
Edito da Aurora Vasques nel 2020 • Pagine: 505 • Compra su Amazon
Il mondo di Irtemal è imprigionato da secoli sotto la dittatura del demone Zerek, che ne ha sottomesso i popoli, bramando sempre più potere. L’unica speranza di sconfiggerlo è riunire i Guardiani dei Quattro Elementi, il cui potere congiunto potrebbe essere in grado di riportare la pace.
Kimberly, diciottenne italo-americana, sta frequentando l’ultimo anno di scuola, dopo essersi trasferita dalla caotica New York alla tranquilla città di Trieste. Un nuovo incontro darà inizio all’avventura che la porterà in un mondo parallelo, dove il peso di una guerra centenaria graverà sulle sue spalle.

Travis Pendragon, ultimo Comandante in vita dell’esercito di Darten, aveva combattuto molte battaglie durante la sua carriera di soldato. Fin da ragazzo, si era fatto notare per le sue doti nel combattimento corpo a corpo e nella strategia militare, risalendo in fretta i ranghi dell’esercito, raggiungendo in pochi anni una posizione di comando. In ogni guerra affrontata dall’esercito del Re, era stato un valido consigliere, oltre che un eccellente soldato, e mai una volta si era tirato indietro, felice di perire facendo quello per cui era nato: combattere.
Ora che la morte bussava alla sua porta però, dovette ammettere a se stesso che la paura si era fatta strada nel suo animo impavido. Non per codardia, come qualcuno avrebbe potuto pensare, ma per il fatto che la guerra, che da anni devastava il suo amato continente, si sarebbe conclusa quel giorno, ponendo fine alla resistenza che da lungo tempo tentava invano di contrastare Zerek e il suo esercito di demoni.
Si grattò la folta barba scura ripensando a quando tutto era iniziato; allora la sua chioma bruna non era screziata di bianco e il suo animo ardeva nella speranza di una gloriosa vittoria, sentimento che una guerra al suo inizio porta sempre con sé. Ben presto, però, aveva dovuto ricredersi… Una battaglia dopo l’altra, l’Alleanza di Mantedia era stata sconfitta dall’orda di demoni agli ordini di Zerek, e a ogni scontro perso, non solo il loro numero diminuiva ma i nekrodes, i cadaveri dei caduti in guerra rianimati con la negromanzia dai Guardiani dell’ombra, infoltivano le schiere nemiche rendendo l’esercito di Zerek sempre più forte.
Una folata di vento freddo gli scompigliò i capelli, distraendolo dai suoi pensieri. I primi giorni d’autunno erano arrivati portando via la calura estiva e quella mattina, in particolare, risultava più fredda e pungente delle altre, la giornata perfetta per uno scontro che li avrebbe portati alla morte, pensò amareggiato.
I flebili raggi del sole nascente si facevano largo a fatica tra le tenebre della notte appena trascorsa, e quel giorno sembrava non volessero lasciare il passo alla luce. Il cielo, grigio e plumbeo, era uno sfondo perfetto per la valle che aveva davanti, ormai brulla e secca, e con le sue nuvole scure la incorniciava, opprimendola sotto il suo soffocante peso.
Un’altra raffica più forte schiacciò l’erba ormai rada, rendendo visibile la terra arida sottostante. Insinuandosi tra le mura del castello, portò con sé l’odore acre della morte, che stagnante permeava ormai da giorni nella pianura.
Nella città di Darten i soldati si erano schierati sulle mura molto prima che il sole si affacciasse sulla valle, aspettando lo scontro ormai prossimo. L’aria umida penetrava maligna nelle ossa dei guerrieri che, immobili come statue, ornavano la cinta muraria della città, rabbrividendo nonostante indossassero una spessa armatura.
Il silenzio, assordante per quegli uomini in attesa dell’inevitabile, contribuiva a riempire le loro menti di angoscianti pensieri e a colmare i loro cuori di paura. La consapevolezza della sconfitta era ben chiara per quei soldati, così come per il Comandante Travis. Il loro numero era di molto inferiore rispetto a quello dell’esercito nemico per credere di avere un’opportunità di scamparla. Le ultime speranze di vittoria erano sfumate dopo lo scioglimento dell’Alleanza di Mantedia.
