
Edito da Youcanprint nel 2020 • Pagine: 170 • Compra su Amazon
Una storia architettata attraverso il filo conduttore di 24 scritte d’amore reali distribuite lungo le vie della città di Viterbo. Nella storia, Miranda, ragazza bella e solare di Viterbo che sta per entrare all’università, scopre l’amore con Giorgio, ragazzo attraente ma strafottente. Le vecchie mura del centro della città papale sono testimoni del loro tempestoso amore attraverso i graffiti che si scambiano a vicenda. Carlos, professore di spagnolo, arriva a Viterbo in fuga da certe vicende sgradevoli della sua vita a Siviglia. Il destino farà incontrare Miranda e Carlos e avvicinerà le loro metà spezzate, ciò che avverrà attraverso una sorprendente situazione che li renderà complementari e diventerà un canto alla vita.

Suonò la campanella. Miranda infilò i libri e i quaderni nella borsa, liberò i nerissimi capelli dall’elastico e, dopo aver scompigliato la chioma leggermente ondulata, si coprì gli occhi acquamarina con dei grandi occhiali da sole. Si rinfilò il lembo della maglietta bianca nei pantaloncini neri e uscì dall’aula. Nel corridoio la raggiunsero una ragazza alta e bionda, riccioluta, che indossava una lunga gonna fiorata e un top senza maniche, e un’altra ragazza bruna e bassotta con dei jeans scoloriti e una camicia verde.
«Ehi! Deri, Annalisa! Ci fermiamo un po’, prima di andar via?», propose Miranda quando le amiche le furono accanto.
«Sì, così mi fumo una bella sigaretta prima di andare a casa.» Annalisa tirò fuori da una tasca dei jeans un pacchetto di sigarette. Se ne accese una. «Tutte quelle ore di lezione mi hanno stufata!»
Deri mise un braccio sulle spalle di Miranda e le diede un bacio sulla guancia. Lei, felice, ricambiò e baciò anche Annalisa.
Le tre amiche uscirono dal liceo Santa Rosa da Viterbo e si sedettero a chiacchierare sugli scalini dell’ingresso principale. I tiepidi raggi del sole di quella mattina di metà aprile invitavano a restare all’aperto per riscaldarsi il corpo in quei giorni ancora un po’ freddi della primavera di Viterbo.
«Ehi, Chiara! Vieni qui!» Miranda alzò un braccio e agitò la mano per farsi notare dalla collega tra il brulicare di studenti che uscivano dal liceo.
«Ciao, Miranda! Come va?», salutò Chiara appena raggiunse il gruppo di ragazze.
«Bene!» Miranda le prese una mano e gliela dondolò distrattamente. «Senti, Chiara, sabato sera darò una festa a casa mia per il mio compleanno. Mi farebbe piacere che tu venissi.»
«Ehi, che bello! Certo che verrò. Grazie dell’invito.» L’amica si chinò per baciarla. «Adesso vi saluto, mi aspettano e sono in ritardo. Ciao!»
Chiara scese di corsa gli scalini e si diresse verso la strada. Salutò con un bacio sulla guancia un ragazzo che l’aspettava seduto su un motorino ultimo modello.
«Chi è quello lì, il ragazzo di Chiara?», chiese Miranda alle amiche, vivamente incuriosita.
«Macché ragazzo, è suo fratello Giorgio», rispose Deri alzando lo sguardo dal cellulare, sul quale componeva un messaggio per il suo ragazzo.
«Studia all’istituto di viale Raniero Capocci e a volte viene a prendere Chiara per tornare a casa insieme», aggiunse Annalisa. Poi diede una boccata alla sigaretta, strizzando gli occhi.
«Sembra fico! Biondo, con gli occhi verdissimi… e poi guardate, guardate che motorino!», disse Miranda con gli occhi sfavillanti di gioia. «Sapete se sta con qualcuna?»
«Credo di no. Ti è piaciuto, vero?» Deri sorrise furbetta, dandole una pacca sul sedere.
«E a chi non piacerebbe un ragazzo così?» Tirò fuori la lingua e arrossì.
«Eh… noi siamo fidanzate, Miranda. Non possiamo desiderare la roba delle altre.» Deri fece l’occhiolino all’amica. «Tutto per te!»
Le amiche risero divertite alla battuta di Deri.
D’improvviso, a Miranda si illuminò il volto. Trasse il telefonino dalla borsa, compose un po’ nervosa un sms e lo inviò.
