Edito da Mimmo Toscano nel 2020 • Pagine: 108 • Compra su Amazon
Il sogno negato ripercorre la Storia della Strage di Auletta, consumata, nel 1861, da un contingente di Bersaglieri affiancati dalla Legione Ungherese, una tra le più cruente del Risorgimento. I militari si accanirono contro i cittadini inermi saccheggiando, uccidendo a sangue freddo e bruciando. Un crudo realismo che porta a riconsiderare il passato ridiscutendo quei dogmi costruiti come strumenti di negazione della verità volti a consolidare delle determinate specifiche, un nuovo modo di dare corpo agli eventi che si immaginavano diversi, un recupero veritiero dei fatti che tende a ricostruire il nostro passato consolidando verità perse nelle nebbie del revisionismo.
Antonio sognò di aver fatto ritorno a casa, circondato dalla famiglia e dagli amici di una vita. Indossava un panciotto color grigio topo e aveva tra le mani un signorile cappello a bombetta con l’ala arricciata. Sembrava essere una di quelle giornate perfette, la tavola imbandita a festa, le risate, suo padre, morto anni prima, che gli parlava di innesti. In quegli attimi non vi era passato, né futuro, ma solo quel bellissimo momento di gioia. Sua moglie gli servì una zuppa accompagnata da vino e pane raffermo accomodandosi nella sedia accanto, gli sorrise, poi avvicinò le labbra al suo orecchio “Resisti” disse flebilmente. Un attimo dopo fu destato da un cigolio. Si tirò in piedi con un balzo lasciando stridere le assi per trovarsi di fronte la faccia pallida di un carceriere che sbucava dalla penombra “Prendi – disse porgendogli una lisa borraccia in pelle – ne avrai dell’altra domani”. Antonio bevve avidamente, non sorseggiava acqua da almeno un giorno, la sete e la disidratazione lo stavano fiaccando, le forze lo avevano abbandonato. Si avviò in direzione della porta, tendendo l’orecchio nella speranza di strappare qualche suono o frammenti di conversazione, quello che desiderava in quel momento era solo capire se riuscire a riportare a casa la pelle. Non riusciva proprio a concepire di trovarsi lì dentro, avvolto dal silenzio e dalle paure. Sembrava fossero trascorsi mesi dall’inizio della prigionia, una parte di sé era in collera, sentiva di non aver fatto nulla di sbagliato cercando di proteggere i suoi compaesani.
“Non voglio passare qui il resto dei miei giorni” si disse.
Udì dei rintocchi provenire dall’esterno, cominciò a contarli ma se ne lasciò sfuggire qualcuno, forse erano nove o dieci, magari undici. Poi il silenzio riprese a padroneggiare. Si schiarì la gola, avvicinandosi alla parete dietro la quale si trovava Raffaele e diede dei colpetti con le nocche. Nessuna risposta. Riprovò con più veemenza.
“Raffaele – chiamò sussurrando – è tutto a posto?”.
“Ci sono – rispose una voce che sembrava provenire da molto lontano – com’è che riesco a sentirti così bene?”.
“Lo spacco nel muro. Se ci guardo attraverso riesco quasi a vedere cosa ho di fronte. Io però ti sento fuori mano”.
“Mi avvicino”.
L’espressione di Antonio nel vedere parte del volto di Raffaele si fece preoccupata, il suo compaesano sembrava essere uscito fuori da una di quelle illustrazioni che aveva visto in passato nelle pagine di un libro custodito nella chiesa. Un vero e proprio demone infernale. Stentava ad aprire gli occhi tumefatti e una estesa lesione sullo zigomo evidenziava una frattura esposta, con l’osso scheggiato che fuoriusciva dalla cute. Attese che parlasse, però sembrava intontito.
“Stai male, Raffaé?” chiese preoccupato.
“Mi fa male la testa e non riesco a camminare”.
“Sei ridotto malissimo. Chiamo le guardie”.
“No – rispose secco l’uomo – per favore”.
“Perché? Forse hanno una stanza dove medicarti…Non hanno visto in che condizioni sei?”.
L’uomo si piegò in avanti, quasi volesse entrare nella crepa “Ieri stavo peggio. Ora va meglio”.
Antonio scosse la testa, preoccupato. “Come ti sei ferito?…E’ stato quando sono arrivati?”.
“Mi hanno colpito quando cercavo di liberare mio figlio. Qui hanno fatto il resto!”.