Gli abitanti di Darten erano rimasti da soli a combattere questa guerra. Le richieste d’aiuto inviate dal Re agli ex alleati, non avevano ottenuto risposta e, in tutta onestà, gli umani non avrebbero potuto pretendere granché dagli altri popoli. Molti di loro erano morti, altri dispersi, altri ancora avevano scelto di rintanarsi nelle loro case, convinti così di essere al sicuro. Ma con quei mostri a piede libero, esisteva davvero un posto sicuro?
Nel corso dei secoli la Capitale aveva resistito a numerosi assedi senza subire alcun danno, grazie alla protezione del monte sul quale era stata eretta. Le mura, forgiate dal fuoco dei draghi, erano solide e modellate nella montagna stessa, nessuno era mai riuscito a scalarle, o anche solo a scalfirle.
Le rocce che componevano la struttura di quella particolare altura erano costituite per lo più di mantedia, un tipo di minerale resistente ed elastico che, dopo essere stato modellato dal fuoco, diventava liscio e lucido. La cinta muraria della città circondava l’intera montagna, rendendo impossibile un attacco a sorpresa. Per centinaia d’anni, Darten aveva dominato indisturbata la valle, ma quel giorno il suo indiscusso predominio sembrava destinato a finire.
L’unico punto d’accesso del complesso, e forse il solo punto debole della fortezza, erano le grandi porte in legno massiccio, sbarrate prima che la battaglia avesse inizio con otto grosse travi di legno. Ma questa precauzione non sarebbe bastata a fermare né i demoni, e la loro magia oscura, né i loro ibridi immondi, i cerburei, umanoidi con fattezze animali. Avrebbero riversato la loro forza smisurata sulle porte, abbattendole in poco tempo, lasciando i soldati privi di difese.
Il silenzio opprimente sulla cinta muraria fu interrotto da un frettoloso rumore di passi. Dalla piccola porta della torre, adatta appena a farvi passare attraverso un uomo adulto, uscì un ragazzo sui vent’anni, capelli scuri e occhi azzurri, in cui si rifletteva il grigiore del cielo. Portava una spessa corazza sopra la quale era stato smaltato lo stemma della città, un drago dormiente argentato su sfondo blu. Allacciata al cinturone teneva una spada lunga, sul pomolo della quale era stato inciso lo stesso emblema della corazza. Teneva l’elmo stretto sotto al braccio e, nonostante il suo volto impassibile non facesse trapelare alcuna emozione, i suoi occhi tradivano l’angoscia che in realtà stava provando.
Il soldato si diresse svelto verso il Comandante, intimorito appena dalla sua stazza e dal suo sguardo, specchio dell’esperienza accumulata nelle numerose battaglie combattute. Dopo l’usuale saluto militare, il ragazzo parlò. La sua voce era ferma e decisa ma tradiva la sua giovane età.
«Comandante Travis, il Re vi informa con gioia che gli elfi hanno risposto alle richieste di aiuto inviando i loro maghi in nostro soccorso. Sono arrivati pochi minuti fa e hanno già preso posizione nelle torri e davanti alle porte della città».
«Quanti sono gli elfi venuti ad aiutarci?» Chiese il Comandante con voce greve.
«Venti, Signore». Rispose il ragazzo rimanendo sull’attenti.
L’uomo serrò la mascella. Aveva sperato in un contingente più cospicuo da parte del popolo elfico, ma non ci aveva mai davvero creduto. In fondo, la loro Regina era stata la prima a lasciare l’Alleanza, dopo l’ultima sconfitta che la coalizione aveva subito contro i demoni. Accecata dal dolore, aveva incolpato il giovane re di Darten della morte del padre, ritirando le sue truppe dalla guerra. Era già una fortuna avesse deciso di mandare qualcuno ad aiutarli in questo ultimo e cruciale scontro.
Gli elfi erano un popolo longevo e non era raro che vivessero per sette o otto secoli quindi, nonostante avesse quasi cinquant’anni, la neo regina era considerata per la sua gente poco più che adolescente. Immatura e troppo emotiva per assumere il comando dell’antico popolo elfico e capire quanto per la guerra fosse importante che le loro razze rimanessero unite. Qualcun altro avrebbe dovuto prendere il comando, ma le tradizioni elfiche non venivano meno neppure durante una guerra di quella portata, e così, Shamsa Treelife era salita al trono, con il cuore in pezzi per la sua recente perdita e la mente offuscata dal dolore.
