
Edito da EDIZIONI MONTAG nel 2021 • Pagine: 140 •
Sono le nostre scelte a influenzare il corso degli eventi? Esistono risposte giuste o sbagliate in base alle quali il nostro destino cambia improvvisamente traiettoria conducendoci da tutt’altra parte rispetto a dove eravamo diretti? Oppure è tutto scritto?
Un’antologia composta da tre storie slegate ma con elementi comuni, nelle quali i protagonisti, alle prese con la portata delle loro decisioni, verranno messi a dura prova dai risvolti inaspettati che ne deriveranno: solo le loro azioni, in ultima istanza, potranno stravolgere le carte in tavola.
Cosa avrà in serbo per loro il futuro?
L’intrecciarsi del fato con la volontà di persone ordinarie renderà pressoché impossibile al lettore non immedesimarsi perché, si sa, chi non ha avuto l’illusione di scegliere nella propria vita?

LE SCELTE DI ALYSON
1
Ci sono state tante sliding doors nella mia vita. Destino? Fato? Chi può dirlo. All’improvviso ti ritrovi catapultata in situazioni che non avresti mai immaginato e ti convinci che è successo perché hai deciso di svoltare a destra invece che a sinistra, hai accettato un invito al posto di rifiutarlo… Chissà. Forse la colpa che ci addossiamo non è tutta nostra.
Comunque sia, preferisco non dannarmi con i se e con i ma; i sentimenti degli esseri umani, infatti, sono qualcosa di misterioso, di mutevole: ognuno di noi è una dimensione a sé, al cui interno il sole cede il posto alla luna più sovente di quanto accada in natura. Ho imparato che la felicità è vivere senza pentirsi della strada intrapresa, senza rimpiangere quella che non si percorrerà mai.
Mi capita spesso di avere dei déjà vu: in quei momenti sento con assoluta certezza di essere esattamente dove dovrei.
(…)
RESILIENZA
Resiliènza: s. f. [der. di resiliente]. – In psicologia, la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà.
1. 12 aprile 2018, Unter den Linden, Berlino
Sonia non sarebbe mai più riuscita a fidarsi di guance svuotate e rugose, mani dalle dita lunghe e sottili in costante tremore, unite dietro la schiena e sfregate lentamente, come in perenne attesa. Occhi vitrei, ridotti a una fessura, nascosti da spesse lenti inserite in una montatura démodé; quel luccichio ingannevole, latente, in sguardi nostalgici e parole d’altri tempi. Figure esili, pelle flaccida e macchiata, unghie fragili e piuttosto sporche, volti dai sorrisi sghembi. Sono corpi che si muovono lenti, silenziosamente, nell’ombra.
Ciò che aveva vissuto l’aveva resa diffidente, schiva, svelta. Le era successo qualcosa di così perverso che la faceva voltare per strada, iniziare a correre in preda al panico, il fiato corto, per un fruscio del vento. Inciampava nei suoi stessi passi e si rimetteva in piedi, fulminea, non potendosi concedere il lusso di fermarsi sul marciapiede. Era schiava del passato che non la lasciava libera di respirare, rilegata all’ultimo piano di un condominio lussuoso: un appartamento troppo grande per una persona sola; finestre sbarrate, portone chiuso a doppia mandata e il miglior sistema d’allarme in circolazione.
Non ne parlava mai, neanche con lui. Appena Eni provava a chiederle di raccontargli come mai si fosse trasferita in uno dei più antichi palazzi del centro storico di Berlino non rispondeva, chiudeva gli occhi e li strizzava forte, scuotendo la testa. Era l’unico amico che le fosse rimasto, ciò nonostante lo respingeva. Fuggiva il suo sguardo ogni volta che le sembrava soffermarsi di più, come a impedirgli di instaurare una certa connessione con lei: il solo pensiero dell’intimità le metteva la pelle d’oca. Condividevano il pianerottolo di lucido marmo nero ‒ l’unico luogo in cui lei acconsentiva a scambiare due chiacchiere ‒ e un’ampia terrazza separata solo da una bassa rete metallica, spazio di cui Sonia non usufruiva mai per timore che qualcuno potesse accedervi dall’esterno e intrufolarsi in casa sua (per questo motivo la portafinestra restava serrata, i vetri oscurati da pesanti tende barocche). Eni si ripeteva di avere pazienza: prima o poi avrebbe scoperto cosa la tormentasse. L’aveva sentita urlare ogni notte, da quando era arrivata nel quadrilocale di fronte al suo.
Le succedeva sempre quando era ancora troppo buio per essere già mattino, ma non più così scuro da potersi considerare notte fonda. Il sonno era leggero, agitato; si destava sudata, la frangetta nera incollata alla fronte appiccicaticcia. Non era riuscita a disfarsi di quei ricordi spaventosi, tantomeno delle sensazioni. Provava ancora freddo, un freddo pungente nelle ossa, le orecchie tormentate da un vento gelido, incessante; era diventata un terreno arido, frastagliato, su cui era certa niente avrebbe mai più potuto germogliare. Detestava i fruscii, le imposte che sbattono, i passi pesanti sul legno che scricchiola…
(…)
SE FOSSI ARRIVATO IN TEMPO DA TE
…non starei insieme a lei!
