
Edito da Entheos Edizioni nel 2019 • Pagine: 374 • Compra su Amazon
Avvertenze per l'uso: da non leggere se allergici alla realtà.
Una raccolta di racconti che, un po' cinicamente, un po' romanticamente, ci mostra l'umanità alle prese con drammi comuni. Orazio C. racconta vicissitudini quotidiane, nostre o del nostro prossimo, illuminando poeticamente la crudezza realistica degli eventi. Racconti spogliati da ogni giudizio, personaggi strepitosi nella loro ottusità e storie talmente ordinarie da risultare uniche: ecco cosa vi riserva questo libro. E non solo.

Noi la solita solfa la saltiamo e partiamo direttamente col dire che, un bel giorno, scrittore in erba decise di uccidere il proprio editore.
Certo, ogni narrazione che si rispetti, dovrebbe quantomeno caratterizzare il personaggio principale, dimodoché il lettore possa capire con chi ha a che fare. Per questo motivo diciamo che colui che abbiamo chiamato “lo scrittore in erba” non era affatto un giovane alle prime armi che si affacciava per la prima volta sul panorama letterario, bensì era uno scrittore consumato, esperiente, ma fallito. Vi chiederete, dunque, che senso abbia definirlo “scrittore in erba” e, per togliervi ogni perplessità, diciamo subito che questa espressione è stata scelta per alludere allegoricamente alla fonte principale da cui lo screanzato traeva ispirazione per il suo lavoro: la cannabis.
Ogni qual volta egli si trovava a corto di idee e di inventiva, invocava la sua musa preferita nei giardinetti pubblici. E presto ella appariva per mano di un abbronzatissimo giovane che gliela consegnava a caro prezzo e in dose sufficiente a rinfocolare la fantasia letteraria del nostro protagonista. Bisogna tuttavia precisare che il ricorso a questa risorsa immaginifica non era affatto dettato da una condizione di dipendenza dallo stupefacente, ma che si trattava di un utilizzo coscienzioso e morigerato delle proprietà allucinogene della stessa e che il protagonista disdegnava in qualunque altra occasione di assumere qualsivoglia delle sostanze veicolanti lo sballo. Era del resto una terapia autoprescritta che non aveva una cadenza regolare, ma veniva somministrata prima di intraprendere un nuovo lavoro di scrittura o, occasionalmente, per superare eventuali condizioni di stallo dell’opera. Lo scrittore in erba disponeva come mezzo di trasporto di un piccolo furgoncino a due posti e, ogni volta che lo reputava necessario, lo parcheggiava in un luogo appartato, si sedeva dentro il vano di carico, vi si adagiava mollemente grazie al conforto di alcuni enormi cuscini e fumava i cannabinoidi, certo che una mezzoretta di quei suffumigi avrebbe senz’altro condotto la sua mente lungo un viaggio prolifico, tra idee, visioni ed avventure, che poi egli avrebbe riadattato nei giorni successivi, costruendovi attorno una trama letteraria piacevole e coinvolgente.
In virtù degli effetti benefici apportatigli dall’erbaggio, il suddetto scrittore si era scelto uno pseudonimo tanto insulso quanto privo di attrattiva per il grande pubblico. Si faceva chiamare “Verde Subbuglio” per via del disordine che l’insufflazione di marijuana scatenava tra le sue idee e che poi spettava a lui ricomporre su carta. È probabile che la scelta di questo infelice pseudonimo sia stata una delle cause dei suoi insuccessi professionali, ma senza dubbio ad essa si sommano anche una sua notevole intransigenza nel rifiutare tagli, adattamenti, modifiche e correzioni suggerite dagli editor e la totale assenza di garbo nell’intrattenere rapporti professionali con le case editrici.
Per ciò che attiene al primo aspetto, c’è da dire che la sua prosa vivace, nervosa e spesso caratterizzata da periodi lunghi e tormentati, da un gran numero di subordinate appese a malapena al filo logico del discorso e spesso pericolanti, risultava essere un groviglio di informazioni, citazioni, incisi e riflessioni che avrebbero certamente messo a dura prova l’attenzione del lettore e che forse non erano l’ideale da proporre al grande pubblico, al pari del lessico da lui abitualmente utilizzato: una commistione di modernismi, tecnicismi, classicismi e termini desueti che poteva risultare piacevole e a tratti affascinante, ma che inevitabilmente richiedeva una certa soglia di erudizione per essere apprezzata, e che pertanto poneva l’intera opera al di fuori del comparto letterario “middle-brow”, cui di solito si associano maggiori volumi di vendita e un più semplice lavoro di marketing per collocare le opere sul mercato.