La giovane elfa non aveva neppure potuto rendere omaggio alle spoglie del padre, che non erano mai state trovate sul campo di battaglia. Una voce terribile, che si era diffusa a macchia d’olio fra i sopravvissuti all’ultimo scontro, sosteneva che Zerek avesse intrappolato nel ghiaccio la salma del caduto re elfico, aggiungendola alla sua collezione di cadaveri.
Il comandante scosse il capo sospirando. Come poteva lui biasimare Shamsa? Il suo Re, un ragazzino di appena quattordici anni, si era trovato a capo, non solo del suo popolo, ma dell’intera Alleanza di Mantedia, dopo la prematura morte del padre e del fratello maggiore. Il dolore per le sue perdite e la sua inesperienza nella strategia militare li aveva fatti cadere nella trappola architettata dai demoni: una battaglia in campo aperto. Nello scontro molti erano stati i caduti, ma la cosa peggiore fu che l’intera tribù dei Moonshine, un terzo dell’esercito umano, si sottomise ai demoni, ingrossando ancora di più le fila del nemico.
Travis Pendragon rimase qualche istante in silenzio, osservando con amarezza il decadimento di Valle Pandea, rimpiangendo il tempo in cui era stata rigogliosa e fertile.
«Torna al tuo posto soldato e ringrazia gli dei per l’arrivo degli elfi». Disse congedando il ragazzo. Si rivolse poi a tutto il suo plotone. Lo sguardo deciso di chi avrebbe combattuto fino alla morte. «Questa sarà la nostra ultima battaglia. Non risparmiatevi perché o vinceremo o moriremo!» I soldati, rassegnati ormai al loro destino, avrebbero venduto cara la pelle e combattuto con ferocia per la loro amata terra. Il futuro di Irtemal si sarebbe scritto quel giorno.
Il sole aveva appena superato la linea dell’orizzonte, facendosi largo a fatica tra le pesanti nubi colme di pioggia, quando l’esercito nemico giunse ai piedi della valle, pronto ad assaltare la Capitale. La luce rossastra dell’alba filtrava tra le nuvole grigie, illuminando i volti degli invasori e rendendo i loro occhi pozze di pura tenebra.
Il demone a capo di quella spaventosa armata aveva tratti somatici tipici degli elfi, ma presentava notevoli differenze da ciò che un tempo era stato. I suoi capelli corti biondo platino, la pelle grigiastra e gli occhi neri privi di pupilla, erano aspetti inequivocabili di ciò che ormai era diventato. Sorrise divertito nel vedere la fiacca resistenza che gli umani avevano imbastito contro di lui. I suoi denti, più aguzzi del normale, brillarono alla luce rossa dell’alba, rendendo la sua figura ancora più inquietante. Quando parlò, la sua voce, profonda e agghiacciante, tuonò nell’aria e si espanse come un’eco in tutta la valle, giungendo perfino alle orecchie dei soldati di Darten, immobili da ore in attesa dello scontro.
«La vittoria è ormai alle porte. Conquistando Darten, porremo fine a questa patetica resistenza e il mio impero avrà finalmente inizio!»
Il suo esercito ululò di gioia, bramando l’imminente massacro come un assetato desidera una goccia d’acqua. Un ghigno soddisfatto si allargò sul volto del demone, che già pregustava il suo trionfo.
Nell’ultima battaglia aveva risvegliato l’odio che le razze provavano l’una per l’altra e la loro insulsa alleanza si era dissolta come fumo nel vento. Gli umani sarebbero stati i primi a cadere, e poi sarebbe toccato agli altri. Li avrebbe presi tutti, uno alla volta, senza fretta, gustandosi ogni loro momento di dolore. Elfi, ylidir e fate. Tutti sarebbero stati sottomessi al suo volere. Tutti. Eccitato si leccò le labbra prima di dare inizio a quello che, ne era certo, sarebbe stato un sublime massacro. Il suo ordine echeggiò prepotente nell’aria.
«Attaccate!»
Le truppe demoniache si scagliarono con folle entusiasmo verso la loro preda che, impotente, non poteva far altro che guardare con terrore la loro rapida avanzata. Quando demoni e cerburei si trovarono a distanza di freccia, in tutta la roccaforte risuonò un unico grido.
