
Edito da Delos Digital nel 2020 • Pagine: 102 • Compra su Amazon
"L’unica certezza che ha è che il passato è tornato a riscuotere un credito con interessi a tinte rosse e nere. Rosse come il sangue, nere come la morte."
Maddalena Incerti, anonima commessa di provincia, ce l’ha scritto nel cognome: la sua insicurezza cronica è la condanna a una vita mediocre in cui rischia di affondare. Tutto cambia quando soccorre una donna in stato confusionale e scopre che l’identità da lei fornita è falsa. Il mistero s’infittisce quando la sconosciuta riesce a scappare dall’ospedale in cui è stata ricoverata, pronta a far esplodere la propria rabbia e le proprie ossessioni in un vortice di sangue, morte e vendetta.

Sabato 17 settembre, ore 00.50
Notte di metà settembre. Rivoli di foschia si levano dai terreni arati. Non si vedono le file dei frutteti in attesa di essere sgravati del loro peso. L’estate non vuole ancora scendere a compromessi con l’autunno. La raccolta delle pere e dell’uva, iniziate anzitempo, sono ancora in corso. Durante il giorno le persone indossano ancora polo e sandali, esibendo le tracce dell’abbronzatura. Di notte, le finestre restano aperte per lasciare circolare un refolo d’aria rinfrescante.
Alla guida della Nuova Panda, Maddalena cerca di catturare la brezza decisamente fuori stagione, assaporandone il tocco sulle braccia nude. Il cellulare, appoggiato nella nicchia posta di fronte al cambio, non dà segni di vita.
Sta spettando un sms dal suo ex, dopo la serata in compagnia al pub di Dario. Un colpo di testa, dopo settimane di presenza negata, che ha suscitato la preoccupazione di Federica e Giulia, le sue inossidabili amiche. Da luglio non ha più messo il naso fuori casa, se non per lavoro o per fare la spesa. Su aperitivi e sbronze notturne ha infatti messo un macigno sopra. Da quando lei e il Moro si sono lasciati, mettendo fine a una relazione tormentata. E com’era ormai d’abitudine con lui, non sono mancati alcuni fugaci ritorni di fiamma, con annesse apnee amorose, anticamera di una speranza accesa, risolta nei “ma” tanto cari agli uomini.
“E meno male che sono io quella che di cognome fa Incerti ” borbotta tra sé, scocciata.
Per tutta la serata il Moro ha cercato il suo sguardo, da sopra il tavolo, e la coscia stretta nei leggins neri, sotto. Lei, per tutta risposta, ha allontanato la mano, dandogli a intendere che non ci sarebbe stata. Si è lasciata andare soltanto verso la fine, complice un sorso di Affligem in più. Ha ascoltato i suoi sfoghi, contraccambiati dal resoconto della sua non vita. Del desiderio di fuggire con il cervello, convertito a un lavoro a scadenza privo di prospettive a lungo termine.
– Tempi duri – si limita a dire il Moro – Dovresti prenderla dolce.
– Forse intendi, prenderlo dolce? – gli risponde, allusiva.
Il Moro allunga le mani da portiere.
– Io non ho detto niente.
Maddalena scoppia a ridere. Sotto il tavolo le dita si allacciano e si sciolgono, per poi intrecciarsi di nuovo, finché lei non mette fine al gioco, riportando le mani sul ripiano, accanto al boccale vuoto.
– Non cambi mai, – commenta l’uomo – prima dici che non farai una cosa, poi torni indietro. E poi cambi ancora idea.
– Non sono l’unica, – ribatte lei, irritata, mettendo la borsa a tracolla – ma come sempre tu rinfacci le contraddizioni degli altri, sorvolando sulle tue.
Si alza per evitare l’ennesimo, inconcludente, discorso.
– Vai di già? – le chiede Federica, avvinghiata al suo fidanzato.
– Sono un po’ stanca.
– Prima o poi ti riserveremo un posto in Geriatria – scherza Filippo.
– Puoi già chiamare – replica, ricacciando l’irritazione con un sorriso – Ci vediamo più vecchi.
