
Edito da Francesco Bongiorno nel 2020 • Pagine: 100 • Compra su Amazon
"Il top del top" segue le avventure di Paolo, un trentenne squattrinato che non ha mai smesso di sognare e riceve l'opportunità della vita quando un prozio scomparso gli lascia in eredità la sua azienda, nientemeno che una società che affitta topi da laboratorio.
Da subito, Paolo mette in pratica le sue idee creative - per non dire folli! - per far crescere l'azienda e farla conoscere al grande pubblico. Così facendo, però, attira anche attenzioni sgradite, sia all'interno che, soprattutto, all'esterno dell'azienda.

“Cosa fate a livello di marketing?” chiede Paolo alla folla di presenti.
Tutti si scambiano sguardi imbarazzati.
Paolo guarda Alessia, che risponde titubante. “Noi gestiamo i clienti più che altro con contatti diretti. Conosciamo i vari laboratori di ricerca, loro ci ordinano i topi e noi glieli forniamo. Finora ha funzionato tutto molto bene.”
“Bene,” sorride Paolo. “Sono sicuro che il Dottor Vanzetti stia facendo un lavoro straordinario da questo punto di vista.”
Il giovane commerciale arrembante gonfia il petto.
“Ma insieme possiamo fare di più,” dice Paolo passeggiando tra le sedie. “Tanto per fare un esempio, com’è la nostra immagine agli occhi dei clienti e del pubblico?”
Di nuovo, è Alessia a prendere la parola, già calata perfettamente nei panni di amministratore delegato. “Non è un aspetto che abbiamo mai veramente curato. Abbiamo sempre concentrato tutti gli sforzi sugli obiettivi di vendita.”
“Ecco, questa è una cosa che dovrà cambiare. Ma del resto è giusto così. Sennò io che ci sto a fare?”
La faccia di Alessia si contrae in una smorfia che Paolo non è in grado di leggere.
“Io credo che la nostra azienda abbia bisogno di visibilità presso i nostri clienti, quelli diretti, ovvero i laboratori e gli istituti di ricerca – che già ci conoscono, ma anche quelli indiretti, ovvero chi beneficia dei nostri servizi. Penso alle case farmaceutiche e, in ultimo, i pazienti, le persone comuni. Loro devono sapere quello che facciamo e apprezzarci per questo.”
Arturo sente di doversi inserire. “Con il dovuto rispetto, Dottor…”
Paolo sente un tumulto gorgogliargli nel petto, come stesse per avere un orgasmo cerebrale. Lo rispettano, guardano a lui con timore reverenziale, tutti loro. Che sensazione meravigliosa! Ciononostante, mantiene un contegno esemplare. Come se fosse abituato da una vita a essere trattato da Presidente. “Arturo, chiamami Paolo, per favore.”
“Va bene… Paolo, con il dovuto rispetto, la nostra attività funziona bene e abbiamo già i giusti contatti con i nostri clienti. Credo che una maggiore visibilità ci potrebbe portare solo guai.”
“In che modo, Arturo?” Nota il giovane commerciale abbassare lo sguardo e avverte un tremore nella sua voce. Nel mentre, sente la sua stessa aura espandersi sempre di più. Si sente un’altra persona. Come se si fosse liberato del vecchio corpo, un corpo fittizio, e fosse ora dentro un altro, quello che gli è sempre appartenuto.
“Non tutti vedono di buon occhio quello che facciamo. Abbiamo sempre dovuto nasconderci dal pubblico, gli animalisti cercando di entrare ogni notte. Alessia, diglielo…”
Paolo solleva il braccio destro. Da come i presenti si zittiscono all’istante, il normalissimo braccio del neo Presidente dev’essergli sembrata l’ala di un albatro. “Capisco le vostre preoccupazioni. Ma non può essere la paura a fermarci.”
“Non è paura,” interviene Alessia, “è buon senso!”
Da come lo difende, riflette Paolo, deve avere quantomeno una simpatia per Arturo. Questo non gli piace.
“Gli animalisti tentano di entrare qua dentro almeno dieci volte l’anno,” continua la neo amministratrice delegata.
