
Edito da Pathos Edizioni Torino nel 2021 • Pagine: 196 • Compra su Amazon
È la notte che precede la morte del papa Giovanni Paolo II, 1 aprile 2005. Siamo in Polonia, in un sobborgo popolare della città di Sosnowiec, denominato Zagorze, dove qualche anno prima il pontefice si era recato per celebrare messa. L’appartamento anonimo di un altrettanto anonimo quartiere, tipico alveare umano di stile comunista, è la destinazione di un numero di peccatori prescelti dal papa morente che, in virtù dei suoi poteri conferitigli dal Padre, concede loro la possibilità di redimersi espiando i propri peccati con pene consistenti di riflessioni oltre a quelle spirituali e corporali. Una giovane coppia è la prima ad arrivare. Tra gli espiatori è atteso un certo Albert Kissinger, ex ufficiale nazista e spietato carnefice nel lager di Auschwitz. Albert, tedesco di nascita, ma cresciuto a New York, dove i genitori erano espatriati, ritorna in Germania alla vigilia della guerra per aderire agli ideali nazisti. Per tutto il resto della vita sarà combattuto dall’orgoglio di essere stato leale verso la patria e l’angoscia di un amore trovato ma non vissuto tra i ricordi dei suoi crimini.

– La prima cosa che voglio dirti è che io sono una persona che non sa quel che vuole… esattamente.
> Che cosa vuoi da me? Mi fissi tutto il tempo senza dire niente.
– Sto cercando di trovare una giustificazione per il mio comportamento. Intendevo richiamare la tua attenzione su di me… ma mi rendo conto che non è facile.
> Oggigiorno la gente mi tratta in molti modi diversi, tanto che in certi casi non ho nemmeno voglia di essere chiamato “libro”. Fino a qualche tempo fa sono stato scritto solo da persone istruite, il che mi ha reso molto orgoglioso. Sono stato mantenuto e conservato per secoli su belle mensole in legno intarsiato ed ospitato in bei posti. Non posso citarli tutti, ma puoi immaginare, dal momento che hai vissuto tutta la tua vita con me tra le mani.
– Anche io non ti ho sempre trattato bene, non con i guanti di velluto… Ma tu, che cosa intendi quando affermi che non sei stato trattato bene ultimamente? Vuoi forse dire che i lettori si comportano diversamente? che non si prendono cura di te? che non ti trattano come meriti? che ti gettano nella
spazzatura o nel fuoco?
> Non sono posti peggiori. Anche il cesso non è il peggiore… Hmmm… forse è un po’ difficile farmi capire. Sai, anche su quei meravigliosi scaffali spesso mi sento a disagio.
– A disagio perché trascurato o nascosto!
> Non nascosto nel senso comune. Le persone sono generalmente orgogliose della mia presenza; vogliono mettermi in mostra per una questione di immagine.
– Solo una questione di immagine?
> Non solo, ma l’immagine, per loro, è una parte importante… è importante che io ci sia… che io sia nelle loro case, ma anche in posti di lavoro e altri luoghi. Per esempio sul comodino, accanto al letto, a portata di mano.
– Questo è motivo di soddisfazione, allora. Mi piacerebbe sapere di più su di te, sulla tua personalità. Sono curioso. Èvero, ho passato tutta la mia vita con te nelle mie mani, ma, a parte poche e occasionali riflessioni, non ho mai analizzato il rapporto tra te e il mondo. Mi interessa sapere di più. Ho bisogno di te, ora più che mai, sei molto importante nella mia vita e non potrei vivere senza di te… Dimmi: che cosa ti rende veramente felice? Essere scritto da geni? Essere letto da intellettuali? Che cos’altro? Essere apprezzato e mostrato? Finemente inciso e rilegato? C’è altro?
> In parte hai ragione, ma c’è di più. Con franchezza ti dico che io sono molto esigente, ma c’è una cosa che desidero più di tutte.
– Quale?
> Essere toccato.
– Essere toccato… come? In che senso?
> Teneramente, con amore, con attenzione. E ancora, di più…
– Di più! Che?
> Essere consumato.19
– Anche quando il contenuto è terribile?
> In questi casi, mi sento come una madre capace di uccidere
i suoi bambini.
– A volte parli di te al maschile, altre al femminile.
> Certo! Sono entrambi…
– Hahahahahaha!
> Tu parli diverse lingue e hai vissuto in molte nazioni. Di che ti meravigli? Sai bene che per alcuni sono di genere maschile e per altri di genere femminile…
– Hahahahaha… Anche neutro.
> In alcune lingue, sì, sono neutro… Hmm! Questo è il genere che mi piacerebbe essere per tutti. E il tuo genere qual è?
– Maschio, naturalmente, hai qualche dubbio?
> Ah! Circa l’involucro no…
– Fammi pensare… quindi, vuol dire che all’interno di questo involucro ci sono tutti i generi…
> E tutte le età…
– Sì, hai ragione. Cosa siamo se non creature ibride? Vorrei scrivere qualcosa su questo argomento…
> Sarei felice di essere scritto da te.
