
Edito da Genesis Publishing nel 2019 • Pagine: 386 • Compra su Amazon
"Tristan guardò verso l’orizzonte. Abbassò lo sguardo sopra il sigillo dei draghi e lo ripose in una tasca della nuova veste.
Gli occhi azzurri dello scudiero brillarono sotto la luce fioca al calare del sole. Sul giovane viso, l’espressione si fece seria e preoccupata; tuttavia portò lo stesso con sé la speranza di ritrovare la prodigiosa spada un tempo appartenuta a suo padre.Tristan, giovane e umile scudiero di re Solon III, da sempre sogna di diventare un cavaliere, ma il destino ha in serbo per lui qualcosa di più eroico e straordinario. In una notte tempestosa corre alla ricerca di Volano, un purosangue da lui tanto amato e scappato dalle scuderie. Il cavallo lo porterà davanti alla caverna di un drago morente, l’ultimo della sua stirpe, che prima di esalare l’ultimo respiro trasmetterà a Tristan il potere dello spirito drago.
Aiutato da Thanor, il ragazzo conoscerà le sue vere origini e imparerà a domare e usare la forza del drago. Insieme al druido e ad altri amici valorosi partirà alla ricerca del tesoro dei Nibelunghi, una volta appartenuto a suo padre. Un tesoro ambito da tanti, ma che nelle mani delle persone sbagliate potrebbe portare alla distruzione delle tre terre.
Tristan e i suoi compagni dovranno affrontare rischiose sfide che li metteranno alla prova e un nemico molto pericoloso che minaccia la pace e la tranquillità di tutte le Terre.

Premessa
In questa storia si racconta delle grandi vicende, delle battaglie e degli eventi che trascinarono Tristan, figlio di Sigfrido, in una guerra senza fine.
Questa è la storia di eroi che combattono i draghi, racconti di guerre gloriose, di avventure, di grandi amicizie e virtù magiche che hanno origini nei miti e nelle leggende dei popoli del Nord.
L’eroe narrato in questa storia non è da considerarsi tale. La vera ragione della prodezza eroica non è in lui che la troverete; ciò che scoprirete è la condizione umana che gli dèi hanno voluto mettere alla prova. Un ragazzo che si è sacrificato per il proprio popolo, che ha compiuto delle scelte pur sapendo che avrebbe dovuto affrontare la morte, in qualsiasi aspetto gli si fosse rivelata.
Il protagonista di questa storia, Tristan, non si considerava un diverso; forse lo pensava in passato, ma non significava essere meno di un umano. Essere ciò che il destino aveva riservato per lui non dimostrava che non potesse provare emozioni, amore per la donna che un giorno avrebbe incontrato.
Tristan non era un eroe, bensì un essere che aveva subìto una trasformazione.
Un ragazzo che il destino ben presto avrebbe trasformato in… Tristan, l’ultimo cavaliere Drago.
CAPITOLO 1
Le Terre di re Solon
Nelle Terre di Solon l’alba era sorta.
Re Solon III era stato costretto a fuggire dalla lontana Hibernia e raggiungere i confini delle sue terre.
In questa nuova patria consultò la Sibilla che profetava il futuro ai mortali.
Solon l’aveva implorata di svelargli il suo destino, così l’indovina gli predisse un futuro insediamento in quei territori che una volta erano proprietà di vari nobili e una nuova guerra a causa di una donna: una strega che lui aveva amato, ripudiato e gettato in pasto al suo nemico.
Nel villaggio ai confini della Terra di Solon, la vita degli abitanti scorreva tranquilla. Tristan, lo scudiero, si lasciò andare sull’erba fresca, i suoi occhi azzurri fissarono il cielo, e rallegrandosi ascoltava il canto delle donne e dei ragazzi pronti a gettare le ceste nelle acque del fiume.