“Chiara, puoi invitare tuo fratello Giorgio alla mia festa?”
Poi sorrise enigmatica alle amiche e rimise il cellulare nella borsa.
«Cos’hai fatto?», chiese Annalisa.
Miranda inarcò le sopracciglia e guardò le amiche con aria enigmatica, ma non disse niente. Nel frattempo il cellulare squillò. Lei sussultò, lo tirò fuori dalla borsa e trovò un messaggio di Chiara. Lo aprì e lo lesse.
“Anche se è sorpreso dall’invito perché non ti conosce, Giorgio verrà alla festa e magari si porterà un amico. Ti ringrazia. A sabato!”
Miranda sorrise, fece il segno della vittoria con la mano destra e mostrò il cellulare alle amiche. Loro lessero l’sms.
«Si vede da un miglio che ti è piaciuto un casino. Non hai perso un minuto!», disse Deri scuotendo la testa.
Le tre amiche risero divertite. Poi balzarono in piedi e andarono via. Miranda e Annalisa salutarono Deri, che abitava vicino al liceo, proprio nel cuore del vecchio quartiere di San Pellegrino, e Miranda accompagnò Annalisa a piedi a casa sua in via del Cunicolo. Arrivate, si scambiarono due baci, poi Miranda si diresse a casa. Giunta all’incrocio di via Porta Murata con piazza Verdi si fermò, controllò che nessuno la vedesse e, tirando fuori dalla borsa un marcatore nero, scrisse veloce su un muro, il cuore che batteva all’impazzata:
“6 Dio sceso in terra”

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea di scrivere un romanzo in italiano me l’ha regalata una mia professoressa di italiano, Martina Banchetti. Quando studiavo con lei presso la sede di Siviglia della Società Dante Alighieri inseriva la letteratura nelle lezioni e mi proponeva di scrivere racconti come compito di classe. Poi mi diede l’idea di scrivere un romanzo, prima come compito, poi come attività slegata dal corso di italiano. Ho scelto questo argomento perché quando ho vissuto a Viterbo per la prima volta, sono stato colpito dalla bellezza delle scritte d’amore distribuite lungo le vie del centro della città. Questo fatto mi ispirò la costruzione di una storia d’amore nella quale inserirle.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Portare a termine il romanzo è stata un’opera lenta più che difficile perché, per via dei miei impegni di lavoro, ho dovuto interrompere molte volte la sua stesura. Infatti inizia a scrivere il libro nel 2012 e l’ho concluso nel 2020. Comunque quando trovavo del tempo per scrivere, l’ispirazione arrivava senza intoppi. Poi, una volta finita la bozza, ho dedicato abbastanza tempo a levigare lo stile del romanzo, lavoro che ho svolto con l’aiuto della mia maestra Martina Banchetti e di Emanuela Navone, editor freelance.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sono assolutamente eclettico e mi piacciono tantissimi autori italiani. Posso citare Alessandro Baricco, Niccolò Ammaniti, Erri De Luca, Stefano Benni, Giorgio Faletti, Margaret Mazzantini, ecc. Di ogni scrittore riesco a imparare un approccio diverso alla narrazione di una storia. Ad esempio, di Federico Moccia mi piace il modo in cui descrive l’amore tra due persone o l’omaggio a Roma come scenario. Di Edoardo Nesi mi piace come riesce a trasmettere lo splendore perso dell’industria tessile di Prato. Di Emanuela Navone mi piace il mistero che riesce a imprimere ai suoi thriller. Poi mi piace una giovane autrice spagnola, Tadea Lizarbe, che ha uno stile fresco e costruisce personaggi con profili psicologici ben delineati.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Siviglia (Spagna) sin dal 1998, dove lavoro, ma prima ho vissuto a Cordova, dove sono nato. In Italia ho soggiornato a Potenza e Perugia e ho vissuto per circa tredici mesi a Viterbo, città che è rimasta nel mio cuore ed è stata ispirazione per “Te lo dico sul muro”.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho in mente l’argomento per scrivere un altro romanzo in italiano, molto diverso da “Te lo dico sul muro”. Se non ci sono problemi inizierò a scriverlo nel 2021. Non posso svelare l’idea, ma si tratta di una storia di profondo profilo psicologico che trascorrerà nella mente del protagonista mentre cerca una cosa nello sgabuzzino di casa. La sua vita passerà in rassegna davanti a se mentre è alla ricerca di quella cosa, e la storia finirà legata al ritrovamento di essa.
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