– Fatti vedere presto – commenta Lara.
– Ricevuto, volpe rossa.
Maddalena alza lo sguardo dal volante. È fondamentalmente sola. Malata d’amore e di feuilleton in cui cercare ricette di vita; patita di thriller dove trovare il pepe e il sale che non riesce a distribuire nelle sue piatte giornate di provincia. Sa che la fuga non dovrebbe farla dalla realtà, ma nella realtà, eppure è ancora troppo attaccata alle sue abitudini per poter fare il grande salto. Con il risultato di un viversi passivo.
A dispetto delle curve che interrompono il rettilineo della Statale, una Peugeot 206 sorpassa la sua auto. Il distacco non è evidente: il veicolo di fronte a lei rallenta quasi subito. Un colpo di abbaglianti illumina qualcosa. Maddalena vorrebbe accendere i suoi per mettere a fuoco ciò che ha intravisto, ma preferisce evitare per non infastidire chi la precede.
Mette mano al freno e, lentamente, fa decrescere la velocità. Così nota una sagoma, accucciata sul ciglio della strada.
Devo fermarmi?
Sì, deve farlo. La curiosità sta avendo la meglio. Accosta verso il fosso, mentre la Peugeot è ormai un punto lontano. Maddalena attacca gli abbaglianti e allora la vede: una donna seduta sull’erba, le ginocchia cinte dalle braccia.
– Dio mio – mormora – e adesso che faccio?
Forse è tutto studiato. Una donna che fa da esca per attirare automobilisti ignari e consentire a complici accucciati nel fosso o nascosti dietro a qualche pioppo di aggredire le loro vittime. Lì vicino c’è un distributore di benzina e numerosi passi ghiaiati che danno accesso ai cortili di case ridotte ormai a catorci di mattone e cemento. Luoghi ideali per malfattori che vogliono agire con la complicità delle tenebre.
Maddalena scuote la testa.
– Devo smetterla di leggere thriller!
Lancia uno sguardo sulla sconosciuta, di cui riesce a decifrare appena i lineamenti, avvolti nella semioscurità. Nota che le labbra si muovono, senza sosta.
Maddalena si fa coraggio. Abbassa il finestrino del guidatore, guardandosi intorno.
– Ehi, stai bene?
La donna continua a muovere le labbra da cui non esce alcun suono. Il volto è una maschera di terrore condensato nella smorfia in cui sembra condensare un grande dolore.
Maddalena prende il cellulare. Non sa se chiamare la polizia, l’ambulanza o il Moro e gli amici.
Fa per aprire lo sportello, ma un gesto dal ciglio del fosso la blocca. Vede la giovane alzarsi e dirigersi verso di lei. Cammina, come un fantasma. Fissa il suo viso dal basso, l’espressione devastata dall’assenza. Gli occhi di ardesia sarebbero sicuramente belli se scintillassero di gioia. Ma è evidente che la gioia è lontana da lei.
«Posso entrare?».
La voce, afona, esce intervallata da respiri affannosi. Il dito sottile indica il sedile del passeggero.
Maddalena le fa cenno di sì con la testa. La sconosciuta apre lo sportello e si siede accanto a lei. Un odore dolciastro fuso a quello di erba si diffonde nell’abitacolo. Odore di qualcosa di selvatico, misto a lacrime. Maddalena nota qualcosa di umido sulle guance. Negli occhi rossi scorge residuo di un pianto.
La sconosciuta rovescia il capo sulla testiera del sedile, ansimando. Maddalena abbassa tutti i finestrini.
– Respira lentamente.
La donna si precipita con uno scatto fuori dalla Panda e vomita nel fosso. Maddalena la segue e la sorregge per le spalle. Sente la pelle fredda, il corpo scosso dalle contrazioni dello sforzo. Non sa come comportarsi. Vorrebbe farle delle domande ma forse non è il momento. Negli occhi che la fissano vede troppa confusione e il bisogno di conforto.
– Torniamo in auto?
La domanda riceve un sì bisbigliato. Insieme, tornano nell’abitacolo dove la donna scoppia a piangere, borbottando parole senza senso.