“E ci riescono mai?”
“No, finora non ci sono mai riusciti. Ma…”
“Dunque è buon senso rinunciare ad avere, che so, un sito, per paura che un gruppo di animalisti possa liberare i nostri topi?”
“È così,” ribatte Alessia, decisa come non mai. La mansuetudine con cui l’aveva conosciuta era ora definitivamente scomparsa. Ma solo perché sovrastata dalla rabbia. “Se finora non ci sono mai riusciti, è perché ci siamo nascosti ai loro occhi.”
“Apprezzo il vostro punto di vista,” risponde Paolo serafico. “Ma lasciatemi almeno darvi una prova di quello che ho in mente.” A questo punto, nessuno dei presenti osa fiatare. È lo stesso Paolo a rompere il silenzio. “Vi ringrazio tutti della vostra presenza. Una sera di queste organizzeremo una bella cena tutti insieme. Ora siete liberi di tornare al lavoro.” I presenti si congedano, la maggior parte con un sospiro di sollievo compensato da un pizzico di scocciatura per dover tornare a faticare. “Tutti tranne la Dottoressa Astori e il Dottor Vanzetti! Voi venite con me in un posto.”
I due, che si stavano già avviando uno di fianco all’altra verso la porta, si bloccano e tornano indietro con passo incerto.
“Vi porto a conoscere un amico.”
In meno di mezz’ora sono di fronte a un grosso portone in legno in pieno centro. “Si fermi pure qui,” dice Paolo al tassista. E così se ne vanno i primi venti Euro dell’eredità del prozio.
Il viaggio è stato piuttosto bizzarro; per conoscerli, Paolo ha fatto ai due compagni di viaggio una serie di domande sulla loro vita fino a quel giorno, a cui però i due hanno risposto molto sbrigativamente, se non col mutismo in certi casi. Eppure lui voleva solo legare. Forse non si aspettavano tutta quell’iniziativa già alla prima visita. In effetti Paolo riconosce in quel momento di essersi lasciato un po’ trasportare dall’entusiasmo. In poche ore ha nominato un nuovo amministratore delegato, indetto una plenaria, e si è portato fuori le cariche più alte dell’azienda. Ma ormai erano là e non poteva tirarsi indietro.
“Questa è la casa editrice di un mio amico,” annuncia dopo aver suonato il campanello. “Si occupano più che altro di fumetti.”
Ora, per tutto il viaggio i due non si erano spinti a fare nessuna domanda, se non a rispondere concisamente alle sue. Ma Paolo sa che ce n’è una molto ingombrante che aleggia nelle teste di entrambi: perché ci ha portato qui?

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea del libro me l’ha data una ex collega di un’agenzia di comunicazione specializzata in prodotti farmaceutici. Uno dei suoi clienti in passato era stato proprio un’azienda che come scopo aveva quello di affittare topi da laboratorio. Solo quello. L’ho trovato bizzarro e affascinante e ho capito che sarebbe stato divertente scriverci un racconto.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
È stata una scrittura molto piacevole, in realtà. Ho trovato divertente scriverlo e spero che lo sia altrettanto leggerlo.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Tra gli umoristi mi piacciono molto Christopher Moore, Alan Bennett, Arto Paasilinna e, tra i nostri, il classico Achille Campanile. Non mi sono perso nessun P.G. Wodehouse e mi piace molto anche l’umorismo fantascientifico di David Gerrold e Larry Niven. Tra le ispirazioni metto anche Graham Green, soprattutto per Il nostro agente all’Avana, e Raymond Queneau: Troppo buoni con le donne è un suo libro poco conosciuto ma che mi ha divertito molto.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Sono di Pisa e, dopo una parentesi di circa 3 anni a Roma, vivo ormai da 8 anni a Milano.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Vorrei migliorarmi, innanzitutto, e continuare a scrivere racconti o romanzi umoristici che facciano divertire con leggerezza. Il prossimo è già in cantiere e si parlerà di carta igienica.
Di piacevole lettura, divertente. Si legge in un fiato.