Edito da La Caravella Editrice nel 2018 • Pagine: 179 • Compra su Amazon
“VELIA, AMOREVOLE ESTETISTA DELLE SALME" è la storia di quelli che potevano essere gli ultimi due mesi di vita di Velia Deschi, ma non lo sono stati. Velia lavora come tanatoprattrice nell'obitorio di un ospedale della sua città e lo fa con estrema dedizione. Ricomporre e vestire i cadaveri la riempie di gioia. Dare dignità ai corpo esanimi, prepararli alle cerimonie dei loro funerali le dà una gran soddisfazione anche se sa che li veglieranno per poche ore e che poi il coperchio delle bare oscurerà per sempre il suo prezioso intervento. In alcuni momenti si sente come una consacrata alla settima opera di misericordia corporale. Una mattina d'estate, dopo essere arrivata in ospedale già con un leggero ritardo si ritrova inspiegabilmente a indugiare ulteriormente alla finestra del suo spogliatoio. Lei, che di solito è così lesta nel preparare tutto il materiale sul carrello, si mette invece a guardare la gente addolorata che arriva sul piazzale sottostante, a osservarla come imbambolata. Solo quando, finalmente scesa di sotto, inizia a maneggiare delicatamente le salme, capisce di avere la febbre. Si sforza comunque di procedere con cura su ogni cadavere, di non trascurare nessuno, di adoperarsi con dovizia su ciascuno di essi. Il malessere però peggiora, fino a farla svenire sul corpo di quella che doveva essere l'ultima salma della giornata, e che un attimo prima del malore le si rivela come Massimo, l'uomo da cui si è allontanata da poco tempo. Velia, incosciente, sogna di essere prima sul piano superiore di un tram a due piani, con tutti i morti che aveva appena ricomposto quella mattina. C'erano tutti: la graziosissima Luciana Celestrini, Ludovica Urrù a cui non era purtroppo riuscita a serrare la bocca, Leonardo Lionenzi, più alto di come le era sembrato da steso, Viola Campana con i capelli ancora perfetti; Davide Petrilli a cui aveva tolto il catrame dalle ferite sulla faccia e, Massimo. Il tram parte e lei non riconosce le vie che percorre. Ad un certo punto si ferma e dal piano inferiore sale Saverio, il giovane dipendente di una ditta di Pompe funebri che aveva conosciuto quella mattina in una delle camere ardenti, uno a cui piaceva tanto pettinare i morti. Il ragazzo annuncia loro che al piano inferiore, li stanno aspettando i propri cari già defunti, li stanno aspettando per accompagnarli nell'ultima fase del trapasso. Velia si spaventa, sa di non essere morta, sa che deve scappare da quel veicolo incantato. Ma, nonostante cerchi di farlo, è subito riacciuffata da Saverio, che la trascina dietro gli altri, verso il cimitero, dentro il cimitero, dove la lascia, chiusa a chiave. Velia allora cerca di salire su un carro funebre diretto verso un'uscita, ma ha di nuovo quella sensazione di star perdendo i sensi anche se è sicura di averli già persi e di star solo sognando. Eppure le sembra di stare sopra una mongolfiera che orbita sopra il cimitero, in balia delle correnti e poi a casa dei nonni. Al risveglio, scopre di essere dentro una stanza della terapia intensiva dell'ospedale dove lavora: ha avuto un'ischemia cerebrale trombotica; è stata un mese e mezzo sospesa tra la vita e la morte. Dopo quindici giorni di degenza in corsia è dimessa. E' salva e non vede l'ora di riprendere a lavorare, tant'è che appena mette piede fuori dall'ospedale dirige subito al padiglione dell'obitorio. Ha bisogno di controllare che le salme siano ricomposte nel giusto modo e per farlo, essendo in un periodo di malattia che non le consente di esercitare, si improvvisa ispettrice, ma è subito smascherata da Saverio, che a vederla lì, sbianca, come se vedesse un fantasma.
Chissà se avrebbe ritrovato il bambino che aveva ricomposto il giorno prima. I genitori le avevano riferito che avevano deciso di portare il piccolo in una casa funeraria per vegliarlo ancora qualche giorno, prima di lasciarlo andare. Glielo avevano detto mentre lo vestivano insieme a lei. Per loro aveva fatto un’eccezione, li aveva fatti entrare prima che il bimbo fosse pronto: li aveva sentiti piangere al di là della porta e non aveva resistito alla pietà. Avrebbe voluto fargli un’altra piccola iniezione di formaldeide in modo che l’espressione serena gli rimanesse immutata, avrebbe voluto controllare se il tampone che gli aveva messo nel sederino era rimasto pulito. Avrebbe voluto tanto dargli un’ultima sistemata, insomma. Quei genitori le erano rimasti impressi, così giovani e devastati. Li aveva sentiti ripetere fino allo sfinimento che era colpa loro, che non avevano vigilato, che non l’avevano protetto dal burrone in cui era precipitato durante quella maledetta escursione. Non voleva che soffrissero ulteriormente nel vegliarlo scomposto, non voleva che percepissero l’odore della carne corrotta, non voleva che il bimbo diventasse subito così rigido da non potersi fare ancora abbracciare da loro. Non avrebbe voluto, ma sapeva benissimo che l’avevano già trasferito la sera prima: sapeva che le sarebbe stato impossibile fare qualsiasi altro intervento Pensò con rammarico a come si sarebbe sciupato il suo lavoro. Aveva lavorato bene sui lineamenti graziosi del bambino, ma adesso si sarebbero appiattiti. L’inizio del processo di decomposizione li avrebbe cominciati a consumare, sciogliendoli sotto gli occhi dei genitori e lei non avrebbe potuto farci niente. Il bambino era ormai altrove. La nostra stessa carne finisce sempre con il tradirci. Cancella per sempre i connotati, distrugge ogni traccia d’esistenza si ricordò d’aver letto da qualche parte
Come è nata l’idea di questo libro?
Dall’incontro con una ragazza che faceva il lavoro di tanatoestetica, conosciuta presso un obitorio e dall’apprezzamento per il lavoro da lei fatto su un mio caro.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Abbastanza, sia per la documentazione che per la paura di scrivere di un argomento difficile da promuovere.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
A.B. Yehoshua, W.Shakespeare, Ian Mc Ewan, G. Musso, G. Scerbanenco.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Ora vivo a Roma. Sono nata a Narni. Ho viaggiato molto per il lavoro di attrice.
Dal punto di vista letterario, quali sono i vostri progetti per il futuro?
Sono alla prima bozza di un Noir incentrato sul sentimento del risentimento e della rivalsa.
Lascia un commento