«Caricare. Scoccare!»
Il sibilo delle frecce echeggiò nell’aria e il cielo fu oscurato dall’enorme numero di dardi. Uno stormo di uccelli con becchi di ferro pronti a investire con la loro furia il nemico. I demoni avanzavano senza indugio, eccitati al pensiero di poter spegnere così tante vite in una volta sola. Non fermarono la loro feroce avanzata nemmeno quando le frecce scoccate dai difensori abbatterono tutta la loro prima linea. Calpestavano i caduti senza battere ciglio, concentrati solo sul loro obiettivo.
La risposta demoniaca a quel primo attacco non si fece attendere: gli arcieri nemici si misero in posizione e i primi dardi infuocati furono scoccati; le catapulte vennero azionate e i primi massi fecero il loro ingresso nella battaglia. I soldati di Darten si concessero un breve sorriso nel vedere che nessuna delle armi nemiche riusciva a colpire le mura, ma sia frecce che massi si polverizzavano a qualche metro dai merli e dalla porta, merito della magia elfica. Le torri d’assedio e gli arieti dei demoni furono distrutti con successo dai difensori, rallentando, anche se di poco, l’avanzata del nemico.
Non tutti avevano preso parte a quella battaglia. Alcuni demoni erano rimasti al fianco del loro Re, in attesa che le porte cadessero. Osservavano lo scontro impassibili e immobili come statue di cera. Tutti tranne uno, che, invece, non riusciva a celare la sua impazienza. Il demone assottigliò lo sguardo, irritato dall’insuccesso dei suoi compagni, e il rosso delle sue iridi prive di pupille sembrò farsi più intenso. Infastidito incrociò le braccia al petto, rivolgendosi al suo Imperatore.
«Le frecce non raggiungono i soldati e i massi scagliati dalle catapulte non colpiscono le mura. Non riusciamo ad abbattere i cancelli». Schioccò la mascella seccato. «L’esercito non riesce ad avvicinarsi. Di questo passo ci vorrà tutto il giorno».
Zerek osservò i soldati umani mentre scampavano alle sue armi e sorrise divertito.
«Non essere impaziente, Amon. Sono protetti dagli elfi, ma non importa». Un ghigno deformò il suo volto. «Non reggeranno ancora a lungo e, quando gli elfi saranno esausti, abbatteremo le porte di Darten e la città-fortezza sarà mia!»
Amon non aggiunse altro ma si limitò ad annuire alle parole del suo Re, riportando l’attenzione sullo scontro.

Come è nata l’idea di questo libro?
Ho sempre amato leggere il genere fantasy e fin da bambina ho scritto brevi storie e racconti, creando numerosi personaggi. L’idea di creare il mondo di Irtemal mi è venuta mentre davo vita al personaggio di Kimberly, la protagonista del mio romanzo. Man mano che lei prendeva forma, la storia veniva delineata e altri personaggi si aggiungevano a lei, assieme alle loro avventure.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Direi che non è stato semplice portare a termine questo primo romanzo, soprattutto nella fase della correzione, ma il duro lavoro fatto è stato ampiamente ripagato dalla soddisfazione ottenuta dopo la pubblicazione.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
I miei autori di riferimento sono stati sicuramente Tolkien, J. K. Rowling e Trudi Canavan. I tre che hanno scritto le mie saghe preferite.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo nella città di Trieste da quando sono nata e amo la mia città. Per questo motivo ho deciso di ambientare l’inizio del mio romanzo proprio a Trieste.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Vorrei pubblicare il secondo volume della mia trilogia nel 2021 e il terzo volume nel 2022. Vorrei partecipare a qualche concorso letterario e, magari tra qualche anno, mi piacerebbe poter vivere di scrittura.
Ho letto il libro che ho trovato molto piacevole tanto da voler arrivare alla fine a tutti i costi. Aspetto con ansia il secondo.
Attendiamo il secondo,libro di fantasia, ottimo per questo periodo.
Ho letto il libro pur non essendo il mio genere preferito,
mi incuriosiva l’ambientazione nella mia città di adozione, bellissimo scorrevole tanto da catturare la mia attenzione fino all’ultima parola.
Attendo il prossimo con impazienza.