
Edito da Franco Cavalleri nel 2020 • Pagine: 106 • Compra su Amazon
Una città che nasce, un giovane uomo che cerca il suo posto nella vita...e il suo nome. Un racconto che è un'epopea, di una città e di un territorio, e allo stesso tempo la narrazione di come un ragazzo si trasforma in uomo. Una vicenda in cui storia e fantasia si mischiano e ci sonfondono, e danno vita ad un'avventura affascinante. L'avventura della vita, di una città e di un uomo.

“Verrai con me, sul mio kumbalion. Non sai navigare, non conosci il lago e le montagne a settentrione, come nessuno di noi d’altronde, ma sai viaggiare, hai grande esperienza di come si governa un gruppo, anche in situazioni difficili. Nessun altro, del gruppo, né latino né greco, ha tale esperienza. E i legionari, sono bravi a ubbidire, sono fidati, ma comandare è un’altra cosa, richiede istinto, esperienza, capacità di osservare e prendere decisioni anche immediate. Tu le hai, così mi dicono. Ti voglio al mio fianco, sul mio kumbalion”. Queste erano state le parole di Filosseno, quella notte. L’aveva poi rimandato a casa, sulle alture, al suo villaggio. “Vai, e preparati. Il viaggio sarà lungo, probabilmente difficile, forse pericoloso. Vai, raduna quanto ti serve, e saluta tuo padre, la tua famiglia, il tuo villaggio. Ci vorranno diverse lune, prima di tornare. Qualcuno non tornerà, sappilo, siine cosciente”.
Così aveva fatto, lui, Kreina. Aveva radunato le sue cose. Non molte, per la verità. Aveva sempre viaggiato leggero, ma questa volta, considerato che si andava a nord e verso le montagne, aveva preso con sé pelli in più, per proteggersi dal freddo delle notti in alta quota, dall’umido delle pioggie. Aveva preso i calzari in pelle, più di uno, per lo stesso motivo. Coltelli, bastoni, il suo arco con tante frecce, utile per procurare il cibo ma anche per difendersi da eventuali aggressori. “Attento ai popoli della montagna”, gli avevano detto i vecchi della comunità, ricordandogli quanto era successo quando loro erano giovani, avevano meno della sua età. Certo, era passato tanto tempo, da allora quei guerrieri scesi dalle montagne non si erano più fatti vedere, ma chi poteva dire se c’erano ancora, se avevano cambiato montagne, se se n’erano andati, o se ancora erano là, ad aspettare improvvidi ed incauti viaggiatori? Dopo tutto, nessuno era mai arrivato da nord, nessun mercante, nessuna carovana: ci sarà pur stato un motivo, no?
Il momento più intenso, per non dire emozionante, era stato il saluto con il padre. Drus sapeva benissimo a cosa andava incontro il figlio, ma era anche sicuro che Kreina fosse in grado di affrontare una tale avventura. Da tempo, ormai, aspettava quel momento, il momento in cui il ragazzo che lo aveva accompagnato per così tante stagioni, non sarebbe più stato un ragazzo. Non sarebbe più stato ‘Kreina’, ‘Figlio di’, avrebbe guadagnato il suo nome, il nome con cui tutti lo avrebbero conosciuto da quel momento in avanti. Non sapeva quale potesse essere, non sapeva cosa aspettarsi, sapeva solo che il momento era arrivato: da quel viaggio, suo figlio sarebbe tornato ‘Uomo’. anche prima di quanto avesse fatto lui stesso. E la cosa lo rendeva orgoglioso. Già il fatto che quel greco, quel mercante ‘cittadino romano’, non un semplice colono, non un latino, ma uno pari dei romani veri e propri, un amico di Cicerone – di cui conosceva la fama come grande oratore, senatore di Roma, uomo di grande potere – e quindi di Cesare, il condottiero romano che aveva conquistato la Gallia e aveva voluto tutto quel lavorìo nella piana, nella valle, e aveva posto Filosseno quale capo della nuova comunità, in attesa di avere una città vera e propria di cui ancora il greco sarebbe stato il probabile capo, ecco già quel fatto, che suo figlio fosse stato scelto, approvato, coinvolto da Filosseno in persona, che questi lo avesse imbarcato non su una nave qualunque, ma sulla sua, al suo fianco, lo rendeva orgoglioso di suo figlio. Senza mostrarlo troppo, perchè non era il caso. Certe cose devono rimanere nel cuore e nella mente, non devono mostrarsi agli altri, non era bene. Ecco perchè aveva salutato suo figlio con un semplice abbraccio, una pacca sulla schiena. Ma il suo cuore era gonfio di orgoglio: suo figlio stava per conquistare il suo posto nella comunità.

Come è nata l’idea di questo libro?
Durante le lunghe settimane di chiusura, il famigerato ‘lockdown’ (ma io preferisco usare l’italiano, per quanto possibile!), prima, e il periodo di riposo forzato per un infarto, dopo. Ho avuto il tempo ed il modo di leggere, da grande appassionato e studioso di storia, gli scritti del grande storico e archeologo comasco Giorgio Luraschi. Leggendo quel migliaio di pagine, l’immaginazione ha cominciato a lavorare, si sono formate le prime immagini, le prime figure. A poco a poco, il racconto ha preso vita, è partito, come un viaggio, un passo dopo l’altro. E viaggiando, si è formato, sviluppato. Fino a prendere la sua forma finale.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Come detto, il racconto è nato a poco a poco, ma una volta che ha preso il via, che il viaggio nella fantasia è iniziato, è quasi vissuto di vita propria. Le pagine sono venute da sole, una dopo l’altra. Quasi come le ciliegie!
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Per questo racconto, l’ispirazione è stata sicuramente Giorgio Luraschi, che oltre ad essere stato un grande storico ed archeologo aveva anche grandi doti di comunicazione. I suoi scritti, che siano per i suoi colleghi studiosi per le persone ‘comuni’, sono esempi di grande capacità di ‘raccontare’.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Como, a due passi dal lago. Per studio e per lavoro, ‘vivo’ il lago, la sua storie e le sue storie, le sue persone e il loro lavoro.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Come giornalista, fotografo, operatore culturale, e oggi anche autore di racconti, cerco di raccontare queste persone e queste storie. Di ieri, di oggi, e magari anche di domani. Siamo sulla dirittura di arrivo del bimillenario della nascita di Plinio il Vecchio, probabilmente il più importante figlio di questa città, Como, insieme ad Alessandro Volta. Più stimato e conosciuto all’estero, che in Italia. La ricorrenza è l’occasione per rendergli giustizia. Sto lavorando ad un racconto su di lui. Nel mio piccolo, voglio contribuire a riportarlo sul palcoscenico, sotto i riflettori. Per Como e per l’Italia.
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