Edito da Edizioni La Gru nel 2020 • Pagine: 100 • Compra su Amazon
“Questioni di testa” è la prima raccolta di racconti e racconti brevi di Giulio Natali.
Nelle 22 storie che compongono il libro i temi conduttori sono due.
Il primo è la ricerca del senso delle cose, esplorato tramite i piccoli ineluttabili eventi quotidiani in cui i personaggi sono coinvolti.Il secondo, diretta conseguenza del precedente, è constatare che ci sono tante realtà quante una mente possa inventarne; in questa raccolta, queste invenzioni provengono, tra gli altri, da guardie giurate, volontarie di associazioni religiose, donne innamorate che intraprendono il viaggio verso la propria metà, bambini troppo curiosi, club segreti di paese e Babbi Natale prossimi alla pensione; anche l’anima, per un attimo senza il corpo, trova il modo di presentare la sua prospettiva.
Con le briciole di pizza ai lati della bocca, Giorgio Flamini guardò con attenzione le scarpe di Giada Volpagni, che la elevavano di almeno dieci centimetri rispetto a quando era scalza. Un perfetto trentasette, si disse. Avrebbe poi scoperto che portava mezzo numero in più. Certo, non era inconsueto per lui fare conoscenza durante uno dei mille convegni a cui doveva presenziare come Direttore della Salute e Sicurezza della Corporation spa di Varese, ma era la prima volta che terminava quei pomeriggi in una piccola pizzeria al taglio, proprio di fronte al centro congressi sul Lago Maggiore.
Ma Giada meritava almeno una chiacchierata davanti a due tranci di margherita con funghi. Si erano conosciuti due ore prima; lui, lì per portare una testimonianza – case history era scritto sul programma, manco dovesse informare di un evento epocale – della sua azienda, leader del mercato e pure all’avanguardia per politiche di sostenibilità ambientale.
Lei, che sembrava anche più giovane dei ventisette anni appena compiuti, se n’era stata sei ore in piedi dietro il banchetto di uno degli espositori sponsor dell’evento, una piccola software house specializzata in sistemi gestionali ambientali. Era una stagista, e queste incombenze a titolo gratuito facevano parte della sua job description. Non esattamente quello che ambiva una che si era laureata in psicologia a Padova. La loro prima conversazione avvenne in una pausa del convegno: Giada gli presentò un programma informatico sviluppato dal suo datore di lavoro e aggiornato alla normativa vigente; se Giorgio fosse stato interessato, poteva inviargli una demo. Poi, mentre si scambiarono i biglietti di visita, lei si lasciò sfuggire che non sarebbe rientrata a Milano, visto che il convegno finiva il giorno dopo, ma avrebbe dormito in hotel.
Quella in pizzeria fu, appunto, la seconda chiacchierata: Flamini guardava e soprattutto ascoltava Giada. La ragazza parlava come se dovesse recuperare dopo mesi di mutismo: un fiume in piena, nel quale fatti, speranze e considerazioni di psicologia spicciola si mescolavano tra loro. Il manager annuiva come uno che la sapeva lunga: decine di corsi sull’intelligenza emotiva che la funzione risorse umane gli aveva propinato forse non avevano migliorato il suo atteggiamento verso i suoi riporti, ma avevano accresciuto e non poco la capacità di rimorchiare.
Giorgio partiva da una constatazione: esistono pochi uomini davvero interessanti. O sono ricchi da fare spavento, e questo già li facilita. Oppure sono bravi a ascoltare. A far finta di ascoltare, per l’esattezza, facendo grande attenzione ad essere credibili. Non c’era molta differenza tra recitare Amleto a teatro e far conoscenza con una donna, annuendo ad ogni sua parola e aggiungendo la frase appropriata per completarne le considerazioni. Mai dare l’impressione di entrare in conflitto su alcun tema, ma anzi capire bene quale può essere l’argomento successivo da mettere sul tavolo, così da indirizzare l’altra verso il sentiero voluto. Spesso, mentre l’interlocutrice verbosa e concentrata solo su se stessa, snocciolava frustrazioni, desideri, manie, la testa di Giorgio elaborava lucidamente la strategia e immediatamente la metteva all’opera. Tutto secondo copione.
Anche con Giada, così come con Marisol, Linda, Paola, Jennifer, Maria Giovanna, Veruska e Claudia, la terza conversazione avvenne nella camera da letto dell’hotel. Accadde però che con la giovane stagista si rivide e non solo perché Flamini era sensibile al neo sotto il capezzolo del seno destro e alla sinuosa linea dei fianchi.
Come è nata l’idea di questo libro?
Da anni frullavano in testa personaggi e storie, ma è sempre mancato il tempo per focalizzare e scrivere. Il lockdown ha permesso di potermi dedicare con dedizione a questa passione.Non pensavo però di pubblicare fino a quando un editore (Edizioni La Gru) ha valutato di interesse la mia opera. Tengo a precisare che il mio lavoro è un altro e mi ritengo una persona fortunata, pertanto tutti i proventi derivanti dai diritti d’autore sono devoluti alla Lega del Filo d’Oro.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Scrivere racconti necessita sintesi e vivacità; le idee non sono mancate, ma ho impegnato più tempo a creare uno stile fluido che non annoiasse.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Per i racconti gli americani Carver e Cheever. In Italia Parise, Buzzati e Bianciardi. In assoluto, Simenon e McCarthy.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono marchigiano, nato a Corridonia, in provincia di Macerata, dove tuttora risiedo. Per lavoro ho viaggiato tantissimo, in Italia e all’estero, vivendo a Foggia, Parma, Verbania e Lucca tra le altre.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Continuare a scrivere storie che intrattengano e lascino qualche spunto di riflessione. Una seconda raccolta di racconti, una sorta di viaggio umane dal Voler Essere all’Essere, sarà pronta nella seconda metà del 2021.
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