Edito da tremulalibri nel 2018 • Pagine: 206 • Compra su Amazon
Genere giallo psicologico. Dopo il sognante Le ciliegie sul tetto e il controverso , scandaloso Kamasutra Kolossal Kamikaze questo è il terzo libro di Ferruccio Andreoni: un giallo atipico, spiazzante Lo stile dissacratorio e scorrevole che caratterizzava già le opere precedenti si è fatto ancora più asciutto . Un giovane e ricco ereditiere vive isolato in una villa che è stata il quartiere generale delle SS nel 1944 ed è sopravvissuto ad un grave incidente e al processo dove si è dovuto difendere, completamente privo di memoria , dall'accusa di avere causato la morte di tre bambini. Mano a mano che i ricordi riaffioreranno un solerte commissario amante della pittura e dei dolci verrà a fargli visita sempre più spesso e con domande sempre più pressanti….
Un busto di Mussolini che cambia sempre ubicazione, un vasetto di marmellata, strani rumori notturni dal bosco e la visita di una enigmatica figura femminile sono solo alcuni degli ingredienti di questo giallo nerissimo, pieno di sorprese e di provocazioni che rimanda a certi film gialli anni settanta e al gusto dello sberleffo del cinema spagnolo della decade successiva.
Mio padre era tedesco e la mia bellissima mamma era di nazionalità italiana. Per motivi cronologici globuli neri di nazismo e di fascismo sono circolati nel sistema venoso del mio albero genealogico.
Questi peccati originari credo che abbiano lavorato sotterraneamente in modo subdolo ed incessante e che abbiano contribuito, insieme ad altri fattori che sarebbe troppo lungo enunciare, alla disgregazione e alla decimazione del mio alveo familiare . Ci sono stati dei suicidi e ci sono stati dei lutti. Forse la mia memoria selettiva ha delle falle macroscopiche perché ricordo in maniera quasi fotografica quei tre funerali. Se aggiungiamo il fatto che mio padre era un grande produttore di armi ce n’è abbastanza per farsi suggestionare e ritrovarsi a contemplare i paesaggi di tanti luoghi comuni come “denaro maledetto” e “colpa dei padri”.
Ho guardato l’agenda per ricordarmi che cosa ho fatto ieri e la pagina era intonsa come se non avessi scritto nulla di proposito. Come se avessi voluto intenzionalmente dimenticare.
11
Eccolo di nuovo che contempla ammirato il mio quadro di Modigliani. Se ne sta per cinque minuti buoni in un silenzio estatico davanti a quegli occhi bui che, evidentemente, in una maniera che io non sono in grado di comprendere, riescono a guardargli dentro.
<<Impressionante.>>
<<Lo vuole comperare?>> gli chiedo.
<<Non avrei i soldi necessari nemmeno se campassi tre vite.>>
<<Le sue visite si fanno sempre più frequenti, commissario.>> gli dico accendendomi una sigaretta e porgendogliene una dal pacchetto. Lui rifiuta.
<<Questa volta è diverso. Le altre volte erano tutte visite in via ufficiosa.>> Si fruga in tasca del cappotto. Tira fuori qualcosa che adagia sul tavolino di cristallo nero. Sono delle foto.
<<Conosceva questo uomo?>>
Guardo attentamente. Una faccia ordinaria, capelli bianchi e radi, una grossa ruga sulla fronte.
<<Dovrei?>>
<<Si chiama Antonio Carlisi. Il nome, almeno quello, le dovrebbe dire qualcosa…>>
<<Non mi dice niente.>>
<<è scomparso da due giorni. Qualcosa mi dice che questa sparizione abbia a che fare con lei.>>
<<Vivo da recluso qui dentro. Non esco quasi mai. Non conosco quell’uomo. Non riesco ad immaginare per quale astruso motivo dovrei avere a che fare con la sua scomparsa.>>
Si fruga nella tasca sinistra e tira fuori altre foto. Questa volta il soggetto mi è molto più familiare. Un ventiseienne biondo e algido dai lineamenti perfetti e angelici. Io.