Poi i suoi occhi si voltarono a guardare le alte guglie del castello, e i pensieri tornarono alla principessa Matelda…
Castello di re Solon III: sala del trono
Il vecchio re scosse la testa allungando lo sguardo sui campi.
«Questi sono momenti difficili» disse osservando dalla finestra i contadini arare le immense distese di granoturco. «Ludvik, è ora.»
Il principe annuì e lo sguardo tenebroso s’illuminò sotto le lampade a olio. Il vecchio re sorrise al ricordo dell’emozione che la regina Marion, sua moglie, gli diede mettendolo al mondo.
«Ero là quando nascesti» continuò accasciandosi sul trono. Ludvik sedeva dall’altra parte del tavolo. A un leggero cenno di suo padre gli si affiancò.
Il sovrano annuì poggiando la mano sulla sua spalla. Gli occhi di re Solon s’inumidirono di tristezza. Sperava che un futuro di pace e benessere accompagnasse il suo popolo, anche quando lui avrebbe lasciato il posto al suo primogenito.
La giovane principessa Matelda era già scesa nelle scuderie. Le mani si poggiarono sopra la criniera del purosangue, scivolando morbide lungo i fianchi.
«Che cosa ne pensi di questo?» domandò a Joisch, il giovane stalliere che lustrava il cavallo del re.
«Ottima scelta.» Il ragazzo le rispose continuando a lavorare.
«Sai dov’è finito Tristan?» gli chiese timida.
«L’ultima volta che l’ho visto era suonata da un pezzo la seconda. Lo sapete, è un gran sognatore. Per la maggior parte del tempo se ne sta sdraiato dietro una balla di fieno o su per la collina.»
Matelda non perse tempo, spronò il cavallo e uscì al galoppo dalle scuderie.
Joisch scosse le spalle con afflizione e la seguì con lo sguardo.
La principessa si aggirò fiera tra le antiche case e le fiorenti botteghe artigiane.
Si fermò davanti al palazzo del capo villaggio Domus, poi smontò dalla groppa del purosangue e si affacciò al suo interno.
«Tristan, sei qui?»
«No, maestà, non lo vedo da stamattina.» Il capo villaggio s’inchinò. In seguito le voltò le spalle per proseguire verso la piazza. «Se dovessi riuscire a rintracciarlo gli dirò che lo state cercando.»
Il viso fresco di Matelda si arrossò per lo sforzo di risalire in sella. L’uomo le sorrise, inchinandosi ancora una volta per ossequiarla.
Quel giorno di fine inverno la temperatura mite rendeva il colore del sole chiaro e velato; i raggi tiepidi si riflettevano sopra le case di legno del sobborgo.
In tutta la foresta che circondava la Terra di Solon le spighe di grano stavano finendo la fioritura.
Sulle rive del grande fiume Oreb, i pesci nuotavano veloci per non farsi catturare dalle donne e dai ragazzi che immergevano grosse ceste di paglia per assicurarsene in gran quantità.
Ogni fine settimana, il principe Ludvik accompagnava il re al villaggio per seguire l’andamento della produzione agricola ed economica della comunità di Solon. Seduto in sella al suo cavallo,uno tra i più belli al mondo, il re ordinava al capo villaggio di fare presto, altrimenti i pesci avrebbero potuto schizzar via dalle ceste.
La grande pesca era da poco iniziata. In sella al suo pony, il principe Ludvik osservava attento il fervere delle persone impegnate nella pesca. Il maniscalco Orson si lisciò la barba, rossa come i suoi capelli, e con movimenti repentini tirò la corda verso la riva.
Il druido Thanor si appoggiava a un bastone di legno ricavato da un ramo di farnia e si preparava a scendere dalla collina. Per facilitare la discesa si appoggiò ancora di più sul bastone.
Thanor era un druido che aveva scelto di abbandonare le comodità dei villaggi per vivere e meditare in solitudine.
Con il tempo, era diventato uno dei maggiori custodi del territorio in cui aveva chiesto ospitalità; territorio che proteggeva con devozione.
