
Edito da Il Prisma Comunicazione nel 2020 • Pagine: 240 • Compra su Amazon
L’assassinio di una suora, alla prime luci dell’alba, scuote la comunità di Rasigno. Per il maresciallo Antonio Fontana è la prima indagine importante in quel piccolo comune del centro Italia poggiato sul mare. A dargli una mano, Marco, un cronista di nera di lungo corso che quella cittadina la conosce fin nelle viscere, sa bene pregi e difetti di quanti la abitano. In un crescendo di scoperte che portano l’alta borghesia cittadina dei colletti bianchi e degli abiti eleganti a calare la maschera mostrando il suo vero volto fatto di vizi e perversioni, Fontana si dovrà scontrare contro un muro di silenzi, depistaggi e verità apparenti prima di far luce sull’omicidio. Un’investigazione che per il sottufficiale dei carabinieri si presenta quanto mai complessa perché, per dirla con le sue stesse parole: “La verità spesso è nascosta sotto la sabbia, quando scavi per cercarla, altra sabbia si andrà a posare sopra provando, ancora una volta, ad occultarla. Quando finalmente l’avrai afferrata tra le mani, poi, dovrai ancora svuotare intorno perché ciò che appare non è quasi mai ciò che è”.
La pubblicazione di questo libro avviene in un momento in cui il nostro Paese sta attraversando un’ora buia della sua storia. la pandemia sta flagellando l’Italia e la popolazione mondiale. Il racconto che segue il romanzo vuole essere un omaggio alle tante storie di persone senza volto che ci hanno lasciato e ai moltissimi “Fontana” che quotidianamente mettono a repentaglio la loro incolumità per la nostra sicurezza.

«Comanda’, che buon odore nell’aria…» disse Lomarco ridestando Fontana dalla sensazione straniante di trovarsi come in un paesaggio incantato, tra il profumo delle piante e il canto degli uccelli. Una percezione così profondamente diversa da quella provata qualche minuto prima, quando aveva attraversato quegli stessi luoghi guardando il filmato registrato da Rosa Iovino.
Erano quasi arrivati davanti all’edificio, quando il portone d’ingresso si aprì e ne uscì una donna in livrea bianca con i bottoni dorati.
«In cosa posso aiutarvi?» chiese con lo sguardo basso.
«Siamo carabinieri, signora. Io sono il maresciallo Fontana e lui il brigadiere Lomarco. Avremmo bisogno di parlare con i proprietari.»
«Il signor Goffredo è al lavoro, ma c’è la signora…»
La donna in livrea li fece accomodare in un ampio salone del tutto simile a quello ripreso nel filmato, eccetto che per la presenza della Croce di Sant’Andrea.
Dopo qualche minuto, dallo scalone centrale in marmo rosé che conduceva al piano nobile, scese una donna sulla sessantina. Aveva i capelli castano chiaro, cotonati in stile anni Ottanta, e lo sguardo fiero. Indossava un vestito rosa pallido lungo fino alle ginocchia e stretto in vita da una cintura della stessa stoffa che esaltava il suo fisico formoso. Malgrado non fosse più giovanissima, era una bella donna.
«Vi stavo aspettando» disse subito Agnese al maresciallo, porgendogli la mano e presentandosi.
Fontana si voltò a guardare per un attimo Lomarco.
«Ci stava aspettando?» il maresciallo fu sorpreso dall’affermazione di Agnese.
«Sì, non siete qui per il furto?» chiese con un leggero rotacismo.
«In verità no. Di quale furto sta parlando?»
«Ma come…? Ho fatto denuncia la scorsa settimana. Sono venuti degli agenti, qui a casa, per il verbale e la lista delle cose trafugate… lei non ne sa niente?»
«Forse loro si sono rivolti alla polizia?»
«Mah, non saprei, per me siete tutti uguali e poi senza le vostre divise…» replicò con un’aria di sufficienza.
«Ma mi dica, perché siete qui?» riprese Agnese.
«Stiamo indagando sull’omicidio di piazza Mazzini, ne avrà sentito parlare?»
«Sì, certo…» Agnese sbiancò e nel pronunciare la risposta aveva perso anche la erre moscia.
«Mi duole, ma devo mostrarle un video…»
Fontana tirò il portatile fuori dalla borsa e lo accese facendo poi partire il filmato.
Agnese lo guardò visibilmente imbarazzata.
«Non si preoccupi, non sono qui per giudicarla. Ho bisogno solo di sapere se conosce questa persona» le chiese fermando l’immagine quando nel video comparve Gori.
Prima di rispondere Agnese ci pensò per un bel po’ di tempo. Poi prese il coraggio a due mani.
«Sì, lo conosco. È… il presidente del Credito Cooperativo» ammise con la voce che le usciva dalla bocca lenta e incerta.
«Paolo Maria Gori?»
«Sì, proprio lui.»
«Queste immagini sono state registrate il 25 gennaio scorso. Dopo quella data lei ha rivisto Gori?»
«Maresciallo, ci incontriamo in questa casa ogni quindici giorni da qualche mese. L’ultima volta che ho visto Paolo è stato giusto una settimana fa, la sera di giovedì scorso» confermò Agnese senza mostrare alcuna reticenza.