5. Ethan e Madeline
“Come caspita si fa ad aprire questa macchina?! Il codice non funziona! Proprio quando si ha fretta. Mi stanno aspettando tutti, la torta non può arrivare mezza sciolta, per giunta dopo che metà degli invitati se n’è andata! Mi viene da piangere… Dài! Perché non vai?”
«Mi scusi! Dico a lei!» “Oh, sia lodato! Magari lui sa come far funzionare questa cosa”.
“No, no, no. Quella mi sta fregando la macchina! Non riuscirà mai ad aprirla, ho il codice univoco. Calma, Ethan. È tutto sotto controllo. Niente male la tipa, però! No. Ambyr, pensa ad Ambyr!”
«Grazie al cielo! Non passava un’anima viva e sono già in ritardo. Ha idea di come si apra? Ho ricevuto il codice di conferma via SMS, ma sembra che non funzioni». “Avrà la mia età, dovrei dargli del tu. É carino! Sta a vedere che era destino questa stupida macchina facesse i capricci”.
«Non funziona perché questa è la mia prenotazione, devi aver sbagliato auto. Ne ho vista un’altra posteggiata sulla parallela, lampeggiava rosso quindi era prenotata. I codici sono univoci, ognuno apre una sola vettura, è fatto apposta per evitare situazioni del genere. Tra l’altro mi spiace, ho proprio premura». “Ok, dovrei risolverla velocemente, sembra una per bene. Già mi aspettavo fosse mezza sbronza o che altro, a quest’ora”.
«Ehm… No, temo che la via e la macchina siano proprio queste, sai? Ecco codice e indirizzo che mi sono arrivati sul telefono, controlla tu stesso. Sei sicuro l’altra non fosse la tua?»
“Merda. Il suo messaggio di conferma è identico al mio! E adesso?” «Corrispondono. Deve esserci stato un errore di sistema. Stai ferma qui, prima che qualcun altro provi a usare il nostro codice! Vado a fare un tentativo con l’altra macchina e ti raggiungo».
«Va bene».“Posso aspettare altri cinque minuti, dopo tutto. Meglio comunque avvisare Layla, si starà chiedendo dove sono finita!”
«No. Niente da fare, non si apre».
«Oh… Se provassimo a chiamare il numero verde?»
«Non risponde nessuno dopo le 20:00».
«Già, che stupida. Non vorrei farmi gli affari tuoi, ma… In che zona devi arrivare? Possiamo prendere un taxi e dividere la spesa, se andiamo nella stessa direzione».
(…)

Come è nata l’idea di questo libro?
Questo libro nasce dalla volontà di dare voce a quei personaggi che fanno capolino nella mia testa senza bussare, generati a partire da vicende realmente accadute o partoriti all’improvviso, fantasiosamente, a notte fonda; nasce dall’esigenza di esternare, condividere, comunicare raccontando storie di vita attualissime, per giovani e non, in cui tanti si immedesimeranno con facilità. Mio nonno ripete spesso che sono provvista di un’emotività singolare e di un’empatia al limite del ragionevole che, quando comprese appieno, arrivano ad attraversare atri e ventricoli del cuore. Scrivere è avvalermi di un ventaglio variopinto di emozioni che vado a consegnare al fruitore. É, in altre parole, il mio modo di tendere la mano nell’intimo silenzio della lettura.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Portare a termine Tra Fato e Volontà è stato semplice e complesso al contempo. Relativamente facile per via del formato: scrivo racconti da parecchio tempo e sento di avere trovato la mia dimensione nel condensare ambientazione, avvenimenti, personaggi, dialoghi ecc. in un numero limitato di caratteri, senza però che sia la narrazione a farne le spese né tantomeno lo spessore o la profondità delle tematiche trattate, esaltando altresì l’aspetto emozionale fortemente presente nella maggior parte delle mie storie; difficile, perché sono una perfezionista, peraltro ipercritica e puntigliosa, perciò la rilettura del testo (a più riprese) mi porta ogni volta a modificare qualcosa fino al momento in cui tutto è esattamente come dovrebbe, finché riesco a visualizzare la scena come me l’ero immaginata attraverso la combinazione delle parole giuste, così da potermi finalmente ritenere soddisfatta del risultato. Questo è indubbiamente un processo faticoso, come sa chi esige molto da se stesso.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Amo molto leggere spaziando tra i generi più disparati… Tuttavia, non mi piacciono troppo le etichette e ritengo di avere uno stile tutto mio che definirei, grosso modo, intimista. Scrivo in modo naturale, seguendo soltanto la direzione che traccio man mano, senza emulare altri autori (anche perché sarebbe mille volte più complesso e, a mio avviso, spersonalizzante). Ciò detto, è possibile che abbia subito il fascino, o l’influenza, dei miei scrittori preferiti, tra cui Clara Sánchez, Nicholas Sparks, Margaret Atwood, Anna Todd e, restando in Italia, Tecla Cattozzo.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Le mie città del cuore sono Lecco e Como, tra cui mi divido. Da mediatrice culturale, insegnante d’inglese e viaggiatrice incallita, posso affermare di aver vissuto in parecchi Paesi del mondo; due metropoli su tutte, Vancouver e Melbourne. Subito dopo, Londra e Dublino.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente continuerò ad assecondare le storie che si mettono in fila h24 allo sportello della mia mente… Mi piacerebbe dedicarmi alla stesura di un romanzo più “corposo”, uscendo così dalla mia comfort zone (le antologie).
Lascia un commento