
Edito da Delos Digital nel 2019 • Pagine: 504 • Compra su Amazon
SINOSSI
Roma, 1983. Enrico, affascinante frontman di una pop band di successo, si innamora di Kristel, vivace collaboratrice di una rivista. La loro storia è osteggiata da Christiane, la splendida top model che lui ha lasciato e non si rassegna all’abbandono, e si intreccia a quella di Stefano, amico e collega di Enrico, tormentato da una segreta, infausta passione per Kristel, che dominerà la sua vita e si dissolverà soltanto dopo anni costellati di errori fatali, di rimpianti e di disfatte.
Quando, vent’anni dopo, Stefano e Alba, figlia di Kristel ed Enrico, e modella in ascesa, scoprono di amarsi, il passato ritorna, per presentare all’uomo il conto: la ragazza apprende il suo segreto e si convince che l’amante abbia cercato sua madre in lei. Sconvolta dal dolore, finisce per sposare Marco, il figlio di Stefano, ma presto dovrà fronteggiare la propria incapacità di seppellire i suoi veri sentimenti...
In un'alternanza tra passato e presente, gli irrequieti protagonisti intrecciano i loro destini, vivono con intensità l'amore in tutte le sue declinazioni, l'amicizia, la brama di successo, il bisogno di riscatto, maturano la consapevolezza di sé e delle loro fragilità, la ricerca del proprio posto nel mondo, anche a costo di rivoltare le loro esistenze.

(…)
Il telefono stava squillando di nuovo.
Kristel stette a fissare ipnotizzata l’apparecchio, insicura sul da farsi. Poi capì che doveva pur liberare il diavolo che aveva in corpo.
– Enrico, che cosa vuoi? – rispose a colpo sicuro. La sua voce non era mai stata così ferma e neutra.
– Kristel… e me lo chiedi? Io devo vederti! Devo trovare il modo di riparare al male che ti ho fatto. Kristel, amore, se tu sapessi che disperazione e che vergogna mentre ascoltavo quella maledetta voce su quel nastro…
– È un po’ tardi per disperarsi e per vergognarsi. E anche per chiamarmi amore. Addio, Enrico.
– Aspetta! Ti prego, non riattaccare! Cerca di capire, era tutto così vero… Non voglio giustificarmi, ma credo che mi sia stato umanamente impossibile scansare un tranello così perfetto, sospettare per un solo momento che…
-Ti sarebbe bastato ricordare la tua promessa di credere sempre in me. E invece hai colto l’occasione succulenta per darmi addosso, hai abbandonato la tua casa, me, tua figlia… e quest’altro bambino che hai rispedito al mittente davanti al tuo manager e al tuo discografico! Be’, sai cosa ti dico?
– Kristel, te lo chiedo in nome dei nostri figli: lasciami venire a casa a parlarti. Ti prego.
Lei increspò le labbra, ironica. – I nostri figli, eh? Questa è casa tua, puoi venire quando vuoi. Sappi che però non troverai né me, né Alba. Cosa ti aspetti? Mi hai trattata per settimane come la peggiore delle donnacce. Hai preferito credere a Christiane e a Guido, hai dubitato di tuo figlio… Non ti potrei perdonare neanche se lo volessi! Per fortuna non sono ancora tua moglie, così almeno non ci metterò niente a liberarmi di te! – Riappese con rabbia e staccò la cornetta. Poi, siccome non le dava sollievo, strappò l’apparecchio dal muro e lo lanciò, neanche a farlo apposta, contro una delle preziose Fender di Enrico, devotamente agganciate alla parete di fronte. Non si degnò nemmeno di andare a quantificare il danno. Come un bolide entrò in camera da letto, tirò fuori un borsone e cominciò a ingozzarlo di roba.
Liberarmi di te… come se fosse facile. Ci aveva già provato una volta, e con quale risultato? Le era bastato rivederlo, anche dopo un anno, anche dopo una nuova vita o presunta tale, soltanto per innamorarsene di più.
Poco dopo, mentre radunava alcuni vestitini di Alba, una scampanellata le fece perdere un battito.
– È vero, questa è casa mia. Però ti amo, Kristel, e non salirò finché non lo vorrai. Aspetterò qui sotto fino ad allora – annunciò Enrico al citofono.
– Per me puoi anche invecchiarci, lì sotto! Non intendo ascoltare niente da te, né rivedere la tua faccia in questa vita, capito?
– Dimmi una cosa, Kristel: che cosa avresti fatto se su quelle foto ci fossi stato io, avvinghiato a un’altra donna? Avresti pensato alla tua fiducia in me?
– Ma vaffanculo!
No, non l’avrebbe passata liscia stavolta.
Fece il bagnetto ad Alba, poi la portò in cucina per darle il suo passato di verdure e la frutta cotta. Guardò fuori. Aveva cominciato a piovere, aumentando d’intensità a ritmo vertiginoso. Ed Enrico se ne stava sempre in strada, imperterrito e guardava in su in un modo irritante che lei non riconosceva.
Le dieci. Le undici. Ancora pioveva, forte, e ancora Enrico era lì, in mezzo alla strada, come un monumento all’amore. O forse alla pazzia.
Mise a nanna Alba, poi si recò nell’ingresso e berciò nel citofono: – Vuoi prenderti un accidente? Vattene via, perché non otterrai nulla.
– Ti amo, Kristel. Questa è la mia debolezza. Forse l’unica.
“E la mia forza”, lei si sorprese a pensare.
