Edito da Giuseppe Pantano nel 2020 • Pagine: 268 • Compra su Amazon
Mark Spencer è un Manager di successo e attento alle esigenze della sua famiglia. Qualcuno lo ha colpito con 8 coltellate profonde nel salotto della sua abitazione a Parigi. Chi lo ha colpito? Per quale motivo?
Le ombre di un passato agghiacciante si intrecciano con un presente difficile e tormentato, in un’escalation di forti emozioni, di drammi, di delitti e di colpi di scena. L’uomo e il manager si ritrovano al centro di un vortice in cui l’inesorabile passare del tempo appare scandire il ritmo di un’ineluttabile destino che arriverà a chiedere conto del tempo rubato.
OMICIDIO DELLA ZIA GRACE
1977
Condor aveva scelto l’ultima domenica di agosto per mettere in atto il suo piano diabolico. Quella domenica, insieme al lunedì seguente, a Notting Hill, si festeggiava il carnevale inglese. Le vie si riempivano di carri e la gente ciondolava per le strade ubriaca, a fare casino.
Era passato più di 1 mese da quando si era procurato l’arma. Era stato davvero bravo. Certo aveva rischiato non poco. Mettersi a seguire in quel modo il vecchio avvocato John Sword. Lo aveva visto uscire, come ogni pomeriggio dal numero 86 di Cheviot Road, una strada parallela a quella dove abitava. Il vecchio trombone, sebbene in pensione da qualche anno, continuava ad uscire alla stessa ora, ogni santo giorno, con la pretesa di sembrare ancora operativo agli occhi del vicinato. In realtà la sua meta non era più, da tempo, il tribunale, bensì il bar Frang su Ernest Avenue.
John Sword era solito sedersi a chiacchierare con altri vecchi tromboni come lui. Adorava vantarsi, davanti ai tanti bicchieri di scotch, che trangugiava come fosse acqua minerale, di avere sempre con se la sua P38. Spesso la tirava fuori per farla notare agli avventori, nonostante le tante raccomandazioni del titolare del locale di evitare di sventolare il revolver ai 4 venti. Per di più con 6 munizioni nel tamburo! Ma lui niente! Era convinto di meritare rispetto solo perché, essendo avvocato, aveva il porto d’armi e poteva girare armato.
Condor, che spesso era al bar per fare qualche lavoretto di consegna, lo aveva notato da tempo. Lo vedeva uscire dal bar, dopo 4 o 5 bicchieri di Highland Signet Glenmorangie, uno dei più pregiati e ricercati Single Malt Scotch Whisky al mondo. Beveva solo quel tipo di Scotch e Paul Frang, il gestore del bar, faceva i salti mortali per procurarglielo, anche perché sapeva che poteva rivendendoglielo con un ricarico del 400%.
A fine serata puntualmente Sword barcollava, non affatto in condizione di aprire la sua Morgan, parcheggiata là fuori. Sovente dunque, capitava che il vecchio avvocato procedesse verso casa a piedi, a volte fermandosi a vomitare.
Una sera d’inizio luglio, Condor lo aveva seguito nascosto nel buio e, approfittando dello scarso equilibrio dell’uomo in forte stato d’ebbrezza, lo aveva spinto a terra. Con destrezza poi, aveva estratto la rivoltella dalla fondina appesa alla cintura, dandosi repentinamente alla fuga con il prezioso carico, senza che il vecchio riuscisse nemmeno ad accorgersi dell’identità del ladro.
Era stata divertente la manovra, Condor ne era stato fiero. Ma soprattutto, quello che poi lo aveva reso orgoglioso e tronfio, era stata la faccia di Nand quando aveva scartato il pacchetto inatteso e si era spaventato nel vedere l’arma da fuoco.
“Ti spiego il piano Cazzettino”, si rivolse a Nand.
“Innanzitutto ho scoperto dove la strega nasconde la vera Blu Star”, cominciò Condor.
Nand strabuzzò gli occhi urlando: “NON CI CREDO! LA COLLANA! L’hai trovata? Dove stava?”
“Cosa cazzo urli? Vuoi farlo sapere a tutto il quartiere? Lo redarguì Condor.
“Scusa, era l’eccitazione, ma come hai fatto a scoprirlo?” Chiese Nand.
“La vecchia è sveglia, molto sveglia. Pensa che avevo cercato dappertutto, perfino in cantina, nei cessi, avevo svitato le maniglie delle porte, avevo vivisezionato il parquet di tutta casa cercando scricchiolii sospetti, ma niente” raccontò. Poi fece una pausa e continuò: “non immagineresti mai e poi mai dove quella mente malvagia l’ha messa. Nel posto più ovvio, che è anche quello più insospettabile”, sottolineò.
