Edito da Golem Edizioni nel 2021 • Pagine: 201 • Compra su Amazon
Un killer diabolicamente intelligente è il protagonista di questo romanzo noir, costruito attorno alla sua storia psicologica e alla sua tragica escalation di follia.
Parallela a questa vicenda corre l’indagine del capitano dei carabinieri di Legnano, Adelio Rusconi, già protagonista di "Sinfonia nera in quattro tempi" (2016).
Invano cerca di prevenire e ostacolare i delitti che il killer continua a compiere, lasciando soltanto pochi labili indizi, a volte disposti ad arte, a fronte di plateali Performance, opere che vorrebbero costituire nuove forme artistiche partendo da famosi dipinti, sculture e installazioni di artisti del passato o contemporanei.
Ma nelle sue mani sono corpi morti, uccisi con raffinata abilità.
Rusconi e la sua squadra girano a vuoto, finché una pista solida emerge dal passato, la relazione la le vittime legate a un cold case che anni prima aveva visto coinvolta la dottoressa Greta Hofer, patologa dell’ospedale.
Sotto questa incredibile pressione, Rusconi mette in discussione se stesso e il suo lavoro, continuando a chiedersi qual è il confine tra vittima e carnefice, qual è il limite oltre il quale si capovolge il rapporto, chi è davvero colpevole quando storie di violenze e di abusi nell’infanzia segnano nel profondo, senza rimedio, per sempre.
La rincorsa sarà lunga, la preda fugge ma il cacciatore, con denti da Rottweiler, non molla mai. Solo dopo uno sprint finale mozzafiato le due storie si uniranno in una conclusione che chiuderà il cerchio di una vita tragica.
Sublime bellezza
Quanto eri bella… una bellezza che sfiorava il sublime. Quando ti ho vista la prima volta mi hai sconvolto: un colpo al cuore, una vampata di calore nel ventre, dovevi essere mia.
Ricordi, Lara? Poco più che adolescenti, su quella spiaggia, a crogiolarci al sole: ti sei alzata e sei entrata nell’acqua, hai nuotato, poi sei emersa come la “Venere” del Botticelli, un minuscolo tanga bianco non ti copriva, come la dea eri nuda, con i capelli sciolti. Hai fatto qualche passo per uscire, passi regali, eleganti, mostrando a tutti la tua folgorante bellezza, hai arrotolato e fermato i capelli, alzando le braccia e i seni piccoli, perfetti, coppe di champagne con una ciliegia rossa. Poi, come presa da un’improvvisa pudicizia, hai preso un telo e lo hai drappeggiato addosso, ma solo davanti, sfidando il mondo, che fissava le tue natiche perfette come meloni maturi, pronti da mordere. Poi ho pensato alla “Venere” del Tiziano.
Perché tu sei un emblema di bellezza assoluta e devi essere mia, mia musa, mia modella, mia per l’eternità. Nessuno potrà contaminare ancora quella pelle così chiara e liscia, fisserò la tua immagine, in un modo che non potrà mai più essere mutato, né da un essere umano con le sue mani rapaci, né dal tempo con i suoi denti acuminati.
Sarai giovane per sempre, per l’eternità.
1° giorno, domenica 8 settembre
Quella domenica pomeriggio di fine estate il capitano Adelio Rusconi camminava senza fretta su un sentiero in cima al Campo dei Fiori, uno dei suoi luoghi preferiti per le fughe non lontano da casa. La montagna sovrasta Varese e dona una panoramica spettacolare su tutto il bacino dei laghi, sorvegliati dall’alto Monte Rosa: quel giorno, la tramontana aveva spazzato il cielo e, in lontananza, si riusciva a vedere perfino lo skyline di Milano, distante quasi cinquanta chilometri.
