
Edito da Giuliano Lenni Blogger nel 2020 • Pagine: 134 • Compra su Amazon
Amerigo non avrebbe mai dimenticato il periodo di servizio militare donato alla patria. Il ricordo lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita. Dal primo giorno di addestramento fino al giorno del congedo, passando attraverso periodi trascorsi tra gioie e amore, tra compagni sinceri e giorni spensierati ma anche tra cattive compagnie, crimini e straordinarie bugie. E un segreto da tener dentro fino alla morte. "Colui al quale confidate il vostro segreto, diventa padrone della vostra libertà." François de La Rochefoucauld

Le raccomandazioni di suo padre erano state come sempre incisive, quelle della madre premurose. Da loro un monito, a non correre troppo in autostrada, al suo accompagnatore, Nat, pronto ed efficiente come sempre. Già, Nat. Suo padre lo chiamò Natalino poiché era nato durante un nevoso 24 dicembre, ma da quel momento aveva assunto il nomignolo di Nat, soprannome di cui andava fiero giacché gli ricordava i familiari ormai tutti deceduti. Una persona che parlava poco ed in maniera sintetica, temprato da un’esistenza dura e difficile in cui aveva imparato a fidarsi di poche persone e a tenere lontane le carezze. Un personaggio duro ma ad Amerigo molto caro perché, oltre ad essere un buon amico di famiglia, gli aveva insegnato a sparare con la carabina e la pistola, oltre ad avviarlo ai rudimenti della difesa personale. Nat era un sottufficiale dei paracadutisti che aveva effettuato varie esperienze militari in missioni di pace in giro per il mondo e da qualche anno si era concentrato sulla difficile situazione dei Balcani, dove tuttora operava come responsabile della sicurezza di un aeroporto strategico. Nat era un mito, per il ventenne Amerigo, così forte e determinato. Quando seppe che Amerigo aveva espresso il desiderio di compiere il servizio militare come ufficiale dell’esercito, nei reparti speciali, lui si offrì di aiutarlo, confortato dai suoi familiari che speravano in un possibile lavoro sicuro per il proprio figlio.
Non del tutto conscio Amerigo si allungò nello spazioso sedile posteriore della grande Mercedes familiare e si risvegliò al casello autostradale di Bologna, alle porte della colta città emiliana.
La caserma era immersa nel verde e, quando arrivarono, il futuro sottotenente capì che ormai non c’era più niente da fare, doveva raggiungere gli altri per le prime operazioni di routine. Un breve saluto al suo accompagnatore e via, nell’aula adibita alla ricezione.
Qui incontrò varia umanità, dal perenne preoccupato allo sbruffone, tutti incerti su quello che sarebbe capitato loro di lì a poco. Appena furono un numero sufficiente per formare un plotone, uno “sten istruttore” (sten è un diminutivo che sta per sottotenente) cominciò ad urlare loro contro non si sa bene per quale motivo; dopo l’avrebbero capito, era il primo impatto con la disciplina militare! Del resto della giornata non ricordò molto, solo confusione, frastuono e voci dal tono altissimo che appartenevano agli sten che già provavano ad “inquadrarli”. La sera, sfiniti, Amerigo e gli altri si addormentarono nelle brande delle grandi camerate adibite ad ospitarli per cinque lunghi mesi.
L’organizzazione della camerata era semplice e intuitiva e ogni posto letto e gli accessori erano contrassegnati con un numero identificativo (il suo era il 5301 che stava per quinto piano, terza stanza, posto numero uno).
La camerata era una lunga stanza rettangolare ai cui lati maggiori erano disposte due file di letti, accanto ad ognuno un armadio a due ante e, ai piedi del letto, un grande comodino per le scarpe, gli anfibi e un cassetto per riporre il materiale per la pulizia delle calzature.
L’allievo ufficiale doveva riporre esattamente ogni cosa al proprio posto, tutto ben pulito e in ordine. Il cubo, da rifare ogni mattina, consisteva nel mettere cuscino, lenzuola e coperte allineate sopra al materasso, pronte per essere nuovamente adibite a giaciglio, ogni sera, al rientro dalle varie attività. Gli anfibi e le scarpe di servizio dovevano essere risposte tutte le sere ben pulite e lucidate, pronte per l’uso. La chiave dell’armadio appesa al collo attraverso una corda, per evitare di perderla. Gli indumenti intimi, le camicie, i maglioni, le tute mimetiche e tutto ciò che serviva per vestirsi erano contrassegnati con il numero dell’allievo ufficiale, al fine di scongiurare la perdita i propri capi durante il servizio di lavanderia, svolto a turno da tre giovani che coadiuvavano una lavandaia professionista che seguiva il lavoro, dalla lavatura alla stiratura. La coesione sociale si svolgeva principalmente dalle venti alle ventidue, orario in cui l’ufficiale di giornata passava in rassegna i locali insieme ad un suo assistente, di solito un allievo di servizio o un sottufficiale. Controllato che tutto fosse a posto spegneva le luci e tutti a dormire, attenti ad evitare qualsiasi rumore o mormorio che avrebbe fatto passar loro brutti momenti. Infatti, quando c’erano rumori molesti o scherzi tra i commilitoni, l’ufficiale arrivava nella camerata, accendeva le luci e, se lo individuava, puniva il malcapitato, altrimenti faceva vestire tutti i presenti, a qualsiasi ora, e li conduceva a marciare per mezz’ora nel piazzale sottostante, tanto per schiarirgli le idee! Una notte un allievo ufficiale, un po’ maldestro, fece uno scherzo al suo compagno di letto; il rumore fu fortissimo e nel giro di due minuti lo sten di servizio arrivò e, constatato l’accaduto ma non riuscendo ad individuare il responsabile, portò l’intero plotone a marciare di notte, al freddo e sotto la pioggia battente, per ben due ore, provocando anche alcuni leggeri malori tra i ragazzi. La dura lezione insegnò a tutti che fare scherzi durante la notte non conveniva a nessuno, pertanto si limitarono a giochi di voce e si dilettarono a raccontar barzellette per ovviare alla noia imperante.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea è nata da una mia esperienza personale come ufficiale dell’aeronautica. Raccontando la mia esperienza mi è sorta l’idea di un romanzo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
La stesura è durata due anni, il periodo del Covid-19 mi ha aiutato a portare a termine il romanzo.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Francesco Guccini.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo in Toscana a Montepulciano.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto scrivendo un romanzo basato sui ricordi e sulle emozioni di una insegnante in pensione colta da alzheimer.
Graffia come una Tigre, sii forte come un Leone, elegante come una Pantera, agile come un Leopardo, mimetizzati come una Lince…ma non gettare via il tuo cuore… Se cercate un libro che tenga incollati a leggere, che faccia venire adrenalina concentrata e che acceleri i battiti cardiaci lo avete trovato… SOTTO L’ALA DELL’ AQUILA! Grande Giuliano Lenni e Grazie per aver scritto questo libro…. Complimenti‼️