“Vale a dire? Dimmelo sono curioso”, chiese eccitato Nand.
“Non posso, è troppo presto”, dichiarò aggiungendo: “Tra poco saprai dove la nascondeva”; poi aggiunse: “Prima abbiamo un lavoro da fare”.
“Quale? Che Lavoro?”, chiese insospettito Nand.
“Domenica la vecchia strega vuole andare al carnevale di Nottingh Hill e naturalmente mi vuole costringere ad andare con lei”.
“E allora?” chiese Nand
“Allora tu sai il motivo per cui vuole andare là?” replicò sarcastico Condor.
“Vorrà ballare e mascherarsi per sembrare più giovane, così da ingannare qualche povero diavolo e rimediare qualcuno da portare a letto”, fece Nand, sicuro del fatto suo.
“Forse, ma il suo vero scopo è bere gratis tutta la sera e garantirsi qualcuno che la aiuti fisicamente a tornare a casa”, puntualizzò Condor.
“E con la pistola, che dovremmo farci?” Chiese ingenuamente Nand.
“Cosa dovrai farci, volevi dire” replicò Condor, sottolineando il “dovrai”.
“Per prima cosa dovrai imparare ad usarla”.
Il giorno dopo si diedero appuntamento presto e fecero una gita in campagna, dove non li potesse né sentire e né vedere nessuno.
La Domenica successiva erano le 18.30 quando, su Portobello Road, a Notting Hill, le persone sfilavano in maniera disordinata. C’era una folla inverosimile, accalcata a ridosso dei vari carri variopinti, raffiguranti improbabili personaggi caraibici, sui quali ragazzi e ragazze ballavano forsennatamente. C’era un frastuono assordante a causa di musica jazz, swing and blues, mista a ritmi di ultima generazione. Come se non bastassero i decibel abbondanti degli strumenti musicali suonati da musicisti in formazione semovente, una miriade di trombette in mano a innumerevoli ragazzini sparsi qua e là sulla via, rendeva il clima folkloristico ma insopportabilmente rumoroso.
La signora Bend aveva già avuto modo di scaldarsi con un paio di birre, offerte lungo la strada dai vari pub. Aveva indossato solo un paio di bermuda e una maglietta gialla e le sue intenzioni erano di scatenarsi con le solite vicine di casa, trascinate alla festa con la scusa che: “si vive solo una volta” o che: “meglio tardi che mai”. Condor la seguiva fingendo di divertirsi, con la faccia piena di segni colorati e delle piume da indiano sulla testa.
“Muoviti Gouge, urlò la signora Bend in direzione di Condor, cercando di superare il rumore della folla e della musica.
Da tempo lo continuava a chiamare “Gouge”, sgorbio. Quel nomignolo riassumeva la considerazione che aveva di lui e la felicità di ospitarlo e mantenerlo in casa. Ovviamente lui la ripagava con dispetti occulti di ogni genere. Condor sapeva che la vecchia, oltre a passare ore davanti alla tv, era anche una instancabile amante del gioco del Bridge, che praticava con un gruppo di amiche quasi ogni pomeriggio. Così si divertiva a congegnare piccoli dispetti che rendevano interessante, di tanto in tanto, i pomeriggi di pioggia, in cui era costretto a far finta di studiare in casa. Come quando aveva cosparso le carte da gioco di una mistura trasparente, da lui preparata, con olio di peperoncino e paprika e si era goduto la scena delle vecchie che uscivano dalla casa con gli occhi rossi e lacrimanti per il prurito, dopo essersi toccate il viso. Oppure quando si era procurato delle fiale puzzolenti e ne aveva versato il contenuto in salotto, mentre le arpie giocavano nella stanza. Era stato uno spasso vederle aprire le finestre e continuare, stoicamente, a giocare, nonostante l’odore nauseabondo che aveva intriso l’aria rendendola irrespirabile.
“Allora che facciamo? Ti muovi o no? Se ti perdi poi te la vedi tu per tornare a casa”.
Erano venuti in treno dal West Norwood fino a Londra e poi avevano preso la metro fino a Notting Hill Gate. Erano in quattro, lui, la zia e 2 amiche della zia: la signora Williams e la signora Taylor, vicine di casa. Ma il suo piano era perfetto e prevedeva un ritorno a casa senza la sgradita compagna di viaggio. Bisognava solo fare molta attenzione a colpire senza essere visti, approfittando della situazione. Poi avrebbe saputo come appropriarsi del prezioso gioiello e come godersi la vita per sempre.