La sua vita era arrivata a un punto morto: deluso e frustrato, non sentiva più l’entusiasmo della caccia ai delinquenti che l’aveva motivato fino a poco tempo prima. C’erano periodi in cui i piccoli crimini di routine lo annoiavano profondamente, oppure i grandi crimini della mafia, ben radicata ormai nel tessuto sociale della Lombardia, gli facevano rimpiangere il tempo passato; di tanto in tanto, delitti efferati piombavano come bombe sulla scena, apparentemente tranquilla, della città di provincia dove era nato e dove lavorava da molti anni, Legnano. I casi di omicidio risolti negli anni passati gli avevano portato onori ed encomi, avrebbe voluto continuare nella carriera, ma qualcosa lo frenava. Aveva compiuto da poco quarantaquattro anni, un periodo in cui quasi ogni essere umano si trova a un bivio, a fare il bilancio della propria vita, a decidere se cambiare tutto o andare avanti, ma con forze nuove.
Per agguantare i criminali aveva dovuto pensare come loro, entrare nella loro mente malata, identificandosi più di un attore nel personaggio: il contatto con il male l’aveva turbato e gli aveva lasciato addosso la sensazione di essersi imbrattato, contaminato al punto da non riuscire a liberarsene mai del tutto. Il suo carattere, allegro, scanzonato, a volte superficiale, era cambiato al punto che a volte non si riconosceva più. Cercava di convincere se stesso di avere un programma per il futuro concentrato sul lavoro: nonostante il grado di capitano, ottenuto da poco, non voleva fermarsi.
Del resto, la sua vita privata e sentimentale era andata a catafascio ed era meglio pensare solo alla carriera: da quando aveva perso Beatrice aveva rinunciato alle relazioni, incredibile ma vero per uno sciupafemmine come lui. Si era innamorato di lei come mai prima: però era finita male e ora si trovava come uno di quei galletti dal ricco piumaggio dopo una ripassata con rivali più forti. Spennato. Con grandi sforzi cercava di uscire dal tunnel in cui si era cacciato, ma la nebbia della malinconia non voleva andarsene: forse non aveva neppure voglia di sollevarne il velo, era un periodo così, di riflessione.
Il trillo del telefono lo scosse dalle sue meditazioni e dovette frugare nella tasca dello zaino per afferrarlo, borbottando tra sé. Era il brigadiere Totò Lo Monaco, che lo richiamava a Legnano: c’era stato un omicidio e doveva arrivare sul posto il più presto possibile.
«Va bene, entro due ore sono lì. Hai avvisato il magistrato?» Senza perdere un minuto, corse lungo il sentiero a grandi falcate fino a raggiungere l’auto, ma fu costretto a guidare con lentezza sulla stretta e tortuosa strada che scendeva a valle, fino a raggiungere l’autostrada. Poi corse a tutta velocità fino alla casa dove era stato commesso il delitto, un po’ fuori dall’abitato di Legnano. Arrivò a una villa unifamiliare con giardino, come tante nella zona, quasi nuova, ben tenuta, ordinatissima, traboccante di piante e fiori colorati.
Fuori c’era tutto l’apparato investigativo, la Scientifica che aveva cominciato il suo lavoro, il brigadiere Lo Monaco, inseparabile amico e compagno di lavoro, altri carabinieri della sua squadra, quella che sembrava una testimone in lacrime; la PM Marzia De Cesari non era in vista, era arrivata e ripartita come un fulmine. Non c’erano i soliti curiosi e, stranamente, neppure i giornalisti, del resto era domenica e tutti sentivano ancora il clima vacanziero.Meglio così. Dentro la casa c’era il medico legale, ma, con sorpresa, vide che non era Greta Hofer come sempre, ma il dottor Elia Germani. Un cenno del brigadiere lo fermò
«Greta è venuta, ha visto il cadavere, ha avuto un malore, è svenuta e ho dovuto chiamare l’ambulanza.» «Scherzi? La mia piccola dottoressa Ice che sviene alla vista di un cadavere, è fantascienza!» Indossati i guanti e la tuta protettiva Rusconi entrò nella casa e giunto alla stanza da letto della vittima, Silvia Leonardi, rimase allibito di fronte alla scena.
