Edito da Pierluigi Curcio nel 2017 • Pagine: 406 • Compra su Amazon
Impero romano. II sec. d. C. Un ragazzo, un rapimento. Una vita rubata e venduta al miglior offerente. Lunghi anni di odio e prevaricazioni. Un sopruso. Non meno violento di altri, ma capace di scatenare una rabbia repressa ed esplosiva che porterà Kroton a essere braccato come un cane.Una giovane famiglia ne pagherà le conseguenze e, da quel momento, niente sarà più come prima.Ulisse crotonese. “Munio, amico mio… Sei tornato finalmente”. Io l’avrei abbracciato… gli avrei detto che è tutto finito… che il viaggio è finito.Gli avrei detto che l’inferno dell’anima si è placato e che anche la terra da attraversare è giunta al termine. Munio è stato un Proditor, un traditore, prima di tutto di se stesso, della sua indole di ragazzo felice che pesca sulle rive dell’Esaro. Ha tradito suo malgrado e si è lasciato corrompere l’anima e il corpo, il cuore gli è stato strappato come la sua vita dal calore della famiglia, dai luoghi cari. Munio è solo ora ed inizia una vera e propria catarsi dentro e fuori di se, dove il percorso nella perdizione sembra irreversibile. (Natale Giuseppe Calabretta - autore di "Crotone nera".)
Terzio Quirito si svegliò di soprassalto quando la trireme s’incagliò. Certo di trovarsi al caldo di un lupanare, fu ricondotto in pochi secondi alla realtà dal fiato rancido del soldato al suo fianco. Scosse il capo e, sbattute le palpebre, focalizzò gli ottanta legionari assiepati all’interno della stiva.
Erano tre giorni che combattevano contro le acque del fiume. Intuì che il ghiaccio fosse ormai divenuto così spesso da dover proseguire il viaggio via terra. Starnutì portandosi le mani al volto, quindi le ripulì nel mantello.
«Fai troppo fracasso, amico» lo canzonò Glauco.
«Non quanto tu la notte: peti come Giove tonante, sterco di bue!»
Il compagno ridacchiò. «Dove siamo?»
«Tra Aquincum e Leugaricio, suppongo. Darei non so cosa per non stare in mezzo a questa puzza.»
La centuria era stipata nell’oscurità e, al piano inferiore, c’erano circa centocinquanta rematori. Il fetore era nauseabondo.
«Ci sono i secchi per la merda e i secchi si svuotano fuori, figli di una scrofa!» sbraitò.
«Ci vai tu a gelarti le chiappe!» lo redarguì una voce dal buio.
Terzio si alzò per nulla intenzionato a lasciar correre, ma Glauco lo trattenne dal polso. «Lascia perdere. Non vale la pena farsi ammazzare per della merda.»
Il legionario fremette per qualche altro secondo, la mano sull’impugnatura del pugio, quindi tornò a sedere. Vide tre membri del proprio contubernium[1], Gneo, Vinicio e Bebio, ancora stesi ma con gli occhi spalancati, pronti a intervenire al primo accenno di rissa.
«Dove sono gli altri?»
Glauco si strinse nelle spalle. «Aulo e Duronio di guardia sul ponte, Kroton da qualche parte…»
«Ludus latrunculorum[2]?»
«Già.»
«Avrebbe dovuto chiamarmi.»
«Gioca con Tiras, meglio che tu ne stia alla larga.»
«Aleo[3]! Gli sta simpatico quello spezza-schiene, adesso?»
«Forse tenta solo di arruffianarselo.»
«È solo uno sterco di vacca. Prima o poi glielo pianterò in bocca, quel vitis[4] del…»
Glauco gli poggiò la mano sulla spalla intimandogli il silenzio. «Troppe orecchie, bardus[5]!»
La replica restò sulla punta velenosa della lingua.
Il trierarca era appena sceso sottocoperta accompagnato da due ufficiali, quindi gridò: «Tiras!»
Il centurione non si lasciò distrarre e continuò a fissare la tavoletta, indispettito. Era sicuro di essere sul punto di vincere, ancora un paio di mosse e avrebbe sconfitto l’avversario.
«Tiras, vecchio pappone!»