Antonio non poteva credere a quelle parole. Non pensava si potesse arrivare a tanto. Accanirsi così su un uomo che aveva appena perso un figlio era da bestie. La voce si fece accorata “Per questo non vuoi le guardie!”.
Lacrime copiose rigarono il volto di quel padre disperato “Li ho supplicati di lasciarlo andare, gli avrei dato tutto quello che avevo, me lo hanno ammazzato come un animale mentre mi costringevano a guardare. Ora spero solo che arrivi la morte a darmi sollievo”.
“Ne dobbiamo venire fuori da questa baraonda, Raffaé! Appena sarà possibile parleremo con qualcuno per spiegare tutto – esclamò Antonio regalandogli parole di speranza – ora riposati, parleremo dopo”.
Sapeva che difficilmente, a breve, quella condizione sarebbe cambiata, si diceva bugie per trovare la forza di andare avanti e uscirne vivo. In quel momento ricordò i racconti sulla Legione che si udivano nelle bettole. Si diceva fossero dei folli che amavano fare scorrerie e uccidere senza pietà per impossessarsi di favolose ricchezze, donne e schiavi. Veritieri, quindi. Cominciò a ripetersi che doveva trovare un modo per tenersi fuori dai problemi in modo da evitare di finire cadavere. Quel posto sembrava senza legge, pericolosamente mortale. Si guardò e si stiracchiò accorgendosi di avere il pantaloni a brandelli, sentiva poi in bocca uno strano sapore di ferro e olio che sembrava procurargli il vomito. Puzzava poi come una capra. Pensò fosse stata l’acqua a fargli quello scherzo prese allora la borraccia e ne annusò il contenuto. Sembrava buona o almeno non puzzava di putrido. Cercò di non pensarci concentrandosi su altro, dovevano essere le undici, forse mezzogiorno, si rimproverò di non essere stato attento nel conteggiare i rintocchi, quel posto estraneo lo aveva già messo a dura prova. Di colpo si ricordò di Michele. Andò sull’altro lato del muro cercando delle crepe più estese ma non ebbe molta fortuna. Chiamò diverse volte senza ricevere nessun segno. Era stanco, forse avrebbe avuto maggior fortuna più tardi, si rimise in piedi e si lasciò andare sulle assi. Restò in attesa con gli occhi chiusi sperando di percepire qualche parola o un rumore che potesse aiutarlo a capire cosa fare ma gli veniva difficile concentrarsi per i morsi della fame, sperò gli portassero qualcosa da mettere sotto i denti, qualunque cosa poteva andare bene. Nelle prime ore del pomeriggio udì dei rumori sordi accompagnati da concitate grida, si distese rapidamente sul pavimento lercio per scrutare dallo spiraglio della porta in ferro che divideva la cella dal corridoio, dovette abituare gli occhi per qualche istante e così davanti al suo sguardo indagatore apparvero quattro piedi che sembravano trascinare di peso qualcosa. O qualcuno. Chiavi che cigolavano nella serratura e una porta che si apriva pesantemente accanto al suo cubicolo, un grido lamentoso e un tonfo, la porta che si richiudeva.
“Michele – pensò – per questo non mi rispondeva. Dove l’avranno portato?”.
Si fece immobile temendo che la prossima porta da aprire fosse la sua, sentiva che presto si sarebbero accorti anche di lui e la disperazione cominciò a farsi strada dentro di sé. Gli fu allora chiara la tensione che si snodava tra quelle umide mura, testimoni di esistenze in balia dei carcerieri. Beneficiò per qualche attimo di fugaci ricordi, lambito da un raggio di sole che filtrava attraverso le sbarre poi si decise, superando la paura, di parlare con Michele….
Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea è nata casualmente. Mi trovavo per lavoro ad Auletta, piccolo borgo in provincia di Salerno e mi sono imbattuto in una lapide che recitava: ” 30 luglio 1861. La strage di Auletta, morirono da eroi, dimenticati dalla storia.” Mi si è accesa all’istante la lampadina della curiosità e ho iniziato ad indagare su questo evento.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Ho avuto qualche difficoltà in quanto le fonti erano di difficile reperibilità. Ho impiegato diversi mesi a fare ricerca e quasi un anno a scrivere questa storia.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Amo autori come Tolkien e Terry Brooks in primis, Orwell, Asimov, Fante.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Grumento Nova, un piccolo borgo Lucano fatto di pietre e sogni.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto scrivendo una raccolta di storie sulle genti della mia terra che dovrebbe vedere la luce per il prossimo mese di agosto.
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