<<Almeno lei si riconosce?>>
Io seduto al tavolino di un bar con lo sguardo assorto. Io che attraverso le strisce pedonali con le mani in tasca. Io che scendo da una utilitaria tutta scassata.
<<Mi sta pedinando, commissario?>>
<<Assolutamente no. Queste foto non le ho scattate io e nemmeno qualcuno dei miei uomini. Si trovavano nell’abitazione di questo Antonio Carlisi. Strano, vero?>>
Qui registriamo una idiosincrasia tra la parola pronunciata e quella recepita: <<Strano , vero?>> per lui significa strano manco per il cazzo mentre per me significa nebulosa malevola che nasconde al suo interno una spirale metallica che con rotazione forsennata sminuzza a brandelli le mie già sottili certezze.
<<Probabilmente voleva vendere le foto a qualche giornale. In passato, come lei ben sa, sono stato a lungo famigerato. Qualche redazione scandalistica avrà avuto nostalgia della mia gogna.>>
<<Abbiamo trovato anche qualcosa d’altro in quella casa. Qualcosa di inquietante.>> Fa una pausa ad effetto.
<< Se ne stava proprio lì, nuova ed intonsa vicino al tavolo della cucina.>>
<<Cosa?>>
<<Una bara. Una cazzo di bara nuova di pacca. Non mi era mai successa una cosa così bizzarra in quindici anni di servizio.>>
<<Probabilmente Antonio Carlisi era un vampiro.>> dico, cercando di sdrammatizzare e ottenendo solo come effetto di aggiungere altro gelo a tutto quel freddo.
<<Perché ha detto “era”? Io ho parlato solo di una persona scomparsa. Nessuno ha supposto che Antonio Carlisi fosse morto.>>
<<Commissario, è solo un modo di dire. La gente è bizzarra. Ci sono molti motivi per cui uno potrebbe decidere di mettersi in casa una bara. Potrebbe avere delle fantasie sessuali necrofile ed invece di giocare al dottore passare al livello superiore e giocare al becchino. Potrebbe soffrire della sindrome di Bela Lugosi e convincersi di essere un non morto. Ora, così sui due piedi, non me ne vengono in mente altre ma sono sicuro che se ci mettiamo a cercarle bene ci sono.>>
<<In effetti anche a me ne è venuta in mente una.>>
<<Vede?>>
<<Che Antonio Carlisi abbia comperato quella bara apposta per lei.>>
Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea del libro è nata dalla paura che mi fanno le coppie che finiscono con l’assomigliarsi. Da questa mia fobia è nato un libro che non somiglia a nessuno dei precedenti se non per il gusto della provocazione.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Non è stato molto difficile anche se la sfida era rendere qualcosa di contorto godibile e di facile fruizione. Una volta avuto chiaro l’obiettivo sono andato avanti senza troppi ripensamenti.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Non ho autori di riferimento perché anche se questo potrà apparire presuntuoso cerco di non imitare o ricordare nessuno. Ho letto molto in passato e sono molti gli scrittori che mi piacciono. Il primo che mi viene in mente è John Fante ma ho amato molto pure Bukowski e i minimalisti americani. Fra gli italiani Moravia e Aldo Busi che è un virtuoso della parola ma la lista è davvero lunga.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ho sempre vissuto a Massa ed è qui che ho ambientato quasi tutti i miei libri. Mi piace il suo essere una città bellissima e ferita. Aveva – e avrebbe ancora – tutto: il mare e le montagne ma una classe politica lungimirante le ha piazzato un polo chimico nel mezzo che negli anni ottanta è pure esploso. Si sono comportati come quegli idioti che non sopportando la bellezza gettano l’acido in faccia a chi dicono di amare. Nelle mie pagine mi diverto a trasfigurarla e a renderla una città magica e misteriosa.
Lascia un commento