Edito da planet book nel 2020 • Pagine: 130 •
Annalisa vive con nel cuore l’angoscia di una violenza subita a soli quindici anni. Ha un sogno, diventare étoile, e a quello si aggrappa con tutte le sue forze, anche quando Paolo, il ragazzo che ama e l’unico a cui è riuscita a raccontare il suo passato, la costringerà ad affrontare un’ulteriore prova.
Antonio trova lavoro presso il tribunale dei minori e la realtà che questo nuovo impiego gli fa scoprire, lo porterà a desiderare di adottare un bambino. La moglie, però, non è della sua stessa idea, e presto giungeranno a un'inevitabile separazione.
Cosa hanno in comune queste due storie? Fino a che punto il destino è disposto a spingersi pur di divertirsi a giocare con le loro vite? Riuscirà Annalisa a fare pace con i segreti del suo passato?
In un susseguirsi di colpi di scena, i protagonisti scopriranno che il destino è sì, beffardo, ma non sempre crudele.
«Non sai quanto mi ha fatto piacere la tua telefonata» le disse «ti va di fare una passeggiata a piedi?»
«Meglio di no, non sono andata ad allenarmi proprio perché non devo affaticarmi.»
«È successo qualcosa?»
«Un mal di schiena. Ho solo bisogno di una piccola pausa.»
Paolo ebbe l’impressione che ci fosse dell’altro, ma preferì non chiedere. Forzarla a parlare equivaleva a metterla sulla difensiva. Non la conosceva ancora bene, come lei gli aveva fatto notare; questo, però, lo aveva capito.
«Sali in macchina, allora. So già dove portarti.» Si sistemò al posto di guida e accese la radio.
La musica riempì l’abitacolo, distendendo l’atmosfera.
«È strano,» disse Paolo «stiamo in silenzio per un’infinità di tempo, eppure fra noi non c’è tensione. Ho sempre pensato che non parlarsi significasse non trovarsi bene con l’altro, ma non è quello che sento in questo momento.» Le lanciò un’occhiata e la vide voltarsi verso di lui, sorridendo.
«Io penso che nel silenzio non possa esserci falsità. Voglio dire. Se si chiacchiera ininterrottamente si convince l’interlocutore di qualunque cosa si voglia, vera o falsa che sia. Se invece è il cuore a parlare, o gli occhi, o il silenzio stesso, non esiste alcuna possibilità di errore.»
Paolo puntò nuovamente lo sguardo su Annalisa: il sorriso di lei si era allargato, illuminandole il viso. «Se applico questa tua teoria a quello che provo e a quello che vedo ora nei tuoi occhi» esordì dolcemente «non posso che essere ottimista su noi due.» Staccò la mano dal volante e la posò su quella della ragazza, stringendola. La vide abbassare lo sguardo, per poi rivolgerlo nuovamente fuori dal finestrino. Tuttavia notò che non sottrasse la mano, anzi, ricambiò la stretta, fino al momento in cui non le annunciò di essere arrivati a destinazione.
Aveva deciso di portarla in collina, un’altura da cui si godeva di un panorama mozzafiato. Scesi dall’auto, l’aria fresca li investì e vide Annalisa cercare di ripararsi con le braccia. Le strinse le spalle con entrambe le mani, facendole scorrere velocemente nel tentativo di scaldarla. «Mi dispiace. Se ti avessi avvisato ti saresti portata una giacca più pesante.»
«Non fa niente. Fra poco passa, solo il tempo di abituarmi.» Si affacciò dalla balaustra e guardò giù. «I miei genitori portavano me e mio fratello spesso quassù, quando la calura estiva non lasciava tregua e non sapevano come farci stare buoni» ricordò «Laggiù in fondo c’è una chiesa.»
Si allontanò senza dargli neanche il tempo di ribattere. Era sparita dietro una curva e faticava a raggiungerla.
Era sicuro che anche lei avvertisse l’aria caricarsi di elettricità quando la distanza fra loro diminuiva e per questo scappava.
La ritrovò davanti al portone della chiesa, le braccia inermi lungo i fianchi, profondamente delusa di vederlo sbarrato.
«Non l’avevo mai notata prima» le disse piano. «Credo di avere un po’ di esperienza sugli edifici di campagna semi abbandonati come questo.» Le prese la mano e la trascinò verso le mura laterali. Diminuì il passo e cominciò a scandagliarlo con attenzione, dall’alto verso il basso, fino a quando non trovò quello che stava cercando: in fondo alla parete di sinistra, ad angolo, una porta di legno logorata dal tempo si reggeva a stento sui cardini arrugginiti; come unica chiusura, un catenaccio nuovo di zecca.
Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni. «Serve a qualcosa separare gli appunti e poi non sapere dove mettere le graffette avanzate» rise Paolo, mostrando il tesoro recuperato.
«Ma cosa pensi di fare?» la voce di Annalisa gli giunse mentre già pregustava il raggiungimento dell’obiettivo.