Il mago fissò ancora una volta l’orizzonte e, sopraggiunto vicino alla riva del fiume Oreb, alzò le braccia al cielo ordinando ai pesci di riaffiorare. Al riverbero dell’acqua, i suoi occhi s’illuminarono e quando si chinò i capelli bianchi ondeggiarono al vento.
Tristan notò subito il simbolo a stella inciso sulla sua fronte, ma non disse nulla. Era stato suo padre, il maniscalco Orson, a raccontargli la storia del marchio che legava Thanor a un segreto: un patto stretto con un’entità suprema di Asgard. Tuttavia non s’intrometteva mai per timore che lo colpisse con qualche maledizione. E quando Thanor abbassò il bastone al centro del terreno in prossimità del fiume, quello s’illuminò obbligando i pesci a saltare direttamente nelle ceste ancora vuote.
Thanor diede ordine a due delle sentinelle messe a guardia della vallata di raccogliere le ceste.
La pesca attirava altri clan curiosi che, stanziatisi oltre il fiume Oreb, erano pronti a rubare un po’ di canestri raccolti sopra la riva.
Il druido trascinò le gambe vicino la sponda, la veste bianca si era inzuppata all’estremità, ma ciò non lo fermò dall’alzare il bastone verso gli altri contadini che discendevano le acque per carpire i canestri.
«Ora puzzerai per una settimana!» Il giovane stalliere Joisch rise del grosso maniscalco Orson. Lo sguardo fiero del suo re lo richiamò all’ordine, sicché, costretto, gli si avvicinò e tenne strette le redini del suo cavallo che non smetteva di nitrire.
«Su, bello, non aver paura.» Il ragazzo ne accarezzò la criniera, osservando con ammirazione l’aspetto della bestia. Nessuno meglio di lui li conosceva. Eratato proprio il re ad affidargli fin da bambino il compito di occuparsi della scuderia.
L’indole di Joisch si era dimostrata incline alla custodia dei cavalli: bellissimi purosangue che in pochi anni avevano riempito la stalla.
Lo stalliere avanzò verso l’entrata della scuderia. Gli occhi grandi e nocciola furono abbagliati dai primi raggi del sole che facevano capolino sopra le verdi colline, insinuandosi tra suoi lunghi capelli neri.
Joisch rivolse lo sguardo verso il suo re. Si avvicinò al pony da sella cavalcato dal principe Ludvik e ne afferrò saldamente le redini.
«Sire» s’inchinò fissando il viso melanconico del principe. Il ragazzo lo guardò ancora, e i suoi occhi decisi si specchiarono in quelli neri del sovrano che subito dopo incitò il cavallo a seguirlo nella stalla.
«Se ti capita di vedere Tristan, informalo che domani mattina all’alba voglio Volano sellato a dovere.
Mio padre ha deciso di portarmi con lui a caccia del cervo bianco. » Joisch annuì inchinandosi di nuovo, desiderando però che il compito assegnato a Tristan fosse stato assegnato a un altro.
Il temperamento maldestro e impunito di Tristan era conosciuto da tutti al villaggio. La preoccupazione maggiore dello stalliere era che il giovane abbandonasse il suo incarico, per correre a rintanarsi nei luoghi più inaspettati, seguendo il sogno che si portava dentro fin da bambino.
«Hai visto quello sciagurato?» sbraitò Orson. Tristan si era dileguato tra i campi arati fin sopra una delle colline che circondavano il villaggio, luogo in cui con suo padre un tempo si concedeva alcune ore in perfetta armonia.
Lo scudiero si sdraiò sopra l’erba abbandonandosi ai ricordi. Provò a tracciare il volto di una madre che non aveva mai conosciuto. Non sapeva molto della donna che lo aveva messo al mondo; il maniscalco non gliene parlava volentieri.
La dura voce di Orson lo raggiunse sopra il rilievo facendolo precipitare giù per il pendio: «Dov’eri finito?»