La stanza era in perfetto ordine ma sul letto, adagiata su due cuscini, giaceva una donna nuda, in una posa molto sensuale. Aveva un fiore nei capelli e petali di rose sparsi intorno, il rossetto sulle labbra, un nastrino di velluto nero annodato con un fiocco sul collo; nessun segno di violenza… e un gatto morto ai suoi piedi.
«Un rituale.»
«Già, brutto segno, vero capitano?»
Cominciarono a esaminare la scena e, mentre Totò cercava minuzie, Adelio, più fantasioso, si mise a osservare la morta da varie angolazioni, da varie altezze, in piedi, accosciato, dal basso verso l’alto. Sembrava una buffa pantomima, ma era convinto che accompagnare il pensiero con gesti del corpo lo aiutasse a vedere la situazione sotto vari punti di vista, a percepire con tutti i sensi e con l’intuito la tragedia che si era compiuta in quel luogo, il dolore, la violenza, perfino lo spirito che aleggiava. Non lo diceva a nessuno, salvo al fidato Lo Monaco, perché l’irrazionalità non era ben vista nel suo ambiente, ma questa comprensione profonda era una qualità in più che, da investigatore di razza, sapeva usare al momento giusto. Annusò l’aria: sentiva un profumo particolare, fiorito, appena percettibile Che fiore è? L’ho già sentito.
Come è nata l’idea di questo libro?
Passando in piazza Duomo a Milano il 7 aprile 2019, ho visto l’Installazione-Poltrona di Gaetano Pesce, e devo confessare che ne sono rimasta sconvolta. Poi, parlando con una professoressa di Arte della Bellezza, della Bruttezza e dell’Orrido, mi ha raccontato e fatto vedere sul web la performance del 1974 intitolata Rhythm 0, dell’artista della Body Art Marina Abramovich, davvero terribile. Quest’opera mi ha fatto pensare, una volta di più, che l’aggressività di troppe persone, anche quelle che consideriamo normali, è arrivata a livelli così alti da spingerle a far del male anche solo per il gusto di vedere la reazione che suscita, o per il puro piacere di provocare dolore: può essere fisica o psicologica, ma la violenza, e ancor di più l’indifferenza, nel nostro mondo sale a livelli sempre più allarmanti. Certamente ci sono le eccezioni, c’è anche la possibilità di trovare protezione negli individui migliori, ma solo quando è possibile e in ambienti che possiamo definire sani. L’intreccio è venuto pian piano. Ho rievocato il caso dell’amica di Greta Hofer, cui avevo fatto accenno in un’indagine di Adelio Rusconi nel mio giallo precedente “Sinfonia nera in quattro tempi”: avevo lasciato in sospeso i lettori, che mi hanno chiesto notizie, e mi hanno raccomandato di raccontare questo vecchio caso, finito però con un errore giudiziario. Ho immaginato il personaggio principale di un killer psicopatico attingendo ai miei studi di psicologia e ho ricordato opere d’arte particolarmente adatte a rendere la storia intrigante e interessante. La Perfomance Art si adattava perfettamente al mio killer per l’azione, l’happening, il corpo: un’opera effimera, irripetibile, che non si può comprare. Così ho preso il pc e ho cominciato a scrivere…
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Per me non è difficile scrivere, ma sono lentissima e pignola soprattutto nelle revisioni.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Camilleri per sempre. Sono una lettrice accanita fin da quando ho imparato l’abc, per lavoro e per diletto, leggo e recensisco per le case editrici e per il mio sito ( Tizianavigano.com) un centinaio di libri all’anno: tutto questo mi ha formato e insegnato come si scrive e si produce un libro. Questo è il sesto libro che ho pubblicato.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono milanese doc, ma ora vivo a 20 km dalla metropoli. Ho viaggiato tantissimo e fatto esperienze all’estero.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto pensando alla terza avventura del capitano Rusconi, che chiuda il cerchio. Mi piacciono le trilogie.
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