
Edito da EDIZIONI MONTAG nel 2021 • Pagine: 454 • Compra su Amazon
Luca Amato è cresciuto in strada dopo essere scappato da un padre alcolista e violento. In strada ha trovato il suo branco di lupi, un’organizzazione criminale chiamata Famiglia che gli dà un lavoro, lo cresce. Lo forma. Gli dà un nome: Jack London. Col tempo, Jack London diventa a sua volta un lupo, simile a quell’Uthred protagonista dei romanzi di Cornwell che divora avidamente tra un lavoro e un altro per conto della Famiglia.
L’incontro con Arianna, una prostituta cinese, irrompe come un fulmine in una vita che sembra ormai definita e la stravolge.
Dopo che la loro storia viene scoperta, Jack London viene scaricato dalla Famiglia e, tornato Luca, finisce in carcere dove conosce il suo secondo, grande amore: la scrittura.
Grazie all’aiuto di Nazaria, una professoressa in pensione, e di un monaco buddhista inglese dalla vita travagliata come la sua, Luca trasformerà il tempo in carcere in una palestra di vita e di studio, facendo suo il punto di vista della letteratura sulla vita e sugli uomini.
Jack London, Dostoevskij, Tolstoj e soprattutto Knausgard diventano i veri Maestri di Luca che, presto, troverà la sua voce per scrivere qualcosa di unico del suo genere e che gli aprirà, di nuovo, le porte del mondo.
Romanzo di formazione, La saggezza del lupo è un inno d’amore alla letteratura mondiale e alla scrittura, alla Bellezza e alla vita che trova sempre la sua strada.

La biblioteca della sezione era piena di detenuti tra i quali erano presenti sia quelli che avevano partecipato per tutto l’anno al corso di Parole in Circolo, promotore di quell’incontro, sia altri richiamati dal nome dell’autore che avrebbero potuto incontrare. Carlo Martigli, livornese di nascita e ligure d’adozione, dopo una carriera in banca aveva mollato tutto per seguire il proprio sogno di fare lo scrittore e ci era riuscito alla grande, con best seller tradotti in tutto il mondo. Tra i vari impegni che lo tenevano occupato, tra conferenze e ospitate in tv, organizzava anche seminari per giovani penne che desideravano conoscere gli attrezzi del mestiere dello scrittore. In quest’ottica, Martigli aveva subito accolto l’invito di Nazaria, che conosceva da tempo perché avevano lavorato e vissuto per un po’ nella stessa cittadina ligure, di venire a incontrare in carcere i ragazzi del corso Parole in Circolo. Martigli aveva due occhi azzurri che brillavano su un volto gioviale incorniciato da morbidi capelli bianchi come la barba rada e corta, che lasciava appena spuntata. L’accento livornese era ancora presente nel suo modo di parlare e conferiva a quello che diceva un tono leggero che rendeva il tutto più interessante. Uomo di profonda cultura, era in grado di spaziare tra gli argomenti più disparati e fondere tra loro letteratura e scienza, economia e politica o, come in quel caso, scrittura e musica. Luca fu da subito colpito da quell’accostamento anche perché, in un modo o nell’altro, il nome di Mozart continuava a tornare nella sua vita ogni volta che si parlava di arte. La biografia scritta da Solomon che si era procurato gli aveva aperto file importanti rispetto alla storia personale e aveva sentito molto vicino a sé l’uomo Mozart, al di là del genio trascendente che viveva nel bambino prodigio di Salisburgo.
‘Mozart lottò contro tutto e tutti per poter trovare la propria voce in qualsiasi genere musicale conosciuto e fare in modo che fosse unica, inconfondibile. Inimitabile. Possiamo spingerci a dire che proprio nel momento in cui Mozart ha rotto con tutto ciò che conosceva, con la sua zona di comfort, diremo oggi, il genio che era in lui si è rilevato fino in fondo. Anche voi che siete qui siete fuori dalla vostra zona di comfort, non è così?’
Martigli sedeva comodo su una delle sedie della biblioteca, a capotavola, e sembrava totalmente a suo agio sotto tutti quegli sguardi attenti. Indossava un maglioncino di cotone leggero con il collo a v e una camicia dal colletto slacciato sopra pantaloni morbidi. Una sciarpa gli girava intorno alle spalle e cadeva morbida sul busto. Sul tavolo davanti a sé restava, vuoto, il bicchierino dal quale aveva bevuto un caffè poco prima. Nazaria, seduta vicino a lui, annuiva serena con piccoli cenni del capo a quello che stava dicendo l’amico e, di tanto in tanto, gettava un occhio ai detenuti per sentire il polso del gruppo. Nessuno dormiva. Bene.