«Padre, vi prego, non ne ho voglia!»
«Lo sai che l’operazione è molto importante.» Orson non infierì oltre, si affidò alla sua immancabile pazienza, mostrandogli che la ferratura era fondamentale perché proteggeva il piede del cavallo, evitando che lo zoccolo si usurasse rapidamente. «Non essere sciocco!» Orson allungò deciso le pinze nelle sue mani. Tristan rabbrividì al rumore del martello che il maniscalco batteva con forza sullo zoccolo di Volano, il suo cavallo preferito. Aspettando il momento opportuno sgattaiolò per andare a nascondersi.
Lo stalliere introdusse la mano nel secchio per prendere la spazzola con la quale strigliò le zampe posteriori. A quel punto dell’operazione, Joisch voltò gli occhi verso alcuni mucchi di fieno: il rumore che aveva avuto origine dai covoni lo bloccò nel compito della spazzolatura. Il volto di Tristan si sporse in avanti e lo scrutò con i suoi occhi azzurri.
«Che cosa ci fai qui? Non dovevi essere con tuo padre?»
«Non dirgli che mi hai visto!» Tristan si ripulì la casacca prima di filare verso il fiume, i capelli biondi e lunghi fino alla nuca ondeggiarono sul volto chiaro. Tristan allungò lo sguardo sopra i contadini ancora immersi nel fiume a tirar su le ceste.
«Eccoti altri trucioli per il tuo cavallo.» La voce dura del falegname Droops lo fece voltare. Stancamente, lo scudiero seguì per un po’ la figura appesantita e maldestra del carpentiere, il quale era solito gozzovigliare alla locanda ogni qualvolta ne aveva l’opportunità.
«Grazie, appoggiali pure insieme agli altri.» Tristan tornò a guardare fuori. Lo scudiero sognava di diventare un vero cavaliere. Desiderava con tutto se stesso che un domani, non molto lontano, avrebbe potuto accompagnare il suo re ai tornei che ogni anno si svolgevano nelle varie contee della Terra di Solon. Il suo obiettivo era di diventare un esperto guerriero a cavallo. Aveva già imparato l’uso della cavalcatura allenandosi di nascosto da suo padre, grazie anche ai continui sacrifici e i duri addestramenti ai quali aveva deciso di sottoporsi, instaurando un
forte sodalizio con Volano.
Nel suo cuore c’era posto solo per le prodezze dei condottieri durante le sanguinose battaglie per la riconquista delle Terre di Solon. Tristan non si faceva scrupoli nel costringere Volano a grandi fatiche e, consapevole di avere un grosso debito verso di lui, gli portava un rispetto che andava molto più in là del riguardo dovuto ad altri animali.
Per ricambiarlo, il purosangue gli permetteva di cavalcarlo.
Attorno a Volano, i pensieri di Tristan volarono alti.
«Smettila o ti prenderanno per pazzo!» Joisch si burlava di lui quando lo sorprendeva a parlare con l’animale. Lo scudiero scrollò le spalle.
«Buono, sta fermo.» Volano era dotato di una grande resistenza fisica e per questo spesso si dimostrava sensibile e nervoso, ma non quand’era Tristan a cavalcarlo.
Il ragazzo era affascinato dal purosangue fin da quando non si reggeva in piedi, questo persuase Joisch che una spiegazione doveva pur esserci.
Molto spesso, durante la notte, Joisch aveva assistito alle lunghe galoppate di Tristan, divertendosi a seguirli nelle praterie che circondavano la Terra di Solon.
«Non forzarlo!» gli raccomandava. Ma Tristan non si arrendeva alle intemperie. Sotto la pioggia, sfidava le tempeste senza batter ciglio. Con il tempo era riuscito ad addomesticarlo tanto da divenire inseparabili.
Il principe Ludvik si avvicinò all’entrata della scuderia e sfilò davanti alla varietà di razze equine.
