
Edito da Renato Delfiol nel 2020 • Pagine: 116 • Compra su Amazon
Tre specializzandi in psicoterapia si coinvolgono in un'esperienza illegale per migliorare le loro conoscenze e si trovano a vivere tre giorni indimenticabili che trasformeranno completamente la loro scelta professionale e la loro vita.

Con decisione Vincenzo replicò che non avrebbe potuto saperlo sin quando il prezzo non fosse stato pagato. Sul volto del Professore sembrò passare un’ ombra di contrarietà, poi vi si sostituì la calma impassibile di poco prima. Si strinse leggermente nelle spalle e disse con tono dubbioso:
– Un’analisi con un analista prigioniero, ma vi rendete conto?
– Tutti siamo prigionieri a questo mondo – risposi, e non potei trattenere un sospiro. – Ciascuno deve recitare un copione che non ha deciso.
– Ma l’analisi tende proprio a questo, a scoprire i copioni – rispose. – Comunque voglio fare di necessità virtù, come si dice. Non vorrei che doveste passare a metodi più truculenti per convincermi, sarebbe un peccato per voi e per me. Scusate – disse poi dopo un momento di esitazione – ma il mio dovere è interpretare comunque. Non vi basta tenermi qui, sottraendomi ai miei pazienti, alla mia famiglia, ai miei studi. Mi volete complice. Quando sarò il vostro analista non dovrete temere più niente da me. Ci sarà il segreto professionale … ora capisco.
Vincenzo e Ada sembravano voler intervenire ma riuscii ad impedirlo con un leggero segno di diniego e li indussi ad aspettare. Il professore riprese:
– Beh, non credo che ci sia molto da ribattere. Voi siete i miei padroni. Dopotutto non mi sfugge l’interesse per questa esperienza, che certo non mi trova consenziente. In effetti però per me star senza far nulla è la privazione più amara. Preferisco lavorare, a qualunque costo. Va bene, vi sarò complice. Siete così giovani che non mi sento di lottare con voi; potrei essere vostro nonno e sono davvero vecchio se posso uscire con questi discorsi. D’altra parte – sembrava sforzarsi di parlare su più piani diversi – forse questo è il compromesso che dovete accettare, come un sintomo, per non cadere nella follia. E così sia. Ma analisi, no, non è il caso. Nell’analisi “breve” il terapeuta ha molta più autorità che in quella lunga, deve poter imporre la fine della terapia, come ho detto molto chiaramente in quel libretto. Sono lusingato che lo conosciate – sorrise – ho avuto non pochi problemi nella mia Società per averlo scritto, mi si è fatto un vecchio appunto, di aver mescolato l’oro puro della psicoanalisi col bronzo della suggestione… Ma avrei una proposta migliore: faremo un gruppo, sedute di gruppo giornaliere.
– Ma siamo pochi, per un gruppo – disse Ada. Ahia, comincia male – pensavo – non avremo un rapporto privilegiato col professore: solo una situazione di gruppo come tante, comunque non potevamo pensare di imporgli tutto, in una certa misura occorreva assecondarlo.
– No, signorina. Il gruppo si costituisce non appena si esce dall’autismo; come ricordano Ammon e vari autori americani, bastano due per fare un gruppo; tre, meglio.–
– D’accordo – affermammo ad una voce io e Vincenzo. Non ci sentivamo preparati a una trattativa.
Il professore. guardò con tenerezza Ada, quasi avvertisse il tumulto che certo c’era nel suo intimo, poi dovette inseguire qualche pensiero nella sua mente.
– Bene, quando cominciamo?
– E il seminario? – Chiese di rimando Vincenzo. Per lui era la cosa più importante. Non aveva appoggiato molto la mia idea dell’analisi, che gli era sembrato un espediente ben strano e forse neanche tanto utile. Ci aveva detto che saremmo rimasti nelle sue mani e magari avremmo dovuto confessarci più di quanto non eravamo abituati nei gruppi all’Istituto, dove delle cose più intime non si parlava mai.
– Beh, sì, certo, per quello non ci sono problemi. Sarà un seminario su testi o di libera discussione?
