
Edito da Santocono Editore nel 2021 • Pagine: 200 • Compra su Amazon
È curata da Melinda Miceli l’ultima pubblicazione dedicata ai templari: “Templaris Compendium”.
Melinda Miceli, siciliana, classe 1974, è una scrittrice, giornalista, critico d’arte, autore di numerose pubblicazioni in svariati campi e destinataria di innumerevoli riconoscimenti, titoli e incarichi editoriali.
Divenuta Vicario internazionale per la Cultura e l’Arte del “Sovrano Ordine Monastico Militare Templari Federiciani“, una delle molteplici realtà che oggi si rifanno al celebre Ordine del Tempio, su invito del suo Gran Maestro Corrado Armeri, la Miceli ha dunque curato il volume che intende porsi quale “summa” dello scibile in ambito templare.
Come illustrato da un suo confratello, il cavalier Tancredi Filingeri in una presentazione apparsa su numerose testate (si veda ad esempio Libertà Sicilia pagina 12), sono numerosi gli aspetti indagati dalla studiosa: dalle preghiere templari all’architettura militare e religiosa (le cattedrali in particolare), dalla “Linea sacra di san Michele” al Cammino di Santiago di Compostela, dall’alimentazione ai rapporti con le più celebri figuri dei secoli in cui l’Ordine fu attivo (l’imperatore Federico II, San Francesco), dalla Regola che ne guidò l’opera alla struttura organizzativa.Inevitabili anche riferimenti alle tante leggende che circondano oggi l’Ordine, fra cui in particolare la Miceli sembra soffermarsi su quella secondo cui anche Dante Alighieri sarebbe stato legato all’Ordine del Tempio.
Dalla prefazione dello stesso Gran Maestro Armeri, riportiamo:
“I Cavalieri Templari sono circondati da sempre da un alone di culto e di mistero leggendario alimentato da film e romanzi.
Leggende ed enigmi sono ancora inestricabili come quello che legava il Sommo poeta Dante Alighieri ai Templari. Sebbene nessun biografo ne fa cenno, emergono evidenti dalla lettura della Divina Commedia le note terzine che si riferiscono a Filippo il Bello e Clemente V. I riferimenti ai Templari, sono numerosissimi e disseminati in tutte le tre cantiche, spesso in maniera cifrata, riconoscibili solo da chi ne possieda la chiave interpretativa.
Melinda Miceli si approccia al tema dei Templari in maniera scientifica e storiografica, basando il suo saggio sui documenti e sui dati oggettivi, ma non tralascia il loro linguaggio simbolico, la lingua ieratica con la quale espressero il loro culto Giovannita nel pensiero e nell’arte. Con una bibliografia esorbitante Melinda Miceli nel suo testo “Templaris Compendium” espone una nuova organica sistemazione di tutte le informazioni disponibili sull’ordine cavalleresco attraverso uno studio caratterizzato da un approccio multidisciplinare che analizza storia, proprietà e vicende dell’ordine militare. Un’opera composita ed armonizzata da un grande filo logico a cui ha lavorato per donare al pubblico interessanti, approfonditi e inediti contributi.
Il saggio illustrato da foto d\'arte antiche e rare mappe e fa evincere una bellezza straordinaria della grafica gotica quasi da amanuense che solo un Critico d\'arte come Melinda Miceli poteva conferire al Saggio.Come una sapiente regista di un film a episodi l’autrice segue un filo conduttore per chiarire al lettore quale fosse realmente il vero volto dell’ordine e dei tanti segreti fraintesi dalla Cultura ufficiale, nel testo rivelati attraverso una tessitura linguistica e culturale che si fa portentosa macchina narrativa. Il suo elegante linguaggio supporta l’appassionante tematica e la eleva al vertice della massima chiarezza, ed evitando inutili digressioni e ripetizioni il suo incedere ricco di pathos conduce come un inno, il lettore verso la comprensione verace della storia e dei misteri che ancora oggi affascinano studiosi di tutti i tempi.
Un testo sull’architettura militare medievale, la costruzione delle Cattedrali, la Linea sacra di san Michele, la dieta dei Templari, il rapporto con Federico 2 e San Francesco, la loro organizzazione e i loro costumi sociali e morali dettati dal mistico Bernardo di Clairvaux nella celebre regola, lo studio dei simboli d\'arte e di fede, la Maddalena, San Francesco, i rapporti con gli altri ordini e le influenze culturali del credo templare.
