Edito da Gianfranco Maccaferri nel 2020 • Pagine: 112 • Compra su Amazon
Amine, un ragazzo arabo emigrato in Italia, occasionalmente si propone come prostituto per aggiustare lo stipendio.
Quando conosce Luca, un ricco e bel cinquantenne molto pragmatico, Amine riscopre la fiducia, la sincerità e una vita sociale dinamica, appagante, divertente.
Il rapporto con Luca può rappresentare per Amine la svolta per avere successo nella vita, ma inquietudine, curiosità, paura e panico del vivere liberamente la sessualità con un uomo lo tormentano.
Scoprire un sentimento sincero ma vietato e attrazioni sessuali proibite, costringono il ragazzo ad affrontare la scelta ...e questa può essere devastante per la formazione di un giovane arabo.
Amine racconta in prima persona i suoi pensieri, le sue curiosità, i dubbi, la ferocia delle sensazioni che di volta in volta prova.
Si può così scoprire la mentalità e la cultura di un giovane migrante arabo con le sue tante contraddizioni morali e culturali verso gli omosessuali e le donne.
“Amine, credo tu mi debba dire qualcosa della tua storia con il sesso che non mi hai ancora raccontato. Tu nascondi un segreto che fai fatica a tirare fuori. Quando vuoi parlarmene devi sapere che io non ti giudico, io cerco solamente di capire, anzi per me è fondamentale capirci qualcosa.”
Forse è giunto il momento di fargli capire il perché non sono un uomo libero.
“Luca, adesso io vorrei raccontarti una cosa brutta che mi è successa, ma per farlo mi dovrei scolare una intera bottiglia di whisky prima. Solo da ubriaco sono riuscito a raccontarla una sera a un amico italiano. Un tipo che scrive racconti brevi. Due giorni dopo mi ha mandato il link di dove aveva pubblicato la mia storia. Quando l’ho letta ho capito che gli avevo davvero raccontato tutto e lui era riuscito a scrivere esattamente i fatti e le mie emozioni, i miei pensieri. Se vuoi davvero scoprire la mia storia, ti cerco il link e te la leggi. Io non voglio più sentirla, leggerla, raccontarla. Aspetta che prendo il cellulare e ti invio il link.”
Luca rimane in silenzio, riceve sul suo telefono il mio messaggio, capisco che apre la pagina del racconto, inizia a leggere… io praticamente quel racconto lo conosco parola per parola:
Voglio raccontare la mia storia perché sono stanco della morale che ascolto da molti italiani, soprattutto gay, sulla questione degli abusi sessuali fatti sui ragazzi arabi giovanissimi: se la violenza sessuale e psicologica fatta a un adolescente succede in Italia fa scandalo, se succede nei paesi arabi è eccitante.
Mi spiego meglio: per voi italiani se un uomo adulto costringe un ragazzino di 12/14 anni a fare sesso lo chiamate pedofilo, lo volete in galera, lo volete castrare, evirare, lo volete morto per quanto male ha fatto a un essere innocente, ma contemporaneamente vi eccitate a pensare o a immaginare la scena di un uomo arabo che fa sesso con un ragazzino; credete che questo sta nelle cose, nelle regole di vita di noi arabi, come fosse una iniziazione culturalmente condivisa, come fosse una fiaba delle “Mille e una notte” o una poesia di Abu Nuwas: racconti che descrivono gli arabi come uomini dalle tre fasi omosessuali: da giovanissimi …passivi, da giovani e adulti …attivi, da anziani …guardoni. In molti mi hanno raccontato questa sequenza come fosse reale, naturale, culturalmente intrinseca nella vita di un uomo arabo; ogni volta che ne parlate vi immaginate scene erotiche all’interno di hamam e si vede nei vostri occhi un’eccitazione che davvero mi disgusta.
Voglio dire che non c’è nulla di vero in quello che sognate o immaginate. L’abuso su un ragazzino è violenza, sia che si parli di un europeo o di un arabo, di un nero o di un giallo, di un ragazzino ricco o povero, di un adulto ignorante o di un premio nobel!