A 12 anni dalla sua nascita, il carnevale di Notting Hill si era già distinto come occasione, per le giovani gang londinesi, di macchiarsi di vari delitti. Il più in voga era la rapina, soprattutto nelle strade circostanti il cuore della festa. Un paio di anni prima, una di queste rapine era finita nel sangue, con l’omicidio di un anziano ricco, abitante nel circondario. Il vecchio, per difendere la casa da quattro giovani armati di coltello, era stato colpito con cinque fendenti al fianco, morendo dopo qualche minuto per emorragia. L’anno prima invece, una ragazzina di 10 anni, che era in compagnia del fratello maggiore, era sparita durante i festeggiamenti e non se ne era saputo più niente. Si disse che era stata probabilmente rapita da qualche pedofilo che era riuscito, grazie alla confusione, ad agire con estrema facilità senza essere notato.
“Zia Grace, ho appuntamento con il mio amico Nand all’incrocio con Oxford Gardens, ci vediamo direttamente alla stazione metro di Notting Hill Gate alle 23, ok?” Aveva detto Condor.
“Sta bene Gounge, ti vedi con quell’altro buono a nulla del tuo fedele amichetto?” Chiese distratta la signora Bend. Poi continuò frettolosa, come per levarsi da torno il nipote che la distoglieva dalle sue amiche che, nel frattempo, stavano continuando a procedere avanti tra la folla.
“Fa come ti pare” basta che non rompi e non mi rovini la festa”.
Poi gli allungò una banconota: “Prendi 5 sterline e comprati 2 fette di Crumble”. E adesso togliti di torno che ho da fare”.
Dopo quell’inatteso gesto di generosità si allontanò.
Il piano procedeva come stabilito. Condor avrebbe dovuto seguire inosservato la zia e attendere che Nand si avvicinasse col revolver nascosto in una piccola borsa. Nand, dal canto suo, aveva osservato le mosse di Condor, della zia e delle amiche della zia, tenendosi a una distanza tale da permettergli di seguire l’amico, senza perdere contatto con il gruppo a causa della calca. Quando Grace Bend si fu allontanata con le sue amiche, Nand raggiunse Condor.
“Ce l’hai?” chiese Condor alludendo alla rivoltella.
Nand annuì non nascondendo troppo l’inquietudine e l’ansia che lo attanagliavano per l’imminente gesto che avrebbe compiuto che, era certo, avrebbe sconvolto la sua vita per sempre.
“Smettila di cacarti addosso e pensa che quando mi sarò liberato dell’arpia avrò casa e tantissimi soldi a disposizione e che dividerò tutto con te!”
“Ricordati il piano cazzettino, quando la vecchia si avvierà con le 2 befane amiche sue verso la stazione, sarà buio e saranno tutte ubriache”, continuò guardando fisso negli occhi l’amico preoccupato.
“Sarà facile: mentre troverò un modo di distrarre le altre arpie, tu le spari in testa. IN TESTA HO DETTO, CAPITO? NON POSSIAMO RISCHIARE CHE SE LA CAVI, CHIARO?”
Aveva urlato per farsi sentire in mezzo alla folla. Poi, come per infondere coraggio a Nand, disse:“Ricordati, noi siamo come fratelli, io mi sdebiterò per quello che stai per fare per me. Divideremo tutto da buoni amici”. Poi riprese: “E ricorda che Who does not risk does not win”. Lo sai, vero, perché devi farlo tu? Perché nessuno deve sospettare di me se vogliamo godercela dopo, coi soldi della vecchia. Anzi, tutti devono essere certi che si sia trattato di un tentativo di rapina andato male. Nessuno potrà sospettare neanche di te se rimarrai nascosto e non ti farai notare troppo”.
Nand era terrorizzato. Aveva sempre assecondato l’amico. Da quando lo aveva incontrato per la prima volta. Lo aveva conquistato la sicurezza con cui agiva. Sapeva che il suo comportamento era costantemente al di fuori delle regole, irrispettoso dei dogmi e privo di qualsiasi umanità nei confronti di chiunque. Era molto furbo. Un opportunista che sapeva plagiare i suoi coetanei e anche, a volte, i ragazzi più grandi. Si mostrava sempre deciso e risoluto quando doveva perseguire i suoi scopi. E questi scopi erano sempre egoistici.
Stavolta però Nand sentiva addosso la responsabilità di qualcosa di immensamente grande per le proprie capacità nervose, già abbastanza fragili. Anche lui, come Condor, aveva avuto ben poche soddisfazioni dalla vita.
