
Edito da Leonida edizioni nel 2021 • Pagine: 216 • Compra su Amazon
Come l’incerto tempo meteorologico alterna giorni di sole a giorni uggiosi o di bufera, anche il mutevole tempo della vita alterna gioia e sofferenza. Allora, per assonanza e coerenza, anche il mio libro si snoda sotto un cielo instabile e alterna sereni racconti umoristici o caricaturali a storie di dolore e di denuncia civile.
Un unitario quadro di valori esistenziali però accomuna tutti i racconti. Esso invita al sorriso ma anche all’impegno sociale, alla solidarietà, al rispetto verso i più deboli, al rifiuto di ogni forma di discriminazione e di sopraffazione. Il risultato? Un libro nel contempo formativo e divertente. Costruttivo senza essere pesante. Piacevole senza essere vuoto o banale.

Da “L’INSOSTENIBILE PESANTEZZA DI CERTI ESSERI”
Frammento tratto dalla descrizione del primo incontro, in un bar.
…
Mentre parlavano, i busti di ambedue si erano piegati in avanti, l’uno verso l’altro. A turno avvicinavano ulteriormente la propria bocca all’orecchio dell’altro.
Il motivo era quello di riuscire a farsi sentire nonostante la musica e il forte vocio che gli altri clienti avevano sollevato.
Il risultato era invece più composito: non solo riuscivano a sentire le rispettive voci, ma avvertivano anche l’odore e il calore dell’altro.
Così protesi, avevano come la sensazione di avvertire meglio anche le reciproche emozioni, rese più intense dall’intimità che si era creata a causa di quella distanza così ravvicinata.
Ambedue dovettero opporre un forte autocontrollo alla tentazione di ridurre ulteriormente quella già breve distanza giustificata dall’esigenza di farsi sentire: ridurla fino a raggiungere un contatto fisico, fino a baciare l’orecchio già quasi sfiorato e mordicchiarne con dolcezza il lobo per poi passare alle guance e alla bocca.”
…
E un altro frammento riferito all’ultimo incontro dei protagonisti
“Giovanni finalmente arrivò.
La salutò e le si sedette di fronte. Teneva la testa abbassata e il busto piegato all’ingiù, come se dovesse guardare con interesse il pavimento. Le sue labbra erano serrate, le braccia incrociate, tutto l’atteggiamento era freddo e ostile. A intervalli si batteva una gamba o un braccio o si grattava. Era molto imbarazzato e avvilito.
Giulia cominciò a parlargli, ma mentre lei parlava, Giovanni soffiava con la bocca, corrugava la fronte, contraeva la mandibola. Cercò di replicare alle obiezioni avanzate da Giulia e via via elevava il tono della voce, che adesso era severa, aggressiva. Il suo sguardo, prima sfuggente, adesso era puntato dritto verso di lei in segno di sfida. Movimenti incontrollati della bocca e degli occhi denotavano che cresceva in lui la collera.
DA “ED È SUBITO FERA”
Originario di Catania, Antonello era alla ricerca di un lavoro e, non trovandolo nella sua città natale, stava provando a cercarlo un po’ più in là, a Messina.
Era carico di ottimismo e buona volontà Antonello mentre, arrivato da poco a Messina, percorreva una delle vie principali del centro alla ricerca di qualche cartello che segnalasse un’offerta di lavoro.
Improvvisa, inaspettata, violenta come uno schiaffo inatteso, lo colse impreparato l’amara sorpresa: un cartello che lo interessava c’era, ma non del tipo che avrebbe gradito. A un incrocio aveva per caso alzato lo sguardo verso l’alto e sull’angolo della strada c’era scritto a chiare lettere “Via Antonello da Messina”.
Pensò a un caso isolato, a una coincidenza, ma appena un po’ più in là, su un altro angolo, un analogo cartello con la stessa scritta ostile: “Via Antonello da Messina”. E lo stesso ancora più in là: “Via Antonello da Messina”. E più in là e poi in un altro angolo di quella stessa strada, ancora la medesima frase impietosa.