«Assicurati che sia governato a dovere, voglio che il suo aspetto sia splendido!»
«Maestà» rispose Tristan continuando a lustrarne il manto. «Non ti legherò, stai tranquillo» sussurrò, aspettando che il principe si allontanasse. Di norma era doveroso assicurarlo alla staccionata della mangiatoia utilizzando la tecnica del nodo semplice; ciò nonostante, Tristan di rado la eseguiva. Il più delle volte fingeva di essersene dimenticato e, per questa ragione, spesso Volano sfuggiva al suo controllo.
«Sapevamo di trovarti qui!» dissero Orson e il vecchio fabbro Rotar i quali gli avevano insegnato la maniera più semplice di addomesticarlo.
«Devi concentrarti solo sul cavallo» gli spiegò Rotar. All’inizio, quando lo cavalcava, Tristan aveva preso l’abitudine di non bardarlo e di mollare le redini, lasciando che scorrazzasse libero. Volano annusava l’aria, il suo olfatto era molto importante per comunicare con lui. Il purosangue si avvicinò e percepì chiaramente i messaggi olfattivi emanati dalla pelle dello scudiero.
«La smetti di sbavarmi addosso?» Rotar e Orson gli avevano garantito che, dall’espediente olfattivo usato dall’animale, derivava un efficace sistema di difesa. Il cranio sudato e pelato dell’alto fabbro brillò sotto i caldi raggi del sole.
«Ricordati, ragazzo, il cavallo ha quattro andature: il passo, il trotto, il canter e il galoppo. Mi raccomando inizia con il posteriore sinistro, anteriore destro e continua con il posteriore destro.» Rotar portò avanti la spiegazione di esercizi utili da mettere in pratica.
«D’accordo.» Tristan si sforzò di condurre l’addestramento nel miglior modo possibile.
«Ora fila via! Devo ancora forgiare le spade del principe Ludvik.» Il ragazzo gli sorrise e corse per raggiungere prima possibile le rive del fiume Oreb.
Arrivato, s’inchinò sulle ceste aiutando le donne e i ragazzi a sollevarle. I preparativi per la festa duravano solo alcune ore ed erano già tutti in fermento. Tra non molto il sole sarebbe sceso dietro l’orizzonte e, con l’arrivo dell’oscurità, i pesci si sarebbero dileguati nelle acque fredde del fiume.
«Prepara Volano per domani mattina!» lo informò Ludvik.
«Maestà, quella bestia non sente ragione.»
«Fatti obbedire.»
«Non sono mai riuscito a sellarlo.»
«Provaci, domani sarà un gran giorno per me!» insistette Ludvik mostrandosi irremovibile.
«Ce la metterò tutta, ma non vi prometto niente, è cocciuto come un toro!»
Gli occhi del principe espressero contrarietà.
«Dovreste imparare a cavalcarlo senza bardatura» insistette Tristan.
«Preparalo per domani all’alba.»
«È testardo come un mulo e non prende ordini da nessuno!» Lo scudiero insistette.
Il principe guardò il purosangue e l’animale ricambiò l’occhiata con evidente ostinazione. Ludvik provò ad avvicinarsi, ma il cavallo cominciò a nitrire con più forza e a scalciare per allontanarlo.
«Tu sellalo, è un ordine!»
«Perché non scegliete di cavalcare Barok? È veloce quanto lui, ve lo garantisco!» gli consigliò Tristan, avvicinandosi a un bellissimo bretone. Poi accarezzò le orecchie del buon Barok.
«Ubbidisci!» urlò Ludvik risentito.
«Sarà fatto» rispose lo scudiero a malincuore. Tuttavia non si ritrasse quando la mano del principe si posò sopra la sua spalla e, con gli occhi amareggiati, lo scortò fuori per unirsi al re, suo padre, e alla principessa Matelda.