Un lavoro di ricerca e di organizzazione tematica per lasciare ai posteri la possibilità di conoscere davvero il mondo dei Cavalieri del Tempio e la loro esemplare presenza storica ancora oggi spesso fraintesa col templarismo e altre società segrete.L’indagine della nota autrice permette di perlustrare il sentiero della verità nel levigare tutto ciò che il mito Templare di una letteratura eterogenea ha aggiunto alla Cavalleria Celeste del Medio Evo e che oggi vive e opera nella continuità con il Sovrano Ordine dei Templari Federiciani, donne e uomini di una vita cavalleresca d’altri tempi.
Corrado Armeri“.
Il volume, edito da Grafiche Santocono, di 200 pagine, è proposto a 18 euro.

“Da Pacem Domine” è l’incipit di due diversi testi latini. Il titolo significa “Dona pace, Signore”, il testo è un inno del VI o XVII secolo basato sui versi biblici 2 Re 20:19, 2 Cronache 20:12,15 e Salmi 72:6-7. I Templari lo cantavano prima di andare in battaglia, come preghiera per la vittoria decisiva, per invocare la pace. I veri fedeli domandano al Signore la pace qui in questi nostri giorni oscuri davanti all’impero delle tenebre, questa preghiera attende che già ora Gesù mostri la Sua vittoria su colui che è omicida fin dal principio e padre della menzogna. La breve melodia, che coniuga la sua polifonia con l’arte e l’architettura, implora il Signore di salvare la sua Chiesa.
Le parole dell’introito, liberamente tratte dal v. 18 del trentaseiesimo capitolo del libro del Siracide, riflettono la disperazione di uno dei periodi più critici della storia di Israele: l’oppressione dei Giudei sotto i Seleucidi di Siria prima della rivolta dei Maccabei. Il riferimento alle profezie, proclamate in Israele avvengono sempre nel nome del Signore che adempirà in forza del Suo amore indefettibile e della Sua fedeltà alle promesse. L’introito fu composto per la dedicazione della chiesa di San Michele Arcangelo, a Roma.
Le impostazioni dell’inno latino includono Da pacem Domine di Arvo Pärt (2004) o Da pacem Domine di Juan María Solare (2018).
L’iscrizione “da pacem domine” appare accanto alla figura di un angelo che gioca sul liuto, sulla cosiddetta sella Jankovich (c. 1408-1420), attribuita al re Sigismondo d’Ungheria.
La fine dell’Ordine
Sull’Ordine del Tempio, che fu sciolto d’autorità da papa Clemente V nel 1312, esistono e convivono una “leggenda rosa”, una “leggenda aurea” e una “leggenda nera”.
La prima li vuole innocenti vittime dell’avidità del re francese per spogliarli delle loro ricchezze e della viltà di un Papa che non osò difenderli.
La seconda li dipinge come saggi, sapienti, integri, coraggiosi, detentori di arcani segreti e perfino arcanamente sopravvissuti alla soppressione e occultamente ancora presenti fra noi. La terza li vuole violenti, superbi, peccatori, sodomiti, avidi, amici dei saraceni e perfino eretici e addirittura necromanti. Queste leggende sono lacunose seppure la prima a grandi linee molto attendibile. Papa Clemente V non osò opporsi alla prepotenza del sovrano di Francia, ma li sciolse d’autorità, evitando che fossero colpiti da una condanna infamante.
I Templari furono un Ordine monastico, “Militia religiosa” combattente, al pari degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme (oggi Ordine di Malta), degli Ospitalieri tedeschi consacrati a Maria (i “cavalieri teutonici”) e di alcuni Ordini nati nel mondo baltico nonché nella Penisola iberica. Chiamati a presidiare la terra Santa e a fronteggiare milizie islamiche annoveravano nelle loro fila i “fratres” , sacerdoti che non potevano toccare le armi né combattere, ma anche i “milites”, cavalieri-guerrieri, e fratelli “laici” addetti ai lavori più umili e faticosi e ai servizi militari secondari.
Nei mercanti occidentali si trasformarono nei primi banchieri moderni.
Che tra loro siano serpeggiate tendenze ereticali, così come si siano affermati certi vizi e molta superbia, è probabile; come non è escluso che
qualcuno si sia dato anche allo studio di scienze proibite. Era quanto accadeva un po’ in tutti gli ordini monastici. Ma furono anzitutto dei combattenti e dei difensori degli inermi e dei pellegrini, nonostante le innumerevoli accuse che colpirono l’Ordine del Tempio create dalla fervida fantasia degli inquisitori dell’epoca.