‘Nel processo artistico di un compositore o di un autore, come potreste essere voi, arriva il momento in cui l’apprendista esce dalla tradizione comune, dall’insieme di scuole che la caratterizza e crea una forma inedita di bellezza. In questo momento nasce l’artista. L’artista, badate bene, non deve necessariamente creare il bello ma mettersi a servizio della Bellezza. Questo è l’esito di un lungo processo di prove ed errori dove mentre in apparenza ricerca la propria arte in realtà è alla ricerca di sé e questa non finirà mai, anzi, ogni lavoro che porta a termine la rimette in discussione. L’opera cessa di essere proprietà dell’artista, se mai lo è stata, per diventare universale. La grande bellezza di Mozart è stata quella di trasmettere, insieme a un profondo senso di armonia inquietudine, instabilità, persino paura o ansia. Nessuno è riuscito a dare alla bellezza un tono così struggente e alla perfezione una dimensione così umanamente imperfetta.’
Qualcuno alzò la mano per fare delle domande. Ottimo.
‘Risponderò alle vostre domande tra poco, vi prego solo di farmi finire il ragionamento altrimenti rischio di perdere il filo e non saprei più di cosa sto parlando!’
La risata dell’autore si mescolò a quelle delle persone presenti mentre Luca, affascinato da quella presenza carica di creatività, rodeva dall’invidia. Sì, Nazaria aveva trovato in Luca qualcosa ma non voleva dire nulla, aveva lo stesso valore di un otto preso da un ragazzino a scuola per un tema. Niente di più. Come diavolo si diventava scrittori?
‘La bellezza delle ultime opere di Mozart nasce dalla ridefinizione completa delle regole e non dalla loro applicazione. Voi potreste definirla trasgressione, se volete. È una bellezza che ci invita a trovarla e non a definirla, che elude le nostre categorie. È Il tempo perduto di Proust e Fight Club di Palanhuk allo stesso tempo, l’Eroica napoleonica di Beethoven e l’Urlo di Munch, è il satiro catturato da Re Mida che gli dice che non essere nulla sarebbe la cosa migliore per l’uomo ma anche la donna del Cantico dei Cantici che invita all’amore. È un mondo etereo che si abbandona alla quiete dopo ‘un morboso turbamento’, è un quadro di Caravaggio tradotto in musica o un’aria della Turandot messa su tela. È, per dirla con Solomon, ‘la chiusura che ricerca il tema di apertura come tentativo malinconico ma coraggioso di vincere la caducità.’ Ma la grandiosità di Mozart e, quindi, quello che dovete trovare nel vostro modo di scrivere, per citare Lowinsky, è ‘la capacità di ricercare irregolarità e asimmetrie affinché un’asimmetria dinamica possa dare vita a una risposta simmetrica’. Chiaro, no?’ Molti tra i presenti scoppiarono a ridere, compreso Martigli.
‘Non chiedetemi di ripeterlo, chi ho messo due giorni a impararla.’ L’autore strabuzzò per un attimo gli occhi dietro le lenti degli occhiali, poi si permise una seconda risata. Martigli sembrava essere un uomo di buon cuore. Un artista generoso. Uno che avrebbe aiutato. Aiutato chi? Luca?
‘Hegel chiamava questo movimento tesi, antitesi e sintesi. Nel romanzo della bildung, di formazione, riguarda il protagonista che si muove nel mondo, si perde e infine si riafferma cambiato dopo un processo di autodeterminazione. È il viaggio dell’eroe di Vogler, per intenderci. Adesso vi do il tempo per una domanda.’
Il detenuto che aveva alzato la mano poco tempo prima prese la parola.
‘Come si diventa scrittori?’
Carlo sfilò per un attimo gli occhiali, estrasse un fazzolettino dalla tasca e con quello strofinò le lenti, una a una, con attenzione, pensando a quello che avrebbe dovuto dire. Inforcò di nuovo gli occhiali e sorrise.
‘Davvero una bella domanda, ti ringrazio. Non c’è un modo preciso ma penso di potervi consigliare almeno due cose. Per diventare scrittori bisogna avere letto molto e molto vissuto.
Se volete essere autori che abbiano davvero qualcosa da scrivere e non semplici imbratta carte come oggi ce ne sono molti, dovete essere in grado di mettere nel vostro lavoro una componente essenziale, che non si trova facilmente: la vostra unicità. Non abbiate la pretesa di raccontare la verità o fallirete. Provate a raccontare il modo in cui la percepite, trasformate ciò che vedete, sentite, intuite o toccate in parole e riuscirete nel vostro desiderio di diventare scrittori. La verità che volete mettere su carta è come la superficie dell’acqua al di sotto della quale nuotano veloci le emozioni, i pensieri e tutto ciò che costituisce la vostra personalità. La vostra opera deve contenerli entrambi e solo allora arriverà davvero a chi vi leggerà e sapete come? Sotto forma di emozioni. Chi legge deve emozionarsi. Qualcosa in lui o in lei deve cambiare. A quel punto, potrete definirvi degli scrittori.’