«Quindi parliamo della sera dell’otto febbraio. Mi dica, ha notato qualcosa di diverso nell’atteggiamento del dottor Gori?»
«Direi di no. Anzi… sì, qualcosa di strano è capitata. Mi era completamente sfuggito. Non le saprei dire l’ora esatta, ma sicuramente dopo le due del mattino, Paolo si è rivestito ed è uscito lasciando la moglie qui…»
«Poi non è più tornato?»
«No, tanto è vero che Gioia…, la moglie di Paolo, l’ha dovuta riaccompagnare a casa un nostro amico.»
«Generalmente fino a che ora vi intrattenete?»
«Dipende. Fino alle tre, alle quattro… non abbiamo un orario fisso.»
«Un’ultima cosa: che tipo di oggetti le sono stati rubati?»
«Mah, l’elenco dettagliato è stato allegato alla denuncia, comunque sicuramente un collier di diamanti, degli orecchini, un bracciale d’oro e una penna di grande valore…»
«Nient’altro?»
«Ora che mi ci fa pensare, un paio di giorni dopo il furto la donna di servizio si è accorta che era sparito un coltello. Un pezzo unico, nello specifico un coltello per sfilettare il pesce, che faceva parte di un set artigianale molto particolare, finemente lavorato a mano, realizzato appositamente per noi da un maestro coltellinaio.»
«E lei è sicura che le è stato rubato?»
«Oh, mon dieu, certo che ne sono sicura perché la cameriera si è ricordata che aveva trovato aperto il cassetto dove era riposto e gli altri coltelli spostati.»
«Va bene. In caso di novità sul furto, le faremo sapere. Per il momento la saluto e la ringrazio della sua collaborazione.»
«Ah…, comandante. La pregherei di mantenere la massima riservatezza. Se quei video arrivassero alla stampa, comprende bene…»
Fontana la rassicurò e andò via.

Come è nata l’idea di questo libro?
Da un’immagine. Era da un po’ di tempo che avevo voglia di scrivere un romanzo giallo. Ero assorto nei miei pensieri, quando vidi nitidamente davanti ai miei occhi una lunga scalinata al termine della quale era riverso il corpo esanime di una giovane donna in abiti religiosi. Il cielo era plumbeo e la vittima era circondata solo dal silenzio e da un gran vuoto. Da quel fotogramma impresso nella mia mente sono nati via via tutti i personaggi della storia. C’è il luogotenente Antonio Fontana, un carabiniere di lungo corso nato a Napoli e chiamato a comandare la Stazione del comune di Rasigno, una cittadina immaginaria lungo le coste della Toscana, dopo aver prestato servizio nei Ros di Catania. C’è poi Marco Vannucci, un ex giornalista di nera che quella città la conosce fin nelle viscere. E via via ci sono tutti gli altri protagonisti, a volte inconsapevoli, di una narrazione che nasconde più di un mistero da svelare. L’idea del libro è nata proprio intorno a quell’immagine viva, tanto da apparire quasi reale, e alla figura del comandante di Stazione alla quale, peraltro, è dedicato l’intero romanzo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Per nulla. Per portare a termine la prima stesura ho impiegato poco più di tre mesi. Poi è seguita una fase di limatura e rifinitura prima del processo di correzione e infine di editing. Al di là degli aspetti che definirei tecnici, la fase di scrittura mi ha coinvolto in maniera profonda. Ridevo io stesso delle battute scherzose del vicebrigadiere Sandro Lomarco, condividevo le emozioni del maresciallo Antonio Fontana, mi rattristavo del dolore provato da Marco Vannucci. Insomma, per tre mesi ho vissuto in prima persona tra le righe del romanzo, ho assaporato le gioie e le angosce dei suoi protagonisti e le ho fatte mie. Pur cercando di mantenere il dovuto distacco, che ritengo necessario quando si scrive un’opera di fantasia, tra le pagine de “Il velo squarciato” ho cercato di trasmettere ai lettori un po’ di me.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Tra i primi romanzi che ho letto, ovviamente all’epoca ero un bambino, c’è “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach. Da quel momento i libri sono diventati tra i miei migliori amici. Li ho sempre trattati con cura, ma soprattutto con rispetto. Tra le pagine di Erri De Luca ho trovato conforto, nelle parole di Kahlil Gibran ho trovato poesia, tra le storie di Arthur Conan Doyle e di Edgar Allan Poe la passione per i romanzi gialli e per il mistero.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Per oltre mezzo secolo ho vissuto a Napoli, la mia città che adoro perché la sua gente, i suoi colori, i suoi sapori possono darti tanto, ma sanno anche pretendere considerazione e attenzione. Poi le vicissitudini della vita mi hanno portato a trasferirmi in Irpinia, ad Avellino in particolare. Qui ho iniziato la professione giornalistica e ho trovato anche l’amore. Ho viaggiato molto, soprattutto in Europa, ma non mi ritengo un esterofilo, anzi, amo profondamente la mia Terra con i suoi tanti pregi e nonostante i suoi difetti.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente “Le indagini del maresciallo Fontana” avranno un seguito. Già sto pensando a un nuovo caso, ma per ora è presto per entrare nei particolari.
Lascia un commento