Vennero attribuiti loro atti blasfemi come quello di sputare tre volte sulla croce e maledire il Cristo all’atto dell’investitura. Questo gesto trova la sua probabile spiegazione nello studio di testi antichi in Terrasanta per cui alcuni millenni prima di Cristo, i popoli semitici usavano sacrificare il re, da loro considerato sacro, nei momenti di crisi, per rigenerare la terra e per dare nuovo vigore al Cosmo: il re veniva fustigato in modo che il suo sangue nutrisse la terra ed il crocifisso esposto al vento del nord, di cui nessun osso del corpo doveva essere spezzato.
I ranghi più alti dell’Ordine attraverso queste letture forse intesero, come gli ebrei, il senso di sacrificare Dio per liberarli dall’oppressione dei romani.
Sempre in quest’ottica i Templari sputavano sulla croce ripetendo il sacrificio del re sacro, solo apparentemente abbandonato e disprezzato dal suo popolo per accendere la speranza di redimere gli uomini dai peccati.
L’altra gravissima accusa fu quella di adorare una testa barbuta, il Bafometto, per il quale l’intero Ordine dimostrava una particolare venerazione.
Il Bafometto che fu definito dagli inquisitori testa del Demonio o di Maometto, aveva un significato esoterico molto più profondo delle semplicistiche accuse che furono mosse ai Templari.
Del cosiddetto baphomet il Notaio Antonio Sicci da Vercelli, che aveva lavorato per i Templari parlò al processo del 1° marzo 1331, raccontando di aver udito una storia strana: “ il precettore dei Templari di Sidone, il picardo Matteo, detto “la Sarmage”, sarebbe divenuto fratello di sangue del sultano del Cairo il quale era in possesso di una testa dai poteri magici, che poi sarebbe passata ai Templari”.
La motivazione dell’esistenza del Baphomet va ricercata nei principi celtici dell’ideologia Templare: dalla testa del capo (in questo caso Hugo De Payn), i guerrieri traevano conforto durante le battaglie. Le tracce di questo culto trovano riscontro antichissimo da Gerico, in Israele, dove erano conservate le teste degli antenati sotto il pavimento delle capanne neolitiche. In molti poemi irlandesi, i capi-eroi, in fin di morte, chiedevano di essere decapitati e che la loro testa fosse portata sempre dai compagni.
È risaputa la venerazione dell’Ordine verso S. Giovanni Battista decollato che può essere collegata al culto dei crani di origine celtica.
L’adorazione per il Bafometto si deve anche vagliare con l’aiuto della tradizione ermetica; in molte raffigurazioni il Bafometto si mostra come Giano Bifronte ovvero avente due volti, uno bianco e uno nero e gli stessi colori del Baussant, il vessillo che i Templari portavano in battaglia. Ciò fa presumere agli studiosi templaristi il principio ideologicodel dualismo, ovvero l’unione degli opposti, posto alla base di tutto il pensiero spirituale e filosofico-sapienziale delle culture antiche.
I loro rapporti con l’Islam e col sufismo la sua parte più spirituale, erano volti a trovare i punti di contatto con il Cristianesimo e creare una religione unica che mettesse fine a tutte le guerre nascoste sotto il sigillo del credo. I Cavalieri erano convinti che Dio fosse “Uno”, ma declinato dagli umani in diverse entità che dovevano giungere alla coesione nell’unione degli opposti religiosi, l’unica in grado di pervenire al vero Dio.
Fra i simboli segreti di quest’Ordine vi era una testa mozzata di argento dorato di cui ufficialmente non si ha nessuna raffigurazione. I Templari avevano una particolare venerazione per San Giovanni Evangelista rappresentato con la testa mozzata. Nella cattedrale di Amiens si trova il teschio di Giovanni Battista. Quello di Amiens non è l’unico cranio attribuito al Santo, l’altro si trova presso la Chiesa di San Silvestro in Capite, in pieno centro di Roma, che fu portato nella capitale italiana durante il pontificato di Innocenzo II (1130-1143). Il valore e l’importanza simbolica sono completamente diversi. Nella cattedrale gotica il teschio è tenuto in gran considerazione, nel suo prezioso reliquario all’interno della navata sinistra, mentre nella piccola chiesa romana il cranio si trova custodito in una semplice teca di vetro all’interno di una cappella laterale. Nella Cattedrale di Troyes, si trova la testa di San Bernardo di Chiaravalle, il sostenitore dell’Ordine dei Templari. La testa mozzata o separata dal corpo è un motivo dell’esoterismo templare e si trova rappresentata o custodita nelle cattedrali gotiche. Il Cranio é il ricettacolo dei poteri divini e spirituali dell’uomo.