L’anziano fece la sua mossa per poi alzarsi inacidito. «Prova a barare e ti spezzo le dita una dopo l’altra.»
Kroton chinò il capo e fece un mezzo sorriso. «Non ce ne sarà bisogno.»
Spostò una pedina e mangiò quella dell’avversario. «Con questa mi devi un sesterzio, centurio.»
Nessun convenevole. Il pugno sbattuto sul petto fu un saluto più che sufficiente per il vecchio centurione.
«Pronti a scendere!» lo avvertì il trierarca.
«Anche subito. Muoiono dalla voglia di menare le mani.»
«Presto saranno accontentati.»
«Siamo arrivati?»
«No… proseguirete a piedi mentre noi torneremo ad Aquincum.»
L’espressione corrucciata del veterano parlò da sé.
«Impossibile continuare il viaggio su queste acque. Le otto triremi al seguito hanno già cominciato le operazioni di sbarco. Forza! Ho scommesso col legato: l’ultima centuria a raggiungere terra starà alla testa della colonna.»
«Veloci! Veloci!» Tiras e il proprio optio[6] esortarono i legionari più lenti e sfaticati.
«Inutile che strilli, tanto moriremo tutti…» mormorò Duronio, un germano dalla corporatura mastodontica.
«Taci!» lo rimbrottò Kroton. Il soldato doveva aver superato i ventidue anni, ma il caratteraccio che lo contraddistingueva, insieme alle innumerevoli cicatrici su corpo e braccia, gli avevano guadagnato il rispetto dei compagni.
«Ha ragione lui» intervenne Aulo, «siamo in territorio nemico. Questa volta il Saggio[7] ci ha buttati in una trappola per topi.»
Il vitis lo colpì tra il collo e la spalla. «Che hai da lamentarti, soldato?» Tiras si erse implacabile sul miles ora carponi.
«Niente, signore!»
«Allora alza quel culo, irrumator[8]!»
In meno di un’ora furono inquadrati e pronti per la marcia, con le salmerie al centro della colonna e la cavalleria sui fianchi. Glauco fissò l’emblema del capricorno giallo su sfondo rosso. Poco oltre, a cavallo di uno splendido baio, Marco Valerio Massimiano alzò il braccio e impartì l’ordine di marcia.
«Fossi in te presterei fede più nelle macchine da guerra al seguito che nel simbolo della legione» scherzò Terzio.
«Non ci salveranno un paio di scorpioni o qualche balista» mormorò Vinicio.
Seguì un lungo silenzio imbarazzato.
«Stai dicendo che dovremmo…»
«Dico solo che non voglio lasciarci la pelle. Ho sentito dire di quel che accadde a Varo e ai suoi uomini.»
«Altri tempi. Questi barbari hanno imparato a temerci e a starci alla larga» sentenziò Bebio fissando la nuca del compagno davanti.
«E tu, Kroton, cosa ne pensi?»
Non ebbe il tempo di replicare che il centurione strillò: «Vinicio, Bebio e Kroton! Sarete tra quelli che monteranno il campo questa sera! Chiudete quella cloaca di bocca!»
Terzio sghignazzò. «A quanto pare giocare con lui non ti è servito a molto, ragazzo.»
[1] Sottounità composta da sette, otto legionari che condividevano la medesima tenda.
[2] Gioco simile agli scacchi in uso nell’antica Roma.
[3] Giocatore d’azzardo.
[4] Bastone nodoso, simbolo di comando, che identificava i centurioni. Spesso usato per infliggere punizioni.
[5] Idiota.
[8] Beneficiario di una fellatio.
Come è nata l’idea di questo libro?
Volevo un personaggio arrabbiato col mondo. Un tipo senza scrupoli a cui la vita aveva rubato tutto, che avesse perso fede e fiducia.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Complicato, soprattutto immedesimarmi nei due personaggi principali. Non auguro a nessuno di subire le ignominie patite dai due protagonisti. Oggi, nel mondo occidentale sono quasi impensabili. In passato e in altri paesi del mondo conosciuto, sono all’ordine del giorno. Schiavitù, stupro. Omicidio. Il valore della vita ridotto a meno di nulla.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Pressfield, McGullough, il primo Manfredi.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Parma, Salerno, Pisa, Crotone.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho in mente altri due romanzi…
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