Tuttavia, quando gli editor gli proponevano delle semplificazioni al testo, lo scrittore in erba andava su tutte le furie e si rifiutava categoricamente di intervenire in tal senso perché riteneva che questo avrebbe appiattito le sue opere e le avrebbe impoverite, private di una certa dose di originalità – che ci sentiamo di riconoscergli – e relegate nell’ambito della semplice letteratura di intrattenimento piuttosto che in quello della letteratura “impegnata”, cui lui ambiva, forse peccando di presunzione. Ma tant’è che ogni volta ne nascevano discussioni, litigi e inevitabili rescissioni di contratti. E questo certamente vanificava i suoi sforzi creativi e fece sì che anno dopo anno si fossero accumulati nei suoi cassetti un nutrito numero di racconti, poesie e due romanzi; il tutto inedito e scarsamente apprezzato all’infuori della magra consolazione di qualche premio, ricevuto a seguito della partecipazione a dei concorsi letterari.
Noi, che abbiamo avuto il piacere di prendere visione delle suddette opere e, ahimé, il dispiacere di conoscere l’autore, dobbiamo per onestà intellettuale riconoscerne il valore e ci sentiamo di poter dire che un atteggiamento più conciliante dello scrittore in erba e un temperamento meno focoso, gli avrebbero senza dubbio facilitato la carriera.
(Incipit del racconto “Lo scrittore in erba”)

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea di scrivere dei racconti è nata dal mio desiderio di regalare al pubblico delle storie che fossero capaci, al contempo, di emozionare e di affrontare tematiche profonde e complesse, senza imbarcarsi nella lettura impegnativa di un romanzo. I miei racconti non hanno il semplice scopo di intrattenere, ma anche quello di veicolare un messaggio, a volte nascosto dietro note malinconiche, altre volte esacerbato con i toni dell’ironia caustica. Entheos Edizioni ha voluto scommettere su di me e sul genere del racconto breve, che è particolarmente apprezzato nell’epoca frenetica che stiamo vivendo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Da un punto di vista emotivo, scrivere è un’attività impegnativa e spesso dolorosa se la si intraprende con passione e sincerità. Lo scrittore scava dentro sé stesso e nel proprio passato, rivanga i propri turbamenti, i dolori mai sanati e tutti i ricordi che vorrebbe eliminare. Lo scrittore si tormenta sadicamente e regala pezzi della propria anima al lettore, celandoli abilmente tra le parole. Egli soffre, ma si diverte al contempo. Si inchioda alle proprie debolezze, ma si trastulla con la propria abilità letteraria. Poi, ovviamente, ci sono le difficoltà tecniche della narrazione. Per quanto mi riguarda, ho voluto scegliere con cura ogni parola perché il mio registro lessicale consiste in un pendolo che oscilla tra l’aulicismo e lo slang metropolitano, passando per il linguaggio specifico delle scienze. Un continuo saliscendi che comporta studio, informazione e fantasia.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Ho sempre amato i classici e ritengo che abbiano raggiunto delle vette letterarie ineguagliabili. Tra i grandi del passato, ho particolarmente apprezzato Zola, Dostoevskij, Federico De Roberto e Hermann Melville. Tra i contemporanei, invece, mi accodo con piacere al fan club di Philip Roth e ammiro la maestria di Raymond Carver e Richard Ford nel narrare la “quotidianità” del vivere.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Da circa sei anni vivo in provincia di Varese, poiché vi lavoro come operaio. Nei precedenti 31 anni, invece, ho vissuto in provincia di Catania, poiché lì sono nato. Mi piacerebbe potermi trasferire nel Lazio o in Toscana.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto lavorando alla mia seconda raccolta di racconti. Saranno storie più complesse e articolate rispetto a quelle presenti ne “Lo scrittore in erba”. Non mancheranno l’ironia che contraddistingue la mia narrazione, né le digressioni meditative che vogliono stimolare il lettore a confrontarsi con tematiche sociali, filosofiche ed esistenziali. Nel cassetto c’è un romanzo, già abbozzato, con un finale “sorprendente”.
Magnifica la prosa, chiaro ed elegante il linguaggio. Interessante, leggero’ il libro.