Partiamo dal presupposto che al mio paese gli uomini sono tutti dei morti di figa. Non possono vivere gli innamoramenti e i giovani amori come succede qui in Europa, tutto è vietato, tutto è controllato, l’unica speranza per un giovane è di racimolare un poco di soldi e trovare uno più grande e esperto che lo accompagni da una prostituta, altrimenti sino al matrimonio niente sesso, nessuna conoscenza del corpo femminile, nessuna emozione erotica.
Non sanno dove metterlo. Sono dei frustrati, so che molti sono omosessuali ma lo nascondono pure a se stessi. Tutti gli uomini, anche quando si sono sposati, cercano sesso disperatamente. Io li ho visti una volta prendersela con un’asina legata a un palo, saranno stati una decina e si sono sfogati per ore, ridendo felici.
Mio zio era come tutti gli altri giovani… un morto di figa e non era ancora sposato. Voleva, pretendeva sesso e al paese non puoi farlo con le ragazze, lo esigi solo da tua moglie, ma prima devi avere i soldi per sposarla. Cosi quel bastardo un pomeriggio mi prese, senza chiedere, senza che io capissi. Io mi fidavo di lui, era mio zio.
Avevo 12 o 13 anni e lui circa 25.
È stato terribile, mi ha penetrato senza neppure inumidirsi un minimo con la saliva, niente. Tenendomi la bocca chiusa con una sua enorme mano, mentre con l’altra mi teneva bloccato riverso su un tavolo, me lo ha ficcato dentro con un solo colpo.
Non potete capire, non potete conoscere il dolore lancinante che sente un ragazzino di 12 anni penetrato violentemente da un membro adulto con nessun preliminare, alcun lubrificante, alcuna accortezza.
Ricordo solo che io non comprendevo cosa avveniva e lui continuava a entrare e uscire sempre più veloce; il finale è stato ancora peggio perché, quando stava per venire, me lo ha spinto internamente tutto, fino in fondo. Ero certo che, dentro, tutto il mio corpo si fosse spaccato.
Non posso dimenticare, vorrei, ma non ne sono mai stato capace.
Da quando sono diventato più grande ho sempre pensato che avrei fatto ai figli di mio zio quello che lui fece a me. Un giorno ero in motorino con suo figlio più grandicello, mi sono fermato in un posto isolato, l’ho preso vicino a me… ma quando lui mi ha guardato con quegli occhioni perplessi ho capito che mai avrei potuto fargli del male. Così iniziai a pensare di scopargli la moglie: da noi se uno ti scopa la moglie vuol dire che sei un finocchio, un incapace a tenerla a bada, a soddisfarla; mi sembrava una buona vendetta. Godevo pensando che sicuramente non sarebbe più uscito di casa e si sarebbe vergognato ad andare con i suoi amici anche solo a prendere un caffè. Poi non feci nulla, ma qualcosa devo escogitare per fargliela pagare, un giorno mi troverò nella situazione di potermi vendicare.
Comunque della violenza subita non dissi nulla a nessuno, la vergogna era tale che ero certo che la colpa fosse mia. Nessuno in casa aveva mai parlato di sesso, nessuno mi aveva mai spiegato nulla, neppure mio padre mi aveva messo in guardia da possibili situazioni da cui fuggire.
Poco tempo dopo due ragazzi ventenni, che abitavano vicino a casa mia, mi coinvolsero in un lavoro giornaliero in campagna. A un certo punto mi ritrovai dentro ad un piccolo casolare per ripulirlo e i due iniziarono a toccarsi vistosamente i pantaloni mettendo in evidenza la loro eccitazione. Io rimasi pietrificato immaginando cosa pretendessero da me. Ciò che accadde era invece oltre ogni mia esperienza o conoscenza.
Ricordo che mi obbligarono a inginocchiarmi, estrassero i loro membri durissimi, mi presero la testa e mi obbligarono ad avere con entrambi un rapporto orale. Pensai di morderli con tutta la forza che avevo ma la loro violenza fisica e il loro comportamento dominante fece in modo che io avessi inconsciamente un atteggiamento di sottomissione totale.