Suo padre, qualche anno prima, aveva abbandonato la famiglia e lasciato la moglie sola a crescere lui e la sorella. Non c’erano soldi. La madre gli voleva bene ma stava tutto il giorno al lavoro per guadagnare qualcosa che le consentisse di portare avanti la baracca. La sorella, più grande di lui di 5 anni, sporadicamente veniva a casa per aiutarlo a studiare, ma ormai viveva fissa a casa del fidanzato. Insomma, se non ci fosse stato Condor lui sarebbe rimasto sempre solo durante tutta la settimana. Inoltre Nand sapeva di essere l’unico per il quale Condor nutriva un certo grado di simpatia, se non di affetto. Era l’unico ragazzino con cui passava il suo tempo e a cui confidava i suoi segreti. L’unico che poteva riuscire a scardinare, magari involontariamente, la corazza di egoismo e crudeltà, che il destino e le circostanze della vita avevano costruito addosso al suo inseparabile compagno di giochi.
Sì, pensò Nand, a costo di farmela nei pantaloni lo farò in nome della nostra grande amicizia, e del futuro di fortuna e ricchezze che ci aspetta. E magari una volta ricco, avrebbe anche potuto tentare di conquistare Anne. Poi disse: “Devo bere qualcosa, qualsiasi cosa che me ne dia la forza…”.
“Va bene, abbiamo 2 ore di tempo, però dobbiamo tallonare le vecchie, perché altrimenti rischiamo di perderne le tracce; poi voglio vedere con questo casino” constatò Condor. “Se si fermano a bere ne approfittiamo e beviamo anche noi, conosco il modo di corrompere i baristi che per 5 sterline ti darebbero pinte di rum, altro che crumble”.
Non dovettero aspettare molto. Le donne si fermarono poco più avanti, in fila per avere una pinta di birra e così, anche loro due si fermarono dal lato opposto di Portobello Road, a una trentina di metri di distanza, per bagnarsi il palato con della birra ghiacciata.
Il cielo era grigio, di quel colore senza tempo, tipicamente londinese. La temperatura invece era alta e l’aria leggermente surriscaldata, sia per l’alto tasso di umidità di quell’anno, atipico per quelle latitudini, sia per la massa di umani che formava una marmellata di razze diverse, accomunate nel contesto del carnevale, dal desiderio di perdersi nell’oblio della festa e nei fumi dell’alcol di ogni tipo.
Nand teneva la borsa vicino al corpo. La mano era diventata rossa per quanto stringeva i manici, per paura di perdere l’involucro o, peggio, per l’uguale timore che gli venisse sottratto nella confusione. Ovviamente, pensava, chi poteva mai immaginare cosa contenesse? Da quando in qua un ragazzino di 14 anni se ne va in giro con una P38 carica dentro uno zaino? Pensava. No, no. Il problema non era difendere l’illegale contenuto della borsa, ma piuttosto trovare il coraggio per usarlo. “Mio Dio pensò, sto per uccidere una persona, ne sarò capace? E se mi beccano? No, sarà buio e starò ben nascosto. Poi Condor farà in modo che non mi vedano le altre….
Già le altre, tutte signore sulla sessantina e oltre che conoscevano bene lui e la sua famiglia. E se una di loro lo avesse visto quando premeva il grilletto? E se lo avessero già notato mentre le seguiva? E se altre persone lo avessero scorto con la rivoltella in mano?”
Poi sapeva di avere quattro colpi a disposizione che, sapientemente, Condor aveva messo in scaletta nel tamburo, in modo che ogni cartuccia fosse allineata col cane della pistola prima degli ultimi due spazi vuoti. I due colpi già sparati erano serviti, il venerdì prima, per far abituare Nand al rinculo, quando aveva sparato alla bottiglia di vetro, nella campagna isolata di Eynsford. La prova era riuscita, la P38 dell’avvocato Sword si era comportata bene, non aveva scalciato troppo e Nand aveva centrato la bottiglia al secondo colpo, da una distanza di tre metri. Quei quattro colpi rimasti dovevano assolutamente bastare a far fuori la vecchia. Questo significava che il margine d’errore doveva essere ridotto ai minimi termini. Se la signora Grace non fosse morta per lui sarebbe stata la fine, perché lei sì che l’avrebbe visto in faccia, riconoscendolo di certo.