«Non ti barderò, stai tranquillo.» Lo sguardo di Tristan si fermò sulle selle attaccate ai chiodi. Lisciò ancora un po’ il mantello nero di Volano e raggiunse Ludvik all’aperto.
Il viso rosso e febbricitante di Matelda si girò a guardarlo, faticando a mantenere fermo il cavallo.
«È davvero velocissimo!» I suoi occhi scuri si fissarono con dolcezza su quelli dello scudiero, e annuì soddisfatta per come Tristan si prendeva cura dell’animale.
La fisionomia bassa di Domus, il capo villaggio, si prostrò ossequiandola.
«Date a me» disse afferrando con decisione le redini. Matelda si spolverò la veste verde smeraldo. Con abile guizzo si allontanò, oltrepassando le colline che sovrastavano il villaggio.
«Dove correte?» Domus scosse il capo trascinando con sé il cavallo. Intanto, seguita da Tristan, la principessa aveva raggiunto la collina. Matelda si girò a guardarlo. Sorrise, ma non rallentò la corsa, anzi, aumentò l’andatura.
Quel gioco incrociato di sguardi e di spensierata giovinezza la rasserenò. Matelda si fermò sulla cima, dove il vento soffiava più forte scompigliandole i capelli neri.
«Cos’avete?» Lei non rispose. Allungò le braccia verso Tristan affinché potesse restituirle la sicurezza che in quel momento le mancava.
«Che cosa vi succede?» insisté Tristan.
«La solitudine a volte è una medicina per l’anima, ma non quando si ha la mia età.» La principessa accompagnò quella frase con un sospiro, mentre l’animo dello scudiero fu conquistato dalla sua bellezza.
«Dovete farvi forza» cercò di rincuorarla stringendola ancora di più.
«Non lo faccio» gli rispose lei, godendo tra le sue braccia quel momento meraviglioso.
Tristan lasciò andare le mani sopra le sue spalle, poi le accostò con più foga attorno alla sua vita.
«Andiamo, dovete ritornare al castello» disse prendendole la mano. «Altrimenti che cosa penserà vostro padre?»
«Mi domandi che cosa penserà il re? E di me non t’importa nulla?»
«Certo.» Tristan osò avvicinarsi ancora di più. «Sapete che vi amo» le confessò accarezzandole la guancia. «Per voi sacrificherei tutto me stesso.» Questa
volta fu Matelda ad avvicinare il suo viso a quello del giovane scudiero fino a sfiorargli le labbra.
«Mio giovane amico! Il mio cuore troverà mai l’amore? Sarò mai felice in questa vita?» Tristan non rispose, considerò il cuore della sovrana oscurato dalla tristezza.
«Ora potete portare i vostri bellissimi capelli sciolti, ma un giorno, quando un cavaliere vi chiederà in sposa, dovrete averne una gran cura. Intrecciarli spesso con nastri colorati, e…» Matelda lo fissò un poco poi gli tappò la bocca.
«Smettila! Smettila di parlare dei miei capelli!»
«Scusate!» Lo scudiero la scostò con un leggero gesto delle mani. «Non potrete più lasciarli liberi, ma io li adoro così come li portate ora.»
«Vorrà dire che li acconcerò solo con una coroncina di fiori freschi, magari una ghirlanda di violette.» Lui annuì e la tirò a sé.
«Ancora non mi avete detto cos’è che vi turba» le domandò. Questa volta fu lei a non replicare e si strinse ancora più forte a lui.
Desiderò di confortarla in eterno, per questo motivo la avvolse tra le sue braccia, desideroso dei suoi baci.
Così, per qualche attimo di fuggente speranza, i suoi occhi chiari si persero in quelli neri di lei. Sapeva di dover lasciare dietro di sé il sogno di poterla amare per il resto dei suoi giorni. Il volto della principessa si rattristò. Si chiese che cosa avrebbe potuto offrirle un semplice scudiero. E nello stesso istante si domandò se Matelda provasse davvero amore nei suoi confronti o solo tenera amicizia. Quell’amicizia che gli aveva dimostrato fin da quando era bambina preferendolo ai suoi paggi stupidi e noiosi.