Il termine “coppa” (inglese Cup) é simile al termine “Capo”. Cranio é simile ai termini celtici “Karn”, cielo, e “Cairn” “il Monte Santo”, equivalente al Monte Meru, la cui vetta rappresenta in senso esoterico proprio il cranio. E non é un caso che Gesù fu crocifisso sul Golgota, il luogo del Cranio. Identificando il Golgota come una sfera, la croce su di essa configura lo stemma, secondo Laurence Gardner, dei Re Cainiti, cioè la croce sopra il cerchio, il Re del Mondo, la “RosiCrucis”, spesso rilevabile in dipinti ed opere alchemiche. L’intera simbologia deriva dall’Egitto e dai faraoni passando per il termine egizio “Giza“, chiamata in lingua originale “Rostau” che significa letteralmente “Rosacroce” (Ros é la Rosa – Tau é la croce).
Fu quest’idea molto avanguardista ancor oggi, che in un Medioevo oscuro, i Cavalieri del Tempio pagarono con la la loro fine macchiata da violenze, sangue, tortura e morte; con il processo dei principali Cavalieri Templari, la loro prigionia e le torture, essi furono costretti a confessare quei crimini atroci di cui erano stati accusati.
Si disse di loro che fossero una setta esoterica dalla quale trassero ispirazione i contemporanei “Fedeli d’Amore” di Dante Alighieri e Guido Cavalcanti e i moderni massoni, degli usurai, degli idolatri o dei simpatizzanti del Profeta. Furono queste accuse improbe a infamare e oltraggiare ingiustamente i Templari, una cavalleria perfetta, guerrieri invincibili al servizio di Dio, armati dello scudo della fede e della spada, della parola di Dio.
Ciò che addusse a questi sospetti potrebbe solo farsi risalire immaginificamente al Capitolo segreto dei Templari che aveva dei rituali ai quali non poteva accedere nessun estraneo all’Ordine. Sicuramente da cotanta segretezza nacquero dubbi e paure negli uomini del tempo, resisi anche conto del fatto che in pochi anni nelle casse del Tempio entrò tantissimo denaro sotto forma di donazioni in moneta, terriere e di rendite che lo resero il più ricco e potente ordine del medioevo.
L’ordine dei Cavalieri Templari si dedicava alle attività finanziarie, gestendo i beni dei pellegrini alla fine del XII secolo per difenderli dai ladroni, arrivando a costituire forse il più avanzato e capillare sistema bancario dell’epoca, dando vita alla prima banca transnazionale della quale si abbia menzione. Con le abbazie ed i loro terreni agricoli, con la costruzione delle cattedrali, l’ordine portò lavoro, reddito e sviluppo in molte parti d’Europa, attraverso un’estesa rete di succursali. Ai loro detrattori, non volendo comprendere la quantità di denaro necessaria allo svolgimento di una Crociata permanente, fu facile accusare l’ordine di volersi arricchire smodatamente tradendo i voti delle origini. Dal 1291 fino alla loro soppressione che avvenne nel 1312, si stabilirono a Cipro. Anche il re di Francia affidò loro il suo tesoro sino a diventare debitore dell’Ordine. Jaques de Molay, Gran Maestro dal 1293, si oppose ad un prestito di 400.000 fiorini d’oro che il Tesoriere del Tempio della capitale francese aveva concesso a re Filippo.
Su queste premesse il re Filippo iniziò una campagna contro i Templari, assumendo come vere le confessioni di un avventuriero, tale Essquieu de Floyran, che comincio a diffondere notizie infamanti sui fratres. Sarà Nogaret, basandosi sulle accuse che Essquieu de Floyran andava diffondendo contro l’Ordine, a preparare un vero e proprio dossier (1305).
