Edito da Scatole Parlanti - Alter Ego Edizioni nel 2019 • Pagine: 204 • Compra su Amazon
In un’estate torbida agli inizi degli anni Novanta, il giovane Savino si affaccia all’età acerba dell’adolescenza come si affrontano i sentieri in salita del suo paese, San Fele, in Lucania, tanto in alto che gli altri sembrano “presepi accartocciati”. Da “principiante della vita” scruta senza troppa curiosità il carattere malinconico del padre Michele, quello un po’ bizzarro dello zio Gaetano, da cui ha ereditato il “demone del dubbio”, e si lascia rasserenare dai modi placidi della madre Carmela; un ménage familiare, il suo, animato da duelli verbali con il fratello Aldo, dal ricordo di antenati sconosciuti e dalle scorribande con Radu, detto l’Anguilla. L’idillio verrà spezzato dalla frequentazione di Adamo, forestiero con alle spalle una figlia perduta e il buio della galera, che concretizzerà un processo di crescita assieme all’infatuazione per la bella Miriam, ragazza di città audace solo in apparenza. Su uno sfondo pietroso ma vivido e tra atmosfere ancestrali, si apre uno scorcio di vita che è quella degli orfani della Lucania, di coloro, cioè – e Savino non farà eccezione – che dopo un’adolescenza passata a chiedersi cosa sia il futuro lasciano la propria terra ma non abbandonano le loro radici.
«Con quell’eterno ritornare degli eventi naturali e dei riti collettivi avevo convissuto durante l’infanzia e la giovinezza. Misuravo il tempo in foglie che si facevano spazio sui rami o vorticavano nell’aria e ancora dai nove rintocchi delle campane che annunciavano il “mattutino” e dai ventuno tre ore prima del tramonto […]».
Come è nata l’idea di questo libro?
In maniera quasi naturale: della Lucania, dov’è ambientata la storia, mi ha sempre attratto i suoi luoghi senza tempo, dove ogni cosa è rimasta intatta, incorrotta dal degrado della società postmoderna. Pensiamo ad Aliano al centro di paesaggi lunari, i calanchi, o San Fele dove i corsi d’acqua s’intersecano tra di loro. Nel romanzo queste ambientazioni e l’amore per questa terra emergono tutte. E soprattutto mi è sembrato il contesto giusto per accompagnare il lettore verso uno spazio di riflessione che andasse oltre la narrazione fine a se stessa.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
È stato un romanzo molto difficile nella stesura. Ha comportato numerosi ripensamenti, revisioni, durati anni. Ma alla fine il risultato credo sia stato straordinario. Almeno per me.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
La letteratura distopica mi ha sempre affascinato, ma da professore di Filosofia mi sono sempre cimentato nella letteratura esistenzialista. In questo romanzo si vede tutto: il tema della scelta e del dualismo tra bene e male sono ben presenti. Di recente mi sono appassionato a un autore caduto per molto tempo nel dimenticatoio: Giuseppe Berto.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Attualmente vivo a Corato, in Puglia, città della cultivar di olivo, per motivi sentimentali. Ma è Molfetta la città dove ho vissuto tutta la giovinezza. È un città di pescatori, mio padre lo è stato tutta la vita. Una cosa che mi manca di essa sono le lunghe passeggiate a ridosso della banchina: la lunga nenia del mare, i pescherecci di ritorno il venerdì sera con il loro carico e il mercato con il suo vociare della gente del posto.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho almeno tre quattro lavori che ronzano nella mia testa. Questa fase può durare anni. Uno è in fase di stesura da un annetto, sul quale posso dire che affronta un tema di impegno e riscatto sociale.
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