– Ma dimmi, se il contenuto è orribile, e tu, “libro”, sei comunque venduto e accolto bene. Ci sono tanti casi così.
> In questa situazione ho sentimenti strani e diversi verso me stesso: disprezzo, repulsione, compassione.
– Bookbookbook. Che cosa sei? Chi sei?
> Io sono linfa. Ho grandi poteri: posso farti ridere o piangere, farti ricco o povero, farti felice o triste e…
– E molte altre cose, lo so. Sei anche amato o odiato, altamente considerato o completamente ignorato, insultato o lodato.
Wikipedia: “Un libro è un insieme di pagine scritte, stampate, illustrate,
o fogli di carta pergamena o altro materiale, di solito fissati insieme da
una cerniera su un lato. Un singolo strato di un libro si chiama foglio, e
ogni lato del foglio è chiamato pagina. Un libro prodotto in formato
elettronico è conosciuto come libro elettronico”.
> E potremmo continuare.
– Mi chiedo perché ci sono così tanti libri oggi, perché così tante persone scrivono-scrivono-scrivono…
> Basta, per favore! Questo non ha senso. Lascia che scrivano. Lascia che tutti mi violentino. Il tempo deciderà la loro sorte. Scrivere è una cosa seria e solo io posso decidere quando, dove e da chi farmi scrivere.
– Vuoi dire che non accetti di essere scritto da tutti coloro che lo vogliono. È corretto?
> Esattamente. Decido di essere scritto da quelle persone che mi amano e mi rispettano.
– Dunque, non sempre la tua volontà corrisponde a quella dell’autore? Dimmi, questa è una cosa interessante.
> Quando qualcuno vuole scrivermi contro la mia volontà, mi sento violentato e il prodotto finale è spazzatura. Voglio essere scritto quando l’autore si fa esecutore della mia volontà.
– Solo allora?
> No, no! è troppo semplicistico. In realtà, la cosa è più complessa: l’autore possiede il talento, ma il talento senza una formazione culturale non è sufficiente. Il talento e l’educazione sono gli ingredienti essenziali per la scrittura, tuttavia ciò non significa che siano ancora in grado di stimolare la mia volontà.
– Che altro, allora? Avere una buona storia da raccontare? Un certo stile? Originalità?
> Buoni ingredienti anche questi. Buoni. Senza dubbio … Ma ciò che mi eccita di più è l’idea.
– L’idea. Credo di sapere cosa vuoi dire…
> L’idea, come anima dell’arte. La molla della creatività.
– Non darmi dell’arrogante se dico di averne avute. Le idee intendo.
> Ne hai sempre avute, ma ti manca qualcosa di molto importante.
– Che cosa?
> Amore. Tu non mi ami.
– Ti amo.
> Hai un grande difetto che distrugge le tue potenzialità. Sei un intellettuale pigro … Ti manca la forza di amarmi.
– Uffffff… uffff… !
> Sei stufo, mi odi ora!
– Odio me, non te. È vero, sono pigro. Mi rendo conto che la mia creatività viene abortita per mancanza di quella forza seduttrice sprigionata dall’arte. Ecco perché non riesco a mettere giù le tante storie che frullano nel cervello e, sai, non raramente mi capita di leggere cose di altri che ho immaginato di scrivere anche io, quasi allo stesso modo. Che cosa sarà questo? Un effetto telepatico? Insomma ho scarabocchiato qualcosa talvolta ma…
> Ma non mi ha convinto, ecco …però, per onestà, devo anche dirti che le buone idee le hai avute.
– Allora perché non mi hai spinto?
> Se non vedo e se non sento gli effetti dei primi passi della creazione di un’opera, non posso decidere se darti le mie energie. Deve crearsi sintonia e sincronia tra me e l’autore.
– Tu sai tutto di me… Che cosa non ha funzionato in quello che ho scritto fino ad ora?
> Sai scrivere, ma, ti ripeto, ti manca l’amore, non solo per l’arte. Tu non ami nemmeno te stesso.
– Mi fai sentir male… Capisco e non capisco.
> Non capisci perché non sei libero. La creatività non può avere catene.
– Quali sarebbero le mie catene?
> lo chiedi a me? Non è mio compito dirtelo. Del resto tu sai quali sono queste catene. Guardati allo specchio. Intendo lo specchio dell’anima, della tua interiorità. Tu sei un lettore di Freud e di Jung, ti piace studiare e capire la psiche…allora, cerca di capire la tua, prima di cercare di capire quella degli altri. Ti eri avviato bene, abbastanza bene. I tuoi primi scarabocchi, come tu li definisci, piacevano e si vendevano, poi hai abbandonato tutto, hai interrotto il tuo rapporto con la creatività, è successo qualcosa.
