Edito da Pierluigi Curcio nel 2019 • Pagine: 348 • Compra su Amazon
Dopo la morte di Uther, il sogno di una Britannia unita si frantuma con la nascita di piccoli regni indipendenti in guerra gli uni con gli altri e incapaci di contrastare l’avanzata degli invasori provenienti dallo Jutland e dalla Germania.Il grido di guerra echeggia improvviso e violento nel regno di Ebrauc, dove il popolo inizierà a seguire un guerriero dalla lama indistruttibile e dal cuore di un eroe. Tra queste pagine, la storia del regno dell’estate come mai nessuno l’ha raccontata.Pierluigi Curcio: autore di “Artorius” e de “La stirpe dei re”
Bremetennacum Veteranorum[1], 5 maggio 447
Il colpo d’accetta divise il ceppo con uno schiocco. Un secondo legno conobbe la medesima sorte. Al terzo, il ragazzo perse la concentrazione. Il fruscio alle spalle lo mise in allerta. Nel momento stesso in cui flesse il braccio, spostò l’angolazione di pochi centimetri e scalfì il bersaglio sulla cima, facendolo schizzare in alto. Sorrise. Ruotò su se stesso e lo colpì in caduta. Il pezzo volò contro il ragazzino esitante sulla porta della legnaia. Sgranare gli occhi e pensare a una via di fuga richiesero un tempo troppo lungo perché riuscisse a evitare l’impatto. Arthnou caracollò all’indietro e cadde di sasso. L’altro restò indeciso se correre in aiuto del fratello o ridere. Che colpo perfetto, pensò.
Il ragazzo sollevò un sopracciglio senza badare troppo alle parole della madre. «Gliel’avevo detto di non farsi vedere fino a stasera.»
«Fai lo smargiasso con me, ragazzaccio, ma cosa racconterai a tuo padre, quando tornerà?»
«Che se l’è meritato, come sempre» sghignazzò. «Ha quindici primavere ma si comporta come uno sciocco.» Si indirizzò svogliato verso il recinto dei cavalli e stese la mano con la speranza che il puledro gli si avvicinasse.
«Hai il cuore cattivo, Keu.»
La voce impastata di Arthnou lo irritò, ma provò una punta di compassione quando notò il sangue imbrattargli la fronte. Si voltò in direzione del cavallo. «L’hai imparata, la lezione?»
«Non toccherò più la tua spada.»
«E…»
«E neppure il tuo coltello e il tuo arco.»
«L’hai detto anche l’ultima volta.»
«I tuoi sono più belli.»
«Solo perché sono più grande e abile di te col lavoro di intaglio.»
«Insegnami.»
«No.»
Arthnou si voltò esasperato in direzione della madre.
«E smettila di chiederle aiuto. Non servirà a niente.»
«Perché non mi vuoi bene?»
«Io? Certo che te ne voglio. Ogni giorno ti insegno qualcosa.»
«Tu mi picchi.»
«Io ti addestro a stare al mondo.»
Quella sera, il fuoco scoppiettava nel camino. Rea lanciava lunghe occhiate al marito intento ad affilare il proprio coltello.
«Domani andrai a caccia?»
L’uomo annuì, fissò Keu, quindi Arthnou.
«Mi porterai con te?» chiese il minore.
«No, verrà Keu.»
«Porti sempre lui…»
Antor sospirò. «Keu verrà con me, ci sarò io a proteggerlo, mentre tu resterai con tua madre e sarai tu a prenderti cura di lei. A chi ho affidato il compito più grande?»
Keu si corrucciò. «Padre, io…»
Antor lo zittì con un’alzata di sopracciglio, poi domandò: «A cos’è dovuto quel taglio che ha Arthnou sulla fronte?»
Keu iniziò a strofinare le mani sulle ginocchia. Era l’unica nota stonata nell’apparente calma che desiderava ostentare.
«Sono inciampato nella legnaia e ho sbattuto contro un ciocco» si intromise Arthnou.
«Tu ne sai qualcosa?» domandò alla moglie.
«È come dice lui» rispose Rea senza staccare lo sguardo dal lavoro di cucito.
Antor si alzò. «Non è proteggendolo che farai di lui un uomo.»