L’ultimo Gran Maestro Jacques de Molay ricevette nel 1307 l’invito del Papa a recarsi in Francia per discutere l’unione dell’Ordine dei Templari ai Cavalieri Ospitalieri. Jacques de Molay cade nella trappola del Papa e di Filippo IV, chiamato Filippo il Bello, e venne arrestato come eretico. Il monarca era profondamente in debito per le somme di denaro dovute Templari che avevano respinto la sua richiesta d’appartenenza all’Ordine, ma allo stesso modo, ambiva alle vaste ricchezze dell’Ordine che considerava come una minaccia al potere della corona. Nell’agosto del 1308, con la bolla papale “Facians misericordiam”, si dette l’avvio ad un processo inquisitorio per eresia. Il processo inquisitorio al Gran Maestro che aveva già circa sessant’anni, durò sette anni. Gli interrogatori furono condotti in condizioni d’intimidazione e sotto tortura dovette confessare tutte le colpe attribuite all’Ordine. In seguito Jacques de Molay ritrattò tutto, ma fu bruciato vivo il 19 marzo 1314, dopo sette anni di prigionia e di torture, di fronte alla cattedrale gotica di Notre Dame. Fu davanti a essa che ritrattò pubblicamente le accuse che era stato costretto ad ammettere, proclamando l’innocenza dell’Ordine e maledisse i colpevoli Filippo il Bello e Clemente V, che sarebbero stati sottoposti al giudizio di Dio. La maledizione pronunciata sul rogo dal Gran Maestro Jacques de Molay si realizzò: il papa Clemente V morì un mese dopo (il 20 aprile 1314), probabilmente di cancro dell’intestino. Contemporaneamente Filippo il Bello fece arrestare le sue tre figlie accusate di adulterio. Il 29 novembre 1314 il Re cadendo dal cavallo, durante una battuta di caccia, morì. Persino la morte del Re di Francia Luigi XVI, accaduta tredici generazioni dopo, viene attribuita alla stessa maledizione. Pare che durante la sua esecuzione, un uomo tra la folla grido: “Jacques de Molay, sei vendicato”.
Intorno all’epopea templare permane, nella coscienza collettiva, una vigile autonomia intellettuale ultra-storica, consapevole della profonda ingiustizia subita dai Cavalieri Templari, nonostante il recente riconoscimento di innocenza dalle accuse loro mosse nei primi anni del 1300. Il “vero” si trova solo dopo autentiche ricerche e attraverso la ponderazione della loro vera storia. Risuonano ancora le parole di Geoffroi de Paris, testimone oculare dell’esecuzione di Jaques de Molay che scrisse nella sua “Chronique métrique” (1312-1316), le parole del Maestro dell’Ordine: «(…) vedo qui la mia decisione di morire liberamente, e Dio sa chi ha torto, chi ha peccato. Si arriverà presto al dolore per coloro che ci hanno ingiustamente condannato: Dio vendicherà la nostra morte (…)»
Dopo l’estinzione dell’Ordine, si succedettero in Europa eventi catastrofici; il continente venne invaso da guerre multiple, il periodo noto come “Guerra dei Cent’anni”.
A partire dal Sei-Settecento le società esoterico massoniche, avversarie della Chiesa romana riesumarono la loro memoria costruendo lentamente il “templarismo” che narra di inconsistenti segreti, mappe e tesori, di Rennes-le-Château, di cui scrivono Umberto Eco nel “Pendolo di Foucault” e Dan Brown nel “Codice da Vinci”.
Dopo settecento anni l’Archivio Segreto Vaticano, pubblica “Processus contra Templarios”, inedita edizione degli atti integrali dell’antico processo ai Cavalieri del Tempio, contenente la riproduzione fedele degli originali pergamenacei conservati nell’Archivio Segreto Vaticano.