La guardò e l’espressione di fiduciosa attesa che lesse sul suo viso lo convinse ad andare avanti. «Stai tranquilla, non resteranno tracce del nostro passaggio.» Raddrizzò una graffetta, mentre con l’altra formò un angolo di novanta gradi. «MacGyver è il mio telefilm preferito» disse ridendo, e cominciò ad armeggiare sulla serratura.
Gli ci volle più tempo di quanto pensasse. Si sentiva gli occhi della ragazza addosso. Provava piacere al pensiero di fare qualcosa di proibito al solo scopo di accontentarla e si ritrovò a chiedersi se fosse normale.
A un tratto si udì il suono dell’ultimo scatto e il lucchetto cedette nelle sue mani. Ebbe solo il tempo di raddrizzare le spalle che si ritrovò le braccia di Annalisa al collo.
«Ci sei riuscito davvero. Ma come hai fatto?»
Saltava e rideva come una bambina. Le strinse la vita cercando di avvicinarla, ma ormai sapeva che in un attimo si sarebbe allontanata.
«Entriamo, dai» disse spingendo piano la porta.
Dentro era buio. Le piccole finestre erano state poste troppo in alto e la luce non riusciva a filtrare come avrebbe dovuto. Quando gli occhi si abituarono all’oscurità, notarono che la chiesa era sì molto vecchia, ma ancora in uso: il tabernacolo spiccava al centro dell’altare, chiuso e ben pulito, così come le panche destinate ai fedeli.
«Chissà chi viene a sentire messa qui» chiese Annalisa facendosi il segno della croce. «È curata. Immagino ci sia una piccola comunità che non intende abbandonarla e fa di tutto per farla restare in piedi.»
«Sì, penso di sì.» A Paolo non interessava niente di ciò che aveva intorno, preferiva scrutare lei mentre ammirava le statue con attenzione, una per una. La vide soffermarsi sull’unico quadro presente nella parete laterale, dietro un piccolo altare secondario, farsi nuovamente il segno della croce e inginocchiarsi, chinando il capo. Restò così qualche secondo.
«Se vuoi possiamo andare» gli propose, rialzandosi. Aveva perso la spensieratezza di pochi istanti prima.
La vide lanciare un ultimo sguardo al quadro della Madonna col bambino e, con un cigolio, richiusero la porta da cui erano entrati. «Ecco fatto. Come ti avevo promesso non abbiamo arrecato alcun danno» esclamò Paolo richiudendo il lucchetto. «Ora so cosa prova un ladro quando s’intrufola in casa d’altri.» Rise di cuore, immediatamente seguito da Annalisa.
«Effettivamente mi hai fatto provare il brivido del proibito» continuò lei, mentre raggiungevano la piazza. «Sei stato fantastico. Non era mia intenzione farti compiere un reato.» Buttò indietro la testa, le spalle sussultavano.
Il ragazzo si sentì ubriacare dal suono della sua risata. «Dovresti ridere più spesso» le disse scostandole i capelli con le punte delle dita. «Ti prometto che mi impegnerò al massimo perché ciò avvenga.» Percepì un attimo di resistenza alla pressione che esercitò dietro la nuca di lei. Temette di spaventarla e che scappasse via da un momento all’altro, eppure ormai si era avvicinato troppo, non poteva più resistere al campo magnetico che lo attirava con forza verso di lei.
Raggiunse le sue labbra e sentì che anche lei lo cercava, prima timidamente, poi con crescente passione; lo abbracciava e lo baciava quasi disperatamente, come se temesse di vederlo sparire da un momento all’altro. Le dita a scompigliarsi i capelli l’uno dell’altro, convulsamente.
A un tratto Annalisa si separò da lui.
Si guardarono negli occhi, a lungo. Paolo cercò di decifrare i mille pensieri che affollavano quelli di lei, senza riuscirci.
Poi Annalisa tornò ad abbracciarlo, nascondendo il volto sulla sua spalla e sentì che gli riempiva il collo di tanti, piccoli baci.
La strinse ancora più forte e un calore umido si mischiò al tepore delle labbra.
Come è nata l’idea di questo libro?
Oggi ho 43 anni. Questo libro l’ho scritto fra i 13 e i 15 anni. È iniziato per gioco, mi volevo divertire a romanzare ciò che mi succedeva veramente.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Nel momento in cui ho deciso di riprenderlo e sistemarlo è stato facile. Tutto è venuto fuori nel modo più naturale possibile, anche la parte che ho dovuto scrivere di sana pianta, visto che l’idea originale era improponibile, troppo fantasiosa e poco coerente.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Ho passato buona parte dell’adolescenza leggendo romanzi d’amore, in primis adoravo Danielle Steel, ora leggo di tutto.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Nata e vissuta sempre a Messina, non ho mai lasciato neanche la mia casa. I miei genitori si sono trasferiti e io, mio marito e i miei figli viviamo nella casa dove sono nata.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Non ho più intenzione di fermarmi. Ho già un romanzo finito che ho presentato al premio letterario “io scrittore”. Ovviamente scritto con la maturità di una quarantenne, quindi, credo, tutta un’altra pasta, ma con l’amore sempre al primo posto.
Grazie per l’ottima opportunità. Le cose fatte per amore e non per interesse sono sempre le migliori