Insomma, per Antonello non c’erano dubbi: da Messina lo volevano proprio mandare via. Non si sentì accettato da quella città, anzi si sentì apertamente rifiutato e umiliato.
Decise così di emigrare a Milano.
Nella nuova città trovò subito un lavoro. Quando noi amici per telefono gli chiedemmo di cosa si occupasse, lui rispose “Mungo, mungo sempre”. E noi: “Allora fai il mungitore?”
“Ma no! – rispose lui – M’ungo nel senso di emme, apostrofo, ungo: mi ungo. Lavoro in una friggitoria e mi ungo sempre. M’ungo di olio, m’ungo di strutto …”
Poi, stufo di ungersi, si era fatto spostare di mansione: lavava i piatti e li metteva a scolare… anzi no, a scolare no perché non era più in età scolare. Li lavava e basta.
Milano è una città splendida e accogliente, ma dispersiva come tutte le grandi città. Così Antonello non riusciva a fare amicizia con nessuno. Soffriva la solitudine e, piuttosto che niente, cercava di parlare con gli oggetti.
Un giorno provò a parlare con uno specchio, ma quello gli rispose tutto sgarbato “Zitto, non vedi che sto riflettendo?”
Un altro giorno provò a parlare con un fustino di detersivo, uno di quelli piccoli. Macché! Un’altra risposta scortese: “E zitto, non vedi che sono concentrato, anzi super-concentrato?”

Come è nata l’idea di questo libro?
Sono nati prima alcuni racconti umoristici, che spedivo a mio fratello per il piacere di farlo sorridere. Nei giorni “senza sole”, però, mi venivano fuori dalle dita, sulla tastiera, anche le storie di un’umanità dolente che premeva e chiedeva voce, comprensione, riscatto. A un certo punto, si era accumulato nel computer un insieme di narrazioni che, nella loro eterogeneità, in realtà rispecchiavano la complessità unitaria dell’esistenza. Solo se vista nella sua completezza, infatti, ci rendiamo conto che la vita non ha un andamento univoco, ma variegato e mutevole, proprio come l’instabile tempo meteorologico, ora sereno e poco dopo uggioso o con aria di bufera. Per analogia e per metafora, a quel punto l’insieme dei miei racconti non poteva che chiamarsi “Tempo Instabile”.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
È venuto fuori spontaneamente, da solo, senza difficoltà e anzi accompagnato da una sensazione molto piacevole. Fossi stato un gatto, mentre scrivevo si sarebbe sentito con forza il rumore del fare le fusa. Certo, dopo lo spontaneo momento creativo, c’è la necessità di tornare con metodo su quanto scritto, per aggiustare la forma, scovare eventuali sviste, selezionare con severità (per ogni pagina pubblicata ce ne sono almeno altre due eliminate): questa seconda fase in effetti è stata un po’ faticosa.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
I miei autori di riferimento, per quanto riguarda la scorrevolezza e la chiarezza cristallina, sono Calvino, Sciascia e la ancora poco conosciuta Fulvia Lisbona, che ha pubblicato in passato vari articoli e due libri e che adesso tiene a Milano corsi di scrittura creativa. Il suo stile in particolare è stato per me un modello. Dal punto di vista dei contenuti penso si noti la mia passione per Eduardo De Filippo e Massimo Troisi, un mix di sorriso e umanità.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono nato in Sicilia, a Valverde, un paesino vicino a Catania dove adesso vivo da pensionato. Ho lavorato come insegnante per molti anni anche a Milano. dove mi sono trovato molto bene e dove ho conosciuto mia moglie.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Nuove storie continuano a sgorgare dalle mie dita. Faccio fatica a rincorrerle sulla tastiera e a fermarle sullo schermo e in un file. Se il libro che mi è stato pubblicato avrà un soddisfacente riscontro, non è escluso che possa avere un seguito. In caso contrario, le storie le racconterò e le farò leggere ai miei familiari e ai miei amici. L’importante per me è che possano venire fuori, come figli che si desidera far nascere, anche se poi non necessariamente diventeranno famosi.
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