«Dovete andare» la spronò sfiorandole ancora una volta la mano. Infine gliela strinse, trascinandola giù per la collina.
L’aria era tersa, tanto che il sole costrinse gli occhi di Domus a diventare due strette fessure. La bocca si allargò sorridendo ai due giovani che rientravano.
«I miei omaggi, principessa» si prostrò, mentre lei, rimontando a cavallo senza spronarlo, si fermò fiera al centro della piazza. Tristan rimase immobile accanto al capo villaggio e seguì con adorazione il viso arrossato di Matelda.
Lei si girò un’ultima volta annuendo al giovane compagno di giochi. Poi spronò il cavallo che ripartì al galoppo.
Re Solon III, prima di rientrare, si avvicinò a Domus per dare l’ultima disposizione: « Ti raccomando di sistemare le provviste nei granai, non aspettare che faccia buio ».
«Orson» aggiunse Ludvik, «per domani mio padre si aspetterà che il cavallo sia ferrato e sellato!» ordinò con alterigia, tono che lo distingueva da quello più umile della principessa.
Il riflesso della luce al calare del sole avvolse il villaggio nella tiepida tranquillità della sera e accompagnò i sovrani lungo il sentiero che conduceva al castello.
Gli ultimi riverberi del sole scaldavano ancora l’atmosfera, tuttavia dopo alcuni minuti sarebbe sceso dietro le curve delle colline cedendo il posto alla luna. Il crepuscolo, fin da ora visibile, offriva le prime stelle e lasciava il posto alla buia notte… in cui tutto finiva.

Come è nata l’idea di questo libro?
Fin da bambina sono stata appassionata di cinematografia. Ricordo che durante il corso di catechesi, la domenica non mi perdevo mai un film che padre Pace proiettava nella sala cinematografica della parrocchia. Dai ricordi di quelle pellicole, in gran parte epiche, sono nati parecchi miei scritti tra cui “Tristan l’ultimo cavaliere drago”. La storia epica dei Nibelunghi vista dal-l’occhio espressionista del maestro Fritz Lang, fu il primo film in bianco e nero che vidi e del quale rimasi subito affascinata. Da questa passione, decisi di scrivere la trilogia. È una storia abbastanza complessa, freudiana, per così dire. Si sa che in età adolescenziale i ragazzi proiettano i loro archetipi su personaggi del mondo del cinema o della tv facendone poi dei miti, che nel loro subconscio si trasformano in rappresentazioni fantastiche che poi ci inducono ad assimilare e proiettare durante i sogni. A me è successo questo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Molto, anche se da anni sono appassionata del genere fantasy, oltre che del thriller. Quasi due anni per portarlo a termine tra modifiche e correzioni varie.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Autori su cui mi sono riferita per scrivere Tristan non ce ne sono in particolari. Più che altro mi sono ispirata all’Edda storica, alla storia della stirpe Nibelunghiana. Se debbo proprio citarne uno, direi che Orwell è stato uno dei miei preferiti che mi ha spinto a continuare in questa avventura.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Roma è stata la mia città nella quale sono cresciuta, ma sono una giramondo. Mi piace molto viaggiare, soprattutto visitare i paesi nordici: Norvegia, Scandinavia, Groelandia, ecc. La mia prima trilogia fantasy edita dal Ciliegio “Alit e lo spirito dei sogni” è ambientata nel Nunavut – Groelandia.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto scrivendo una storia thriller… poi si vedrà. La passione per la scrittura mi spinge a non fossilizzarmi su un unico genere letterario; mi piace sperimentarne diversi…anche se il fantasy resta la mia passione.
Il libro non è più in vendita con la Genesis, da molto tempo, potreste gentilmente eliminare l’intervista? e cover?grazie.
cordiali saluti