Edito da Franco Conese nel dicembre 2018 • Pagine: 108 • Compra su Amazon
Poesia contemporanea. Racconta un'esistenza sconclusionata attraverso una scia incontrollata di versi liberi, ricchi di immagini, sospese sopra incontri ai confini suburbani della follia.
sguardo d’intesa… sotto la pioggia… di un giorno svoltato… dentro un nuovo posto… in nessuna festa… tizio che parla arabo con nordafricano seduto sullo sgabello… noi accanto in incomprensibile attesa… ho pensato… venduti per una bottiglia di rum ad un cartello del narcotraffico lombardo… lui assoluta fiducia verso una simile anima sperdutamente affascinante… poi usciti… dietro l’angolo… in assenza di lampioni… più persone apparse… in magnetica attrazione… a governare la nostra fine… sotto finestre chiuse in case di ringhiera… davanti a portoni e antichi citofoni di custodi… sopra il tetto di una macchina… polvere sopra la polvere… racchiusi in umida condivisione… in forzata prosecuzione… risparmiati… sotto le ali del capo indiano… idolo indiscusso della festa… lui come l’ultima volta… intrepido e sghignazzante ed invischiato dentro immense pozzanghere sopra umani dormitori… a trivellare cemento armato fino ad esplosioni di fogne… in fondo ad abissi immacolati… in moto circolatorio… intorno ad uno schizzo astratto su carta astrologica… intorno ad un eterno e ripetuto istante… in risoluzione davanti alla solita saracinesca… io che m’incammino… vado a dormire qualche ora… lui che insiste… incontrollabile volontà custodita dentro sguardo incessante… ripetuto… davvero – vado a riposare – ne ho bisogno – anche tu dovresti farlo – domani tocca a te ad aprire… lui che mi guarda… intrappolato nelle stanze dei suoi demoni buoni… sorriso beffardo… ti accompagno a casa… inutile insistere… saliti sulla novanta… micromondo di disseminate etnie sedute su biglietti non obliterati di sola andata… mostro arancione scintilla della notte raccoglitore d’ubriachi poeti e spacciatori… corridoio umanitario accompagnatore sopra i confini di tutte le periferie… bestione lunare morsicatore di stelle sopra cavalcavia di incidenti mortali… unico nastro luminoso in mezzo a piazze desolate sopra capolinea di prostituzione… amabile moto circolatorio indefesso traghettatore su strade lunghe oltre sessant’anni di pace… capitati nel mezzo di una schermaglia… tra nordafricani e tizio seduto testa a penzoloni… dentro uno stridente sottoinsieme terrestre… di uomini falena arrivati da Point Pleasant… con occhi rossi rifrangenti e ali… sopra nuclei acquiescenti e roncopatici… sopra corsie preferenziali… verso casa… entrato subito sulla scena… in contagiosa allegria… in emulazione alla pseudo festa… conoscete Alexander? – il re di Macedonia – parla arabo – parla quattro lingue… il tizio seduto inveisce contro tutti… schizzi di saliva su scarpe slacciate… occhi smarriti dentro i fine settimana… culo mostrato sotto i cavalcavia… tutti conoscono Alexander… solo lui conosce il tizio testa a penzoloni… abbracciato… come vent’anni prima… sotto i cieli crollati nel quartiere della Barona… dopo un memorabile filotto valso un marengo… celebrato su trono di plastica… elevato ad istituzione di marciapiedi itineranti… presentato su sponde africane… in santa pace tra i popoli… in maggiore attenzione… intercettato… in una corsa al termine della notte… su frequenza euritmica… ai bordi di un remoto tramonto… appeso al ponte della ghisolfa… in perlustrazione da bar aperto… conosce mio padre… testimone di una parabola discendente… di orologi venduti… di soldi sprecati… chiusura del cerchio… imbucati… dentro il bar sotto casa… a cinque piani dall’apprensione di mia madre… seduta in cucina… già sveglia… aggrappata alla vestaglia della madonna… il gatto sulle ginocchia… mio padre che russa… sopra una tregua di lana… sopra cianotiche risurrezioni… mio fratello scappato dentro un matrimonio… il cane è affogato… in dissenteria… al buio di uno scantinato… la mia serata già finita da un pezzo… legata ad una corda di ascensore… ad una birra bionda… all’imbarazzo… negli occhi famigliari del barista… oblatore di latte prossimo alla scadenza… di aperitivi a natale… in educata riservatezza… in apparente complicità… io vado – che dici? ce la fai?… lui solito sorriso beffardo… salito sopra le prime luci del giorno… un piano alla volta… fino alla porta di ferro… azzurra… in fiamma ondeggiante… sotto indiavolata caffettiera e spasimato sospiro… scontrato in occhi gonfi… in occhi di pianto… in corridoio… sopra l’eco ruvido di pomeriggi sgretolati… sotto le coperte… nel sibilo di transiti sopra il cavalcavia… rannicchiato su stelle scomparse… accanto alle interferenze… al trillo muto e lampeggiante di un telefono… al suo nome illuminante…
Come è nata l’idea di questo libro?
Questo libro è la conclusione di uno sconclusionato. È frutto dell’incompiutezza. È la sintesi di molteplici idee sparpagliate che alla fine hanno trovato un posto. Quindi posso dire che non è mai nata un’idea di questo libro, me lo sono ritrovato, gli ho dato una forma e ci ho messo un punto
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Complicatissimo, finché ho capito che non sarebbe mai terminato.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
J. Kerouac, A. Ginsberg, C. Bukowski.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ho sempre vissuto a Milano. Una città magnifica, ma se posso digredire dalla domanda, mi vedo, in futuro, lontano dalla pianura, un po’ più su, non troppo s’intende.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Un libro di racconti è quasi terminato, e un altro è pensato.
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