Rimasi da solo, sporco ovunque, con in bocca lo schifo del loro sperma, da lontano le loro risa mi fecero piangere, vergognare, tremare dalla paura.
Ancora una volta non dissi nulla a nessuno.
Ero certo che solo a me capitassero quelle cose, nessun mio amico aveva mai neppure accennato a situazioni simili. Ero io lo sbagliato, il difettoso, il peccato, ero io ad attirare quelle situazioni.
Iniziai a isolarmi da tutto e da tutti. Temevo i grandi. Il mio sentirmi sporco mi allontanò anche dagli amici che continuavano a essere come sempre gioiosi, felici, energici, sprezzanti di tutto.
Ricordo ancora quanto li ho invidiati e quante volte mi chiesi perché io, perché a me?
Probabilmente questo mio atteggiamento fece sorgere qualche chiacchiera in paese e non escludo che i due ragazzi raccontarono a qualche amico la loro prodezza con me, sta di fatto che la gente iniziò a insinuare che io fossi finocchio e che chiunque si poteva approfittare di me.
I mesi seguenti furono crudeli.
Per qualche giorno, al mio rientro a casa, mia madre m’ispezionava il sedere. L’umiliazione era enorme.
Me lo guardava attentamente, toccava, provava a introdurre un dito…
Un giorno mia nonna venne a sapere qualcosa di più o le voci in paese le giunsero direttamente, sta di fatto che al mio rientro la trovai da sola all’ingresso; capii che mia madre, mio fratellino e le mie sorelle erano chiuse in una stanza. Disse di abbassarmi i pantaloni, ma la vergogna fu tale che le risposi sottovoce di no. Prese un tubo di gomma e mi ricattò: o mi abbassavo i pantaloni o mio padre mi avrebbe picchiato con quel pezzo di tubo. Le dissi di no, che davanti a lei non mi sarei mai abbassato i pantaloni. Si aprì la porta del salone e apparve mio padre. In silenzio prese il tubo di gomma dalle mani di mia nonna, con uno sguardo mi fece capire che mi dovevo spogliare. Eseguii l’ordine non pronunciato.
Iniziò a picchiarmi ovunque, sopratutto sul culo, con una violenza che raccontava del suo risentimento, la sua rabbia, la sua offesa, il suo rancore, la sua delusione, la sua impotenza.
Quando smise, non avevo più lacrime, fiato, parole, urla… rimasi sdraiato sul pavimento, nudo, senza le forze per alzarmi.
Sentii mia nonna camminare, avvicinarsi, dire una frase tipo – se non lo capisci con i metodi di quel povero uomo di tuo padre, lo capirai con questo – percepii la sua mano in mezzo alle mie chiappe ma non avevo la forza di spostarmi e, dopo pochi istanti, sentii un dolore enorme, il fuoco che mi penetrava, il mio sedere bruciava, ancora oggi sento nelle orecchie quel mio urlo disperato.
Una manciata di peperoncino macinato era depositata, conficcata, penetrata nel mio culo.
Ecco, questa è la mia storia, la mia schifezza di vita al paesello tunisino dove sono nato, dove ho amato la mia famiglia, dove ho odiato tutto e tutti. A 16 anni ne sono scappato, sono venuto in Italia da disperato ma con l’intenzione di modificare la mia vita, il mio futuro.
Solo in questi giorni ho scoperto che non solo a me è capitato di essere stato violentato, picchiato, offeso da parenti, amici, vicini di casa, ragazzi del paese dove si cresce.
Ho letto statistiche, documenti, pagine di libri, tutti testimoniano che una percentuale altissima di ragazzini arabi subiscono violenza sessuale. Una violenza che vi posso assicurare va ad incide profondamente sulla vita affettiva e sessuale sia che uno sia eterosessuale, bisessuale o omosessuale.