«Dove stai andando, adesso?» domandò allarmata la donna.
«Nella legnaia. Se le tracce confermeranno la versione di Arthnou, andrà tutto per il meglio.» Fissò in tralice Keu. «Tu non mi stai facendo alzare inutilmente, vero, ragazzo?»
«No.»
«Perché ho la sensazione che tu mi stia raccontando una bugia?»
Il giovane sospirò. «Perché l’ho colpito con un pezzo di legno. Ma non di proposito, padre.»
«Aspettami fuori.»
«Padre…»
«Non farmi ripetere due volte la stessa cosa.»
Quando il ragazzo fu uscito, Antor si piazzò davanti ad Arthnou. «È un uomo ormai. Devi smetterla di proteggerlo.»
«Tu proteggi me, padre… e più lo fai, più cresce il suo risentimento.»
Antor gli arruffò i capelli. «Sei un ragazzo saggio. Mi ricordi…» Troncò la frase a metà, quindi uscì.
Rea gli corse dietro e lo afferrò dal braccio. «Non puoi punire sempre lui.»
«Non c’è scudisciata che non abbia meritato.»
«Keu è tuo figlio.»
«Anche Arthnou.» Rea lo strinse con forza e non lo lasciò fino a quando non fu l’uomo a liberarsi della presa con una scrollata. «Anche Arthnou» calcò.
Una goccia di sudore solcò la fronte liscia di Keu, che una volta di fronte al genitore scoprì la schiena e attese stoico il primo colpo. Antor si slacciò la cintura, lasciò che gli pendesse inerte sul fianco, a lungo. Poi se la riallacciò in vita e si chinò sul figlio. A un palmo dall’orecchio, sussurrò: «Sai che non mi piace ripetermi, quindi tieni bene a mente quello che sto per dirti. Ti voglio un bene dell’anima, Keu, ma tocca un’altra volta Arthnou per il solo gusto di farlo e farò strisce della tua pelle.» Gli scompigliò i capelli. «Ora va’ a dormire, domani andremo a caccia.»
Il sole fece capolino dalle colline e avvolse in un abbraccio il villaggio sulle rive del Belisama. Arthnou uscì dalla capanna, per nulla stupito dall’assenza del padre e del fratello. Sapeva bene quanto fossero abili nel muoversi senza fare rumore. Lui era bravo, ma non quanto loro. Tutte le volte in cui aveva provato a sgattaiolar via di notte, Antor lo aveva colto in fallo. «Ma come fai?» gli chiedeva fintamente esasperato, e il genitore, nel volgergli le spalle per tornare a riposare, rispondeva: «Dormo con un occhio solo, Arthnou. Con un occhio solo.» Il ragazzo aveva finito col crederci.
Sorrise e lanciò uno sguardo al puledro che trottava nel recinto. Antor gli aveva promesso che sarebbe stato lui a domarlo. Avrebbe voluto provarci subito, ma non voleva che al ritorno il genitore lo trovasse con le ossa peste o peggio. Solo qualche settimana prima, un ragazzo si era spezzato la schiena ed era morto dopo giorni di agonia. Rabbrividì e spaziò con lo sguardo fino al fiume poco distante e ai ruderi del forte romano. Più della metà era stato sommerso qualche inverno prima da una piena terrificante. Puntò lo sguardo sulla torre superstite. Gli era spesso capitato di trovarvi delle monete o qualche strano attrezzo. Un ampio sorriso gli si disegnò sul volto. Si va in esplorazione!
«Arthnou, vai a prendere l’acqua dal pozzo.»
La punta di insofferenza fu sopraffatta dalla speranza. «Posso andare alla torre, dopo?»
«Mi lasci da sola? Tuo padre ti ha affidato un compito.»
«Va bene, prenderò l’acqua e poi mi metterò di guardia tutto il giorno.»
«Non è necessario» lo rassicurò. «Ma prima dovrai aiutarmi a riparare le assi del tetto della stalla.»
«Avrebbe dovuto farlo Keu!»
«Ma tuo fratello è a caccia e tu sei più bravo.»
«E dopo?»
«Dopo andremo al fiume e tu potrai allontanarti e divertirti coi tuoi amici.»
«Perché non posso mai andare da solo?»