Non mi ero preparato su quell’argomento. Il professore., persona seria, avrebbe certo voluto partire dai testi. Disperato guardai Vincenzo, che era il nostro esperto culturale. Fu lui a rispondere, assai esitante:
– Beh, dato che il seminario non durerà… non durerà a lungo…almeno sperabilmente, per Lei, intendo, forse… sarebbe meglio condurre un’ampia discussione…Non so, potremmo anche prendere Freud e… Balint e… Lacan…ma forse sarebbe meglio una cosa esperenziale…Lei che ne dice?
Il professore pensò un po’ e fu d’accordo. Il potere analitico gli apparteneva quindi interamente. D’altronde l’avevamo rapito proprio per conferirglielo.
Gli offrimmo una mezz’ora per ambientarsi. Uscii per andare a spedire la richiesta di riscatto. Imbucata in un paesello vicino avrebbe messo due o tre giorni per arrivare a destinazione. Ma avremmo presto lasciato tornare il professore alle sue occupazioni e il riscatto non sarebbe stato pagato. Era un bluff, quindi, e anche una vendetta verso la sua Società in seno alla quale la richiesta avrebbe certamente provocato discussioni. Data l’entità del riscatto richiesto, certamente non avrebbero avvertito la polizia, ma certo il denaro qualcuno avrebbe dovuto mettercelo. Così il professore avrebbe capito che noi, che la sua Società definiva selvaggi, non eravamo tanto peggiori di loro.
Mi avviavo mentre Ada e Vincenzo accompagnavano il Professore in una stanzetta del piano di sopra, dotata, come le altre, di due finestrelle chiuse da grate, quasi una cella. Avevamo stabilito che Ada si occupasse un po’ di lui, indicandogli il bagno e le altre poche comodità di cui si poteva disporre, tra cui degli abiti di ricambio che avevamo preparato, per non costringerlo ad indossare per giorni interi i panni indossati alla conferenza. Avevamo studiato la sua taglia dalle fotografie e provveduto qualche indumento sportivo e caldo: un cardigan pesante, dei pantaloni di velluto, un paio di scarponcini. La casa non aveva riscaldamento oltre al camino e ad un paio di stufe a bombola.
Cominciò il seminario. Prendemmo posto davanti al caminetto nel quale il fuoco ora crepitava. Il professore si sistemò sull’ unica poltrona, comoda anche se mezzo sfondata, dopo averla collocata con lo schienale davanti al camino e ci indicò le seggiolacce impagliate poste attorno al tavolo. Vincenzo trascinò vicino anche uno sgabello e vi appoggiò i piedi, di fronte al professore, come sfidandolo. Ada e io ci ponemmo ai lati. La configurazione del gruppo assumeva quindi la forma di un rombo, Vincenzo e il professore occupavano le posizioni più vicine, Ada e io quelle più lontane. L’analista tacque alcuni istanti, poi disse semplicemente:
– Perché.

Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea è nata ripensando ai tempi in cui era stato creato l’albo degli psicologi, al quale anch’io, nei primi tempi, mi ero iscritto, quale vincitore della sessione speciale di esame di stato. Quasi subito mi sono cancellato e, di fatto, non ho mai esercitato la professione. Il ripensamento è stato motivato dalla mia adesione alle ultime teorie psicanalitiche di Giordano Fossi (la psicanalisi evoluzionista), che scardinano molto di ciò che correntemente si ritiene sia la psicanalisi (l’inconscio, la metapsicologia, la teoria sessuale, ecc.).
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
L’idea e la prima stesura sono state facilissime. Più lunga naturalmente la revisione e la “confezione” del racconto.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Difficile dirlo e soprattutto ricondurre il mio stile a qualcuno. Se dicessi Maria Corti, Camilleri o i classici Russi, significherebbe qualcosa? Io credo che il mio stile si sia formato soprattutto scrivendo testi professionali (sono stato un funzionario della Cultura) e quindi mirando all’essenziale e al farmi comprendere.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Firenze da quando avevo 8 anni e ho quindi studiato qui. Amo molto questa città.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho altri due libri di selfpublishing, scritti tra il 2020 e il 2021 da promuovere. Ho scritto un romanzo storico ambientato nel Medioevo e sto cercando di farmelo pubblicare da una CE. Poi ne sto scrivendo un altro, un poliziesco sempre medievale. E ho in mente idee che potrebbero trasformarsi in altri romanzi o in racconti. Ho anche un’altra cosa di psicanalisi nel cassetto…
Beh, essendo io l’Autore , che posso dire? Ho notato un refuso nelle ultime parole. Ah, l’errore tipografico!