Maddalena sente il suo dolore: è come se le entrasse dentro, una serie di spilli che pungono il cuore e l’anima. Ha l’impressione che la sofferenza nasca da situazioni viscerali. Non è una storia d’amore andata male. C’è un malessere che pervade il corpo sconvolto. Come una violenza subita in un rapporto di collaborazione continuativo con una vita crudele.
«Vuoi raccontarmi che cosa è successo?».
Pessima idea, Maria Maddalena. La reazione è una nuova fuga verso il fosso, per rilasciare conati a vuoto.
Lei resta immobile a osservare il corpo contratto dal dolore. Poi, prende in mano il telefono. Compone il 118, fa partire la chiamata. La blocca, colta da un’illuminazione.
Alle 01 e 40 minuti, Valerio Scarabelli, cronista d’assalto della prima testata locale, reduce dalla solita serata di giochi di ruolo con gli amici nerd storici, riceve la telefonata dell’ex compagna di liceo, Maddalena Incerti.

Come è nata l’idea di questo libro?
Il libro nasce da un’ispirazione fulminea: una donna, in stato confusionale, vaga per la Statale 12, che collega due diverse province, Mantova e Modena. L’idea è ispirata dalla visione di una scena della celebre serie televisiva “Twin Peaks”, con il ritrovamento di Ronette Pulaski. Da lì ho visualizzato la vita della donna, il suo passato, i suoi travagli… le sue finzioni e le inevitabili maschere. Poi sono arrivati gli altri personaggi che hanno determinato l’articolazione dell’intreccio, frutto di diverse stesure. “Trappola d’ardesia” è un thriller ad alto tasso psicologico in cui si palesano fratture dell’anima alternate ad azioni serrate, tra svelamenti e corse contro il tempo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
“Trappola d’ardesia” è nato e cresciuto sull’onda di una forte spinta emotiva. Ci ho lavorato fino alla fine, senza intoppi. Il finale è la conseguenza delle premesse, nello sfociare di eventi che portano a quello inatteso, nel dispiegarsi di colpi di scena e illuminazioni che ci travolgono, colmandoci di pathos. Il tutto va letto alla luce di una violenza consumata in un ambito domestico che rappresenta il motore mobile della vendetta.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Ho numerosi autori di riferimento: Michael Ende, Philipp Pullman, Amélie Nothomb, Banana Yoshimoto, Thomas Mann, Hermann Hesse, J. W. Goethe, Barbara Baraldi, Gianluca Morozzi, Isabella Santacroce, Roberto Piumini, Beatrice Masini, Louise May Alcott… mi posso fermare qui? Il mio elenco è infinito!
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Tolto questo periodo di fermo obbligato legato al Covid, vivo tra Modena, Bologna, Riva del Garda e Milano, citta quest’ultima dove ho vissuto un anno molto particolare della mia vita. Era il 2013 e dovevo smaltire la “botta” del terremoto che ha colpito il mio territorio nel 2012. Vivere a Milano ha rappresentato una tappa importante, qualcosa che non avrei avuto il coraggio di fare prima: andare via dal mio paese natale, salvo poi ritornare e poi andare via di nuovo, tra un cambio di lavoro e l’altro, con la necessità di mettermi in discussione. Con la scrittura mi vivo in tanti luoghi diversi, fermo restando che viaggiare mi permette di scoprire paesi e città che sono anche nei miei romanzi.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il futuro sarà all’insegna di tanti progetti letterari quali il seguito di una nota storia classica, la cui uscita dovrebbe essere prevista nel 2021, ma non dico molto. Inoltre sono al lavoro su due romanzi importanti, un giallo e un dark fantasy. Segue la trasposizione cinematografica del mio precedente romanzo “Alice nel labirinto” (DAE, 2017). I tempi saranno lunghi, come succede nell’ambito delle produzioni televisive e cinematografiche, ma l’obiettivo è lo schermo. Piccolo o grande… si vedrà. Nel mezzo, l’uscita di un altro racconto per Delos Digital e racconti vari che mi sono stati commissionati, anche in anonimato.
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