«Perché ogni ragazza del villaggio vorrebbe saltarti addosso e tuo padre non ha abbastanza animali con cui risarcire la massa di padri infuriati che verrebbe a bussare alla sua porta.»
Arthnou rise di gusto. «Mi prendi in giro… io voglio solo Ciara.»
«E Ciara vuole te?»
Annuì.
«Allora dovrete portare pazienza. Sei troppo giovane e presto dovrai partire per rendere onore al tuo re.»
«Urien…» pronunciò rispettoso, poi domandò: «Diventerò uno dei suoi cavalieri?»
«Non pormi domande di cui conosci già la risposta, figlio mio, è a questo che tuo padre ti sta istruendo. Hai un’empatia speciale con i cavalli, riesci a montarli a pelo e a esibirti in acrobazie che farebbero impallidire il più abile tra i nostri veterani… e solo per far colpo su quella ragazzina, suppongo.»
Arthnou fece spallucce. «Quando partirò?»
«Forse altre due primavere. Ma lo sai cosa accadrà tra pochi giorni, vero?»
«Keu si esibirà nella prova!» Gli scintillarono gli occhi. «Tutti i primogeniti di Britannia tenteranno di estrarre la spada che Artorius…»
«Embreis Guletic. E non tutti i primogeniti, solo i figli dei nobili.»
«Sì, la spada che Embreis Guletic estrasse dalla roccia prima della battaglia dei Campi di Beli. Perché io non posso?» chiese cupo.
Rea si passò la mano sulla fronte. «Devi ancora prendere l’acqua dal pozzo.»
«Rispondimi… per favore.»
«Anche di questa domanda conosci la risposta.»
«Sono il secondogenito.»
«Ma diventerai un guerriero, un cavaliere di Urien.» Ammiccò.
«Tu non vuoi mandarmi via, vero?»
«Si cresce e si cambia, Arthnou. Tutti devono affrontare le proprie responsabilità, ma a te cavalcare e dare di spada è sempre piaciuto, o no?»
«Keu è più bravo di me.»
«È solo più forte, ma la guerra al momento non rientra nei suoi compiti.»
Sospirò. «In guerra si uccide.»
«È quello che fanno gli uomini.»
Il giovane lasciò cadere l’argomento e, raggiunta la fonte d’acqua, calò il secchio.
«Arthnou!»
«Dimmi, madre.»
«Lo dovrai indurire, quel cuore, se vorrai sopravvivere.»
[1] Ribchester, Inghilterra.
Come è nata l’idea di questo libro?
Riothamus è la conclusione di una trilogia che ha visto la sua genesi in Artorius, poi proseguita ne La stirpe dei re. L’idea che mi son fatto è che la figura di Artù scaturisca dalla fusione delle gesta di più personaggi. Il primo Artorius, ufficiale di cavalleria romana giunto sul vallo di Adriano al comando di 5.500 cavalieri corazzati. Embreis Guletic, altrimenti conosciuto come Ambrosio Aureliano… e Artù: il re che non fu mai re. Molto difficile. La terza parte della trilogia è stata la più sofferta per una serie di motivi anche personali.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Ho impiegato tre anni a scriverla. Iniziata, interrotta in favore di un altro romanzo, infine ripresa a settembre del 2018. Conoscevo il suo destino e, ancor di più non lo accettavo. Il romanzo non è del tutto scontato, mi sono permesso alcune variabili non del tutto improbabili sia sulla figura di Lancillotto/Mordred che con quella di Merlino e Wyllt, il narratore di quest’ultima storia.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Il primo Valerio Massimo Manfredi, Colleen McCullough, Pressfield, ma ne aggiungo un altro questa volta. Un autore di romanzi storico fantastici: David Gemmell. Senza aver letto i suoi romanzi, probabilmente, non avrei mai iniziato a scrivere. Parma, Salerno, Pisa, Crotone.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Parma, Salerno, Pisa, Crotone.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho in mente altri due romanzi. Il primo potrebbe aggiungere a questa trilogia un ulteriore tassello (L’autore della prefazione mi ha messo una pulce nell’orecchio a cui non so se riuscirò a resistere). Il secondo è un’idea abbastanza complicata che non so se sarò in grado di portare a termine. Vedremo.
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