Era preda di dubbi, domande, timori e insicurezza che, inesorabilmente, stavano prendendo il sopravvento. Quando tuttavia la terza birra sparì nella sua gola cominciò a sentire un vago senso di serenità che si fece strada nelle sue vene e nella sua testa. Aveva ancora 10 sterline per altre pinte da dividere con Condor e, poteva giurarlo, le avrebbe spese tutte. L’alcol stava cominciando a fare l’effetto desiderato. La bionda nello stomaco, per una sorta di miracolo, si stava trasformando in fluido di coraggio, in nettare di fiducia che, mischiandosi al suo sangue, rallentò magicamente il ritmo cardiaco e la sensazione di tremore incontrollato che si era impadronito di lui nelle ultime 24 ore.
Poi venne il momento. Quando le donne si staccarono da Portobello Road per dirigersi verso sud in direzione della stazione della metro, era già buio. I 2 ragazzi si affrettarono a seguirle. Le donne erano visibilmente ubriache e, non appena si furono allontanate dalla strada principale, si poterono sentire le chiassose risate che emettevano. Ridevano a crepapelle, sembravano oche starnazzanti. Continuavano a ripetere le stesse frasi senza senso, deridendo senza freni alcuni uomini a cui erano riuscite a spillare qualche sterlina per farsi offrire da bere. Ci erano andate giù pesanti con birra e rum. Condor, facendo l’occhiolino a Nand come d’intesa per invitarlo a stare ben nascosto nella penombra, affrettò il passo e chiamò:“Zia, zia Grace!” La donna si fermò un secondo, ma poi continuò a camminare come se nulla fosse. A quel punto Condor si avvicinò ancora di più e urlò di nuovo:” Zia Grace sono io!”
“Ah eccolo qui il fenomeno del secolo!” disse La signora Bend.
“Perché mi perseguiti, piccola odiosa peste? Ti ho detto che non devi starmi tra i piedi, ti è chiaro?”
Era evidente quanto fosse sbronza. Nel frattempo le altre ridevano. Ad ogni frase dell’amica emettevano sempre più fragorose risate di scherno e di derisione del ragazzino e delle parole di Grace.
“Levati dai piedi, non ho bisogno della tua maleodorante presenza di moccioso rompipalle”.
Sbiascicava le parole e avanzava a zig e zag nella via. C’era ancora molta gente sulla strada e questo non favoriva l’azione congegnata da Condor. Doveva inventarsi qualcosa e farlo alla svelta prima che la faccenda si complicasse e altre persone notassero quello che stava per accadere.
Fu così che, repentinamente, attirò l’attenzione del gruppetto di donne verso una piccola via sulla sinistra. Era un vicolo cieco e buio, l’ideale per il loro piano. Guardò in direzione di Nand, che, come un falco, seguiva a pochi metri di distanza, seminascosto tra le auto parcheggiate. Poi ebbe l’idea folgorante e disse: “Signore, in fondo alla strada mi hanno detto che c’è un pub che, a fine festa, offre gratis l’ultimo bicchiere”. Poi prese sottobraccio la signora Williams e la signora Taylor, anch’esse piuttosto sbronze e le trascinò nel vicolo.
La mossa fu fulminea, quanto inaspettata. Grace Bend rimasta indietro chiedendosi il perché di questo strano comportamento del nipote, fu raggiunta da Nand.
Ma qualcosa parve andare storto. Non si udì nessuno sparo. Per pochi ma interminabili attimi non successe nulla. Condor abbandonò il braccio delle donne e si diresse verso la zia. Poi finalmente, tra la confusione, la musica che ancora imperversava nell’aria, le voci della gente ubriaca che cantava, si udirono 3 spari.
Come è nata l’idea di questo libro?
Circa tre anni fa ho vissuto una serie di eventi negativi che hanno cambiato la mia vita. Proprio in quel periodo, spesso di notte per la difficoltà di prendere sonno, ho cominciato a scrivere. E’ nato un romanzo che, con opportune rivisitazioni narrative, rispecchia i sentimenti e le forti emozioni provate. Ho pescato nei meandri della mia memoria anche per inquadrare e descrivere i ricordi della fanciullezza, per dare vitalità psicologica e fondamenta credibili al mio thriller.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Il problema è stato conciliare lo scrivere con i tanti impegni di lavoro. Tuttavia, nei momenti dedicati alla scrittura, non ho avuto problemi a riempire i fogli con le mie emozioni, i miei sentimenti e i miei ricordi, che uscivano di getto, senza fronzoli.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Sicuramente i grandi autori di thriller psicologici. In primis: Wulf Dorn, Camilla Lackberg, Donato Carrisi e Giorgio Faletti.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Oggi vivo a Milano ma ho vissuto sempre a Roma e per 2 anni a Parigi.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho iniziato il mio secondo romanzo. Nel contempo voglio promuovere il mio primo romanzo attraverso attività di condivisione sui social, presentazioni in libreria e attività di marketing
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