
Edito da Nebula House nel 2019 • Pagine: 143 • Compra su Amazon
Sam sospira. Sospira così forte e così ripetutamente da attirare l'attenzione di tutto l'ufficio e persino dei casuali passeggeri dei mezzi pubblici che sa sa, per natura, tendono ad essere schivi. Non si tratta di depressione e nemmeno di malinconia ma solo il desiderio “d'essere un cuore”.
«Che forma geometrica è?»
«È fatto così» rispose Sam disegnando un cuore sul retro di una fattura.La storia segue il passaggio della fattura e del cuore, di mano in mano, scoprendo personaggi e vite con un motivo in comune: la geometria. Ebbene sì, il libro potrà sembrare ambientato in un mondo immaginario ma scoprendo la dolcezza di Tia o la rigidità della maestra di matematica, ci si rende conto di come l'autrice non stia realmente alludendo a forme geometriche ma a qualcosa in più, che fa parte dell'essere umano.

Capitolo III
Sam rimuginò tutto il giorno sulla natura del suo malessere. Non gli pareva d’essere innamorato: “se lo fossi, saprei di chi” e di questo era abbastanza convinto. Sospirò per l’ennesima volta, mentre le luci delle case cominciavano ad accendersi.
«Buon week-end, innamorato!» urlò Mike infilando la testa nel suo ufficio. Più che la testa, la sua intera forma geometrica.
«Non sono innamorato» provò a ribattere Sam, quando Mike era già sparito. “Anche questa settimana è finita”.
Solitamente il venerdì sera Sam usciva con Mike, andavano a mangiare qualche schifezza gustosa nel pub “All’incrocio” ma l’amico quella sera non poteva. Aveva accettato un appuntamento al buio, organizzato dalla responsabile della contabilità ed erano tre settimane che canticchiava per tutto l’ufficio: «ho un incontro galante. Un rombo!»
Se non avesse condito il tutto con gesti ed epiteti al limite dell’osceno, pareva di lavorare assieme ad un bambino di sei anni e
poco più.
Che Mike si lasciasse convincere, così facilmente a socializzare con altre figure, era una cosa talmente nuova, da creare non poche chiacchiere in tutto l’ufficio. Quando si seppe che si trattava di un incontro galante, i pettegolezzi e le congetture arrivarono fino ai piani alti e nell’orecchio del Presidente. Nonostante se ne fosse parlato e riparlato, Sam tornò a casa velocemente per prepararsi alla serata al pub; non che gli servisse il completo gessato ma ci teneva perlomeno ad indossare una maglietta pulita. Fu il messaggio da camionista che Mike gli mandò mentre si stava allacciando le scarpe, a ricordargli di come quella sera non avesse nulla da fare.
Dopo un breve giro tra i canali della televisione, chiedendosi per l’ennesima volta perché pagava il satellitare quando non guardava mai nulla, telefonò ai suoi genitori. Li ascoltò a lungo delineare il riassunto della settimana, nulla di nuovo in realtà, eccetto per il papà che stava sempre più passando dal cruciverba, al sudoku.
Sam si accorse di come il suo appartamento fosse piccolo, mentre il papà perdeva il diritto alla cornetta in favore della moglie. Non gli sembrava d’aver mai guardato la stanza da quella angolazione. Seduto per terra, sotto la finestra aperta, osservava come lo spazio della zona cucina e del salotto fossero angusti.
“Sembra rimpicciolita” pensò mentre accompagnava il discorso di sua madre con delle battute d’incoraggiamento.
Provò a controllare anche il bagno, che non solo appariva piccolo ma il cesto stracolmo della biancheria sporca pareva enorme, in confronto al resto alla stanza. La camera da letto poi, assomigliava ad un buco, appena vivibile con quell’armadio così alto. Inaspettatamente si sentì schiacciare. Le pareti sembravano avvicinarsi, facendogli mancare sempre più l’aria.
«Mamma, ora devo andare!»
«Nessun problema, ho l’orecchio bollente.»
Non aspettò nemmeno il classico saluto, assieme dalle solite raccomandazioni, si scaraventò giù dalle scale ritrovandosi, in pochi secondi, a respirare a pieni polmoni l’aria umida della sera.