Uscì sul balcone e per un lungo momento restò immobile, cullata solo dal ticchettio della pioggia e dallo scalpiccio degli pneumatici che, nei due sensi, affondavano nelle pozzanghere. Al riparo dall’acqua e dal raggio visivo di Enrico stette a osservare, giù, quella figura magnetica, ma inerme come si sentiva lei. I capelli erano fradici e l’abito di cachemire ridotto da buttare. Ma una grande forza imperturbabile sembrava sorreggerlo. Una forza che spazzava via qualunque cosa fosse da intralcio, qualunque sua disperata difesa o folle progetto di vivere senza di lui. Di colpo le tornò in mente un altro acquazzone. Enrico che l’aspettava come adesso sotto la pioggia, per infilarla in un taxi molto speciale e portarla via, verso il mare, verso l’inizio della loro storia d’amore.
A quell’immagine tenera ne seguirono altre, come tante perle ordinate nel filo dei ricordi. Il tango al party di Claudio. La prima volta che aveva ascoltato Canzone per lei. L’intera notte passata a baciarsi su Ponte Sant’Angelo. L’anello che le aveva messo al dito in un letto d’ospedale. La disperazione con cui aveva rinunciato a sposarlo, quel lontano, terribile giorno. La felicità assoluta con cui si era ritrovata tra le sue braccia a Firenze e con cui aveva ricomposto la famiglia che Alba meritava.
Si accorse che tra quelle istantanee non c’era stato posto né per Christiane, né per Guido. Né per la rabbia, né per l’orgoglio ferito.
Meccanicamente rientrò in casa. Prese il primo plaid che aveva a portata di mano e, dopo pochi istanti, si gettò fra le braccia di Enrico che, tra sorpresa e gioia, la strinse con silenziosa, umile gratitudine.
La tenne così, per un tempo infinito, come il più prezioso dei tesori, poi la spostò da sé quel tanto per guardarla in viso. Kristel lesse un sentimento che andava anche oltre tutti i significati conosciuti dell’amore.
– Come ho potuto essere così spregevole, Kristel? Non potrò mai perdonarmi e non pretendo che lo faccia tu. Posso solo farmi scudo col mio amore e offrirtelo, tutto… Eccolo qui, per te, tra le mie mani… Non posso fare di più, amore. Non posso che promettere di amarti per tutta la vita, con e senza l’uso delle mie facoltà mentali, con e senza la vita in corpo. Perché non smetterei nemmeno se impazzissi, Kristel, nemmeno se morissi. E preferisco averti accanto con il tuo odio che merito, piuttosto che perderti del tutto…
Kristel, guardandolo in sospeso tra bellicosi e commossi sentimenti, gli avvolse attorno il plaid, asciugandogli il viso con le carezze. – Di questo passo avrei perso io, te. Volevi forse prenderti una broncopolmonite, stasera?
– Tesoro, mai occasione più adatta di questa per dirti: “La mia vita senza di te non avrebbe senso”. – Cominciò a starnutire. Risero insieme, poi si baciarono, ancora e ancora. Alla fine Enrico le prese le mani e disse: – Cara, ora basta. Sposiamoci. Non voglio più aspettare. Non voglio più correre il rischio che qualcosa o qualcuno ci divida.
– Non posso che essere d’accordo…
Si sposarono due mesi dopo, durante la prima splendida giornata di sole dell’anno, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. Tutto andò come doveva andare: i loro famigliari e amici festosi attorno, tra montagne di rose e gigli; la stampa e i curiosi tenuti lontano da un ferreo servizio d’ordine; Alba che trotterellava deliziosamente spargendo petali di rosa anche dove non doveva; Irene che versava lacrime a fiumi; l’organo che suonava l’Ave Maria di Schubert e, dopo, Canzone per lei; Stefano che al momento del sì chinava la testa, osservando con occhi impotenti la donna che amava e il suo migliore amico mentre si scambiavano gli anelli per poi correre fuori, tra applausi e lanci di riso…
(…)

Come è nata l’idea di questo libro?
Mi intrigavano le ambientazioni nel mondo della musica e della moda, così scintillanti e prestigiose, ma non prive di zone di ombra. La storia di Stefano che si innamora di Kristel, la ragazza del suo amico e collega di band mi ha catturato la mente per prima. Poi, un po’ per volta, è nata l’idea di intrecciarvi un seguito, ovvero la storia di Alba, la figlia di Kristel che, ormai adulta, si innamora di Stefano chiudendo così il cerchio della vicenda con il passato e il presente che si rincongiungono.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Il romanzo ha una struttura con molti personaggi e molti intrecci narrativi che si alternano tra il presente e il passato, e ci sono numerosi riferimenti che permettono di mostrare questo legame tra i due piani temporali e il modo in cui i protagonisti lo vivono. Per questo è stato impegnativo gestire la narrazione e la necessità che tutti i tasselli andassero al loro posto.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Per il passato, Jane Austen, Dumas padre, R.L. Stevenson (amo scrivere anche narrativa storica e avventurosa, sfumature del mio precedente romanzo). Per il presente, ho molta ammirazione per diversi scrittori, tra cui Oriana Fallaci e Wilbur Smith.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ho sempre vissuto in Piemonte.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Mi piacerebbe tornare a scrivere un romanzo di ambientazione storica. Prediligo le storie ambientate nelle grandi corti europee tra il Cinquecento e il Settecento.
Grazie infinite per la Vostra gentile attenzione e per il tempo che mi avete dedicato.