Per molti storici si tratta del primo passo verso la riabilitazione dell’Ordine dall’ingiustizia subita e in una visione lungimirante e illuminata da questo gesto si potrebbe ravvisare un futuro ripristino dei Templari al pari dell’ordine Gesuita, soppresso nel Settecento e poi ripristinato. Nella memoria di tutti resta indelebile l’immensa dignità dei Cavalieri che morirono da eroi, accusando un papa e non la Chiesa, che il loro sacrificio salvò da un pericoloso scisma.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea della pubblicazione di “Templaris Compendium” fu concordata con il Gran Maestro Corrado Armeri per restituire al grande pubblico la vera progressione storica e mistica che ha connotato l’Ordine ascetico e misterico dalla sua origine alla sua fine. Per tutto questo, oltre la documentazione storica non si può scrivere dei Templari solo citando le date dei concili, delle bolle, delle crociate, delle vittorie, in quanto l’ordine impone una lettura simbolica in tutto il suo divenire storico e artistico; non dimentichiamo che i Templari furono grandi costruttori di castelli e di Cattedrali per cui influenzarono con il loro simbolismo tutta l’arte medievale, gotica, per finire con quella rinascimentale e persino tutti i dipinti risentono dell’influenza della spiritualità templare che parla la lingua ieratica del simbolo persino nelle cromie.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Portare a termine l’opera Templaris Compendium dopo diversi studi di quest’anno e studi precedenti inseriti anche nei miei libri didattici creati per la Cee, L’Onu, l’Unesco, è stato un percorso apicale di conversione di tutto lo scibile storico-culturale che avevo indagato a partire dai 27 anni a oggi. Per i miei studi e scoperte sul Medioevo l’Università di Cantherbury mi aveva già conferito nel 2006 una laurea honoris causa in letteratura e filosofia. La mia infinita curiosità e passione per la ricerca storica e i misteri mi ha condotto a scrivere ben 23 libri premiati e rinomati tra cui 3 testi didattici di arte e storia per le scuole medie e superiori di Siracusa.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
La bibliografia di uno scrittore saggista multidisciplinare e critico d’arte come me è infinitamente vasta. Oltre i miei libri di consultazione storica Amico, Agnello, Idrisi, Santi Correnti Franco Cuomo, Storia ed epopea della cavalleria, L’Uomo Medievale, a cura di Jacques Le Goff, cap. “Il guerriero e il cavaliere” di Franco Cardini, Henry Charles Lea, Il processo ai Templari e altri roghi, Robert Ambelain, Il segreto dei Templari, Louis Charpentier, I Misteri dei Templari, Ego Promitto Domino, Formula del giuramento di ammissione di un cavaliere all’Ordine del Tempio, A. Demurger: “Vita e morte dell’ordine dei Templari”, J. V. Molle, ”I Templari. La regola e gli statuti dell’Ordine”ECIG, Arena “I guerrieri dello spirito: templari, cavalieri teutonici, assassini, samurai, kamikaze” Mondadori, M. Barber: “La storia dei Templari”, F.M. De Robertis: “Federico II di Svevia nel mito e nella realtà”, e fonti bibliotecarie Vaticane etc.. Amo mantenere anche i segreti dello scrittore per cui mi fermo qui.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo da 11 anni a Siracusa. Mi sono spostata da Lentini per motivi di lavoro, ma l’origine della famiglia Miceli viene da Palermo e Trapani, in seguito spostatasi in alcuni rami per infeudazione borbonica. Ho diversi parenti a Trapani e Palermo, la nostra stirpe vanta anche il precettore di Verga e Capuana al Real Collegio dei Capizzi di Bronte, lo scrittore Antonino Miceli, autore di un machiavellico trattato dal titolo “L’educazione dei giovani nobili”. Sono una scrittrice cosmopolita che ama viaggiare pertanto è difficile trovarmi a Siracusa ferma se non per sistemare pendenze burocratiche o incontri culturali ed eventi che io creo per il Sovrano Ordine monastico dei Templari federiciani quale loro Vicario internazionale per la Cultura e l’arte.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Progettare a volte può essere banale, mi affido alla sorgente divina che grazie all’ispirazione che finora mi ha dato non solo in campo letterario, ma nella scelta del mio vissuto, mi ha permesso di essere quello che oggi sono. Sicuramente in futuro continuerò a sviluppare letteratura storica e artistica per intenditori e a scrivere saggi e reportage di viaggio. Ho pubblicato anche un’antologia poetica internazionale dal titolo La Sibilla in spagnolo con EDICIONES Matrioska, la stessa pubblicherà Templaris Compendium diffondendo il saggio in tutti i paesi di lingua spagnola. Nessuna delle cose che ho fatto ho ricercato, sono stati sempre gli editori, i premi, le riviste a chiedermi di scrivere, di essere il loro direttore artistico onorifico, pertanto credo nella predestinazione. Dott.ssa Melinda Miceli storico e critico d’arte direttore artistico di Arte storica, Explorer of art, Luz Cultural, Arts direct, Premio Ippogrifo d’oro, Premio Cultura Sicilia, International art Prize Giotto. Vicario internazionale per la cultura e l’arte dei Templari federiciani Ambasciatrice onoraria internazionale di EDiciones Matrioska, SPAGNA
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