Per esempio, da quando sono venuto in Italia e ho iniziato a vivere serenamente i miei amori non ho mai permesso a nessun uomo e a nessuna donna di toccarmi il culo, neppure di sfiorarlo. Giuro che chiunque ci provi si ritrova riempito di pugni. Lo so che è sbagliato il mio atteggiamento ma neppure quando uno o una mi fa un pompino gli permetto di tenere le mani sul mio culo. È una cosa che mi terrorizza, mi manda fuori di testa, non riesco a controllarmi.
A me piacerebbe vivere il mio corpo in modo libero, sia quando faccio sesso con una donna che quando sono con un uomo, ma mi blocco. Anche a me piacerebbe provare il godere che vedo e che sento nei ragazzi passivi quando facciamo sesso, ma solo il pensiero di qualcosa che mi sfiora dietro mi manda nel panico. Anche il provare a prendere un pene in bocca la trovo eccitante come idea, purtroppo i diversi tentativi che ho fatto si sono fermati a dieci centimetri dall’oggetto del desiderio. Ho paura e soprattutto mi tornano in mente le scene violente vissute.
Così, per colpa di quei morti di figa che mi hanno violentato, io non sarò mai libero di amare come vorrei. Non si dimentica una violenza sessuale, la si rivive tutte le volte che si fa sesso con qualcuno. Credetemi… è atroce vivere e amare così.
Quello che mi rende molto triste è l’aver scoperto che la violenza sessuale contro i ragazzini arabi è perpetrata quotidianamente da sempre e così continuerà a esserlo perché i giovani restano muti per tutta la loro vita, nessuno denuncerà mai l’accaduto, nessun padre e nessuna madre si rivolgerà mai a un tribunale anzi, picchieranno il figlio al solo sospetto e ci sarà sempre una nonna, o chi per essa, a ficcare una manciata di peperoncino nel sedere del ragazzino che ha disonorato la famiglia.
Luca ha finito di leggere, lo capisco perché ha chiuso il telefono e lo appoggia al comodino.
“Struggente, immaginavo qualcosa di simile. Avevo capito che tu avevi subito violenza, ma mai avrei creduto in forma così pesante anche da parte della famiglia. Una violenza usata per educare, per rimettere a posto le cose, per allontanare il male. Terribile come cultura. Diciamo che ne sei uscito male, sei scappato dal paesello, ma ti sei portato dietro tutti i traumi subiti.”
“Sono incasinato, lo so, ma ci tenevo che tu capissi il perché.”
“Certe violenze subite da ragazzini so che non si cancellano, rimangono e ci devi fare i conti tutta la vita, ma tu hai mai avuto esempi di non violenza? Uomini che con te hanno avuto un approccio sincero del farti stare bene senza pretendere nulla in cambio?”
Come è nata l’idea di questo libro?
Volevo costruire un racconto breve dedicato a un ragazzo arabo le cui confidenze erano talmente “forti” e particolari (molto diverse dalla vita quotidiana che immaginavo conducesse) che meritavano di essere raccontate.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Lentamente il racconto breve si è trasformato in un libro di 112 pagine. Non volendo trascurare nessun aspetto psicologico importante, ho deciso di utilizzare le sue esperienze sessuali per raccontare la morale, la cultura, i pensieri di un giovane ragazzo arabo. Il libro non ha una conclusione ma il racconto rimane sospeso sulla scelta tra morale e sentimento.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Amo autori come Jean Genet e P.P. Pasolini nel realismo del racconto della vita quotidiana normalmente esclusa dall’editoria, ma anche Oscar Wilde e Thomas Mann per l’intensità descrittiva e il soffermarsi sui particolari psicologici e le tensioni che ognuno tende a nascondere a se stesso.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono nato in un paese arabo e a 12 anni, da profugo, mi sono trasferito a Aosta in un freddissimo inverno.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Per il futuro sicuramente mi concentrerò sul proseguo di Tasto 69 e probabilmente decido di raccogliere i molti racconti brevi in un libro suddiviso per aree geografica di provenienza dei soggetti.
Ogni volta che lo leggo è un riscoprire nuove emozioni e nuovi particolari……e di provare la sensazione di essere presente sulla scena del racconto