– Il lavoro non mi dava spazio e, ad un certo punto, mi sono ammalato. Prendevo delle medicine forti, mi annebbiavano la mente, mi impedivano persino di camminare. Facevo sforzi incredibili per tirare avanti.
> So tutto, ti vedevo… Apprezzo il fatto che, nonostante la prigione della tua malattia, tu non mi abbia del tutto abbandonato, ed è per questo che adesso stiamo parlando. Il canale della comunicazione è ancora aperto. Ma la tua indole resta pigra.
– Indole pigra. Poi mi spiegherai meglio che cosa intendi…Credo che a tutti piaccia essere apprezzati per quello che fanno. I libri che scrivevo quando ero un giovane insegnante erano concepiti per una specifica categoria di lettori, intendo dire per ragazzi in età scolastica. Il loro scopo era essenzialmente educativo. Erano racconti pubblicati da una buona casa editrice e, inaspettatamente, avevano abbastanza
successo. Poi la mia vita cambiò in modo radicale, me ne andai in altre nazioni, non riuscivo più a concentrarmi su queste cose. L’editore mi invitò più volte a continuare a scrivere per la scuola, mi suggeriva anche gli argomenti che gli sarebbero piaciuti. In quel tempo lavoravo in Canada e lui voleva che io scrivessi sugli indigeni, i cosiddetti Indiani, sulle loro leggende eccetera. In un primo momento accettai, incominciai a documentarmi, passavo ore e ore al Musée de la Civilisation di Ottawa, raccolsi tanto materiale, ma, come ti ho detto, mi ammalai… Inutile entrare nei dettagli, non ho voglia di
parlarne e di ricordare… Non riuscivo più a scrivere né a pensare. Ero distrutto fisicamente e psicologicamente…Passavo il mio tempo ad osservare punti diversi del soffitto… puoi immaginare. A volte mi venivano degli impulsi di creatività, volevo provare a mettere giù qualcosa. La cosa
strana è che non avevo più la voglia nemmeno di scrivere in italiano, volevo servirmi di un’altra lingua, forse perché vivevo in un ambiente multiculturale dove parlare diverse lingue nello spazio di poche ore era una cosa naturale. E mi chiedevo in quale lingua avrei preferito scrivere. Ingenuamente pensavo
all’inglese, al francese, al russo… ma no… la mia mente gradiva e cercava qualcosa di diverso… lingue sconosciute alla parte conscia di me, ma familiari alla profondità del mio inconscio. Forse le fantasticavo, forse le ritrovavo piano piano, improvvisamente mi veniva da articolare suoni nuovi ed inconsueti. Sarebbe fantastico se si potesse disporre di lingue diverse da usare in quella che ognuno ritiene confacente alle proprie emozioni, ai sentimenti, alle situazioni. Proprio come i pittori che utilizzano diversi colori a seconda di ciò che vogliono esprimere. Chi lo sa? Un giorno, in futuro, la scienza potrebbe darci la possibilità di parlare in modo diverso, con lingue inventate da robot dotati di intelligenze e sensibilità in grado di interpretare le nostre intenzioni ed imbeccarci un lessico più appropriato… Per esempio, prendiamo la parola che ti riguarda, che ti identifica: “libro”. Tu sei neutro in
alcune lingue, maschile in altre e femminile in altre ancora…A volte, per i miei modesti scritti ho avuto bisogno del neutro per esprimere alcuni concetti e, per questo, trovavo che la lingua italiana non fosse quella giusta per esprimerli in modo appropriato.
> Forse la scienza darà anche la possibilità di scegliere l’identità che si desidera.
– Ah! Identità. Sì. È per questo che accenni ai generi… Ti dirò qualcosa su questo…
> Vieni qui… Guarda queste lunghe file di scaffali con milioni di libri. Solo pochi autori hanno capito che la nostra identità è liquida. Fluida.
– È così. Ciò conferma quello che ho sospettato per lungo tempo. Il nostro nome è l’identità che la società ci impone. Ciò che si vede, voglio dire la forma esteriore, ha una identità che il nostro essere interiore non riconosce.
> Esattamente. Giovanni non è Giovanni per sempre.
– Giovanni può essere anche François, Kasia, Fatima, Mohammed.
> O una rana, un cane, un serpente… Identificarsi con diverse creature della natura. E questo mi piace. Sono quasi sempre idee brillanti.
– Che società stupida e cieca! Come può la società insistere sul fatto che lui è lui per sempre?
> L’architettura della società si basa su regole che il nostro inconscio non riconosce.

Come è nata l’idea di questo libro?
Alla vigilia della morte di Papa Giovanni Paolo II, in Polonia. Ebbi delle visioni inspiegabili di cui non riuscii più a liberarmi.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non è stato difficile, tranne che per lo stile. La storia è come se mi fosse stata dettata da una forza estranea a me stessa.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Dostoevskij, James Joyce, Stevenson.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Italia sud, Italia Nord, Inghilterra, Lituania, Canada, Finlandia, Polonia.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Esplorare le potenzialità della psiche.
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