Una serie di applausi si levò spontanea dal pubblico e Nazaria tirò anche questa volta il fiato. Si sentiva in qualche modo responsabile degli incontri che organizzava e, per fortuna, ogni volta era andata bene. Sapeva di godere di grande fiducia da parte della direzione e non si sarebbe mai perdonata dei passi falsi. Numerose domande furono poste all’autore e Martigli rispose ogni volta con attenzione poi, alla fine dell’incontro, fu chiamato da Nazaria a conoscere uno dei presenti.
‘Carlo, questo è il ragazzo di cui ti ho parlato. Si chiama Luca e sta dimostrando un certo stile creativo.’
Luca guardava Nazaria e l’autore desiderando, come ogni volta di scomparire, ma in realtà quello che la professoressa aveva appena detto lo aveva lasciato senza parole. Uno stile creativo. Non lo sapeva.
‘Molto piacere, Luca. Come hai trovato il nostro incontro di oggi?’
‘Io beh, bello. Certo, grazie; anzi, davvero interessante.’ Ma che cazzo stava dicendo. Meno male che non era un corso per oratori, almeno poteva darsi l’aria del genio incompreso e balbuziente.
‘Carlo, se sei d’accordo mi piacerebbe che, tra un po’ di tempo, dessi un’occhiata a qualche lavoro di Luca ,giusto per avere un parere esterno; che ne dici? Lo trovi possibile? Luca ha già pubblicato un paio di racconti fuori e scrive per Stampe Bollate.’
Gli occhi dello scrittore centrarono in pieno il viso di Luca che come sempre prese fuoco nonostante con la sua fisicità superasse di parecchio l’altro in altezza. Dopotutto, era rimasto un elefantino legato al suo filo di seta.
‘Per me va bene, ne sarei felice. Come sai ho in mente da tempo di creare qualcosa per autori emergenti e partire proprio dal carcere sarebbe davvero stimolante. Quando sarete pronti, fatemi avere del materiale.’

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea del libro nasce dagli anni di volontariato in carcere per Liberation Prison Project Italia, associazione che si occupa tuttora di portare tra i detenuti corsi di meditazione ispirata al buddhismo attraverso gruppi e incontri individuali. Ho tenuto personalmente corsi in diversi reparti sia del carcere di Milano Bollate che presso la Casa circondariale di San Vittore e grazie al mio impegno, ho potuto persino organizzare incontri con il premio Nobel Dario Fo, con Folco Terzani, Roberto Vecchioni. Avere incontrato persone così mi ha stimolato davvero molto. Ho anche organizzato il primo mandala di sabbia costruito da monaci buddhisti mai tenuto in un carcere, presso il teatro di Milano Bollate, nonché due concerti di musica irlandese tenuti dalla band lombarda Shamrock band… but really folk!. Sono stati anni di formazione fondamentali, per me. Ma il libro nasce anche dall’incontro con la grande letteratura mondiale, dal mio amore per Knausgard ma anche per Roth e soprattutto London, i cui libri sono quasi un file rouge che tengono insieme il romanzo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Quando scrivo, è come guardare un film, dall’inizio alla fine. Ogni giorno, dedico diverse ore al testo, scena dopo scena, finché non è finito. poi lo correggo e, infine, tiro un sospiro di sollievo. Non è difficile scrivere, non più di quanto lo sia sognare o vivere. Solo che poi hai bisogno di altro, perché se vuoi scrivere davvero devi anche vivere molto.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Ho avuto la fortuna di citare, nel libro e nella bibliografia di riferimento alla fin del romanzo, tutti gli autori che amo e che ho amato negli ultimi due anni: Knausgard, Roth, London, Salinger, Fante, Martigli. Grandi nomi, grandi artisti, grandi maestri.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono nato e cresciuto in Liguria, a Lavagna, per poi trasferirmi a Milano inseguendo l’amore e il grande sogno. Adesso vivo felice con mia moglie Wendy e con i nostri bimbi, Sophia e Thomas, nel meraviglioso quartiere di Casoretto, con la sua bellissima chiesa romanica, una delle poche ad avere un chiostro esterno, che sembra abbracciare la piazza con le sue colonne.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Mentre stiamo facendo l’intervista, ho ben tre romanzi in via di valutazione, due dei quali scritti mentre guarivo dal Covid. Non resta che aspettare e vedere. E poi raccontarla.
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