Girò a zonzo per diversi chilometri, prima che la sensazione d’oppressione sparisse. Fu un po’ per caso, un po’ per abitudine che si trovò fuori dal pub. “Molto bene, oltre alla depressione Mike mi diagnosticherà anche l’alcolismo” pensò, spingendo la porta ed entrando.
Dopo un istante d’indugio, alla ricerca di un tavolo libero, Sam decise d’arrampicarsi sugli scomodi sgabelli, che nonostante creassero un’atmosfera da saloon o ‘da macio’, come diceva Mike, a lui facevano più che altro male al sedere.
Senza nemmeno dover attirare l’attenzione del barista, si trovò con una birra scura davanti agli occhi.
«Offre quel tipo laggiù» disse velocemente il barista, riempiendo altri bicchieri.
«Che diavolo ci fai tu qui?»
«Che diavolo ci fai tu qui?» fece eco Mike.
«Non avevi un appuntamento?» chiese Sam stupito di vedere l’amico dondolante all’ombra del bancone.
Mike mugugnò parole incomprensibili. Sembrava aver bevuto assai più della mezza birra che aveva davanti.
«Ehi, qual è il problema?» domandò Sam tra curiosità e preoccupazione.
«Ho annullato io» rispose gonfiando il petto.
«Veramente? Perché?»
Altri mugugni indecifrabili.
Sam non sapeva come comportarsi. Al di là di qualche commento, alla vista di uno spigolo più acuto del solito, le ragazze, di qualsiasi forma fossero, non erano l’argomento principale delle chiacchierate con Mike.
Nella penombra del bar insieme al suo amico, trasformato in un bevitore delle nove del mattino, oltre a giochicchiare con le nocche sul bancone, Sam non sapeva cos’altro dire.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea di Storia di Quadrato è nata in metropolitana. Stavo leggendo l’ultimo libro di Anthony Doerr e per un motivo sconosciuto il treno cominciò a rallentare fino a fermarsi. Quello che potrebbe considerarsi come un momento magico di scambio di occhiate tra sconosciuti durò molto brevemente: la luce con un tick sparì, lasciandoci nel buio. Mentre la voce del capotreno ci tranquillizzava, venni fulminata dal ricordo dall’esperienza avuta in ospedale a contatto con malati senili e successivamente con schizofrenici. Non che fossero tenuti al buio ma a volte, la loro mente sembrava spenta e persa nell’oscurità di qualche ricordo o pensiero confuso. Tornai a casa continuando a pensare a loro, non tanto alle loro facce o alle loro storie personali ma ai loro comportamenti. Quella stessa sera cominciai a stendere la trama del libro per poi, il giorno successivo, chiamare una mia collega e amica editor.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non mentirò, non è stato facile a causa degli impegni della vita quotidiana. Fin da subito ho realizzato che tra impegni lavorativi e famigliari avrei fatto fatica a dedicarmi al 100% al libro e quindi assieme alla mia editor abbiamo pianificato un piano di battaglia molto flessibile, adeguato alle mie esigenze. Al di là dei tipici grattacapi di gestione del tempo, non ho avuto problemi di “blocco d’autore” o simili, la storia, in parte basata sulla mia esperienza personale, è scivolata fuori dalla mia mente facilmente.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Il libro deve molto a Flatlandia di Edwin Abbott Abbott; che consiglio caldamente di leggerlo. In generale leggo molto sia per lavoro che per passione. Di riferimento per il modo di descrivere le situazioni e i luoghi ammiro Ghosh Amitav ma anche classici come la Emily Brontë. Di autori italiani seguo e leggo con grande interesse Carofiglio, Alessandro Piperno e Claudio Magris.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ora vivo tra Milano, Londra e recentemente Berlino, un po’ per motivi famigliari, un po’ per motivi lavorativi. Amo le città grandi dove posso osservare il via vai della quotidianità, il miscuglio di culture e il chiacchierio della gente in strada. La mia infanzia l’ho passata in un paese piccolo e penso sia questo il motivo del mio atteggiamento di “no, grazie” verso gli ambienti stretti e conosciuti. Scrivere sotto pseudonimo fa parte del mio essere, della mia volontà di tramutarmi in ciò che voglio ed osservare.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Non ho particolari progetti letterari per il futuro. Scrivo molto per lavoro, per altri e a volte anche per me stessa tuttavia non ho tempistiche, né altri libri in programma.