie giornate le sue note mi risuonano in testa: anche in questo momento, mentre scrivo.
Un giornalista scrisse: «Un anno di vita di Prince equivale all’intera carriera artistica di una pop star». Penso che non sia mai stata scritta cosa più giusta!

Come è nata l’idea di questo libro?
Questo libro nasce da una grande passione, un sogno che si cerca di raggiungere per tutto l’arco di una vita. Ho raccontato la storia di gioie, emozioni, e talvolta dolori che si provano quando si ama qualcosa dal profondo… in questo caso la musica di Prince (ma chiunque segua una grande passione ci si può ritrovare). In realtà si tratta della mia autobiografia musicale, che è stata il pretesto per raccontare attraverso gli occhi di un fan la carriera di questo grande artista: un modo per far conoscere la sua indimenticabile e variegata arte attraverso il punto di vista di chi lo ha seguito per decenni. Ho avuto la fortuna di vivere un periodo meraviglioso, condividendo con Prince un’epoca che ha attraversato la poesia dell’ascolto musicale analogico, fino ad arrivare all’era digitale, sicuramente più immediata ma in realtà più fredda e distaccata. La prematura scomparsa del Genio di Minneapolis mi ha quindi condotto a raccontare una passione sanguigna e ricca di emozioni, le stesse che sicuramente provano i fan di qualsiasi grande artista.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
In realtà questa storia è stata semplice da raccontare: è scaturita dal mio stomaco, fluendo direttamente alla penna che ha scritto senza sosta. Ovviamente le difficoltà sono arrivate cercando di coniugare la vita lavorativa con quella di scrittore, sfruttando ogni minuto libero per portare a termine il mio libro.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Leggo sempre è non ho un genere letterario predominante, alterno volentieri saggistica e narrativa. Gli scrittori che prediligo sono comunque Philip K Dick, Isaac Asimov, Richard Matheson, Charles Bukowski e John Fante. Sono però stato molto influenzato da ricercatori come Graham Hancock e Robert Bauval, che con i loro libri hanno cambiato la visione che avevo del mondo.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Torino da quando sono nato, circondato da monti, colline e meravigliosa arte barocca. Immagino poeticamente la linea del 45° parallelo attraversare Torino e arrivare fino a Minneapolis, la città Natale di Prince, l’artista che ha influenzato l’immaginario musicale della nostra epoca.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Dopo questi due libri su Prince penso di dedicarmi alla stesura del mio primo romanzo. Voglio avvicinarmi alla narrativa cercando di attingere a piene mani dalle mie passioni e dalla mia vita lavorativa: lavoro da più di trent’anni in Polizia e mi occupo di Polizia Scientifica da più di venti… chissà, magari potrei scrivere un romanzo poliziesco.
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